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Edoardo Boncinelli
Bello o utile, l'eterna lotta in città
5 Giugno 2010
Recensioni e segnalazioni
Recensione all’ultimo lavoro dello storico dell’urbanistica Marco Romano: “Ascesa e declino della città europea”: la forza delle contraddizioni nell’ambiente urbano. Il Corriere della Sera, 5 giugno 2010 (f.b.)

Per comprendere il futuro non abbiamo che il passato e la sua sublimazione nel presente. Per cercare di prevedere eventi futuri non possiamo avvalerci che della nostra conoscenza degli avvenimenti passati, magari legati a condizioni al contorno che siano, poco o tanto, diverse tra di loro. Questo vale per tutto, dal futuro di una lingua a quello della città europea, e la nostra previsione di ciò che accadrà sarà, generalmente parlando, tanto migliore — esatta mai, perché il futuro non è dato — quanto più intelligente e perspicua sarà la nostra analisi di ciò che è stato.

Marco Romano si occupa da sempre della città, dell’estetica della città, con specifico riguardo per la città europea «percepita come un corpo unitario » . Quali sono i caratteri essenziali di questa entità astratta eppure concretissima che si mantiene relativamente invariata da oltre mille anni, perfettamente individuata dall’analisi delle centomila città europee, e distinta, da una parte, dalla città della classicità e, dall’altra, dalla città che si incontra in altre civiltà e altri modi di essere? Questo tema caro all’autore, ritorna in Ascesa e declino della città europea (Raffaello Cortina), proiettato in una prospettiva futuribile: che ne sarà della città europea nel prossimo futuro, considerando l’insieme di spinte e controspinte che ne stanno oggi insidiando l’esistenza stessa? Romano, ovviamente, non lo sa e, sotto sotto, spera che nella sua essenza la città non cambierà, dal momento che la sua costanza non è legata, almeno finora, ad una stanca collocazione nella media delle medie, ma trae la sua forza dal contrasto, aspro contrasto, fra un certo numero di istanze di segno opposto, che lui chiama contraddizioni.

Negli ultimi mille anni, insomma, la città europea non è cambiata perché è stata ed è continuamente tirata da una parte e dall’altra da potenti forze contrastanti, che la tengono sul fondo di una specie di gigantesca «U» della quale tali forze costituiscono confini e bordi, a sinistra e destra.

A ben guardare, le diverse contraddizioni che il nostro autore individua possono essere ricondotte in ultima analisi tutte al dilemma efficienza-bellezza: da una parte la funzionalità della città e delle sue parti per la vita dei cittadini (che costituiscono la civitas), dall’altra la godibilità estetica dei palazzi e degli spazi vuoti (la urbs) che Romano individua come un tratto essenziale (e consapevole) della città europea. Perché esiste questa tensione (o contraddizione) di fondo? «Perché la sfera della tecnica è per sua natura soggetta all’intrinseca legge del progresso, dove ogni novità cancella la precedente, mentre l’aspirazione della bellezza è quella di durare in eterno».

E ancora «se l’ambizione della città di pietra sarà di durare in eterno non potremo fondarla sulle effimere convenienze della tecnica, economiche o produttive che siano». Si tratta insomma del contrasto secolare ma sempre più avvertibile al giorno d’oggi fra il bello, eterno, e il funzionale, che può cambiare in continuazione. Personalmente, ho qualche difficoltà a cogliere l’essenza di questa dicotomia, anche se so che utilità e bellezza hanno sue «sedi» cerebrali diverse, ma non posso non apprezzare il grande sforzo intellettuale compiuto dell’autore per chiarire la natura e il portato delle diverse contrapposizioni.

L’oggetto di questa opera non è un vaticinio, è ovvio, ma una ricognizione attenta e ispirata, frutto di un atto d’amore, l’ennesimo, per le piazze, le strade e le case del nostro risiedere. E Romano parte proprio da una rapida ed essenziale, ma efficacissima, rivisitazione dei caratteri fondamentali della città europea, i quali nel loro insieme costituiscono un po’ la definizione della dramatis persona del libro, e che verranno poi singolarmente seguiti nel quadro dei conflitti e dei contrasti generati dalle sette contraddizioni fondamentali da lui individuate.

Quali sono queste contraddizioni? Innanzitutto quella fra fruibilità e bellezza ( utilitas e decus), e poi fra città e stato, città e campagna, antico e moderno, egualitarismo e gerarchizzazione, effimero dell’individuo e perenne della collettività, per completarsi con il tema del giorno: noi e gli altri. Il prevalere di uno di questi termini, concomitante o meno con la dissoluzione del suo opposto, potrà portare, secondo Romano, alla perdita di identità, se non alla dissoluzione, della città che abbiamo vissuto fino a poco tempo fa.

Un messaggio finale all’amico Marco da parte di un cittadino del mondo: comunque andrà, andrà bene. Come nel caso della vicenda di Antigone, noi siamo portati a parteggiare per la physis piuttosto che per il nomos, ma quella che chiamiamo physis non è altro che un nomos, solo più vecchio. E familiare.

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