Alemanno non ferma la corsa al cemento
di Paolo Berdini
Nella Germania federale della cancelliera Angela Merkel sono state da anni avviate politiche urbane per privilegiare gli interventi sul recupero del patrimonio edilizio esistente. Lì lo Stato non è stato cancellato dal liberismo senza regole: ha misurato la quantità di terreni agricoli che ogni giorno vengono consumati: 100 ettari al giorno, qualcosa come 100 stadi di calcio. In vista della scadenza del 2020 il tetto massimo è stato fissato in 30 ettari giorno. Nel 2050 non sarà possibile consumare neppure un metro quadrato di terreno agricolo: si potrà soltanto recuperare e ristrutturare l'esistente.
In Italia lo Stato è ormai un'entità astratta e ciascuno fa ormai quello che vuole. Nella Roma di Alemanno, ad esempio, dovrebbe essere attuato un piano regolatore approvato dalla precedente maggioranza veltroniana che prevede un'espansione edilizia pari a 16 mila ettari in dieci anni. Fino al 2020 si tratta dunque di 1.600 ettari all'anno; 4,5 ettari ogni giorno. Un sesto circa di quanto previsto alla stessa data per l'intera nazione tedesca!
Il gigantesco regalo alla rendita parassitaria fondiaria pensato da Veltroni, non appare evidentemente sufficiente alla nuova maggioranza. Da due anni assistiamo infatti non alla indispensabile cura dimagrante delle sconsiderate previsioni urbanistiche. Assistiamo invece ad una inarrestabile corsa ad inventare nuove occasioni di crescita urbana.
Il catalogo è lungo. Due casi in particolare. Nel 2008 è stato emanato un bando rivolto alla proprietà fondiaria per realizzare edilizia cooperativa. Possibile che sui 16.000 ettari non ci fossero aree adatte a soddisfare l'obiettivo? E in una città dove ci sono circa 50 mila famiglie in stato di grave disagio abitativo la cura più adatta era quella di costruire case in cooperativa, per loro natura adatte a famiglie che hanno un reddito sicuro, tale da permettere di accendere un mutuo bancario? Il provvedimento era dunque un altro regalo ai proprietari delle aree urbane che erano stati generosi con il candidato del centro destra durante il confronto elettorale.
Il secondo provvedimento è più recente. Alla fine del 2009 si decide di costruire una manciata di case (28 mila di cui solo 3 mila alloggi popolari) e contemporaneamente si decide di venderne molte di più tra quelle esistenti. Una prospettiva fallimentare, a ben vedere: altre famiglie povere non ce la faranno ad acquistare e saranno costrette a spostarsi sempre più lontano dalla città. La differenza con l'Europa civile si vede con il paragone con Parigi. Lì il comune acquista case sul mercato immobiliare per garantire la ricchezza sociale della città. Il mercato produce per sua natura una selezione per ricchezza, la mano pubblica riequilibra questo iniquo meccanismo garantendo convivenza civile ed evitando la creazione di sacche di emarginazione sociale.
Questa sfrenata corsa all'espansione della città è poi verificabile anche in un'altra serie di provvedimenti. Mentre le città di tutto il mondo rispondono alla crisi con grandi investimenti sul sistema dei trasporti collettivi non inquinanti, il vice sindaco Cutrufo propone di costruire un «parco a tema sulla Roma imperiale» su cui costruire colossei e fori in miniatura. 50 ettari di aree agricole di Castel di Guido, vicino a Fiumicino, rischiano la cementificazione.
Le due squadre di calcio romane non riescono a riempire lo stadio Olimpico se non nell'occasione dei derby: ciononostante si propone la realizzazione di due nuovi stadi, con annessi ipermercati, alberghi e abitazioni. Aiuta in tal senso un provvedimento di legge del centrodestra approvato nel mese di dicembre al Senato senza che l'opposizione lo contrastasse efficacemente: ogni squadra di calcio potrà derogare le regole urbanistiche per fare ciò che più gli piace, case o edifici commerciali. Insieme devasteranno altri cento ettari di agro romano.
E, infine, un'ultima perla che dimostra una volta di più la distanza che separa ormai l'Italia dai paesi civili. Uno dei progetti maggiormente sponsorizzati dalla commissione Marzano - istituita lo scorso anno per indagare sul futuro della città - è stato quello di realizzare cinque isole artificiali davanti al lido di Ostia e destinarle a porti, alberghi e quant'altro. Era il 2009 e già c'erano gli inequivocabili segnali della crisi edilizia mondiale. Ma gli esperti marzaniani non se ne sono evidentemente accorti: il modello culturale di riferimento era quello di Dubai, isole per la speculazione finanziaria internazionale. Il fallimento del progetto che si è prodotto nel dicembre negli Emirati arabi dovrebbe far riflettere gli strateghi de' noantri. Ma forse ci illudiamo. Con il terzo scudo fiscale, infatti, sono rientrati in Italia circa 100 miliardi di euro. I ricchi evasori romani hanno fatto rientrare una quota di dieci miliardi e il Sole 24 Ore afferma (27. 1. 2010) che questa montagna di soldi andrà ad alimentare il mercato immobiliare. Ma non verso il recupero delle infinite aree di degrado urbanistico e sociale. Così mentre decine di migliaia di famiglie non sanno come risolvere il problema della casa, i furbi evasori punteranno ancora su una nuova devastante espansione della città.
L'esperienza del X Municipio di Roma
Requisire le abitazioni vuote si può
di Sandro Medici
Sembra imminente a Roma la consegna di 161 case popolari, acquistate con fondi comunali e regionali. Un vero e proprio avvenimento. L'ultima volta fu nel settembre del 2008, presso Tor Vergata: vennero completate quattro palazzine che per quasi sette anni languirono desolate nei nudi rustici in attesa di altri finanziamenti. Le famiglie assegnatarie si accamparono per il timore che qualcuno le occupasse abusivamente - anch'io passai un paio di pomeriggi con loro.
Così vanno le cose a Roma. A una domanda di edilizia sociale che indigna e stordisce, si risponde con una manciata di alloggi ogni tanto e qua e là. Quando il nuovo sindaco si è affacciato per la prima volta sul balconcino con vista sui Fori, carico e baldanzoso per aver espugnato il Campidoglio, annunciò che presto Roma avrebbe potuto contare su tante e nuove case popolari. Dopo quasi due anni, ne assegnerà tra breve le 161 di cui sopra. Ma continua ad annunciare che almeno altre duemila saranno disponibili nei prossimi tempi. Ovviamente, non è in grado di dire come e dove. S'intuisce che pensa di edificare qualcosina sulle aree agricole. E forse sta lavorando in gran segreto per concordare con qualche immobiliarista l'astuto scambio di edilizia sociale con volumetrie private.
Sia come sia, siccome qualsiasi trasformazione urbanistica significativa necessita di procedure fisiologicamente prolungate, la domanda abitativa sociale resterà ancora insoddisfatta per molti altri anni. E tutto ciò sempre che Alemanno voglia davvero che in città si crei un'offerta calmierata: cosa che sappiamo bene quanto sia sgradita al mercato privato, che s'indebolirebbe alquanto in presenza di una concorrenza pubblica. Insomma, senza farla troppo lunga, l'impressione è che a Roma continua a essere difficilissimo fare urbanistica in contrasto o solo in autonomia dai poteri cementizi. E se ciò è valso nel quindicennio del centrosinistra, a maggior ragione sembra imporsi in quest'ultimo biennio di affinità elettive tra la destra e il mattone.
E allora, cosa succederà? O meglio, cosa dovrebbe succedere ancora e di più, rispetto alle centinaia di stabili occupati, alle migliaia di sfratti pendenti, a quel popolo sfuggente e vagante che dorme in macchina o sugli argini dei fiumi o nelle grotte e nelle fungaie o in baracche e tende o sotto i porticati o nei sottopassaggi o negli anfratti di parchi e giardini o nei casali di campagna abbandonati o sotto le arcate degli antichi acquedotti? L'emergenza abitativa a Roma (e non solo a Roma) è insomma destinata ad aggravarsi ulteriormente. Disperatamente.
A meno che non si ricorra a una scelta politica forte. A uno strumento certo non proprio ordinario ma comunque adatto ad affrontare un'emergenza tanto rilevante. Stiamo parlando della requisizione degli appartamenti vuoti e inutilizzati, che sappiamo rappresentare una quota cospicua dell'intero patrimonio della città, esclusi intenzionalmente dal mercato per non far deflagrare la bolla immobiliare.
Noi nel X Municipio ci abbiamo provato, e tutto sommato con successo: centinaia di famiglie sfrattate sono ancora nelle case requisite. E anche la Corte di Cassazione, nell'ottobre del 2006, al termine di una tormentata vicenda giudiziaria, riconobbe la validità delle ordinanze di requisizione e la loro aderenza al sistema giuridico. Per questa ragione ci assolse, ma precisò tuttavia che i Municipi non erano titolati ad agire in tal senso, non avevano i poteri sufficienti per requisire: solo i prefetti e i sindaci possono farlo. Si può fare, insomma. Ma c'è in questa città (e in questo paese) un prefetto o un sindaco che se la senta?
EMERGENZA CASA
In dieci anni affitti aumentati del 165%
In calo le quotazioni del mattone, ma negli ultimi 10 anni i prezzi degli affitti volano: + 165%. Secondo le valutazioni di Tecnocasa nel primo semestre 2009 i prezzi degli immobili sono scesi del circa 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2008. A fronte di ciò il mercato degli affitti non sembra essere calato: «Il significativo calo dei valori immobiliari non ha trascinato un analogo ribasso dei canoni di affitto richiesti», afferma il Sunia. Per il sidacato degli inquilini le offerte del mercato privato sono incompatibili con le condizioni reddituali. Più del 75% dei nuclei familiari che nelle grandi città guadagana meno di 20.000 euro all'anno, dovrebbe spendere quasi la totalità del reddito per l'affitto. Negli anni le difficoltà a sostnere gli alti livelli dei canoni ha portato a un aumento degli sfratti. Roma è la città che registra il maggior numero di provvedimenti: 31.111 solo negli ultimi 5 anni.