Ci vorrebbe un Sarkozy. Non ai Beni culturali, ma accanto e sopra: a difenderli. "In tempi duri per l'economia il governo italiano reagisce tagliando alla cultura. Il governo francese fa il contrario: già lo scorso settembre il presidente Sarkozy disse che in tempi di crisi bisogna continuare a investire in cultura". Parla Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale di Pisa, Accademico dei Lincei e presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, l'organo consultivo del ministero. La gestione museale e del patrimonio artistico, in Italia, è tema controverso per definizione. Ma in questi mesi, tra tagli di bilancio, casi di malagestione, commissariamenti, nomine bizzarre e velleitarismi del ministro Sandro Bondi, che la politica ha catapultato in un ruolo per cui forse non nacque, la frustrazione cresce. Si respira un clima di 'Kulturherbst', autunno culturale, per usare l'amara espressione di Nietzsche.
Al professor Settis 'L'espresso' ha chiesto una lettura critica.
Professore, pochi mesi fa il sottosegretario Francesco Giro chiedeva le sue dimissioni per un suo aspro intervento sul 'Sole 24 Ore', in cui parlava di un ministero "allo stato larvale". Il ministro Bondi poi prese le distanze da Giro. I rapporti sono migliorati?
"Non vorrei ritornare su quella polemica assurda: nel denunciare oltre un miliardo di euro di tagli nel triennio 2009-2011 citavo dati della 'Gazzetta Ufficiale'".
Almeno un motivo di attrito è rimasto: la discussa nomina alla valorizzazione dei Beni di Mario Resca, manager proveniente dalla Mc Donald's.
"Chiariamo bene. Non si tratta di ostilità personale, né metto in dubbio le capacità del manager. Io ho espresso il mio dissenso, presente il ministro Bondi, in una riunione del Consiglio superiore. E il ministro, mi pare, ha recepito una metà importante del discorso: non si può creare una nuova direzione generale confondendo valorizzazione e tutela. Si è così accettato di riscrivere il provvedimento, mirato alla valorizzazione del patrimonio museale. La nomina del dottor Resca non c'è ancora, perché non c'è la carica. Prima di fare il vescovo si faccia la diocesi. Confermo, e con me l'intero Consiglio, compresi membri autorevoli come Antonio Paolucci e Andrea Emiliani, che una nuova direzione siffatta va affidata a una personalità con competenze specifiche nel management culturale".
In attesa che si dissipi il giallo su 'McMario', nel 2007, ultimo dato pubblico, i visitatori nei musei italiani sono calati.
"Il dato negativo sull'affluenza è una tendenza internazionale. Sarkozy, che non è certo un comunista, ha reagito con prontezza: ampliando l'orario dei musei e le fasce di età che entrano gratis. Non è un tabù: è il modello della National Gallery e del British Museum. Lo Stato spende di più ma ne vale la pena: è un grande atto di educazione civile e di cittadinanza".
Il ministro Tremonti le dirà: impossibile, con questa crisi economica.
"Io gli chiederei se alla crisi reagirebbe chiudendo le scuole elementari. Quello che si perde è peggio di quel che si risparmia, è la mia convinzione".
I fondamentali dei Beni italiani sono imbarazzanti: età media 56 anni, numero insufficiente, troppe soprintendenze gestite da reggenti.
"I 56 anni sono primato europeo. Da cinque anni martello su questi dati, con scarsi risultati. Con Rutelli sono ripartiti concorsi per far entrare circa 400 persone; ma a fronte di oltre 7 mila pensionamenti. Le anticipo un dato inedito: con i pensionamenti previsti entro il 2009, dal prossimo 1 gennaio su 24 posti di soprintendente per i Beni archeologici solo sette persone avranno il grado per ricoprire il ruolo. È grave".
Nei nostri musei il personale addetto ai visitatori è dequalificato: assenteismo, ignoranza, sciatteria, zero inglese. E questo in una superpotenza del turismo e della bellezza, come Berlusconi racconta nei G8.
"Non mi faccia dire. Basta una gita a Chiasso, come direbbe Arbasino, per registrare paragoni deprimenti. Ma non dimentichiamo che vi sono anche professionalità alte, mortificate dalla situazione; e molti giovani bravi e motivati che restano fuori per il blocco delle assunzioni".
Dove vede le emergenze gestionali maggiori?
"Più che fare una classifica negativa, preferisco sottolineare le indicazioni date dal ministro Bondi: i tre luoghi dove intervenire subito sono Pompei, l'area archeologica di Roma e Brera a Milano. È un bene che il ministro individui delle priorità. Mi lascia interdetto, però, la strategia. Per esempio la nomina di Guido Bertolaso a commissario straordinario dell'area archeologica romana, Ostia inclusa".
Bertolaso, oltra a dirigere la Protezione civile, è commissario del G8 alla Maddalena. Un uomo già occupatissimo. Che sia un Superuomo nietzschiano?
"Non discuto il valore della persona. Ma il ricorso al commissario desta più d'una perplessità. Riflette una cultura politica emergenziale, è un segnale di sfiducia alla fascia dirigente dei Beni culturali, non dà poteri straordinari a un vero competente di archeologia".
Né le notizie migliorano sulle dismissioni dei beni minori dello Stato. Come giudica la vicenda della Patrimonio Spa?
"Operazione fondamentalmente fallita".
Perché?
"Detto che il patrimonio immobiliare dello Stato è sterminato, e ingestibile così com'è, la legge Tremonti non distingueva tra beni di alto, medio e nessun valore culturale. La reazione dell'opinione pubblica e dei media è stata vivace, anche nella maggioranza di centro-destra, e ha arginato gli effetti più negativi".
Come possono interagire cultura pubblica e apporto dei privati?
"Introdurrei criteri di valutazione sull'operato dei soprintendenti, accrescendone lo spazio di autonomia gestionale. Incentiverei l'intervento dei privati, per esempio su lasciti, prestiti e donazioni, attraverso vantaggi fiscali".
Suona anglosassone. Lei ha diretto il Getty Center a Los Angeles. Cosa possiamo imparare dagli americani?
"Diciamo così. Negli Stati Uniti ci sono tanti musei privati e ricchi. Il ruolo delle Foundations è cruciale. E il privato che dona ha vantaggi fiscali immediati e visibili: va in detrazione del reddito in un sistema contributivo molto favorevole".
A Milano si è esposta la 'Conversione di Saulo' di Caravaggio, ma solo grazie ai soldi dell'Eni, e a Palazzo Marino. A Pompei neanche riescono ad allontanare i gestori abusivi. L'Italia è lunga, ma il rapporto con i privati è complicato e non sempre chiaro.
"Qui si spalanca un mare di argomenti. Mi limito a questo: collaborare con sponsor privati è auspicabile, purché si salvaguardi il profilo, l'indipendenza culturale del museo. Sponsorizzazioni che servano davvero, e non una resa senza condizioni".
Jean Clair, il critico e curatore francese, a proposito dell'operazione Louvre negli Emirati, deplora che la Francia degradi una collezione pubblica a "mercanzia". Di più: il museo contemporaneo sta diventando "un grande magazzino", "un porto di mare", "un bordello". Esagera?
"Jean Clair parte da una concezione alta del patrimonio culturale come fondamento della cittadinanza, concezione che è nata fra Italia e Francia, fra Rivoluzione e Restaurazione. Chi ha in mente questo ha il diritto, il dovere d'indignarsi".
Oggi i musei, è ancora Clair, preferiscono l'amore di gruppo e i trasporti di massa.
"Clair non è un elitista, è autore di mostre popolarissime, come quella sulla 'Malinconia' di pochi anni fa. Non è contrario alla cultura di massa, ma alla banalizzazione della cultura, anticamera del suo annientamento".
L'articolo 9 della Costituzione dà competenza esclusiva allo Stato nella tutela dei Beni culturali e del paesaggio. In tempi di timido federalismo, è ancora valido?
"La Costituzione non è un monolite sacro. Ma nella prima parte, quella dei principi fondamentali (incluso l'art. 9), è ancora inapplicata. Applichiamola prima di pensare a cambiarla: è ancor oggi attuale e lungimirante, il miglior baluardo contro gli avventurismi. La presenza delle Regioni sul patrimonio culturale e ambientale è riconosciuta nelle modifiche al titolo V, articoli 116-118, realizzate durante l'ultimo governo Amato. Aggiungo che una serie di sentenze della Corte costituzionale, anche nel 2007-2008, danno spazio alle Regioni mantenendo allo Stato la priorità nella tutela. È chiaro che io auspico una cooperazione armonica tra istituzioni, non lotte assurde in nome di un federalismo sgangherato".
Per dar spazio allo spirito costruttivo: ci segnala un esempio positivo di museo pubblico in una grande città?
"Potrei dire il Museo Nazionale Romano, nelle sue diverse sedi, a cominciare da Palazzo Massimo. Collezioni di rilievo, attività interessanti, una nuova vivacità".
E un gioiello in una città piccola? L'Italia spesso è migliore dov'è minore.
"Vorrei citare il Museo Etrusco di Cortona. È un museo comunale, rinnovato pochi mesi fa. È esemplare per ordinamento didattico e qualità dell'allestimento, e attira un pubblico internazionale aggiungendo valore a un territorio fascinoso tra Toscana e Umbria".