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Paolo Berdini
Meno cemento, più idee per la città
14 Aprile 2008
Roma
Non è con le archistar che si costruisce una città migliore, ma privilegiando l’interesse pubblico su quello dei palazzinari. Il manifesto, 14 aprile 2008

Nel quartiere della Magliana - periferia sud di Roma tristemente nota per essere stata uno degli esempi più mostruosi della speculazione edilizia degli anni '70 nonché per l'omonima banda malavitosa che ha ispirato libri e film - alcuni intramontabili affaristi hanno messo gli occhi su una scuola abbandonata da tempo. Vorrebbero realizzarvi nientemeno che una funivia per collegare il quartiere con l'Eur, dall'altra parte del Tevere. Manco fossimo al Sasso del Pordoi. La grancassa dei giornali di informazione, che più che informare amplificano veline fabbricate altrove, ha costruito l'evento: siamo di fronte, assicurano, al grande futuro di Roma.

Dietro il progetto c'è invece una ignobile speculazione: la scuola possiede l'unico vero spazio verde del quartiere e lì si vorrebbe realizzare un immenso parcheggio per i residenti. La periferia ha fame di parcheggi e servizi? Ecco pronta la ricetta: saccheggiamo le proprietà pubbliche per costruire box auto. Mille posti auto per 60 mila euro ciascuno fanno la gigantesca cifra di 60 milioni di euro. Il promotore del progetto è Sviluppo Italia, uno dei figli prediletti del precedente governo Berlusconi, veicolo di spregiudicate operazioni. E' stato il comune di Roma ad avergli affidato la responsabilità del progetto.

Il caso della Magliana è il paradigma del futuro della città nei prossimi cinque anni di amministrazione. Il nuovo sindaco dovrà scegliere se continuare nella spregiudicata politica affaristica fin qui consentita e tollerata o invertire una buona volta il corso degli eventi. In questi anni si è costruito ai ritmi degli anni '60 e '70, quando la città cresceva di 50 mila abitanti ogni anno. Oggi la popolazione non cresce e l'enorme quantità di cemento serve soltanto ai grandi investitori internazionali. Gli ultimi dieci anni hanno consentito il più gigantesco sacco urbanistico di Roma, 80 milioni di metri cubi di cemento che hanno creato una periferia sempre più lontana. E sempre più povera di relazioni. In ossequio al «mercato», infatti, nel giro di sette ani sono stati inaugurati 28 giganteschi centri commerciali disseminati lontano dai quartieri. Il piccolo tessuto commerciale periferico sta scomparendo perché non regge la concorrenza. La città diviene sempre più deserta.

Ma ancora oggi per salvare le periferie si parla soltanto dell'intervento delle archistar, i grandi architetti internazionali che con la loro maestria dovrebbero riqualificare la città anonima. Non è la loro bravura a essere in discussione. Il problema è che aggiungendo senza alcuna idea unificante ulteriori pezzi ad una città congestionata, non si fa altro che peggiorare la già grave situazione. Le città non cambiano con l'eclettismo. Le belle architetture aiutano certamente la qualità urbana, ma se manca proprio la città non servono a nulla. Le città sono beni pubblici per eccellenza e per cambiarle occorrono idee lungimiranti, non pezzi casuali e incoerenti.

Il caso della Magliana è paradigmatico anche per un altro fondamentale motivo. Per scongiurare l'ignobile speculazione la scuola è stata occupata da un gruppo di giovani: oggi ci abitano decine di famiglie di immigrati che non potrebbero permettersi altro che un sordido scantinato o una baracca lungofiume. Poco distante, in una piccola e splendida bottega, si costruiscono insieme ai bambini del quartiere biciclette con materiale di scarto. Intelligenze collettive che cercano un futuro possibile.

Non è minimalismo senza prospettive. Al contrario, Roma ha bisogno proprio di una grande idea pubblica unificante e tante piccole attenzioni alle sue informi periferie. Siamo purtroppo ancora all'interno della cultura opposta: nessuna idea e tante gigantesche valanghe di cemento. Firmati o no da archistar stanno soffocando la città, ed è ora di voltare pagina.

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