linkiesta.it. 2 Novembre 2018. Nella Legge di Bilancio non c'è nulla a sostegno della qualità dell'ambiente e cura dei territori, ancora una volta si trascura il pianeta su cui viviamo e in questi giorni abbiamo visto quanto questo sia importante.
Zero assoluto. Non c’è nulla nella Legge di Bilancio, che riguarda provvedimenti, investimenti, scelte di carattere ambientali, nemmeno il proverbiale contentino. Non un sostegno all’economia circolare, non un incentivo all’uso di energie rinnovabili, non un piano per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati che sprecano energia, non un cambio di fiscalità che premi, almeno un po’, chi inquina meno e punisca chi inquina di più (vedi il pacchetto di proposte di Legambiente) , non un investimento contro il dissesto idrogeologico e in favore dell’adeguamento di città e territori al cambiamento climatico, minaccia reale molto più del terrorismo islamico o degli eurocrati cattivi.
E possiamo fare pure finta che sia un caso il maltempo che ha fatto quattordici morti nel giro di poche settimane, devastando l’Italia dalla Sardegna alle Alpi, passando per Roma e Milano. Che non c’entri nulla con quelli che ormai i climatologi come il francese Wolfgang Cramer chiamano “eventi mediterranei”, dalle violentissime canicole estive che distruggono i raccolti e ammazzano le persone fisicamente più vulnerabili, alle tempeste di vento e pioggia che abbiamo imparato a conoscere. Possiamo fare pure finta di non sapere che il 2018 è stato il quarto anno più caldo mai misurato, che agosto è stato il mese più caldo mai registrato in Europa, e che i mesi seguenti, tempeste tropicali a parte, non hanno fatto eccezione. E già che ci siamo, facciamo finta non sia uscito il rapporto Ipcc - 91 autori, 6000 referenze scientifiche - che ci ha detto che abbiamo dodici anni al massimo per fare qualcosa. Facciamo finta finché vogliamo, fino a che non ci siamo noi sui ponti che crollano, sulle montagne che smottano, sotto gli alberi che cadono, costretti a bollire l’acqua per berla, come sta accadendo sulle Alpi tra Trento e Belluno, nel 2018.
Possiamo far finta pure che non ci fossero aspettative diverse, già che ci siamo. Che Luigi Di Maio, ad esempio, non avesse parlato in campagna elettorale di investimenti ambientali ad alto moltiplicatore per far ripartire l’economia. Che lo stesso Movimento Cinque Stelle non fosse porta bandiera, giuste o sbagliate che fossero, di tutta una serie di istanze ambientaliste NoTav, NoTap, NoIlva puntualmente sconfitte - o in procinto di esserlo: vediamo che succederà con la Tav - una volta al governo. Che lo stesso governo non abbia sanato trent’anni di abusi edilizi a Ischia, nel decreto relativo al crollo del ponte Morandi, a Genova, su proposta del Movimento stesso.
E dire che la domanda c’è, eccome. Che come racconta il rapporto Green Italy curato ogni anno da fondazione Symbola e della quale è stata recentemente presentata l’edizione 2018, in Italia ci sono 345mila imprese italiane che negli ultimi cinque anni hanno investo in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni. In pratica un’azienda italiana su quattro, il 24,9% dell’intera imprenditoria extra-agricola. Forse esagera, Ermete Realacci, quando dice che siamo «una superpotenza dell’economia circolare», ma forse ci farebbe anche comodo che qualcuno tra quelli che ci governano cominciasse, almeno in potenza, a considerarci davvero come tali.
Male non gli farebbe, peraltro, visto il boom che stanno avendo i partiti ambientalisti in Europa, coi verdi tedeschi ormai stabilmente seconda forza della politica tedesca, tanto quanto quelli olandesi, coi verdi austriaci che hanno eletto il presidente della repubblica, coi verdi francesi anch’essi in crescita, sopra il 10% secondo alcuni tra gli ultimi sondaggi.
E magari farebbe bene pure a un’opposizione in cerca di identità, che ben si è guardata dal porre qualsivoglia tematica ambientale nelle proprie critiche alla manovra. E che magari, in una piattaforma politica prossima ventura, potrebbe fare dell’ambiente, della lotta al cambiamento climatico, degli investimenti per l’efficienza energetica e della promozione di un’economia davvero circolare le proprie bandiere per il prossimo futuro. Del resto, tasse, immigrati e sussidi se li sono già presi gli altri, no?