Sbilanciamoci.info, newsletter n.516, 5 maggio 2017
Al secondo turno delle elezioni presidenziali tramontano i vecchi partiti e Emmanuel Macron e Marine Le Pen si contendono una Francia divisa – socialmente e geograficamente – e incerta. Le Pen ha incassato sette milioni e mezzo di voti, più del doppio di quanti ne avesse fatti suo padre nello scontro con Chirac nel 2002. […]
I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali a Parigi sono stati un poco lugubri: al secondo turno accanto a Emmanuel Macron è uscita Marine Le Pen, con sette milioni e mezzo di voti, più del doppio di quanti ne avesse fatti suo padre nello scontro con Chirac nel 2002. Il risultato finale non è affatto sicuro.
Le cose sono andate finora così: il Partito Socialista aveva indetto le primarie per scegliere il candidato. Ma quando è uscito Benoît Hamon – uno dei leader della sinistra, l’altro era Montebourg – il Partito Socialista (PS) non è stato contento, a cominciare da Hollande. Credo sia stato Hollande medesimo a introdurre al governo Emmanuel Macron, giovane brillante economista, allievo della banca Rothschild. Senonché Macron, a un anno delle elezioni presidenziali, ha deciso per conto suo di presentarsi, contando sul fatto che il PS non si sarebbe mobilitato per Hamon.
E infatti è andata cosi: nell’aprile 2016, Macron ha fatto sapere che avrebbe concorso alle elezioni. Hollande non lo ha appoggiato, ma lui si è presentato ugualmente nel novembre 2016, lanciando a proprio sostegno non un partito ma un “movimento”, En Marche. La sua fortuna è stata fulminea, dovuta anche al fiasco del partito di destra classico, Les Républicains, il cui candidato François Fillon, già premier di Sarkozy, ha rappresentato la destra classica, ma è sprofondato in una sordida storia di compensi per moglie e figli come assistenti parlamentari. Quando questo pasticcio è uscito, ha rifiutato di ritirarsi: risultato, è rimasto escluso dal secondo turno della competizione elettorale. Emmanuel Macron può vantarsi di aver liquidato i due interlocutori classici delle elezioni post-golliste, Partito Socialista e Les Républicains.
Analizzando il voto del primo turno, la Francia appare divisa in due, socialmente e geograficamente. Socialmente, Marine Le Pen è stata votata sopratutto da povera gente: con meno di 3000 euro di reddito l’anno, e priva di istruzione medio-alta. Macron ha raccolto i voti della classe media (comprendendo anche gli operai) decisa di abbandonare la sinistra e di quelli che avevano un diploma medio-superiore. Nella competizione si è inserito anche un uomo di sinistra, Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise), che non ha voluto unire i suoi voti a quelli di Hamon (considerando il PS più o meno un traditore della classe operaia) ed è risultato quarto al primo turno. Ecco i risultati principali:
Emmanuel Macron: 8 657 326 voti (24,01 %); Marine Le Pen: 7 679 493 voti (21,30%); François Fillon (primo escluso): 7 213 797 voti (20,01%), cioè 450 000 voti meno di Marine Le Pen; Jean-Luc Mélenchon (secondo escluso): 7 060 885 voti (19,58%); Benoit Hamon (quinto ma con molto distacco): 2 291 565 voti (6,36%).
Geograficamente, la Francia appare divisa fra Nord-Est e Sud-Ovest, il primo tutto in preda al Front National, salvo Parigi e Lille, e il Sud-Ovest, in gran maggioranza su posizioni anti-Le Pen, con un paio di dipartimenti a sinistra e qualche altro al Fronte Nazionale. I due candidati operai, di tendenza trotzkista, molto simpatici in televisione, sono usciti quasi ultimi, Nathalie Arthaud 0,64% e Philippe Poutou 1,09%. Tutti, salvo Jean-Luc Mélenchon, hanno dato la parola d’ordine “votare contro il Front National di Marine Le Pen” (Mélenchon si riserva di interpellare prima i suoi iscritti e di far sapere la decisione venerdì prossimo).
Oltre alla differenza sociale (occupazione e cultura), c’è una ulteriore differenza fra i votanti dei due candidati. Marine Le Pen è la candidata che ha avuto più voti nella maggioranza dei comuni, che in Francia sono molto frammentati, mentre Macron prevale nelle città. Non si può essere certi – quali che siano gli appelli delle altre forze politiche – che essa sia sconfitta fin da oggi.
Nella campagna elettorale, Marine Le Pen ha mantenuto qualche differenza da suo padre (ha smentito gli attacchi di lui agli ebrei; ha però considerato responsabili del più grande rastrellamento
anti-ebraico a Parigi nel 1942 – al Vel d’Hiv – le forze di occupazione tedesche, rendendone innocente la Francia), la sua parola d’ordine è stata “Je suis le Parti du peuple”, indicando i nemici del popolo nell’Unione Europea e nella finanza, nonché impegnandosi contro i migranti, sospettati di introdurre di fatto i simpatizzanti dell’ISIS (di qui la sua richiesta di finirla con l’accogliere i migranti e di espellere tutti quelli fra di loro che sono indicati come potenzialmente pericolosi, quelli con “schede S”). In generale la sua campagna è stata realmente protezionista e populista; purtroppo abbastanza vicina a quella di Jean-Luc Mélenchon, sul quale cadono oggi i fulmini di tutti i “democratici per bene”.
Il primo turno delle presidenziali indica realmente un crollo dei partiti democratici tradizionali e in particolare dei socialisti; e ugualmente una reale affermazione del Front National che è una prima assoluta nella storia della Repubblica. La mancanza di coesione fra gli altri partiti, e sostanzialmente l’isolamento di un debole Partito Socialista, rendono possibile, almeno in via di principio, la vittoria di Marine Le Pen come Presidente. Le conseguenze politiche per la Francia e quelle per l’Europa sono evidenti.
Una risorgenza della sinistra è tutta da inventare. Non sembra che essa possa nascere dal PS e l’estrema sinistra è troppo debole. Non ci sono che poche manifestazioni antifasciste; la più grossa dovrebbe essere il primo maggio a Parigi, place de la République, ma non è un partito particolare a indirla.