Corriere Fiorentino, 9 luglio 2016
Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato una serie di modifiche alla LR 65/2014 sul Governo del territorio. Le modifiche sono state presentate come ‘tagliando di manutenzione’, recepimento di semplificazioni presenti nelle norme nazionali’, ‘rafforzamento della filiera istituzionale’, oltre che finalizzate a rendere l’‘agricoltura più facile’, dichiarando che esse non intaccano comunque i pilastri della legge, che rimane la più avanzata in Italia per quanto riguarda le misure di prevenzione del consumo di suolo.
Convengo su quest’ultima valutazione. Anche a valle delle modifiche intervenute, la legge 65/2014 rimane l’unica legge vigente, in Italia, ad affrontare seriamente il tema del blocco del consumo di suolo. Così seriamente che si è sentita l’esigenza di “alleggerirla”.
Dissento invece sulla comunicazione che si sia trattato di un intervento di sola “manutenzione”. La modifica era stata in effetti avviata con questa intenzione, per correggere alcune incongruenze prodotte da emendamenti approvati all’ultimo minuto, e per recepire nuove norme nazionali in materia di edilizia e appalti.
Strada facendo, tuttavia, le proposte di modifica si sono allargate, ed è passato il segnale, politico, che alcuni interessi potevano ottenere risposta. Mi sembra pertinente ricordare, in proposito, che la legge 65 è stata a suo tempo approvata dall’intera coalizione di centro-sinistra al governo, e con il contributo anche della sinistra esterna alla maggioranza, al termine di un apio processo di consultazione e partecipazione. Questa legislatura è radicalmente diversa, con il PD solo al comando grazie al consistente premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale regionale, che può decidere senza confronto quali interessi soddisfare. Il tutto con una curiosa desistenza del centro-destra, nel voto a queste modifiche, spiegabile soltanto con qualche accordo implicito al riguardo.
Nel merito delle modifiche intervenute: i ‘pilastri’ che reggono l’impianto della legge sono in effetti ancora in piedi, come dichiarato da più esponenti del PD, ma le rosicchiature di fattispecie di trasformazioni e di parti di territorio “liberate” dalla legge sono state numerose, con effetti che potremo concretamente verificare soltanto nel tempo a venire.
Le principali riguardano l’indebolimento della cosiddetta “filiera istituzionale” faticosamente ricostruita dalla LR 65, ovvero la verifica congiunta fra Comuni e Regione delle trasformazioni più rilevanti, con procedure capaci di garantire adeguata informazione ai cittadini, in tempo utile per poter intervenire nei procedimenti.
D’ora in poi (per le modifiche è stata richiesta l’entrata in vigore urgente) una serie di trasformazioni rilevanti saranno sottratte alla conferenza di copianificazione, o comunque approvate con procedure semplificate. Ad esempio, le grandi trasformazioni in territorio rurale presentate dalle aziende agricole, anche con perdita delle destinazioni d’uso rurali, saranno di esclusiva competenza comunale se insistono su un territorio classificato dai Comuni stessi come urbanizzato. Ancora in territorio urbanizzato, si potranno spostare con semplici varianti semplificate nuovi volumi da un quartiere all’altro, da una frazione a un’altra distante anche molti chilometri, senza consultazione preventiva né dei cittadini né della Regione.
Nel territorio rurale, dove la semplificazione degli atti necessari agli agricoltori per esercitare la propria attività era stata una delle innovazioni principali introdotte dalla legge 65, le modifiche ora intervenute consentono la trasformazione dei nuovi annessi agricoli in residenze per gli agricoltori, operazione puramente funzionale a ulteriori cambi di destinazione d’uso, avendo gli agricoltori già diritto per legge a un’abitazione rurale. Perché ora tradire il patto d’onore stretto a suo tempo a questo riguardo con le rappresentanze degli agricoltori?
E così via con altre modifiche che vanno in direzione analoga, come quella di ammettere il frazionamento dei sottotetti recuperati all’uso abitativo senza aumento degli standard urbanistici pubblici, gravando così sugli utenti dei servizi già esistenti.
Infine, le modifiche congiunte alle leggi sul governo del territorio e sulle opere strategiche attribuiscono alla sola regione il potere di decidere gli ampliamenti delle opere esistenti. Questo processo di centralizzazione delle decisioni, per produrre scelte più efficaci, dovrebbe obbligatoriamente essere accompagnato dall’attivazione di azioni partecipative con una approfondita discussione pubblica delle alternative. Purtroppo la non attuazione del dibattito pubblico previsto dalla legge regionale sulla partecipazione per le grandi opere e dallo stesso PIT per quanto riguarda l’ampliamento dell’aeroporto di Firenze non fa sperare nulla di buono al riguardo.
La beffa, in questo caso, è data dal fatto che sia le misure di contrasto al consumo del suolo che l’introduzione del dibattito pubblico obbligatorio per le grandi opere sono attualmente due temi presenti anche sull’agenda del governo nazionale. Saprà la Toscana non perdere il proprio primato non solo teorico, ma anche d’azione, al riguardo?