Quel che resta dell’Orto Botanico di Venezia sta per scomparire. L’ennesima cementificazione pianificata dalle varie amministrazioni comunali che, in accordo con i privati investitori, da anni cinicamente speculano sulla presunta mancanza di case per i veneziani, riempirà il giardino con 140 appartamenti ed alcune attrezzature commerciali e direzionali.
La creazione dell’Orto fu decisa nel 1810, in applicazione di un decreto del 1807 con cui gli occupanti francesi avevano istituito i primi licei non confessionali nel Veneto, disponendo anche che l’insegnamento della botanica fosse obbligatorio e che ogni liceo avesse a disposizione un orto botanico “a scopo didattico”. Nacque, così, l’Orto del liceo convitto Santa Caterina (oggi liceo classico Foscarini) per la cui sede fu scelto un vasto terreno di 18672 metri quadrati, già occupato dal convento dei frati francescani minori a san Giobbe, uno degli ordini religiosi sciolti da Napoleone. Dopo il ritorno della dominazione austriaca, l’Orto venne affidato al bavarese Giuseppe Ruchinger, poi a suo padre ed infine ad un fratello.
Orto botamico San Giobbe. Dettaglio Mappa Ludovico Ughi |
Mappa fratelli Combatti |
Con l’annessione di Venezia al regno d’Italia (1866) ha inizio la decadenza dell’Orto. Il Demanio intendeva usarlo “a scopo diverso da quello della coltivazione di piante” e solo la concessione per 29 anni, e poi la vendita, all’ultimo dei Ruchinger ne prolungò la sopravvivenza. Fu infine comprato dal principe Giuseppe Giovannelli (dal 1868 al 1870 sindaco di Venezia) e ceduto alla società tedesca Maschinenbauer Schwartkopff, intenzionata a costruirvi una fabbrica di siluri. La trattativa venne seguita personalmente dal ministro della Marina, Benedetto Brin, e all’inaugurazione del silurificio, nel 1887, presenziarono il re Umberto e la regina Margherita.
Ai primi del ‘900, il governo decise di sospendere la produzione dei siluri a Venezia e l’area passò alla Società per l’utilizzazione delle forze idrauliche del Veneto (poi Enel), che ne ha conservato la proprietà per un secolo, durante il quale una parte della vegetazione è scomparsa, ma una parte ha resistito. Il recupero dell’Orto Botanico, quindi, è tuttora un intervento tecnicamente fattibile, ma si scontra con l’ostinazione delle amministrazioni comunali che dal 2004 in poi (con i sindaci Costa, Cacciari, Orsoni e ora Brugnaro) lo considerano “un’area dismessa da valorizzare”. «Non dobbiamo farci condizionare dalla presenza di qualche arbusto», ebbe a dire, nel 2004, un componente della Commissione consiliare incaricata di rispondere alle osservazioni contrarie al PRIU Piano di recupero integrato urbano che il comune stava contrattando con l’Enel. E in effetti, le autorità comunali non si sono lasciate “condizionare” dalla vegetazione, ma hanno concesso tutte le licenze edilizie richieste, in cambio di “un diritto di passaggio” per accorciare il tragitto dalla stazione ferroviaria al nuovo campus universitario di Cà Foscari, allora in cantiere.
Nel 2007 il compendio fu messo all’asta dall’Enel e acquistato dalla società Gimal di Giuseppe Malaspina, un imprenditore calabrese trapiantato in Brianza. Malaspina è un personaggio interessante. Nel 1981 è stato condannato a 14 anni per omicidio (secondo quanto riportato dalle cronache avrebbe sparato a un tale che minacciava di denunciare la sua partecipazione ad una rapina in una gioielleria). Tornato in libertà dopo cinque anni, si è “messo in edilizia” ed ha cominciato ad occuparsi di affari immobiliari tramite una serie di società che cambiano continuamente nome e ragione sociale. E’ arrivato a Venezia tra il 2007 ed il 2008, nello stesso periodo in cui si cui si sono registrati altri sbarchi di calabresi in laguna, dal commissario straordinario mandato al Lido dal governo Berlusconi per coordinare l’operazione del Palazzo del cinema, ad alcune imprese immobiliari chiacchierate, ma di fatto intoccabili.
Oltre all’area di San Giobbe, Malaspina ha comprato Cà Sagredo e l’ha trasformata in un elegante albergo di gran lusso. Nel 2008, intervistato dal Sole 24 Ore, ha dichiarato di essere interessato a «progetti ambiziosi concentrati sulla fascia del turismo di lusso… e sulle residenze di lusso.. un business del quale l’Italia finora è rimasta quasi del tutto esclusa».