Il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2016 (m.p.r)
Rino Formica, non è uno storico girotondino. Né tantomeno un grillino. Viene dalla Prima Repubblica, in cui è stato ministro socialista nel Psi di Bettino Craxi. Scolpì finanche una frase che ci trasciniamo da decenni: «La politica è sangue e merda». Sin dall’inizio è stato tra i più acuti e autorevoli critici del renzismo. In una conversazione con il , bollò l’inciucio del Nazareno tra Berlusconi e Renzi come il «nuovo patto scellerato Bierre». Nel frattempo, l’ex Cavaliere si è sfilato, almeno ufficialmente, ma l’impianto è rimasto, con il Partito della nazione che include Alfano e Verdini. Quando Stampa e Repubblica hanno annunciato la fusione dei rispettivi gruppi editoriali (l’ex Fiat e De Benedetti), Formica ha parlato di «pensiero unico della nazione» in una lettera al Foglio, tra gli house organ del renzismo.
Lei ha scritto che Stampubblica incarna la linea di tutte le inconsolabili vedove della Repubblica dei partiti.
Il mio ragionamento è semplice. Questi di oggi all’opera sono i residui dei vecchi partiti, che coltivano però una contraddizione nostalgica.
Quale?
Nutrono il ricordo di quando il sistema aveva un suo equilibrio, secondo una logica di stabilità.
Poi che è successo?
Il sistema è crollato e loro non hanno saputo dare un ordine razionale nuovo.
Così nasce il pensiero unico del partito della nazione.
Meglio dire il pensiero unico del partito unico. È una svolta che contiene una novità, da guardare con attenzione perché riguarda le analogie con le esperienze autoritarie del Novecento.
Il secolo dei totalitarismi, da noi il fascismo.
Vede, nella Prima Repubblica i partiti rappresentavano la trama democratica del sistema statuale. Poi c’è stata una lunga trasformazione, con la tendenza dei partiti di massa a identificarsi nello Stato.
I partiti-Stato.
Oggi è l’opposto. C’è lo Stato che tende a farsi partito. Questa è la svolta. Ed era già accaduto con Mussolini. Da qui l’esigenza di controllare di riportare tutto all’unicità.
Di nuovo: partito unico, pensiero unico.
Lo Stato che si fa partito ha bisogno di questa fusione tra Stampa e Repubblica, favorita dai deficit di bilancio dell’informazione; ha bisogno di mettere Carrai ai Servizi segreti. Tutto è funzionale a questa idea. Se esistesse ancora l’Iri avremmo anche il controllo del potere economico, oggi privato e dissestato. Un nuovo autoritarismo. Io non sono un complottista, ma l’Italia è un terreno di sperimentazione per molti “maghi”che girano indisturbati per il mondo.
Un laboratorio avviato con Renzi, prima con il patto del Nazareno poi con Alfano e Verdini. L’impianto è identico. Da quando c’è lui è un crescendo perché Renzi è un senza dio. Il premier ha un profondo disprezzo per il suo partito, figuriamoci per gli altri. Da sindaco d’Italia sta trasformando l’istituzione nel nuovo Stato-partito.
Al punto da dire che sta con Alfano e Verdini perché il suo partito ha perso le elezioni nel 2013. Una frase sgrammaticata, da molti punti di vista. Guardi che i più preoccupati dovrebbero essere Alfano e Verdini.
Perché?
La frase di Renzi è chiara. Significa: «C’ho i servi che mi offre il mercato». Ho detto servi, non alleati. Questa è la condizione dei due.
Però insieme hanno cambiato la Costituzione.
Per Renzi non è una riforma, ma un gesto di forza da mettere sul tavolo. Non gliene fotte nulla di quello che contiene. Osservi la disinvoltura con cui il ministro Boschi si è dichiarata a favore della democrazia presidenziale, proprio mentre è in atto l’ultimo passaggio di una riforma basata comunque sul parlamentarismo. Per loro la Costituzione è solo carta straccia.
Lei voterà No al referendum d’autunno.
Voterò No, ma con motivazioni diverse da quanti lo faranno nel nome della Costituzione più bella del mondo. Io voterò No per dire Sì a un’assemblea costituente che riformi davvero la Carta, in linea con i mutamenti del nostro tempo.