Una cantata, senza musica, se non rumori di guerre. Molti perché, laceranti per noi che apparteniamo alla parte benestante del pianeta.
Felicità futura online, 15 novembre 2015
Ma no: perché?
Chi ha tutto non può chiedere a chi non ha niente:perché?
Chi ha usato la fede per “civilizzare” il mondo non puòchiedere a chi usa Dio contro di noi: perché?
Chi fabbrica armi e poi li dà a chi uccide non puòchiedere: perché?
Chi ha portato la guerra, inventando menzogne, in altripaesi per puro interesse non può chiedere a chi ci porta la guerra:perché?
Chi costruisce nuovi equilibri internazionale combattendo,forse, il califfato ma pensando aipropri interessi, non può chiedere alla strategia del terrore: perché?
Perché, perché, perché………………..
Tutti i possibili perché non giustificano le crudeliuccisioni; non giustificano e basta. Ma forse ci fanno capire qualcosa.
Ma capire non ci libera dalla paura, dall’angoscia, dall’impotenza.Oggi piangiamo tutti assieme gli amici francesi trucidati, ma non abbiamopianto qualche giorno fa gli amici libanesi morti in uno stesso attentato. Non abbiamo pianto imorti kurdi bombardati dalla Turchia. Non abbiamo pianto per … La nostrasolidarietà, il nostro rispetto della vita non è generalizzato. Di fattodistingue, e questo non ci aiuta adessere liberi, né a capire.
Siamo orgogliosi della nostra civiltà, della nostralibertà, della nostra convivenza, dei nostri diritti; ma questa civiltà che cipare attaccata e che vogliamo difendere è il risultato di misfatti, di orrori,di genocidi. E con il lavoro sulle nostre coscienze, utilizzando la nostraintelligenza, riflettendo su noi e gli altri, che, forse, ci siamo liberati daquegli orrori perpetrati fino ad ieri (il secolo scorso è stato il tempo di unacarneficina continua), costruendo un non mai raggiunto livello alto di civiltà.
Ma niente e concluso, gli interessi spesso ci acciecano. Lariunione a Malta dei capi di stato sull’immigrazione la dice lunga sulla nostradisponibilità all’accoglienza. I muri, i fili spinati, i fossati che moltipaesi stanno materialmente costruendo contro l’immigrazione la dice lunga sul’Europa unita. Queste frontiere oggi sono “contro” gli immigrati ma finiranno peressere le frontiere interne di un Europa divisa. La divisione sta nella logicadelle frontiere. Ci aspetta un’Europa molto più frammentata di come è uscitadalla seconda guerra mondiale e forse meno civile di quello che pensiamo.
Certo bisogna resistere all’emozione che parla allapancia, alla paura che prende il cuore, al senso di insicurezza che diventa mododi vita. Bisogna ragionare, bisogna avere politiche efficaci ed efficienti.Sapremmo cosa fare nel medio-lungo periodo, ma non possiamo farlo; le nostrecondizioni economiche e sociali, i nostri rapporti sociali, gli interessi chegiocano anche sopra le nostre teste non ci permettono di fare quello chesappiamo andrebbe fatto.
Quando i due militari dell’ISIS nel video che gira inrete, chiamano quanti di “loro”, sono umiliati in terra straniera, costretti achiedere l’elemosina, disoccupati, sottopagati, e li invitano a unirsi a loronel nome di Allah, sanno di fare un gioco facile anche se non di sicuro successo, per nostra fortuna. Mali chiamano alla lotta là dove si trovano, li invitano a prendere le armi chehanno a disposizione e ad uccidere. Terrorismo diffuso, questa è la nuovasituazione.
Quando qualche imbecille propone di distinguere gliimmigrati che vengono da zone di guerra da accogliere (con attenzione eparsimonia), dagli immigrati per bisogno (fame, sottosviluppo, ecc.) darifiutare e mandare indietro, inconsapevolmente (ma è possibile inconsapevolmente) contribuisce a creano le migliori condizionidi accoglienza agli appelli dell’ISIS.
C’è una politica di medio-lungo periodo. Ma quello chebisognerebbe fare in tale tempo medio-lungo non si farà; si dirà; si useranno molte parole; ma non sifarà. Così il tempo medio-lungodiventerà infinito e alimenterà nuove rivolte, nuovi terrorismi, nuovebandiere. Non si farà perché non lo permette il nostro sistema sociale, non lopermettono gli interessi economici in gioco, perché i “soci” che dicono dicombattere l’ISIS fanno i loro giochi.Agli immigrati non saranno riconosciuti diritti di cittadinanza; le risorse dei singoli paesi non sarannolasciati agli stessi per lo sviluppo; non si faranno sostanziosi investimentiinternazionali per lo sviluppo; al contrario si continuerà a corrompere, asostenere dittature spesso feroci, a saccheggiare le risorse, si asservirannopopolazione, si affameranno, si sottrarrà l’acqua, …..
Ma anche se si facessero per il medio lungo periodo lecose positive previste e prevedibili, resta il grumo terribile del breveperiodo: l’ISIS e il terrorismo. Chefare? Pensieri poveri e contraddittori. Contro questo pericolo non bastal’intelligenza dei servizi (il terrorismo diffuso e individualista, non hacorpo, non ha bisogno di centrali, basta la predicazione), la prevenzione,certo, se ne siamo capaci, ma sarà necessaria anche qualche forma direpressione: bloccare l’espansione, liberare chi volontariamente si è fattoschiavo, liberare chi è oppresso in nome di un Dio crudele che lotta per la suasupremazia. C’è anche uno scontro militare all’orizzonte. No contro Allah, nonserve, non uno scontro di civiltà, quale è la civiltà proposta dall’ISIS se nonun futuro di sottomissione e privazioni, ma contro il terrorismo, contro un regimecriminale, contro un dittatura politica che si crea il proprio Dio. Dovrebbeessere una “pulizia” fatta dagli stessi musulmani uniti con le forzeinternazionali, in una guerra di liberazione. Ma pare difficile che i regimimusulmani, date le loro divisione interne che alimentano lo stesso terrorismo eche sostengono l’ISIS, siano disponibili per tale guerra di librazione..
In realtà non si farà nulla per il periodo medio-lungo,si farà nel periodo breve una guerra priva di prospettive. E sulle maceriesorgeranno nuove bandiere, nuove rivendicazioni e nuovi terrorismi.
Sentendo i capi di governo, ascoltando la voce dellagente, che quando impaurita dà il peggio di sé, non mi pare si possa essere ottimisti.