Nonostante il lutto per la perdita della madre, morta domenica sera, Juncker ha declinato l’offerta del Parlamento di rinviare il discorso e ha voluto presentarsi puntuale a Strasburgo anche per sottolineare la gravità della situazione e l’importanza delle decisioni che attendono l’Europa. «Mia madre, che è morta, e mio padre, che è gravemente malato, hanno lavorato tutta la loro vita. E così faccio io: lavoro. Per questo sono qui», si è giustificato con voce tremante per la commozione. Ed ha lanciato un appello agli europei perché non dimentichino il proprio passato e i propri valori: «Noi europei dovremmo ricordare che questo è un continente dove tutti, in un momento o in un altro della nostra storia, siamo stati profughi».
Il presidente della Commissione ha criticato i Paesi che cercano di fermare l’afflusso dei disperati. «Fino a che ci sarà la guerra in Siria, questo problema non scomparirà da un giorno all’altro, e nessun muro fermerà l’afflusso dei profughi. Stiamo combattendo l’Is, come possiamo non accogliere quelli che fuggono l’Is?». Ma ha anche criticato quanti si dicono disposti ad accettare solo rifugiati cristiani: «In passato l’Europa ha già fatto l’errore di distinguere tra ebrei, musulmani e cristiani: non c’è religione, non c’è credo e non c’è filosofia quando si parla di profughi».
Il discorso sullo stato dell’Unione si è trasformato così, attraverso le parole di Juncker, in una grande seduta di autocoscienza di fronte al dramma dei migranti. «L’Europa è il panettiere di Kos che regala panini ai rifugiati che arrivano, sono gli studenti che offrono il loro aiuto nelle stazioni tedesche, e coloro che alla stazione di Monaco hanno accolto i profughi siriani con applausi. L’Europa in cui voglio vivere è quella incarnata da queste persone; l’Europa in cui non vorrei mai vivere è quella di chi rifiuta la solidarietà».
Ma il presidente della Commissione ha anche cercato di ridimensionare la portata del problema: «la massa di chi cerca riparo da noi rappresenta lo 0,1 per cento della popolazione europea. In Libano, che ha un reddito pari ad un quinto del nostro, i rifugiati sono il 25 per cento della popolazione. L’Europa ha i mezzi per fare fronte a questa emergenza».
Nalla sostanza, il piano di Juncker è quello anticipato nei giorni scorsi. Oltre ai 40 mila richiedenti asilo ripartiti a luglio per alleggerire Grecia e Italia, la Commissione propone di redistribuirne altri 120 mila: 16 mila attualmente in Italia, 54 mila in Ungheria e 50 mila in Grecia. Germania, Francia e Spagna dovranno accoglierne la maggior parte. Ma ogni Paese si vedrà attribuire una quota obbligatoria, calcolata in base al reddito, alla popolazione, al tasso di occupazione e ai profughi già ospitati. Le quote, in base ai Trattati, non si applicheranno a Gran Bretagna e Danimarca, mentre l’Irlanda, che pure sarebbe esentata, ha detto di voler partecipare alla redistribuzione. Per tutti gli altri, invece, i contingenti saranno obbligatori. Un Paese può, per gravi e comprovati motivi, chiedere alla Commissione di essere esonerato dalla condivisione. Bruxelles valuterà il caso e potrebbe concedere una esclusione temporanea, ma in questo caso il Paese esentato dovrà pagare un contributo di solidarietà proporzionale alla sua ricchezza. Per ogni profugo accolto, i governi riceveranno dalla Commissione un contributo di seimila euro.
Juncker ha anche annunciato una serie di altri misure per far fronte all’emergenza, spiegando che, all’inizio dell’anno prossimo la Commissione presenterà un progetto complessivo per la gestione dell’immigrazione economica «di cui abbiamo comunque bisogno». Il passo più importante sarà il rafforzamento di Frontex, che dovrà occuparsi anche dei rimpatri di chi non ha diritto all’asilo: «dobbiamo fare un passo ambizioso verso la creazione di una Guardia di frontiera e di una Guardia costiera europea prima della fine dell’anno», ha detto il presidente della Commissione. Infine, già al prossimo consiglio, Bruxelles presenterà una lista di Paesi considerati “sicuri”, che comprenderà la Turchia e i Balcani, i cui cittadini non potranno chiedere di ricevere asilo politico in Europa.