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Tomaso Montanari
Quante interferenze nel caso del Leonardo conteso tra Uffizi ed Expo
14 Febbraio 2015
Beni culturali
Ennesimo episodio dell'inettitudine di questa classe politica, incapace di pensare ad un ruolo del nostro patrimonio culturale che non sia di superficiale visibilità turistica.
La Repubblica, 13 febbraio 2015 (m.p.g.)

La presenza dell'Annunciazione di Leonardo all'Expo sta diventando un affare di Stato. Il sindaco di Milano ha polemizzato con gli Uffizi per averne negato il prestito, e ha chiesto un intervento del ministro Franceschini: il quale non si è fatto pregare, e ha pubblicamente chiesto spiegazioni alla direzione del museo. Obbligata e amara la resa del direttore, Antonio Natali: «Decide il Ministero».È la terza puntata dell'imbarazzante telenovela dei 'capolavori assoluti' invano pretesi dall'Expo: dopo i Bronzi di Riace e la Venere di Botticelli, ora tocca (ovviamente) a Leonardo. E poi sarà la volta di Giotto, Caravaggio e chissà chi altri.

È deprimente che ogni kermesse italiana si risolva nell'esposizione della top ten dei grandi maestri del passato. Nessun investimento permanente sul patrimonio diffuso, nessuna attenzione agli artisti viventi: solo la pigra e rituale esibizione dei gioielli di famiglia. E pazienza se col tema del cibo non c'entrano nulla. Una coazione così superficiale ed esteriore che il sito ufficiale dell'Expo ha annunciato che il simbolo del Padiglione Italia sarà il David di Michelangelo (l'avreste mai detto?), accompagnandone la fotografia con una didascalia che lo attribuiva a... Donatello!Pare davvero insensato togliere agli Uffizi (che si trovano a meno di due ore dall'Expo) l'unico Leonardo attualmente esposto: un'opera che figura tra quelle dichiarate inamovibili.

Ma il punto davvero importante è un altro. In tutti i paesi civili la sovranità del direttore di museo è sacra. E nessuna autorità politica ha il diritto di insidiarla o condizionarla. In Inghilterra o in Francia sarebbe semplicemente impensabile una conferenza stampa polemica di un sindaco, o un'ingerenza del governo. Qui invece si ventila addirittura un intervento del Presidente del Consiglio: speriamo che non sia vero, perché per trovare un precedente bisognerebbe risalire a Mussolini.

Il paradosso è che in questo momento un bando internazionale si propone di affidare venti grandi musei italiani (gli Uffizi inclusi) a direttori di grande levatura e prestigio: una mossa vanificata dalla reazione di Franceschini, che tratta il direttore degli Uffizi come un cameriere, esautorandolo dalle decisioni più cruciali per la vita del suo museo. E uno si chiede perché mai un direttore tedesco o americano dovrebbe correre a prendere ordini dalla sgangherata classe politica italiana.

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