Carteinregola, 22 gennaio 2015
Il 10 gennaio 2015 è scaduto il termine per impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge 166/2014, la conversione del decreto “Sblocca Italia”. L’hanno fatto solo 6 Regioni su 20: Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto. Gli articoli impugnati sono soprattutto il 37 e il 38 , che, secondo le associazioni ambientaliste permettono di autorizzare una nuova ondata di trivellazioni petrolifere con irrilevanti benefici economici e sociali ed elevati pericoli ambientali per aree di pregio naturalistico e paesaggistico, sulla terraferma e nel mare. Ma le impugnazioni si basano soprattutto sull’ipotesi che la legge violi le competenze amministrative e legislative delle Regioni stabilite dal Titolo V della Costituzione.
Colpisce soprattutto che, con l’eccezione della Puglia e delle Marche, le Regioni che hanno impugnato la legge sono a guida centrodestra: la Campania , la Lombardia, l’Abruzzo, il Veneto. E assai significativa è invece la latitanza delle altre Regioni a guida centrosinistra (non osiamo più dire “rosse”, piuttosto ci teniamo la ripetizione), a partire proprio dall’illuminata Toscana, che ha da poco varato una avanzatissima Legge urbanistica – impugnata dal Governo perchè troppo restrittiva sui nuovi centri commerciali in aree rurali – e da cui ci saremmo aspettati una maggiore attenzione sia rispetto alla tutela dell’ambiente, sia rispetto alla difesa delle prerogative regionali nel governo del territorio. Sulla stessa linea “non interventista”, nonostante le sollecitazioni, anche da parte di molti sindaci, le altre Regioni come il Piemonte, la Liguria, la Sardegna, il Lazio. Anche se la posizione di quest’ultima non ci sorprende molto, dopo che abbiamo avuto modo di constatare quale sia la sua “linea” con il Piano Casa Polverini-Zingaretti, che abbiamo battezzato “Sblocca Lazio”.
In ogni caso questa è un’amara lezione, che conferma quanto ormai l’appartenenza al centrodestra o al centrosinistra non sia più ancorata ad alcuna diversità di prospettiva e di intenzioni, soprattutto dal punto di vista della tutela del territorio e del patrimonio collettivo, dato che – Piano Casa Zingaretti/Polverini docet – le posizioni dipendono solo dal ruolo momentaneamente interpretato dalla tal forza politica, se quello di governo o quello di opposizione. Un gioco delle parti, con la costante della produzione a ciclo continuo di leggi che favoriscono la speculazione, distruggono l’ambiente e comprimono l’esercizio democratico e le prerogative costituzionali. Mentre i cittadini che hanno a cuore l’interesse generale restano sempre più soli.