«Un'evoluzione della secolare perdita di funzione dell'arte e dell'architettura: dalle opere nate per il museo arriviamo al museo nato senza avere le opere. E la direzione è di arrivare ad avere città senza cittadini (Venezia è a un passo, in tutti i sensi)». Il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2014
Certo, la posa della prima pietra non poteva avvenire in un momento più simbolico. Siamo a Mestre e il cantiere è quello dell'M9, che non è un servizio segreto evoluto, ma un enorme Museo del Novecento (9.200 mq, 100 milioni di euro di costo). La ditta vincitrice dell'appalto –forse nessuno si sorprenderà– è la Maltauro, a tutti gli italiani nota grazie allo scandalo dell'Expo.
La cosa singolare è che non si sa bene cosa sarà esposto in questo museo. Né quale e quanto personale scientifico potrà essere assunto. Insomma, più che di un museo si tratta di un grande contenitore. Si tratta di un'evoluzione della secolare perdita di funzione dell'arte e poi anche dell'architettura: dalle opere nate direttamente per il museo siamo arrivati al museo nato senza avere le opere. E la direzione è quella di arrivare ad avere città senza cittadini (Venezia è a un passo, in tutti i sensi).
È chiaro che il progetto di Mestre vuol essere specie di remake italiano del Guggenheim di Bilbao: una storia di successo che in molti hanno cercato di replicare. Quasi sempre, però, con scarsissimo successo. La fondazione di un museo dovrebbe inserirsi nel progetto che una comunità urbana ha sul proprio futuro: è solo un simile progetto che permette di rileggere il passato. Da noi quasi sempre è il contrario: si fa il mega-museo per coprire il vuoto progettuale e politico. Ma invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non resta lo stesso.