Il manifesto, 18 luglio 2014
Il ministro Franceschini è vissuto a Ferrara e conosce ciò che quella meravigliosa città ha saputo costruire: un mirabile equilibrio tra la bellezza urbana e il paesaggio. Lo affermo perché rimasi colpito di una sua dichiarazione nel novembre 2012 in occasione della morte del grande Paolo Ravenna. Sosteneva Franceschini che a lui si doveva molto del rispetto della cultura dei luoghi, dalle mura al parco agricolo che le cinge. A leggere le parti salienti del progetto di riforma del Mibac viene da pensare che siano state quelle parole vane, come sempre più spesso ci abitua una politica che vive di slogan. Ma forse, nessuno poteva aspettarsi – e dunque neppure il ministro - che il Presidente del consiglio avrebbe iniziato a costruire il suo profilo istituzionale proprio riempiendo di contumelie i «professoroni» e attaccando burocrati e Soprintendenze di Stato. Solo dei grigi burocrati come i soprintendenti, appunto, non capiscono che il futuro dell’Italia è nella messa a reddito del nostro petrolio, e cioè lo straordinario patrimonio culturale che ci fa un caso unico nella storia della cultura mondiale. Un atteggiamento culturale che è l’esatto contrario dell’impegno di una vita di uomini come Paolo Ravenna o, sempre per restare a Ferrara, di Giorgio Bassani.
Sarà un caso, ma proprio due giorni prima la presentazione del progetto di riforma tutto centrato sulla valorizzazione, è stato reso pubblico uno studio della Società Autostrade per l’Italia che si occupa niente meno dello sviluppo turistico e culturale del parco dell’Appia antica di Roma. Tra le tante perle contenute in quel documento — tutte elencate in un ottimo
documento-appello dell’associazione Bianchi Bandinelli- c’è anche scritto che in alcuni luoghi si sarebbero creati dei punti di vendita ristoro con prodotti tipici in modo da riscoprire l’importanza del gran tour nella Roma del settecento. È scritto proprio così e nessun soprintendente di Stato avrebbe mai immaginato una simile genialità. Chissà cosa avrebbe scritto Antonio Cederna, una vita spesa per salvaguardare l’Appia antica. Questa follia c’entra molto con il progetto di riforma di Franceschini. Il ruolo dei soprintendenti diviene infatti marginale e uno dei pilastri che regge la riforma sta nel fatto che i più importanti luoghi della cultura italiana potranno divenire speciali e per ciò stesso affidati a manager esterni all’amministrazione dello Stato. Tutti meno i soprintendenti. Una vera ossessione.
E veniamo al nodo che riguarda il paesaggio. Il ministro sa che nella discussione parlamentare è stato inserito un comma all’articolo 12 in cui vengono istituiti i «comitati di garanzia per la revisione dei pareri paesaggistici», una mostruosità giuridica –la messa sotto tutela ministeriale del capillare lavoro degli organi decentrati dello Stato- che significa una sola cosa: la fine della tutela paesaggistica del territorio, questione contenuta nei principi fondamentali della nostra Costituzione. E anche qui c’è una coincidenza importante. Il 4 luglio scorso la regione Toscana ha adottato il Piano paesaggistico regionale, un ottimo strumento di tutela voluto dall’assessore Anna Marson e a cui ha partecipato attraverso intesa istituzionale il Ministero dei Beni culturali. Forse chi ha presentato l’emendamento voleva azzerare per sempre l’azione regionale di tutela del territori ed è grave che Franceschini abbia accettato l’emendamento e non ristabilito il corretto funzionamento dello Stato. Molti parlamentari e qualche ministro hanno a cuore le betoniere che hanno devastato l’Italia.
Alcuni anni fa la Soprintendenza del Lazio per tutelare l’agro romano meridionale impose un vincolo generico. Iniziarono lo stesso i lamenti che denunziavano il «blocco» delle costruzioni. Possiamo proporci di accompagnare questi parlamentari e il ministro verso le campagne del Divino Amore a Roma – luogo interno al vincolo — e contare insieme il numero dei grandi quartieri che sta sorgendo in aperta campagna in una città che ha duecentomila abitazioni vuote Il problema non sono i vincoli o i soprintendenti: sono il rispetto della storia e della cultura che fanno grandi le nazioni e le città. Come la splendida Ferrara.