«Il legame tra le attività estrattive e terremoto non si può escludere».La
Repubblica, 11 aprile 2014
Non si può dire né sì né no, ma di certo non si può escludere. E di certo si deve continuare a indagare. Sarebbe questa la sintesi di un rapporto stilato per conto della Regione Emilia Romagna da un panel di esperti chiamati a dire se i terremoti che hanno colpito la regione nel 2012 possano aver avuto come concausa le attività estrattive del petrolio (che nella regione si praticano da decenni) e, più in generale, trivellazioni e perforazioni del suolo. Il rapporto non è ancora stato reso pubblico, ma già circola negli ambienti scientifici e politici. Se ne occupa l'ultimo numero della rivista scientifica Science, secondo la quale il documento è stato consegnato agli amministratori emiliani da almeno un mese, ma ci sarebbe imbarazzo nel parlarne. Non solo: la rivista americana precisa come sul rapporto si baseranno le decisioni in merito a nuove autorizzazioni per le attività estrattive nella regione.
Ed è molto probabile che la linea sarà quella della massima cautela. Il panel si chiama Ichese (Commissione tecnico-scientifica per la valutazione delle possibili relazioni tra attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività sismica nel territorio della regione Emilia Romagna colpita dal sisma del mese di maggio 2012) ed è stato convocato dalla Regione guidata da Vasco Errani nel maggio del 2013: è composto da due esperti italiani e da tre stranieri che hanno effettuato sopralluoghi sia nelle aree colpite dal terremoto sia negli impianti petroliferi di Cavone, quelli contro i quali oggi si punta il dito. Ichese ha interpellato esperti, aziende e istituzioni. Ed è giunto alle conclusioni che Science riporta tra virgolette: il legame tra le attività estrattive e terremoto «non si può escludere ».
Da anni si sa che alcune attività umane possono causare terremoti. Non è mai stata una novità e gli scienziati hanno sempre preso l’ipotesi molto sul serio. L’idea è che il ricorso ad alcune tecniche geoingegneristiche, tra cui il famigerato fracking che però in Italia non si pratica, almeno non ufficialmente), se effettuato ad alta intensità può causare l'instabilità delle faglie su cui poggiamo i piedi. In particolare, il nesso è stato studiato laddove le ricerche di petrolio comportano trivellazioni numerose e profonde, come nel centro degli Stati Uniti. Indagini statistiche hanno rafforzato questo timore e alcuni degli ultimi terremoti in Texas e Oklahoma sono stati ritenuti probabili “figli” delle trivellazioni. Bisogna però considerare che al momento è molto difficile dire se un dato sisma è stato causato da una certa attività. Resta il fatto che quelli per i quali è stata ipotizzata una concausa umana sono stati pochi e, in ogni caso, più deboli di quelli generati solamente dalla natura in una specifica zona. Comunque, se i sospetti su certe responsabilità dell’uomo dovessero diventare forti, è probabile che non sarebbe solo la Regione Emilia Romagna a rivedere le proprie scelte sull’utilizzo del territorio.
Il rapporto di Ichesa, prosegue Science, spiega anche che rimuovere e reiniettare liquidi non basta a causare un terremoto più intenso di quanto non sarebbe senza quell’attività. Ma è possibile che la faglia coinvolta nella sequenza sismica del maggio di due anni fa fosse sul punto di muoversi e che l’uomo abbia accelerato il processo. Non solo: le attività estrattive nel sito di Cavone erano state aumentate dall’aprile del 2011 e questo stabilirebbe un legame temporale. Però, conclude la rivista, manca ancora un modello fisico di sostegno: insomma, ipotizzato il nesso, non è ancora chiaro come e perché funzioni. Science spiega infine di non aver ricevuto risposte sul rapporto né da parte degli estensori né da parte delle compagnie che sarebbero implicate, ma riferisce di altri sismologi per i quali questi legami sarebbero molto deboli e tutto il rapporto poco chiaro: l’impianto di Cavone, del resto, è molto piccolo e si trova ad almeno venti chilometri dall’epicentro.