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AltroVE
Dietro l'alibi dell'adeguamento al Codice del paesaggio il rafforzamento della cementificazionw del Veneto
7 Giugno 2013
SOS
Una puntuale critica di "

AltroVE -Rete dei comitati e delle associazioni per un altro Veneto": sbugiarda la Regione e tira le orecchie al Mibac. Ecco il comunicato dell'ufficio stampa, 7 giugno 2013

La Giunta Regionale ha recentemente approvato una “Variante parziale” al PianoTerritoriale Regionale di Coordinamento (PTRC), “adottato” nel 2009 dalla precedente Giunta Galan, al fine di attribuirgli la cosiddetta “valenza paesaggistica” prescritta dalla legislazione statale (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio -D.Lgs. 42 /2004).

Le associazioni e i comitati che da anni operano in tutto il Veneto a difesa del territorio e che già nel 2009 si erano mobilitati contro il PTRC, elaborando e presentando osservazioni sottoscritte da migliaia di cittadini, hanno ricostituito un tavolo di lavoro che si riunisce presso l’Università di Architettura di Venezia. Il loro obiettivo è di analizzare tale proposta di Variante (che, dopo la fase delle osservazioni e delle controdeduzioni, dovrà essere approvata dal Consiglio Regionale), di predisporre le Osservazioni finalizzate all’introduzione di norme cogenti per una effettiva tutela del paesaggio in una prospettiva di sviluppo economicamente, ambientalmente e socialmente sostenibile del nostro territorio e di far conoscere a tutte le forze politiche, culturali ed economiche della Regione i reali contenuti, i limiti e le acrobazie procedurali di questo tentativo di aggiornamento del principale strumento della pianificazione e della programmazione regionale.

L’analisi sin qui condotta evidenzia purtroppo che, mentre nelle relazioni si affermano quali fondamentali principi ispiratori della Variante quelli del minor consumo di suolo e della tutela del paesaggio, nessuna norma è realmente prescrittiva a questo fine. Al di là dei titoli e delle dichiarazioni di principio, il Piano non contiene le indicazioni prescrittive, l’individuazione puntuale dei beni culturali e degli ambiti paesaggistici tutelati, dei relativi obiettivi di qualità e delle relative norme cogenti, che pure il Codice dei Beni Culturali esplicitamente richiede per conferirgli una reale valenza paesaggistica.

Esaminiamo dunque, in questo primo documento, tre questioni fondamentali e prioritarie che evidenziano l’inconsistenza del Piano da un punto di vista paesaggistico, nonché fondati motivi di illegittimità e di incostituzionalità.

1. La Variante proposta non presenta affatto i contenuti necessari per assumere la prescritta VALENZA PAESAGGISTICA.

L’articolo 143 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio richiede al Piano paesaggistico di effettuare la ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 (ville, giardini, parchi, complessi di cose immobili di non comune bellezza...), delimitandoli e rappresentandoli in scala idonea alla loro identificazione, nonché determinando le specifiche prescrizioni d’uso.

Il piano adottato non assolve a questo compito. Ad un certo punto della relazione illustrativa si legge “Nel caso dei beni oggetto di dichiarazione di notevole interesse pubblico (art. 136 Dlgs 42/2004) è già a disposizione un primo archivio multimediale per la consultazione on-line: tale archivio, in fase di continuo aggiornamento, costituisce già un primo importante passo verso la sistematizzazione del materiale documentale inerente i circa 1000 decreti di tutela paesaggistica che rappresentano il vasto insieme dei beni tutelati ex art. 136 nel territorio regionale” (vedi allegato B, pag. 24). Ma questo archivio multimediale fa parte integrante del piano? Come fa ad essere parte di un Piano se non è completo, condiviso dal Ministero e se è in “fase di continuo aggiornamento”?

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio “richiede” inoltre al Piano paesaggistico di effettuare la ricognizione delle aree tutelate per legge (già legge Galasso del 1985, ora art. 142 del Codice: territori costieri, fiumi, corsi d’acqua, foreste, zone d’interesse archeologico, zone umide, ecc.), delimitandole e rappresentandole in scala idonea alla loro identificazione, nonché determinando le relative prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei loro caratteri distintivi e – compatibilmente con tali caratteri – a promuovere la loro valorizzazione.

Neppure questo compito è assolto dalla Variante al piano: non sono – per esempio – rappresentati in scala idonea alla loro identificazione, i parchi e le riserve nazionali e regionali, né i territori coperti da foreste e boschi, ecc. Sempre nella relazione illustrativa (pag. 24) si legge: “Nel caso dei beni tutelati per legge (art. 142 Dlgs 42/2004), si tratta di procedere nella verifica delle perimetrazioni al fine di una loro sistematizzazione che tenga conto delle importanti relazioni ecosistemiche, storiche e sceniche che identificano la pertinenza paesaggistica del bene da tutelare”. Se si afferma che “si tratta di procedere….”, vuol dire che non si è proceduto. Detti adempimenti sono di fatto rinviati ai Piani paesaggistici d’ambito. Ma, in assenza di questi Piani, la attribuzione della Valenza Paesaggistica è solo dichiarata e non effettiva.

Va inoltre osservato che la mancata precisazione dei vincoli ope legis (ex Galasso) e la pretesa natura di validità ai sensi del Codice della "variante parziale" vanifica gli stessi vincoli già posti dalla Galasso o dai piani che la Galasso hanno recepito (come il Palav) Non solo non si completano né si aggiungono tutele, ma si sottraggono e riducono quelle che già c'erano.
A questo punto sorge la domanda: come fa la Direzione Regionale dei Beni Culturali - soggetto copianificatore, che per conto del Ministero deve sottoscrivere con la Regione il PTRC certificandone la “valenza paesaggistica” - a convenire e a dare il via libera su questa attribuzione, quando i Piani Paesaggistici d’ Ambito sono solo enunciati e rinviati, quando nessun vincolo è tracciato sulla cartografia e quando nessuna norma prescrive tutele né, tantomeno, indicazioni per il restauro dei paesaggi degradati intervenendo in tal senso in tutte le aree non vincolate ?

2. I cosiddetti PROGETTI STRATEGICI intesi come progetti attuativi del P.T.R.C. sono solo evocati ma non selezionati e individuati.
Sarà la Giunta Regionale a disporne, quando crederà, la localizzazione, le priorità, i modi e i tempi. L’articolo 5 delle Norme Tecniche prevede che «Per l’attuazione del PTRC possono essere definiti appositi progetti strategici finalizzati alla realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento di particolare rilevanza che interessino parti significative del territorio regionale».
Nella precedente versione delle Norme l’art. 5 elencava 12 progetti strategici, mentre nella versione attuale - eliminato l’elenco - ci si limita a stabilire che «La Giunta Regionale provvede con propri atti all’individuazione dei progetti strategici, per la cui attuazione si applica quanto previsto ai sensi dell’art. 26 della L.R. 11/2004».

Nell’articolato delle nuove Norme si individuano genericamente alcune aree preferibilmente assoggettabili a progetti strategici (art. 38, Aree afferenti ai caselli autostradali, agli accessi alle superstrade e alle stazioni SFMR; art. 39, Portualità veneziana; art. 40, Cittadelle aeroportuali; art.41, Hub logistici di Verona e dell'area Padova-Venezia-Treviso; art.54, Attività diportistiche; art.63, Dolomiti e Montagna Veneta), ma di fatto la Giunta Regionale si riserva il diritto in qualsiasi momento di individuare nuovi Progetti Strategici attuabili con accordo di programma in deroga ai piani ed alle normative urbanistiche vigenti.

Ciò contrasta con quanto disposto dall’articolo 26 della legge regionale per il governo del territorio n.11/2004, da cui deriva la possibilità di utilizzare lo strumento dei progetti strategici. L’articolo 26, comma 1, della LR 11/2004 stabilisce infatti che sia il PTRC ad individuare i progetti strategici , il che sottintende una competenza del Consiglio Regionale, anziché della Giunta.

Il richiamo ai progetti strategici, soprattutto per quanto concerne la norma di cui all’articolo 38 che attribuisce alla Regione la possibilità decidere le trasformazioni urbanistiche in prossimità dei caselli autostradali e degli accessi alle superstrade, per un raggio di 2 km dalla barriera stradale, una enorme ed imprecisata quantità di ambiti territoriali, sembra di fatto principalmente finalizzato a consentire la realizzazione indiscriminata di nuovi centri commerciali (vedi anche commi 1.a e 1.b dell’art. 46 e comma 1.g dell’art. 67 delle Norme) e quindi nuove speculazioni immobiliari decisamente contrastanti con la finalità dichiarata di riduzione del consumo di suolo.

Noi riteniamo che non possa essere considerato un vero strumento di pianificazione territoriale un documento che non contiene e non indica i progetti attraverso i quali andrà attuato. Il Consiglio Regionale non può essere chiamato ad approvare un NON PIANO affidando totalmente, per delega implicita, il Governo effettivo del Territorio alla Giunta e, al tempo stesso, i Comuni e le altre autonomie locali comunque vadano a definirsi, non possono vedersi sottrarre la potestà pianificatoria e urbanistica sulla maggior parte del proprio territorio attraverso la costellazione delle molteplici aree di 2 km di raggio intorno a tutti i caselli, agli snodi stradali, alle stazioni SFMR sulle quali la Regione vuole imporre il suo dominio (per dare un’idea: ciascuna area di raggio pari 2 km corrisponde a 1256 ettari, ovvero 20.000 ettari (200.000.000 mq.) nei soli caselli della Pedemontana veneta)

3. E’ possibile introdurre una Variante ad un Piano solo adottato nel 2009 e mai approvato dal Consiglio Regionale del Veneto ?
Sembra che la Variante venga definita come PARZIALE proprio allo scopo di eludere la necessità di predisporre e presentare un diverso e decisamente nuovo PTRC. Ma, se il fine è quello della attribuzione della Valenza Paesaggistica, senza la quale, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, il PTRC non potrebbe mai essere sottoscritto dal Ministero per i Beni Culturali e, quindi, mai approvato, la variante sarebbe piuttosto da definirsi SOSTANZIALE.

La contraddizione non è solo in termini. Essa evidenzia invece il carattere strumentale e le finalità effettive di questa riadozione del PTRC, che sono quelle di dotare la Regione di uno strumento che è nominalmente un Piano ma che è improntato alla filosofia di Galan, fatta propria anche da Zaia, riassumibile negli slogan più volte proclamati di “nessuna norma, deciderà il mercato!” e de “il potere decisionale e la gestione vanno delegati al governo regionale”, che tratterà caso per caso direttamente con gli operatori immobiliari, come già sta avvenendo per Veneto City, per il Quadrante Tessera, per Verona sud e più recentemente per il Palais Lumiére. Il vero obiettivo è di assolvere nominalmente all’obbligo della attribuzione della Valenza Paesaggistica e di strappare al Ministero per i BB.CC. il necessario nulla-osta , per avere poi, una volta delimitate le sole aree già vincolate a norma di legge, mano libera sul restante 90 % del territorio regionale.

Sono queste alcune delle ragioni di fondo che ci inducono a denunciare l'inadeguatezza, la sostanziale non rispondenza e quindi l'illegittimità della Variante adottata alle norme di legge ed alle stesse finalità dichiarate.

Richiediamo quindi che si proceda con la massima urgenza alla redazione ed approvazione di un vero Piano Paesaggistico e di un nuovo PTRC , coerenti con le stesse analisi del Piano adottato, fondati sui principi della effettiva tutela del patrimonio storico, culturale e paesaggistico della nostra Regione, della sostenibilità ecologica ed ambientale e della drastica riduzione del consumo di suolo.
Chiediamo inoltre che, in attesa dell'approvazione di detto piano e di norme tecniche cogenti, venga stabilita con apposito provvedimento regionale una moratoria edilizia, ovvero la sospensione da parte degli enti locali di ogni determinazione sulle domande relative ad interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica che interessino aree di espansione urbana (in particolare se utilizzate o utilizzabili a fini agricoli) ed aree poste ad una distanza inferiore al chilometro e mezzo dagli immobili individuati come beni paesaggistici.

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