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Alfiero Grandi
Il Pd nella ragnatela delle larghe intese
3 Luglio 2013
Società e politica
«Tutte le questioni principali da affrontare.hanno in comune il problema se debbano essere affrontate prendendo atto dei limiti imposti, oppure se questi debbano essere forzati in nome di un'alternativa culturale, prima ancora che politica ed economica».

Il manifesto, 2 luglio 2013

D'accordo con Asor Rosa. Se il Pd fosse perduto per una prospettiva di sinistra si aprirebbe una fase non breve per costruire qualcosa che ne prenda il posto. Forse non decenni, ma finchè è possibile la via maestra è lavorare per un'evoluzione positiva. Aggiungo: nell'ambito del centrosinistra. Troppe volte rinnegato come orizzonte di riferimento, con esclusioni cervellotiche in nome della vocazione maggioritaria del Pd, che l'ha portato regolarmente a perdere le elezioni.

Perseguire una via positiva ha il presupposto che il Pd si apra alle forze che vorrebbero aiutarlo ma non sanno da che parte cominciare. Non a caso Asor Rosa scrive di superamento dell'autoreferenzialità e di impegno all'ascolto, di apertura ai movimenti grandi e piccoli della cultura, della società. I referendum contro il nucleare e per l'acqua pubblica hanno lasciato un pessimo ricordo, al punto che Grillo ha potuto intestarseli senza colpo ferire, malgrado non ne avesse il merito.

Il Pd ha un problema, deve ancora spiegare al paese perché ha bruciato la candidatura di Prodi a Presidente della Republica e dopo si è consegnato (tutto) alle "larghe intese" con la destra, essendo chiaro che questo era l'obiettivo dell'agguato. Può un partito, come ne parla anche Tronti, dopo aver fatto una campagna elettorale all'insegna del "mai più" con la destra, sopravvivere a un dualismo di prospettive così radicali senza implodere ?

Fassina sostiene che le larghe intese e il governo Letta, non sono rassegnazione ad un cambio di strategia, ma frutto dell'assenza di alternative credibili. Un'alternativa c'era: sostenere la candidatura di Rodotà, almeno dopo la figuraccia del Pd su Prodi. Questo avrebbe costretto il M5S a fare i conti con il sostegno ad un governo di cambiamento. Oggi è evidente che Grillo ha proposto candidature non sue (uno scherzo del Web ?) con cui poco dopo è entrato in collisione. Bruciato Prodi, lasciato cadere Rodotà, supplicato Napolitano di restare. Solo dopo il governo Letta è diventato non necessario ma possibile. Veltroni sosteneva un'altra soluzione. Fassina con coraggio riconosce che il Pd si è rattrappito proprio mentre sono diventate insopportabili le condizioni di vita di strati sociali fondamentali per il paese, per la sinistra e per la stessa ripresa economica, come ci ha insegnato Krugman.

Con il pessimismo dell'intelligenza riconosce che c'è un rischio di normalizzazione del Pd dopo questa esperienza di governo, con l'ottimismo della volontà Fassina aggiunge che questo Governo bifronte costringerà (spera) il Pd ad avere una propria identità e poiché il Pd non è tutto secco c'è una speranza e il prossimo congresso deve servire a questo.

Condivido con Asor Rosa che la priorità va ai valori e ai programmi che ne discendono. Ad esempio il Pd non può essere agnostico sul presidenzialismo, intero o semi che sia. Neppure sull'autonomia della magistratura. Aprire una stagione di riforme istituzionali che stravolgano il cuore della nostra Costituzione sarebbe un vulnus insopportabile. Fino al referendum abrogativo. La riforma della legge elettorale messa in coda alle riforme istituzionali ha consegnato alla destra un potere enorme.

Tutte le questioni principali da affrontare: globalizzazione, Europa, lavoro, ecc. hanno in comune il problema se debbano essere affrontate prendendo atto dei limiti imposti, oppure se questi debbano essere forzati in nome di un'alternativa culturale, prima ancora che politica, economica, ecc. Subalterni alle classi dominanti e alle loro ideologie oppure no? Se i vincoli europei sono immodificabili ogni paese deve risanare sé stesso. Se l'obiettivo è un'Europa diversa gli spazi si allargano e anche il respiro per il nostro paese diventa maggiore. L'egemonia conservatrice in Europa ci ha spinto a riscrivere la Costituzione e ad approvare il Fiscal compact, che costringerà per 20 anni il nostro paese a rinunciare a 50 miliardi all'anno, malgrado il Pil sia già diminuito per la crisi oltre il 10% e la disoccupazione sia a livelli da incubo. Mentre Obama si cimenta con lo sviluppo sostenibile, la riduzione delle emissioni di CO2 e allude ad un diverso modello di sviluppo.

Movimenti e settori crescenti di opinione pubblica di sinistra sono inascolati, insoddisfatti delle risposte ricevute e della rappresentanza politica. Il disagio sociale non ha risposte. Gli esodati sono una parte del problema pensioni, la cui brusca modifica è stato un colpo di maglio contro l'occupazione giovanile. C'è la protesta cavalcata dal M5S, oggi in fibrillazione ma tuttaltro che scomparso, e c'è un astensionismo che ha raggiunto livelli inediti per il funzionamento della nostra democrazia. Per fortuna la destra soffre più del centrosinistra. Per questo a poche settimane dalla sconfitta nelle politiche ci sono state vittorie importanti nelle amministrative, ma con meno voti. Da qui a cantare vittoria ce ne corre. Rendere credibile un'alternativa politica è problema irrisolto e spiega perché il governatore Rossi abbia invocato il ritorno di Prodi.

Dopo il governo Monti, durante il quale il Pd ha difeso l'indifendibile per poi trovarsi di fronte al gesto dell'ombrello del Pdl, ora Letta rischia di riproporre lo stesso scenario. E' essenziale una nuova Europa, ma l'Italia può fare di più, ma non può con metà maggioranza che rema contro. Non si possono spostare i carichi fiscali dal lavoro alle rendite con la destra contro. Da qui i rinvii, l'esaltazione di misure utili ma non tali da spostare l'asse dell'economia italiana verso lo sviluppo e l'occupazione. Fare quello che si può non è un cedimento se è un passetto verso proposte programmatiche e valori. Altrimenti è galleggiamento e in quest'acqua Renzi nuota come un pesce. L'Ars (associazione per il rinnovamento della sinistra) vuole aiutare a mettere al centro i valori, il programma, per aiutare un percorso positivo di tutta la sinistra, a partire dal Pd. Un esempio: il lavoro. Il lavoro è stato frantumato, diviso, ha pagato il prezzo principale della crisi. 10 punti di Pil sono passati dalle retribuzioni e dalle pensioni alle rendite e ai profitti. 160 miliardi di euro, un'enormità. C'è chi pensa che è un prezzo da pagare. Non è così, ma non ci si può limitare a sognare il ritorno al passato, occorre un nuovo progetto di società e di economia con alla base un lavoro di qualità.

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