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«Maremma amara. Domenica la manifestazione contro la trasformazione dell'Aurelia in autostrada. A, alla vigilia della conferenza dei servizi per il via libera al progetto, sostenuto da governo, Regione Toscana, Pd e dal fuoriuscito Rossi». il manifesto, 24 febbraio 2017 (c.m.c.)

«Per la prima volta in trent’anni di lotta questo progetto ha saputo mettere tutti d’accordo contro l’autostrada tirrenica». Tutti tranne il Pd con i suoi satelliti e la Regione Toscana; per il resto Angelo Gentili di Legambiente non ha torto: alla manifestazione di domenica 26, con due cortei provenienti da Grosseto a nord e da Orbetello a sud, ci saranno fra i tanti perfino i sindaci di Grosseto, Capalbio, Magliano e Orbetello. Primi cittadini assortiti, anche di centrodestra, ma richiamati all’ordine – la volontà popolare – dall’ennesimo appello delle associazioni ambientaliste, nazionali e locali, al completo (Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Fai) e dai numerosissimi comitati locali. Tutti convinti che l’alternativa ci sia: «Nessuno di noi pretende che l’Aurelia rimanga com’è adesso – sintetizza Nicola Caracciolo – però vogliamo che l’alternativa alla Tirrenica non sia il nulla ma l’adeguamento dell’Aurelia, meno dispendioso e con meno consumo di suolo». «L’unica soluzione di buon senso», sottolinea Gentili.

Occorre far presto, dalla Conferenza dei servizi di martedì 28 febbraio scatterà il conto alla rovescia: due mesi di tempo per un definitivo sì o no alla grande opera. Il parere della Regione Toscana è favorevole, al pari di quello del governo, non soltanto da parte del Pd ma anche da quello del fuoriuscito Enrico Rossi: il presidente toscano ha replicato agli ambientalisti che l’Anas non ha i soldi per mettere in sicurezza la variante Aurelia, e che quindi va fatta l’autostrada.

Eppure tante cose non tornano: già uno studio del Politecnico di Milano di fine anni ’90 rimarcava l’anti economicità della grande opera, visto che il traffico non pendolare sull’arteria stradale era troppo scarso. Oggi le associazioni e i comitati ambientalisti attualizzano quei numeri: «I dati del traffico non giustificano l’autostrada. Le stime, per il 2040, nel lotto 5b (Orbetello) prevedono 22mila veicoli al giorno, per il lotto 4 meno di 18mila. Pochi. Quanto alla sicurezza stradale, altro argomento usato, oggi si viaggia in media a 77 km orari, con l’autostrada si salirebbe a 127».

Intanto le autorità aspettano ancora da Sat (Società autostrade toscane) il piano finanziario della grande opera, mentre la durata della concessione, data senza gara, è stata sottoposta a una procedura di infrazione europea. Eppure si va avanti. E con una interrogazione al ministro dell’interno, la senatrice Alessia Petraglia di Sinistra italiana vuol capire cosa sta succedendo in questi giorni: «Tanti automobilisti hanno raccontato che ai controlli della polizia sull’Aurelia si affiancano persone che, approfittando del fermo e talvolta anche sotto indicazione della stessa polizia, pongono dei questionari sull’uso della strada, facendo domande in merito alla tratta percorsa, alla frequenza e al motivo per cui si utilizza l’Aurelia». Domenica anche gli attivisti di Si con i civatiani di Possibile, Rifondazione e il M5S saranno fra i manifestanti.

Riferimenti

Potete trovare su eddyburg numerosissimi articoli sulla pluridecennale vicenda dell'autostrada Grosseto- Civitavecchia rovistando nelle cartelle Sos Maremma, Sos Toscana

In vista l’allargamento dell’arteria esistente, ma la Provincia di Grosseto non ci sta - La Sat risparmierebbe più di un miliardo. I tempi però si allungano e sorge il problema degli attraversamenti

GROSSETO. I rilievi per cambiare il tracciato, a sud di Grosseto, li stanno facendo da mesi. Ora dal presidente della Sat, Antonio Bargone, arriva la conferma che, anche per le prescrizioni chieste dal Cipe, si sta lavorando per cambiare il tracciato dell’autostrada Tirrenica. Non più a monte dell’Aurelia, ma sopra all’Aurelia stessa, che sarà di fatto allargata e trasformata. Una rivoluzione che farà risparmiare a Sat più di un miliardo, ma che non va giù alla Provincia di Grosseto.

Il tratto è quello a sud della città di Grosseto, fino al confine con il Lazio, quello più pericoloso, dove ogni anno si contano i morti. A nord, dove i lavori sono iniziati a Rosignano, già è previsto che l’autostrada passi sull’Aurelia. Lo stesso avviene nel tratto laziale, fino a Civitavecchia.

In mezzo, nei Comuni di Grosseto, Orbetello e Capalbio, il progetto originario prevede un tracciato interamente a monte dell’Aurelia, con quest’ultima trasformata in strada-parco. Progetto che adesso Sat pensa di rivedere. Bargone ne aveva già parlato al Tirreno nell’aprile scorso: «Non siamo noi a voler cambiare il progetto - disse - ma è il Cipe che ce lo chiede. Anche se poi, passando sull’Aurelia, i costi complessivi scendono da 3,7 a 2,5 miliardi di euro».

Soprattutto all’altezza di Orbetello in origine era prevista una larga pancia del tracciato, che si allontanava parecchio dall’Aurelia. Una soluzione ritenuta dal Cipe troppo impattante sull’ambiente. «Prima di fare una scelta definitiva - ci disse ancora Bargone - la concerteremo comunque con le amministrazioni locali».

Ma, evidentemente, una gran concertazione non c’è stata. Visto che il presidente della Provincia, Leonardo Marras, saputo della nuova ipotesi taglia corto «È folle passare sull’Aurelia».

Le motivazioni sono legate soprattutto al gran numero di attraversamenti presenti: «A sud di Grosseto, fino al confine, ci sono adesso quasi cinquecento accessi all’Aurelia. Sono strade più o meno grandi, spesso semplici passaggi da un podere all’altro. Come si pensa di fare con 3-4 caselli? Da dove passano i residenti, gli agricoltori? Mica si possono alzare due muri e tagliare in due il territorio senza dare un’alternativa. Le altre strade, in quella zona, sono un labirinto».

I problemi sono più di uno. Da una parte ci sono aziende attraversate dal nuovo tracciato, dall’altra ci sono i tempi, che rischiano di allungarsi. Infine l’aspetto economico. E proprio su questo il presidente della Provincia ha le idee assai chiare: «Con un po’ di buona volontà una soluzione si può trovare, penso ad un tracciato che sia più basso di quello originale, ma comunque non coincidente con l’Aurelia, che resterebbe strada ottima per i collegamenti locali, con tanto di pista ciclabile. Non capisco perché lo Stato non debba contribuire alla realizzazione di un’opera come questa e si pensi di farla ripagare interamente dai pedaggi».

Contro la nuova ipotesi si scaglia anche l’Idv. Sia a livello centrale, con l’onorevole Fabio Evangelisti che annuncia un’interrogazione parlamentare, sia sul territorio: «Sono stati necessari - dice Mauro Pasquali, coordinatore provinciale - molti anni per arrivare a una conferenza dei servizi che mettesse d’accordo tutti e finalmente si era arrivati a un progetto preliminare condiviso. Oggi, invece, ecco una nuova ipotesi, senza la necessaria complanare (prevista per legge). Così anche i residenti, passati i 5 anni in cui saranno esentati dal pedaggio, dovranno pagare per ogni spostamento poiché senza alternative».

Postilla

Svolta nella pluridecennale vicenda dell’autostrada tirrenica. Il tratto maremmano è stato quello più a lungo contestato. Si sono susseguiti tracciati autostradali che tagliavano in vario modo le colline o le pianure maremmane. Le associazioni ambientaliste e gli esperti non legati alla potente SAT (Società autostrade toscane) hanno sostenuto la maggior convenienza, per i traffici di lunga percorrenza, di utilizzare l’esistete statale Aurelia correggendone il tracciato, sulla base di un progetto che l’Anas aveva già predisposto. Ma questo avrebbe impedito la “continuità autostradale”, e quindi obbligato la società privata a rinunciare a una parte dei pedaggi. Le ragioni degli oppositori al tracciato SAT e la forza delle associazioni che ne costituivano la base sociale hanno alla fine prevalso. Sembra che la SAT abbia ripiegato sulla soluzione fisica proposta dagli oppositori, e quindi sia disposta a modificare il tracciato utilizzando il tracciato (e l’area) dell’Aurelia. Meno impatto, meno occupazione di terreno, meno devastazione del paesaggio, meno soldi.

Una vittoria, da questo punto di vista. Con un “ma”. In questo modo gli abitanti che vogliono muoversi da un punto all’altro della Maremma sono obbligati a pagare il pedaggio. Si fa interprete di questo disagio il presidente della provincia di Grosseto, che si oppone alla nuova soluzione e vuole cjhe si torni alla soluzione dell’autostrada in sede proppria. Come se il consumo di suolo, spreco di risorse, impatto ambientale e distruzione del paesaggio fossero prezzi che un amministratore può accettare di pagare (di far pagare alla collettività di oggi e di domani). Insomma, il ricatto della SAT è questo: se volete il tracciato territorialmente corretto mi dovete concedere di recintare l’Aurelia. Un altro bene pubblico privatizzato.

Il ricatto si deve rifiutare. Bisogna accogliere la bocciatura del Cipe che ha indotto a scegliere il tracciato dell’Aurelia, ma bisogna ricontrattare con la SAT la concessione. Nel tratto maremmano l’autostrada deve essere aperta, chi l’attraversa non deve pagare il pedaggio; e non per solo 5 anni. Esistono certamente le modalità tecniche che lo consentono. Per lottare per questa soluzione bisogna che i difensori dell’interesse collettivo si attrezzino e sottopongano a un attento vaglio critico le convenzioni che Stato e SAT hanno stipulato. L’antico maestro Guglielmo Zambrini ci ha insegnato che con atti unilateralmente favorevoli alle società concessionarie lo stato si è spogliato perfino delle mutande, e che la costruzione di autostrade, in Italia, è per i privati un affare che produce laute e prolungate rendite, anziché onesti profitti imprenditoriali.

Il 3 agosto il ministro per i Beni culturali, Francesco Rutelli, era stato chiaro nel presentare il parere di Valutazione di Impatto Ambientale («Via») espresso dal suo dicastero - e da lui controfirmato - sulla proposta di autostrada tirrenica avanzata dalla Regione Toscana e dalla Sat: «no» alle sei corsie, a caselli autostradali invasivi, a manomissioni pesanti di un territorio protetto per ragioni naturalistiche (Parco della Maremma, Oasi Wwf, ecc.) e archeologiche (aree di Tarquinia, di Vulci, ecc.), paesaggi ancora degni del Grand Tour. «Sì», invece, ad una autostrada «leggera».

Una autostrada, grosso modo lungo il tracciato dell'Aurelia, con barriere a pagamento e ingresso gratuito per il traffico locale che peraltro costituisce circa il 75 per cento dei 18-20mila autoveicoli giornalieri fra Rosignano e Civitavecchia (meno della metà delle medie autostradali normali). Tutto il contrario, sembrava, del progetto SAT-Regione fondato su pedaggi decisamente pesanti al fine di ribadire che quella autostrada «si paga da sé» e quindi su caselli e altro che esigerebbero strade complanari gratuite e quindi nastri di asfalto plurimi a tranciare parti ancora integre della splendida e però minacciata Maremma. Dai documenti dei Beni culturali, dalle parole del loro titolare e da quelle del collega della Tutela dell'Ambiente, Pecoraro Scanio, recisamente contrario all'autostrada «pesante », emergeva, di fatto, il ritorno al bel progetto ANAS di superstrada a quattro corsie sul quale avevano concordato, il 5 dicembre 2000, governo Amato, Regioni Toscana e Lazio, Enti locali e Associazioni. Intesa purtroppo saltata dopo le elezioni della primavera 2001 facendo «resuscitare » quella SAT che, in forza dell'accordo di fine 2000, era stata già indennizzata con circa 173 miliardi di lire.

L'altra sera a Festambiente, in piena Maremma, il ministro e vice-premier Rutelli ha detto che «la Autostrada Tirrenica bisogna farla. Facciamola bene. Noi vigileremo con spirito costruttivo perché si faccia e si faccia bene». Parole francamente più vaghe di quelle usate il 3 agosto scorso per presentare il parere critico, molto argomentato, dei suoi tecnici sull'autostrada voluta da Regione Toscana e SAT. A questo punto un chiarimento sembra necessario: a quale versione si deve prestar fede? Alla prima, molto dettagliata, o alla seconda, più «politica » e sfumata? Dal dicembre 2000 sono passati ormai sette anni e in due tratti dell'Aurelia, entrambi a due sole corsie, in Comune di Capalbio (circa 13 Km) e fra Tarquinia e Civitavecchia (altri 9 Km) i morti, i feriti gravi, i traumatizzati sono stati tanti. Una chiara e inequivoca presa di posizione del governo è più che mai necessaria. A fine di mettere in sicurezza l'Aurelia e farne un'autostrada «leggera», cominciando subito da quei due pericolosissimi tratti. A forza di parole, di dire e non dire, quanti anni dovranno ancora passare?

Da Grosseto a Civitavecchia niente più autostrada. Lo stop arriva dal vicepremier Rutelli, che ancora prima che si concluda l’iter della Valutazione d’impatto ambientale fa sapere come la pensi il suo ministero al riguardo: «Pur non ritenendo la soluzione autostradale in contrasto con un possibile scenario dello sviluppo infrastrutturale del territorio - spiega - questa amministrazione considera opportuna la valutazione di soluzioni che consentano di migliorare la mobilità attraverso un minor impegno del territorio e un minor impatto sul paesaggio quale bene del patrimonio culturale». Al di là del linguaggio un po’ involuto il messaggio è chiaro: addio alle sei nuove corsie del corridoio tirrenico. Per la Regione un altro amaro boccone da digerire.

Eppure anche stavolta il presidente toscano Claudio Martini cerca di sdrammatizzare: «Non vedo nessuno stop al completamento dell’autostrada tirrenica», è il suo primo commento alle parole di Rutelli. «Al contrario il ministro con il suo parere - da non confondere con la Via - ha messo il disco verde affinché il progetto di massima arrivi all’esame del Cipe. Quella di Rutelli insomma è una decisione che sblocca la fase di stallo e consente al ministro Di Pietro di fare un passo avanti portando, entro settembre, il progetto di completamento nella sede appropriata per la decisione finale, il Cipe. Non vedo quindi veti di alcun tipo. C’è solo la richiesta di un approfondimento in sede di valutazione del progetto definitivo. Al di là degli stucchevoli tormentoni estivi, sul completamento della Tirrenica c‘è l’impegno di Di Pietro a procedere».

C’è da capirlo. Se la Regione prendesse per oro colato tutte le dichiarazioni dei ministri (passati e presenti) sulla Grosseto-Civitavecchia rischierebbe di diventare schizofrenica. Tra le mille contese aperte in Italia quella sull’autostrada della Maremma merita un posto d’onore. Qui non sono più i comitati ambientalisti ad opporsi alla realizzazione della nuova infrastruttura che dovrebbe decongestionare l’Aurelia ingolfata dai camion e dare una direttrice più rapida alla costa meridionale della Toscana. Quel tempo è passato, anni di discussioni e polemiche lo hanno seguito e dopo un lungo e tormentato percorso le istituzioni sono riuscite a firmare un accordo, a cui solo il Comune di Capalbio si è sottratto, che ha portato la questione sul tavolo di diversi presidenti del Consiglio. Era ancora sindaco di Grosseto Alessandro Antichi quando il centrodestra levò gli scudi contro la cosiddetta "lobby di Capalbio, cuore a sinistra ma villa in Maremma" che si opponeva al tracciato d’asfalto. Ancora non sapeva che nei suoi cinque anni di governo Berlusconi non avrebbe risolto il problema e che il governo Prodi si sarebbe trovato punto e a capo. Nell’attuale squadra di Palazzo Chigi il partito del "no" è capeggiato da Pecoraro Scanio e, in modo più morbido, dallo stesso Rutelli mentre quello del "sì" annovera Di Pietro, Chiti e D’Alema. Chi vincerà? «Non è vero che ci sia una paralisi», sostiene il sottosegretario ai Beni culturali Andrea Marcucci, ieri ospite della Versiliana. «Il ministero dà un parere favorevole, con qualche prescrizione, sul tratto Cecina-Grosseto sud proprio per non bloccare l’intervento ma chiede che da Grosseto a Civitavecchia venga seguita un’ipotesi diversa, che preservi il paesaggio. Intanto però le procedure vanno avanti, i lavori si attivano e l’opera non si blocca. Ci tengo a sottolineare che con Martini e Conti c’è un confronto aperto e costante». Rutelli parla anche di "autostrada leggera", con barriere a pagamento al posto degli svincoli per consentire al traffico locale dei residenti di viaggiare gratis. «Si tratta di scelte tecniche», risponde Marcucci, «che spetterà alla Regione decidere in via definitiva, sono meccanismi che permettono di alleggerire i pedaggi per chi abita e lavora in zona. Fino a Grosseto, comunque, c’è un sostanziale via libera, i problemi si concentrano nella parte sud».

Che nel governo ci siano nette divisioni sulla Tirrenica non è un mistero. Solo pochi giorni fa il ministro delle Riforme Vannino Chiti spiegava a Repubblica perché l’autostrada sia di fondamentale importanza per la Toscana, l’Italia e il collegamento con l’Europa. Ieri Chiti è tornato sull’argomento contraddicendo Rutelli: «La posizione del governo è quella sottoscritta da Di Pietro con la Regione. Altrimenti cadremmo noi stessi in contraddizione. Stiamo parlando del completamento di un’arteria di grande comunicazione europea, di un tracciato voluto da Regione ed enti locali. Non si può scegliere un metodo per la Val di Susa ed uno contrario per la Toscana, non si è riformisti a giorni alterni. E il riformismo non si può arrestare a Capalbio». Decisamente diversa l’opinione di Legambiente, che sposa in pieno la linea di Rutelli: «Finalmente si sblocca una vicenda durata oltre vent’anni», dice Angelo Gentili della segreteria nazionale, «e prevale il buon senso. Da sempre sosteniamo che realizzare un corridoio autostradale in un tratto dove già esiste una strada a quattro corsie sarebbe aggiungere ad uno scempio ambientale anche uno spreco di risorse». Ma il problema dei costi sembra tutt’altro che superato. Il project financing proposto da Sat a Di Pietro prevede che siano gli utenti a pagare il pedaggio ai concessionari dell’autostrada e che l’operazione per lo Stato sia a costo zero. Nel caso della risistemazione dell’Aurelia a sud di Grosseto, invece, sarebbe l’Anas a dover trovare i fondi. Se ne parlerà ancora e molto presto. Il 17 agosto a Festambiente, che si tiene ogni estate a Rispescia in Maremma, sarà proprio Francesco Rutelli il protagonista di un dibattito sul paesaggio. E la tirrenica sarà l

Per l´autostrada della discordia, la scia d´asfalto che sembrava ormai destinata a divorare i boschi e i vigneti della Maremma, il progetto torna alla casella di partenza. Tutto è di nuovo appeso alla Valutazione d´impatto ambientale. Lo ha comunicato, in una lettera, il presidente della Commissione speciale Via, Bruno Agricola: «Il percorso autorizzativo è solo nella fase iniziale e sarà comunque necessario, sulla base delle prescrizioni espresse, adeguare il progetto che dovrà essere oggetto di una nuova ripubblicazione e di un nuovo pronunciamento da parte della Commissione speciale Via».

In sostanza è stato annullato il blitz di fine legislatura del governo Berlusconi che aveva ottenuto semaforo verde per la Civitavecchia - Livorno. Determinante era stato il parere favorevole della Regione Toscana che, dopo una lunga fase d´incertezza, aveva optato per un sì condizionato alla definizione di un percorso vicino alla costa, in modo da evitare il disastro paesaggistico nelle aree interne. Ma anche il nuovo tracciato aveva suscitato grandi perplessità per l´impatto prodotto da un ennesimo cordolo d´asfalto parallelo all´Aurelia, alla ferrovia e alle vie minori. Perplessità che hanno portato all´accumularsi di una serie di ritardi e ripensamenti. La Regione Lazio, contraria alla costruzione di altre 6 corsie che si aggiungerebbero alle 4 esistenti per buona parte del tracciato, ha disertato le riunioni di valutazione degli aspetti operativi. Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) non si è ancora espresso. E le 84 prescrizioni imposte dalla commissione Via nel marzo 2006 si sono rivelate un handicap così pesante da costringere a riscrivere il progetto. Una mutazione tanto drastica da aver spinto il presidente della Commissione a chiedere un nuovo giudizio complessivo sull´autostrada proposta in una delle aree più incontaminate d´Italia.

«Interventi di mitigazione, opere di raccordo con i porti e la viabilità locale, studio dell´impatto sulle aree protette e sui 13 siti di interesse comunitario attraversati: quelle 84 prescrizioni hanno imposto una riscrittura totale e così oggi siamo di fronte a un progetto che di fatto non ha valutazione d´impatto ambientale», spiega la senatrice verde Anna Donati. «Alcune di queste prescrizioni sono poi decisamente bizzarre. Ad esempio si obbliga l´amministrazione pubblica a distruggere, a spese dei cittadini, 2 delle 4 corsie esistenti. La ragione è al tempo stesso logica e folle: se l´Aurelia resta una via comoda e gratuita, l´autostrada fa pochi profitti. Dunque per aumentare il fatturato dei privati bisogna distruggere un bene pubblico».

In realtà dei 120 chilometri del tratto tra Grosseto e Civitavecchia, che costituiscono il nodo del contendere, ben 95 sono già a 4 corsie: all´appello mancano solo 25 chilometri. Completare l´ampliamento dell´Aurelia e metterla in sicurezza costerebbe circa 800 milioni di euro. Il progetto autostradale, senza contare i maggiori costi derivanti dalle prescrizioni obbligatorie, viaggia invece a quota 2,5 miliardi.

Il nuovo stop al progetto cade in un momento particolarmente critico, alla vigilia del passaggio alla fase operativa del progetto. «In queste condizioni», continua Anna Donati, «sarebbe insensato proseguire nella fuga in avanti iniziata dalle società interessate e passare alla firma della convenzione con la concessionaria Sat già annunciata dal ministro Di Pietro».

Carlo Ripa di Meana Italia Nostra; Gianni Mattioli Movimento Ecologista; Fulco Pratesi Wwf Italia; Valentino Podestà Italia Nostra Toscana; Nicola Caracciolo Pres. Italia Nostra Toscana; Vittorio Emiliani Comitato per la Bellezza; Roberto Della Seta Legambiente; Giulia Maria Crespi Presidente del Fai

Egregio Direttore, sembra chiaro che si vuole rapidamente concludere, prima che cambi il Governo, l'iter amministrativo per il via libera all'autostrada Livorno-Civitavecchia. La valutazione d'impatto ambientale è stata fatta poche ore prima delle elezioni. Il Cipe dal canto suo si precipita benché nessuno sappia come finanziare il progetto a dare il benestare. La riunione è prevista per il 18 aprile.

E' un momento questo in cui classe politica, stampa, opinione pubblica si interessano di altro: nella disattenzione generale sta per consumarsi l'ennesimo spreco di denaro pubblico. Le associazioni ambientaliste si sono sempre opposte a questo inutile, costoso e devastante progetto.

La bellezza della Maremma toscana e laziale è parte del patrimonio nazionale. La sua economia, basata su agricoltura e turismo, va difesa da inquinatori e cementificatori.

Non è vero che l'Europa ci chiede questa autostrada. Al contrario la Direzione dei Trasporti della Comunità Europea ha riaffermato la contrarietà ad altri investimenti per i trasporti su gomma per lunghi percorsi. Occorre invece puntare su ferrovie e su cabotaggio marittimo. Per i collegamenti tra Civitavecchia e Livorno, occorre adeguare e adeguare subito la pericolosissima Aurelia.

Non vogliamo riprendere i termini di una lunghissima pluridecennale discussione. Invece sottolineiamo che è stato eletto un nuovo Parlamento e che ci sarà presto un nuovo governo che dovrà riesaminare le proprie priorità. Quanti soldi si potranno spendere? Tra istruzione, ricerca scientifica, sanità e via enumerando, quali sono le priorità?

Un minimo di riguardo e di correttezza imporrebbe di aspettare che il nuovo Governo sia stato insediato.

Dalla regione Lazio arriva un «no» tecnico all'autostrada tirrenica. E la discussione infinita sull'opera di collegamento rapido e a pedaggio tra Civitavecchia e Livorno progettata già nell'82, depennata e rinviata, annullata e poi ri-nata sotto le insegne di Berlusconi e Lunardi, riparte. Con le due regioni rosse e confinanti stavolta contrapposte: di là, il «sì» della Toscana, sia pure per la sola versione «costiera» dell'autostrada; di qua, il «no» di Marrazzo in campagna elettorale, diventato poi «nì» e ora di nuovo ricolorito in un «no» tondo, seppure tutto tecnico. Com'è tecnico il parere che dai tecnici della regione viene affidato a quelli del ministero, chiamati a dare la Valutazione di impatto ambientale necessaria per poter fare l'opera: per il Lazio, quella Valutazione non s'ha da dare. La lista dei problemi è lunga: Maremma alterata, siti archeologici maltrattati, rischi per sistema ecologico e biodiversità, aree protette a rischio, centri abitati assordati. Insomma, quel progetto di strada - messo nero su bianco quest'estate dalla Sat, la Società autostrada tirrenica Spa - è pieno di buchi. «E' una conferma tecnica di preoccupazioni che abbiamo sempre avuto», commenta l'assessore regionale all'ambiente Angelo Bonelli, che chiede alla Toscana di rimettersi intorno a un tavolo. In sé, la bocciatura ambientale per la Civitavecchia-Livorno non è una novità. Nel `90 analoga sorte toccò al progetto originario dell'opera, che era stata infilata dall'82 nel Piano decennale di Grande viabilità. Tant'è che dal 2000 si rinuncia al sogno autostradale per ripiegare su un'alternativa più concreta: il miglioramento della via Aurelia. La soluzione light viene anche messa nera su bianco nel Piano generale dei trasporti del 2001, ma poi il governo Berlusconi cambia tutto e inserisce la Livorno-Civitavecchia (autostrada) nella lista sacra della delibera Cipe 121, quella che nel dicembre del 2001 detta l'elenco delle «opere strategiche». A sostenere strategicamente la via autostradale per l'Argentario e Livorno non sono solo il capo del governo e il suo Lunardi, ma, a sorpresa, arriva anche la regione Toscana, che sponsorizza però un tracciato costiero dell'opera. L'altra regione interessata, il Lazio, favorevolissima all'autostrada nell'era Storace, nicchia invece nell'era Marrazzo: tant'è che proprio ieri una pattuglia di senatori laziali e toscani del centrosinistra, contrari all'autostrada (Montino, de Petris, Bassanini, Battisti, Zanda) ha chiesto udienza al presidente per sapere la sua opinione in materia.

Il progetto della discordia prevede due possibilità per collegare Civitavecchia a Livorno con sei corsie: la «busta A» prevede il percorso collinare che piace a Lunardi, la «busta B» quello via mare che piace alla regione. Costi previsti: 2,4 miliardi di euro la busta A, 2,58 la B. Procedura del tutto inedita, tutte le leggi dicono che è su un solo tracciato che si decide in sede di Via, scrivono i tecnici della regione Lazio. Se i progetti abbondano, tanti altri elementi invece nel dossier Tirrenica mancano. Manca la valutazione ambientale strategica (Vas) del ministero, che invece secondo le regole italiane ed europee sarebbe necessaria per poter valutare l'opera nel suo complesso, e nell'inserimento nella direttrice Nord-Sud. Manca uno «studio trasportistico» che tenga conto delle altre opere presenti e future e dunque dia credibilità alle «stime di domanda». Manca un confronto con i progetti alternativi.

Tutti elementi che sarebbero utili - a partire dalla risposta alla domanda principale: chi la pagherà questa autostrada? - per capire perché sobbarcarsi il peso di un'opera che, sotto il profilo ambientale, ha un impatto giudicato totalmente negativo. Ancora più pesanti le stime e le previsioni sulla fase di costruzione: 56 cantieri, 20 siti di estrazione, 33 di discarica. 11 milioni di viaggi di camion, tutti sull'Aurelia, solo per il trasporto del materiale di cava. Uno scenario infernale, coronato poi dal progetto finale per la strada consolare, che secondo il progetto in molti tratti dovrebbe diventare una «strada-parco», da restringere (dunque, con lavori per demolire l'asfalto appena messo) e rendere inagibile per il traffico veicolare. Sennò l'autostrada del Tirreno chi la prende?

Il traffico di autoveicoli è sempre modesto sulla comoda superstrada tirrenica che porta, lungo l’Aurelia, da Rosignano a Civitavecchia. S’ingolfa e si fa molto pericoloso soltanto in due colli di bottiglia, dove le corsie si riducono a due, cioè in Comune di Capalbio fino alla vecchia Dogana; poi, di nuovo, fra Tarquinia e l’imbocco dell’autostrada di Civitavecchia. Sono, rispettivamente, 13 e 9 maledetti chilometri, con incidenti mortali o gravi. Per curare, subito, le due strozzature, basterebbe portare a quattro, anche lì, le corsie dell'Aurelia. E invece questi due tratti rischiosi, con tanti morti, feriti e infortunati a vita, restano così come sono, in attesa che arrivi una Autostrada della Maremma tanto voluta dall’alto (governo Berlusconi e Regione Toscana, in forme diverse), quanto osteggiata dal basso (Comuni, Associazioni ambientaliste e agricole, comitati locali, ecc.). Autostrada che, secondo un faraonico e contestatissimo, anche da destra, progetto-Storace, sarebbe dovuta proseguire a sud, tranciando intere riserve naturali in Comune di Roma (risolutamente contrario assieme alla Provincia), da Fiumicino a Formia e a Gaeta. Anziché adeguare e mettere in sicurezza, velocemente, la Pontina, ancor più incidentata e rischiosa dell’Aurelia.

Non c’è un euro per questo e per altri maxi-progetti autostradali, ma questo maremmano rispunta con una richiesta di valutazione di impatto ambientale per due tracciati nel tratto fra Toscana e Lazio. Perché? Per ragioni eminentemente elettoralistiche. Per metterci un cappello sopra, così, prima o poi, un qualche governo riuscirà a finanziare l'inutile opera e ad aprire il primo cantiere. I morti sulla strada non interessano. Continueranno per anni. Ma vediamo un po’ il quadro oggettivo della situazione.

Traffico

Tra Rosignano e Civitavecchia, va da 13.000 a 20.000 veicoli al giorno nelle due direzioni. Modesto, quindi. Per giunta, è, al 75 per cento, traffico locale. Il quale continuerebbe a prendere l’Aurelia o la strada statale comunque gratuita che bisognerà assicurare. Il risparmio di tempo con l’autostrada sarebbe, in un tratto di circa 110 Km, di una manciata di minuti. Per il traffico pesante, un’inezia. Da pagare però col pedaggio. Che sarebbe caro: come remunerare altrimenti il capitale privato (che latita)? Va bene, ma i Tir lo pagherebbero? Non credo proprio.

Tracciati

In Maremma sono stati indicati due tracciati. Uno collinare intermedio, proposto dal ministro Lunardi. Uno a costa sostenuto dalla Regione Toscana. I cantieri previsti sarebbero, rispettivamente, 45 e 46, la movimentazione di materiali di cava, calcestruzzi, ecc. sarebbe sugli 8,6-8,8 milioni di metri cubi. Tempo minimo per la costruzione: 5 anni. Tutt’e due con grossissimi problemi da risolvere.

Costi

A nord il Corridoio autostradale costerebbe oltre 2 miliardi di euro, a sud circa 3. Dunque oltre 5. Mentre l’adeguamento e la messa in sicurezza dell’Aurelia, secondo il solo progetto dettagliato esistente (quello Anas del 2000), impegnerebbe, al massimo, circa 1 miliardo. Probabilmente l’adeguamento della Pontina con opere di un certo impegno più a sud, fra Formia e Gaeta, costerebbe di più, ma non molto. È realistico ipotizzare che i due adeguamenti impegnerebbero la metà del costo autostradale, e anche meno.

Impatto ambientale

Ovviamente molto elevato per un’autostrada con pedaggio, che necessita di caselli, svincoli, sovrappassi, oltre che di viadotti e gallerie. Il tracciato costiero prevede una variante di 42 Km. fra Orbetello e Montalto di Castro, molto impattante dal punto di vista ambientale e agricolo. Esso stende fra la collina e il mare due nastri d’asfalto (autostrada e strada statale) più la ferrovia. Quello interno è non meno disastroso in quanto trancia anch’esso zone di agricoltura specializzata e di alto pregio ambientale e paesistico. I siti di interesse comunitario e le zone di protezione speciale coinvolte sono ben 13. Nove le aree naturali protette, nazionali, regionali o locali. Oltre a riserve, oasi Wwf, rifugi faunistici. Ancora non si capisce poi come verrà affrontato, alle spalle di Montalto di Castro (Viterbo), il nodo strategico dello splendido e intatto Parco archeologico e paesistico di Vulci.

A cosa serve

Le relazioni per chiedere la VIA sono decisamente contraddittorie. In un passo si sostiene che il pedaggio scoraggerà il traffico su gomma dovendo lo stesso pagare il costo dell’infrastruttura (ma se soltanto il 25 per cento è transito nazionale, che razza di investimento è?). In un altro invece si afferma che il Corridoio Tirrenico servirà a «ridurre i livello di congestione soprattutto nel tratto appenninico dell’A1 e della E45», quindi a scaricare traffico, inquinamento, rumore, ecc. in Maremma. Bel risultato per questo magnifico territorio.

Schieramenti

Sono per l’autostrada tirrenica a pedaggio la Regione Toscana (sulla costa) e il governo (all’interno). Sono per l’adeguamento dell’Aurelia senza pedaggi: quasi tutti i Comuni (tentenna Tarquinia), le associazioni agricole e quelle ambientaliste (Italia Nostra, Wwf, Comitato per la Bellezza, Legambiente, ecc.), i Verdi della Toscana e il Prc, i Ds della Maremma laziale. Idem per la Pontina, col Comune e la Provincia di Roma da tempo schierate per il suo adeguamento. In Regione, decisamente su questa linea i Ds con il sen.Esterino Montino neo-segretario, i Verdi (loro è l’assessore Angelo Bonelli), e il Prc. Non si è ancora espressa la Margherita. Né, ufficialmente, il presidente Marrazzo. Ma è molto probabile che la Regione Lazio butti a mare il progetto-Storace, facendo così mancare ogni sponda autostradale alla Regione Toscana.

Novità finale

Il maledettissimo imbuto dei 9 Km di Aurelia a due corsie fra Tarquinia e Civitavecchia è stato inserito dall’Anas nell’aggiudicazione della Romea 2. Per risolvere il grosso dei problemi aperti in Maremma, basterebbe dunque aprire i cantieri per portare a quattro le corsie anche in Comune di Capalbio e per eliminare alcuni incroci a raso. «Aurelia sicura subito! Autostrada? No, grazie», è lo slogan della manifestazione che si svolgerà a Capalbio e sull’Aurelia dalle 17 di sabato 30, e che esprime bene lo stato d’animo di quanti vogliono salvaguardare un territorio e un paesaggio fra i più straordinari e ricchi di potenzialità. Anche economiche, se non lo si spreca in cemento e asfalto superflui.

L'immagine è da "il Corriere della sera" del 31.07.2005

Una marcia da Capalbio Scalo (ore 17) alla strada Pedemontana, passando per l'Aurelia. E' la mobilitazione di ambientalisti, agricoltori, enti locali, politici e cittadini che domani scendono in strada contro l'autostrada Livorno-Civitacchia. Un tracciato, anzi due, lungo 207 chilometri e largo 25 metri, che si snoda tra 14 viadotti e almeno 5 gallerie e costa 2.5 miliardi di euro. Con lo Studio di impatto ambientale presentato al ministero dell'Ambiente dalla Società autostrada tirrenica (Sat) - la società di proprietà della Austrade per l'Italia spa che dovrebbe realizzare l'arteria - inizia il percorso per la Valutazione di impatto ambientale (Via) dell'infrastruttura che dovrebbe raddoppiare l'Aurelia. L'apertura dei cantieri è ancora lontana, ma diventa più concreto il progetto che vuole tagliare colline e vigneti della Maremma con una lunga lingua di cemento. Per il resto di certezze ce ne sono ancora poche. Sebbene lo scorso 7 luglio la Sat abbia presentato lo Studio di impatto ambientale, infatti, non c'è un progetto preliminare definito sul tracciato dell'autostrada. Forse non sapendo cosa scegliere, più probabilmente per lasciarsi aperta ogni porta, la Sat ha presentato alla Commissione speciale Via un documento che prevede due varianti di tracciato. Il tratto maggiormente incriminato è quello tra Montalto di Castro e Orbetello. Qui l'autostrada si sdoppia in un tracciato che passa tra Capalbio e il mare e una dorsale collinare, che passa alle spalle del borgo ed è assai simile al tracciato già bocciato nel 1990. In entrambi i casi, per ambientalisti e agricoltori, l'impatto sarebbe devastante. «Siamo molto preoccupati - commenta Corinna Vincenzi, del circolo di Italia nostra di Capalbio - comunque vada l'autostrada biologiche dei paraggi si vedranno negare il marchio di qualità».

In altre parole agricoltura e turismo, ossia le attività su cui si basa l'economia di tutta la zona, saranno irrimediabilmente compromesse. Tutto per un'infrastruttura che non è giustificata dagli attuali flussi di traffico - sono 17 mila i veicoli che transitano ogni giorno per l'Aurelia - iniziata con procedure irregolari. Come hanno fatto presente sia la regione Toscana, sia la regione Lazio, infatti, la procedura adottata per la Via è ritenuta illegittima. La Sat avrebbe dovuto scegliere il tracciato a minor impatto, confrontandolo anche con l'ipotesi zero e con l'allargamento e la messa a norma dell'Aurelia. Ma nello studio della Sat non c'è nulla di tutto questo. Un vistoso vizio di forma che verrà utilizzato dalla regione Toscana per impugnare il procedimento, nel caso in cui venisse approvato il tracciato collinare. A differenza della regione Lazio, però, la Toscana sarebbe favorevole alla variante "marina" dell'autostrada. La data scelta per presentare lo studio, invece, si può definire con una solo parola: balneare. Decisamente discutibile anche il ritardo con cui il progetto di autostrada è stato disponibile alla consultazione del pubblico. Associazioni e cittadini hanno 30 giorni per presentare le proprie osservazioni alla Commissione Via (scadenza all'8 agosto), ma hanno dovuto rinunciare a una preziosissima settimana di lavoro perché il ministero ha messo a disposizione del pubblico il progetto solo dal 15 luglio scorso. Il documento che dà inizio alla Via, è una vera «forzatura» dicono i Verdi. «Il ministera dell'Ambiente e la Sat - spiega la senatrice Anna Donati, Capogruppo Verdi-Unione in Commissione Lavori pubblici - hanno avviato la Via nonostante non si sia ancora concluso il tavolo di consultazione avviato nel 2003 tra regioni, governo, anas ed enti locali interessati».

Come se non bastasse esisteva un procedente progetto dell'Anas per l'adeguamento e l'allargamento dell'Aurelia, che costa un miliardo e mezzo di euro in meno, avrebbe un impatto ambientale certamente minore e riscuote l'accordo di ambientalisti ed enti locali. Con l'avvento del governo Berlusconi nel 2001, però, il progetto è stato misteriosamente bloccato.passerà per vigneti e poderi che saranno espropriati, mentre tutte le vigne doc e le colture

ROMA — La galleria di quattro chilometri che doveva passare sotto il colle di Capalbio non c'è più. E anche il viadotto che lambiva la frazione di Pescia Fiorentina è magicamente somparso. E' questa la sorpresa della nuova versione dell'autostrada Tirrenica, proposta dal ministero delle Infrastrutture, nella tratta più discussa: la Montalto- Orbetello.

LA VARIANTE — Una modifica che sembra fatta apposta per sopire le polemiche sul precedente percorso, sollevate dalle numerose personalità residenti nella zona, preoccupate dell'impatto dell'opera.

Il nuovo tracciato, subito ribattezzato « variante salva- vip » e contrapposto al percorso costiero sponsorizzato dalla Regione Toscana, circolava da mesi tra i capalbiesi adottivi.

Ma da lunedì scorso quella variante è diventata la proposta ufficiale del ministero. Ne ha preso atto l'Anas che ha rinviato questo tracciato, e quello della Regione, alla valutazione di impatto ambientale, astenendosi da qualsiasi giudizio.

GLI SVINCOLI — La variante ministeriale è questione di pochi chilometri: la precedente versione prevedeva che l'autostrada varcasse il confine tra Toscana e Lazio all'altezza di Pescia Fiorentina.

Adesso invece, superato lo svincolo di Montalto di Castro, l'autostrada aggira a nord Pescia e tira dritta per il lago Acquato dove viene posizionato lo svincolo di Capalbio, ben più a nord dell'omonimo borgo. Fatta questa curva il tracciato rientra nel percorso originario fino alla Polverosa. In questo stesso punto si ricongiungono pure il percorso del ministero e quello della Regione. Basterà questa modifica a riconquistare alla causa del ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, le simpatie dei numerosi vip che avevano gridato allo scandalo per quel tunnel che avrebbe sventrato la collina di Capalbio? Le reazioni sembrano al momento fredde in attesa del verdetto finale.

CONTRARI — Su posizioni assai critiche si colloca da sempre il Wwf che sostiene invece il potenziamento dell'attuale tracciato dell'Aurelia: « La scelta dell'Anas va contro i propri interessi — sostiene Stefano Lenzi, responsabile rapporti istituzionali del Wwf Italia — e favorisce soltanto la concessionaria privata Sat. Così si abbandona il progetto definitivo di potenziamento dell'Aurelia, allungando i tempi della messa in sicurezza » . Il Wwf si chiede poi che fine abbia fatto l'altro progetto a quattro corsie dell'Aurelia, anch'esso targato Anas, « a tipologia autostradale » , su cui avevano puntato associazioni ambientaliste, comitati cittadini, sindaci, esponenti del mondo della cultura, ma rimasto nei cassetti dell'Anas dal giugno 2001.

Secondo Valentino Podestà, architetto e portavoce storico di Italia Nostra in Toscana, proprio quel progetto che è stato abbandonato potrebbe oggi risolvere definitivamente il confronto tecnico tra governo centrale e Regioni, che non ha trovato un punto d'intesa, mentre l'Aurelia resta una delle strade a maggior rischio incidenti in Italia.

LA SFIDA — Ostenta tranquillità l'assessore ai Lavori pubblici della Regione Toscana, Riccardo Conti: « Noi siamo così convinti della superiorità del tracciato costiero che non abbiamo dubbi: la valutazione d'impatto ambientale, cui parteciperemo, ci darà ragione. Purtroppo bisognerà aspettare il 2006 » . Non c'è dunque nessuna possibilità di conciliare il progetto di Lunardi e quello della Regione? Neppure con questa nuova variantina? « Non esiste — risponde Conti — : noi abbiamo tutti i via libera delle sovrintendenze. Lunardi invece propone un tracciato difficile e più costoso » . Questo non vuol dire che la versione proposta dalla Regione Toscana non presenti qualche difficoltà di esecuzione: « E' vero — ammette l'assessore — , bisogna intervenire con precisione chirurgica perché comunque si tratta di terreni agricoli. Quello che però gli ambientalisti dovrebbero capire è che il potenziamento dell'Aurelia, prevedendo la costruzione di complanari, ha un impatto ambientale ben più devastante » .

Una precisazione di Vittorio Emiliani

28 dicembre 2004

Nel puntuale articolo che Antonella Baccaro ha dedicato, sul “Corriere della Sera” del 22 dicembre, all’annosa questione dell’Autostrada della Maremma, l’assessore regionale Riccardo Conti afferma, fra l’altro, che il progetto Anas per il potenziamento della statale Aurelia, sostenuto dai Comuni della zona e dalle associazioni ambientaliste, è assai più pesante dal punto di vista dell’impatto ambientale dell’autostrada costiera sostenuta dalla Regione Toscana, sottolineando le “complanari” che esso esigerebbe. Argomento inesistente dal momento che l’Aurelia così potenziata (tutta a 4 corsie, con la eliminazione graduale degli incroci a raso) non avrebbe le infrastrutture pesanti, quelle sì “devastanti”, che invece l’autostrada a pedaggio – costiera o interna – richiederebbe. Inoltre il costo dell’autostrada costiera è stato stimato in 2,2 miliardi di euro, mentre l’intero potenziamento dell’Aurelia costerebbe la metà. Comuni e Associazioni reclamano, da subito, i cantieri per l’adeguamento a 4 corsie dei due tratti di Aurelia ancora a 2 corsie, i più pericolosi in assoluto di Toscana e Lazio : circa 13 Km in Comune di Capalbio e altri 9 Km fra Tarquinia e Civitavecchia, con alcuni incroci a raso ai quali ovviare con altrettanti sottopassi. Cantieri utili a breve, di importo in fondo modesto e che eviterebbero altri morti e feriti. Mentre sia l’Autostrada costiera voluta dalla Regione Toscana sia quella interna proposta dal ministro Lunardi richiederanno almeno dieci anni (sempre che si trovino i finanziamenti). Il tracciato Lunardi, passando dietro il centro storico di Capalbio, oltre a tranciare brutalmente paesaggi e aziende agricole, farebbe di quell’abitato una sorta di isola spartitraffico. E’ infatti facilmente prevedibile che il traffico locale – che rappresenta ben il 75 per cento del totale - continuerà a scegliere la strada statale del tutto gratuita. Mentre il traffico nazionale, pur salendo rispetto all’attuale 25 per cento, non basterebbe secondo i trasportisti prof. Boitani e Ponti, a ripagare l’investimento privato.

INTRODUZIONE AL CONVEGNO SUL CORRIDOIO TIRRENICO – CAMPIDOGLIO 5 MAGGIO 2004

La vicenda, anche quella più vicina, del Corridoio autostradale tirrenico nord e sud, appare impregnata di una cultura delle infrastrutture che rimonta ad un quarantennio e più addietro, a quando in Italia, anche sotto la spinta della potentissima lobby automobilistica, si riservavano i finanziamenti pubblici alle sole autostrade, mentre venivano lesinati in modo indecente alla stessa viabilità ordinaria, ma ancor più ai porti (disperdendoli fra oltre 100 scali classificati) e alle ferrovie sottoposte ad una cura dimagrante che cozzava contro l’orografia stessa di un Paese per due terzi di montagna e collina e contro la tendenza europea e mondiale la quale di nuovo dava grande spazio innovativo ed espansivo alla rotaia. In quegli anni di ebbrezza autostradale il direttore generale delle FS, Rubens Fienga (lo raccontò in un convegno qualche anno più tardi), si sentì dire dal ministro dei Lavori Pubblici :”Allora direttore, quando le chiudiamo queste ferrovie?” Questa era la mentalità al tempo in cui nasce anche la prima idea di Corridoio Tirrenico.

Oggi, quarant’anni dopo, l’Unione Europea punta più risolutamente sulla ferrovia, sulle autostrade del mare e sull’intermodalità, ma l’Italia, Paese marittimo come nessun altro, scommette invece sulla formula asfalto&cemento ormai obsoleta, su nuove autostrade col contorno di bretelle, complanari, tangenziali, ecc. Così ci condanniamo ad un consumo di territorio e di terra a coltivo, a bosco o a magari a parco, insensato in un Paese che, pur fermo demograficamente e con uno stock di vani d’abitazione enorme, viaggia al ritmo annuo di circa 100 mila ettari di terreni “mangiati” da nuove lottizzazioni, ipermercati, fabbriche, ma anche strade e autostrade, ecc. : ogni decennio una regione grande come la Puglia. Così ci condanniamo a ferrovie vecchie e lente, non soltanto nel Sud ma anche nel Centro specie nelle trasversali (oltre 3 ore, nel migliore dei casi, fra Roma e Pescara per 240 Km, o fra Roma e Ancona) e nella linea tirrenica per Genova (oltre 5 ore coi treni più rapidi fra Roma e il capoluogo ligure per 501 Km). Così ci condanniamo ad essere “colonia” per il cabotaggio.

La prima idea di Corridoio Tirrenico nasce in quella cultura già allora arretrata rispetto alle esigenze reali del Paese e alle tendenze delle economie più avanzate. Essa si trascina a lungo senza trovare sbocchi. In Toscana viene realizzata la superstrada da Rosignano a Grosseto che regge bene senza grandi sacrifici ambientali il traffico veicolare, mentre nei PRG dei Comuni di quell’area il tracciato dell’Aurelia viene migliorato con circonvallazioni e altro. Non così purtroppo da Grosseto al confine col Lazio, o soltanto in parte, a spezzoni. Ed è lì che tuttora si concentra il maggior grado di pericolosità e di incidenti mortali dovuti alla persistenza delle due sole corsie e di numerosi e rischiosi attraversamenti a raso. Una pericolosità nettamente superiore a quella della media regionale.

In sequenza : nel ’97 il Parlamento decide di sospendere la realizzazione dell’autostrada a pedaggio Cecina-Civitavecchia, ma ne conferma la concessione alla SAT la quale riceverà dall’ANAS nel ’98 oltre 172 miliardi di lire a titolo di transazione. Alla fine del 2000 – governo Amato, ministro Nesi, sottosegretario Mattioli – viene siglata con la Regione Toscana (presidente Martini) l’intesa in base alla quale si procederà alla realizzazione di una Aurelia sicura a quattro corsie senza pedaggio e anche senza attraversamenti a raso. Sulla base del dettagliato e molti versi apprezzabilissimo progetto redatto dall’ANAS. Verranno così superate le strozzature gravi e pericolose di Orbetello, della Torba, di Capalbio fino alla ex Dogana, di Vulci-Montalto e poi Tarquinia. Il progetto ANAS va alla VIA e lì purtroppo è tuttora bloccato. Incredibilmente.

Le elezioni 2001 vengono vinte da Berlusconi che ha in cima al suo programma le Grandi Opere e pochi giorni dopo, in modo per me ancora sorprendente, il presidente della Regione Toscana, Martini, dichiara al “Sole-24 Ore” : adesso l’autostrada si può fare. L’intesa di cinque mesi prima è già archiviata. Torna in campo la SAT (che pure è stata indennizzata con oltre 172 miliardi di lire) e comincia il balletto dei tracciati : quello collinare con numerosi tunnel sponsorizzato dal ministro Lunardi e quello essenzialmente costiero sostenuto dalla Regione. Il primo viene rigettato per i suoi maggiori costi. Il secondo – che costa meno ma che, secondo stime del Wwf, consuma ancor più territorio pregiato – incontra molte opposizioni : di Comuni, di agricoltori qualificati, di comitati di cittadini, e ovviamente di associazioni per la tutela. Con manifestazioni ripetute. Anche sul fronte politico si registra l’opposizione di alcuni significativi esponenti parlamentari dei Ds e della Margherita oltre che dei Verdi. La Regione Toscana rimane alla fine abbastanza isolata dopo essersi arroccata a difesa del suo progetto che poi progetto non è ma semmai un tracciato e poi nemmeno quello visto che non se ne conosce uno definitivo e si parla tutt’oggi di un “ibrido” fra collinare e costiero. Mai risolti, in ogni caso, restano alcuni problemi nodali, per esempio quello dell’attraversamento autostradale fra Tarquinia e Vulci, parco naturalistico e archeologico dei più sensazionali per bellezza e integrità. L’ultima uscita del presidente Martini reca la data del dicembre 2003, per dire che : 1) “l’accordo sul tracciato è ormai vicino” ; 2) il costo del tracciato costiero non è poi tanto superiore a quello del progetto ANAS dal momento che quest’ultimo è raddoppiato negli oneri (articolo sul “Tirreno” del 24.12.03). Ora di quell’accordo vicino non si sa più nulla, mentre il costo del tracciato costiero stimato da Maria Rosa Vittadini sui 2,20 miliardi di euro nel gennaio 2003 rimane molto ma molto più alto di quello del progetto ANAS valutato sugli 800 milioni di euro ed ora attorno a 1 miliardo e 100 milioni. Come fa quest’ultimo ad essere più che raddoppiato nei costi in così poco tempo, essendo fra l’altro, il solo progetto dettagliato, pure negli oneri? Forse Martini intendeva così mitigare un’obiezione di fondo : perché mai lo Stato dovrebbe dare un contributo di 1,2 miliardi di euro al tracciato costiero quando l’intero progetto ANAS gli costerebbe un bel po’ di meno? Qui però si fermano le dichiarazioni ufficiali e a questo stiamo. Di percorsi identificabili non se ne conoscono, a meno che non si voglia prendere per tali i tratti di pennarello che anche sul Corridoio Tirrenico abbiamo visto tracciare alla brava dal capo del governo a “Porta a porta”, addirittura come cantieri già aperti o attivati. Parola, quest’ultima, piuttosto vaga, in sé e per sé.

Meno prolungata nel tempo, ma carica anch’essa di tante contraddizioni, grazie anche alla incapacità, o impossibilità, di redigere un progetto minimamente credibile dal punto di vista territoriale e da quello finanziario, la vicenda del prolungamento a sud di Fiumicino del Corridoio Tirrenico. Il tracciato disegnato in gran fretta dalla Regione Lazio e dal suo presidente presenta tutta una serie di palesi incoerenze : col Piano generale dei trasporti della Regione Lazio (1990) dove si parla di “adeguamento della SS148 Pontina dal GRA a Terracina”, col Piano Regionale della Viabilità del 1993 (che prevede il raddoppio della Pontina fino a Terracina), col programma di sviluppo della viabilità regionale del 2001, con l’Ipotesi di fattibilità regionale 2001 (delibera CIPE) e con l’Intesa-quadro Ministero-Regione del marzo 2002, col PRG del Comune di Roma (dove non ce n’è traccia), con lo Schema territoriale della Provincia di Roma (dove si parla sempre di “adeguamento funzionale e potenziamento della Pontina”), con la zonizzazione della Riserva di Malafede che l’autostrada attraverserebbe colmandone, fra l’altro, il fosso.

Il frettoloso progetto è stato nella sua prima versione ritirato per farlo tornare in sede di VIA il 7 aprile scorso, con una procedura quindi aperta, interrotta e riaperta, i cui termini per le osservazioni scadono in questi giorni. Se nella parte romana tranciava le riserve di Decima e di Malafede nel percorso a sud passava a cento metri appena dal Lago di Fondi dopo aver tagliato in due quella piana. La sua seconda versione corre parallelamente alla Pontina, con nuovi devastanti impatti sulla Riserva di Decima-Malafede. Dopo di che francamente non si capisce perché invece di adeguare e potenziare questa strada statale, la si debba trasformare in autostrada a pedaggio. Il cui percorso abbandona la Pontina a sud, da Fondi (con i gravi inconvenienti ambientali e paesistici sopra segnalati) a Formia. Numerose sono poi le incongruenze fra il tracciato riportato nella Corografia generale e quello riprodotto nelle tavole specifiche della cartografia stradale.

Altre rilevanti criticità sono le ricadute sul Massiccio carbonatico dei Monti Musoni e Aurunci. Un’area questa nella quale si registrano valori ambientali elevati variamente tutelati. Infatti anche il secondo intervento interferisce con la zona del Parco naturale dei Monti Aurunci e nell’IBA (ImportantBirdAreas), ai sensi della normativa europea estesa a questo gruppo montuoso ricomprendendo i Monti Musoni. C’è poi la valutazione da compiere sulla cantierizzazione di gallerie e viadotti nei tratti in variante. Poiché il progetto è stato incluso nella delibera del CIPE del 21.12.01, esso andava sottoposto alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) da parte del Ministero dell’Ambiente. Invece non risulta corredato da tale Valutazione. Ma il fatto più singolare è che, a fronte della censura inflitta dall’Autorità Antitrust della procedura di infrazione della Commissione Europea sulla violazione delle norme riguardanti le norme sulle gare pubbliche e sugli appalti – visto il ruolo svolto dall’ARCEA SpA – Governo ed ANAS si sono ben guardati dall’intervenire sulla Regione Lazio ed hanno anzi consentito la presentazione alla VIA di un nuovo progetto.

Sul piano della procedura rilievi decisamente pesanti sono stati mossi il 14 gennaio scorso dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici in relazione all’affidamento alla società ARCEA Lazio SpA (a prevalente capitale regionale) della progettazione, realizzazione e gestione dell’opera. Essa infatti ritiene che l’ARCEA abbia natura di organismo di diritto pubblico e quindi sia soggetta alle regole della legge Merloni sugli appalti pubblici. Pertanto occorre per essa esperire una regolare gara d’appalto. La Regione Lazio non ha tenuto conto del rilievo operato dall’Autorità (che ha sede presso il Ministero delle Infrastrutture) affidando direttamente all’ARCEA una Variante al progetto preliminare. La Commissione Europea ha inviato per essa una lettera di messa in mora per violazione di due Direttive europee e degli art. 43 e 49 del Trattato UE.

Poi ci sono anche qui evidenti incoerenze e contraddizioni nel piano finanziario dell’opera. Sia il primo che il secondo progetto costano infatti la bellezza di 3 miliardi di euro. Tanti rispetto alle risorse disponibili e ai flussi (modesti) di traffico che colpedaggiamento potranno coprire soltanto una quota molto contenuta dei costi complessivi dell’opera. Se poi sommiamo il costo dei due Corridoi Tirrenici (Nord e Sud) avviciniamo i 5 miliardi di euro,quando dal 2002 al 2006 il Governo ha stanziato per l’intero Primo Programma delle opere strategiche sul territorio nazionale soltanto 9 miliardi di euro.

A questo punto occorre sottolineare il ruolo essenziale che hanno avuto sia in Toscana che nel Lazio comitati di cittadini sganciati dai partiti di ogni collocazione, associazioni locali e nazionali notoriamente “trasversali”, riunendo in modo molto vitale e consapevole anche imprenditori e operatori del settore agricolo-alimentare, del comparto industriale e turistico.

Lungo l’Aurelia non ancora a quattro corsie e con frequenti attraversamenti a raso il numero e la pericolosità degli incidenti continua ad essere elevata. Ancor più alti si presentano gli indici di rischio sulla Pontina. La pretesa di realizzare, anche senza i mezzi indispensabili e senza progetti tecnicamente credibili, altrettante autostrade non fa che allontanare cinicamente nel tempo la soluzione realistica dell’adeguamento e del potenziamento delle due strade statali, non fa che rendere cronico lo stillicidio di morti, di feriti, di infortunati su di esse. L’Aurelia, nel tratto grossetano e ancor più in quelloviterbese, e la Pontina presentano infatti indici di gravità, di incidenti/Km, di rischio di incidenti e di rischio di mortalità spesso nettamente superiori alla media delle altre strade statali delle rispettive regioni. Adeguare e potenziare le due arterie, al più presto, è, o dovrebbe essere, un preciso dovere. Questo drammatico rilievo di fondo era inevitabile alla fine di un riepilogo cronistico delle vicende che hanno accompagnato, con passaggi francamente sconcertanti, i due tracciati, quanto mai approssimativi, del Corridoio Tirrenico. Qui, oggi, ne verrà fatta una analisi molto approfondita, a conferma che i “no” all’idea vecchia e superata, tutta autostradale, delle Grandi Opere non sono affatto “ideologici” e che comunque ad essi non ci limitiamo facendo emergere controproposte serie, realistiche e ben fondate.

Vittorio Emiliani

Inusuale, innovativa, da estendere come modello a tutta la Toscana. Così definirei la riunione convocata giovedì 11 marzo a Siena dal soprintendente ai Beni Architettonici Gianni Bulian per esaminare le lottizzazioni di Capalbio (Grosseto) su aree vicine al centro storico e alla macchia demaniale. Erano infatti presenti i tecnici della Soprintendenza regionale, della Regione, della Provincia, del Comune nonché rappresentanti delle associazioni per la tutela (Italia Nostra, Wwf, Comitato per la Bellezza, ecc.), in qualità di osservatori. Riunone che ha consentito a tutti di saperne di più, di capirne di più, di fornire contributi di conoscenza tecnica e di cui bisogna quindi ringraziare le Soprintendenze.

Certo, si trattava di lottizzazioni già previste nel Piano Regolatore Generale vigente, sulle quali tuttavia è stato possibile aprire un dibattito interessante. L’incontro è servito a porre in evidenza alcuni dati :

a) aveva grandemente ragione l’allora soprintendente Maria Forlani Conti quando, nel 1989, scriveva al Comune di Capalbio di ritenere “opportuno fermare l’ulteriore espandersi di edifici che creerebbero un grave danno al paesaggio” richiamando in proposito il vincolo sulla macchia demaniale ai sensi della legge n.1497 del 1939 ;

b) il PRG capalbiese non ne tenne conto e, pur con cubature dimezzate dalla Soprintendenza, ha consentito una sorta di “assedio” cementizio al borgo storico (per non parlare dell’orrendo maxi-parcheggio sotto le mura nord) ;

c) le nuove lottizzazioni presentate (due con mappe e disegni, una a voce) sono, per lo più, di qualità scadente e invadono pesantemente gli uliveti storici esistenti sbancando, cementificando, asfaltando, ecc.

Per quella di Poggio del Leccio è stata chiesta, quanto meno, una riduzione delle cubature a vantaggio di una maggiore e più concentrata quota di verde privato.

Per l’altra, davvero infelice, davanti al Cimitero, con tre “stecche” di fabbricati proprio brutte a vedersi, è stato invocato uno specifico vincolo idrogeologico che impedirebbe ogni edificazione in zona sopra i 170 m. (lì si è un po’ più alti). Quindi, giudizio rinviato.

La terza lottizzazione – prevista su di un pendio a uliveto assai ripido dietro la sede del Comune – è stata esposta soltanto a voce. Francamente essa appare quanto mai problematica per motivi sia paesaggistici che funzionali : quale strada di allacciamento e di servizio può venire mai tracciata a ridosso della macchia demaniale?

Della quarta lottizzazione – prospettata nella contigua area detta del Bargello, dentro un uliveto ancor più bello, pienamente visibile dal borgo – non s’è proprio parlato. Ma, a quanto si sa, consterebbe di due massicci fabbricati : di 23 e 17 appartamenti, rispettivamente. Un altro bel blocco di cemento fra centro storico e macchia. Un altro contributo all’”assedio” di Capalbio e al suo imbruttimento.

Tutti elementi di cui tener conto oggi e ancor più domani nel quadro del Piano strutturale del Comune in fase di preparazione. Esso continuerà a considerare il patrimonio paesistico locale soltanto come un insieme di terreni in attesa di reddito speculativo (per pochi) o non lo assumerà invece come una formidabile occasione di sviluppo socio-economico (per tutti)? Sviluppo sostenibile fondato su di una agricoltura e zootecnia di marchio, sull’agriturismo e, in genere, su di una ospitalità qualificata, sul turismo culturale e naturalistico. Insomma, su di un paesaggio ed un ambiente salvaguardati : dalla montagna alle oasi e alle dune marine.

La Regione Toscana, vero arbitro tra i tanti interessi in gioco, ha gettato la sua spada sulla bilancia. E lo ha fatto Claudio Martini, uomo che in altre occasioni si era rivelato intelligente e sensibile.

Nei due articoli Gaetano Benedetto e Vittorio Emiliani riprendono le ragioni dell’alternativa, tante volte documentatamente illustrate da Valentino Podestà e Anna Donati, Mariarosa Vittadini e Vezio De Lucia, Andrea Boitani e Lucio Caracciolo e tanti altri. Claudio Martini, presidente della Toscana, dichiara le ragioni del Si, e se ne assume la responsabilità. Anche lui con tanti altri: soprattutto con la SAT, concessionaria e beneficiaria della decisione.

Tirreno, 23 dicembre 2003Benedetto, Emiliani SISTEMIAMO L’AURELIA

La Regione Toscana ha fatto prevalere la sua linea : il Corridoio Tirrenico verrà completato come autostrada a pedaggio da Rosignano a Civitavecchia e nel tratto dopo Orbetello seguirà il tracciato costiero, sull’Aurelia, con possibili deviazioni in corrispondenza di Capalbio e di Montalto di Castro. C’è dunque la riaffermazione di un “principio” : l’Autostrada a pedaggio, con caselli, bretelle, complanari, ecc. si farà. C’è l’indicazione di un tracciato : sulla costa. Nient’altro. Perché non c’è nient’altro. Non esiste infatti un vero progetto esecutivo,né tantomeno un progetto finanziario. Non c’è infatti nulla di lontanamente paragonabile al dettagliatissimo progetto realizzato alla fine degli anni ’90 dall’Anas con la messa a norma europea dell’Aurelia (con la variante di Orbetello). Su di esso “giurò” anche il presidente della Regione Martini ai tempi del governo Amato, ministro Nesi, sottosegretario Mattioli. Salvo ripensarci, repentinamente, subito dopo le elezioni del 2001 e concorrere a resuscitare la concessionaria SAT estinta nel frattempo dietro congruo indennizzo (più volte, mai smentito, l’ex sottosegretario Mattioli ha parlato di 120-130 miliardi di lire).

Mentre esiste dunque un solo progetto (quello Anas) che attende da due-tre anni l’esame della VIA, l’Autostrada della Maremma voluta dalla Regione è stata : 1) avversata dalla maggioranza degli amministratori locali; 2) rigettata da comitati e organizzazioni locali e dalle Associazioni nazionale; 3) sonoramente bocciata dagli esperti del Politecnico e della Università Cattolica di Milano perché non ha traffico sufficiente, perché il divario costi/benefici è enorme e così via (suggeriscono di “non farne niente”).

Dunque non si sa con quali tempi e finanziamenti essa potrà essere soltanto avviata. Per contro il progetto Anas sarebbe rapidamente cantierabile con concreti benefici al più presto. L’obiezione del ministro dell’Ambiente, Matteoli, e di altri secondo cui sarebbe praticamente impossibile realizzarla senza chiudere, in pratica, l’Aurelia attuale è stato smentito, pubblicamente, dai tecnici che hanno già completato la terza corsia della Roma Nord-Orte dell’A1 e del GRA romano, trafficatissimi. Perché la Regione Toscana si intestardisce a tal punto? Le ragioni tecniche, economiche, ambientali non ce lo spiegano. Bisogna però essere molto netti sul progetto Anas :è il solo compatibile con la Maremma oltre che quello largamente di minor costo. Se si comincia coi distinguo, i se e i ma, ci si prepara a compromessi al ribasso. Sulla pelle della Maremma.

Gaetano Benedetto, Relazioni istituzionali Wwf

Vittorio Emiliani, Comitato per la Bellezza

Claudio Martini AUTOSTRADAVA BENE COSI’

E’ vero. La scelta del definitivo tracciato per il completamento del corridoio tirrenico è più vicina. E il 2004 potrebbe essere l’anno in cui aprono i primi cantieri. Ma non è prevalsa come scrivono Gaetano Benedetto e Vittorio Emiliani sul “Tirreno” la linea della Regione. E’ il risultato di un’ampia convergenza : le Regioni Toscana e Lazio, la maggioranza degli Enti locali, la SAT, il Ministero dei Beni Culturali, e finalmente lo stesso governo coi ministri Lunardi e Matteoli.

La scelta di completare il tracciato autostradale non è una novità. Risale al gennaio 2002. Allora il governo decise non finanziaria chiaramente con i soli fondi statali l’opera. Scelta che comportava il coinvolgimento dei privati e quindi la realizzazione di una autostrada con il pagamento sia pure in forma differenziata del pedaggio, per recuperare parte dei costi. Scelta che si è rivelata lungimirante per almeno due ragioni.

La prima. Perché si tratta di completare un collegamento di interesse non soltanto nazionale. Esiste una autostrada che parte da Lisbona, attraversa Spagna, Francia, e prosegue sino a Roma. In questo percorso esiste un’unica interruzione, quella tra Rosignano e Civitavecchia. Completarlo è un dovere oltre che una necessità : significa migliorare i collegamenti della costa col resto del continente, con i porti e quindi con le autostrade del mare, significa offrire una alternativa all’autostrada del Sole.

La seconda ragione. Perché nel frattempo l’Unione Europea ha introdotto nuove norme per garantire una maggiore sicurezza su strade e autostrade. Nuove regole che noi vogliamo realizzare. Ciò impone al progetto di adeguamento dell’Aurelia maggiori vincoli progettuali tanto impegnativi da essere oltre che di difficile realizzazione anche molto costosi. L’investimento sarebbe lievitato fino al punto di rendere più conveniente il progetto dell’Aurelia. Ricordo che la soluzione ipotizzata dall’Anas sulla base di un progetto non ancora esecutivo prevedeva all’epoca un costo di circa 1.696 miliardi di vecchie lire. Oggi è più che raddoppiato : siamo a circa 1.400 milioni di euro. Mentre per realizzare l’autostrada sul tracciato individuato da Toscana e Lazio occorreranno 2.100 milioni di euro. La differenza c’è, ma, pur percepibile, non è tale da sconsigliare l’opzione autostradale, quella che garantisce più sicurezza.

Il tema della sicurezza è per noi irrinunciabile. Mi ha colpito l’assenza di questa parola chiave nel vostro articolo. E’ proprio la sicurezza dei cittadini il principale argomento in favore della scelta compiuta, l’unica che consente di eliminare le condizioni di pericolosità della viabilità attuale. Il percorso autostradale costiero è la soluzione migliore, non solo per la sicurezza e per rafforzare i collegamenti della Toscana con l’Europa, ma anche per sostenere lo sviluppo della Maremma che è un po’ più grande del tratto su cui si appuntano tante attenzioni. Tutto il sistema dei porti toscani, delle attività produttive e turistiche beneficerà di questa arteria.

Ora il problema è di realizzare nel migliore dei modi e nel massimo del rispetto per ambiente e persone. Qui il contributo di ambientalisti come Benedetto ed Emiliani può essere prezioso. Usciamo dalla polemica e mettiamoci al lavoro.

Claudio Martini

Presidente della Regione Toscana

Siamo il Paese europeo con più camion, autotreni, cisterne e Tir (oltre che automobili per abitanti): anche i nostri nipoti saranno condannati a questa catena assordante e inquinante, la quale reclama sempre nuovo asfalto e cemento in autostrade, bretelle, tangenziali, viadotti, ponti, ecc. ? Non riusciremo in futuro a riequilibrare con la ferrovia e col cabotaggio marittimo un sistema di trasporti nazionale fondato sul quasi monopolio della gomma, vecchio, irrazionale e poco efficiente?

Segnali di insofferenza per una simile politica dei trasporti a senso unico ve ne sono sempre più, con diffuse proteste anche contro nuove autostrade, una volta agognate ed ora invece ritenute inutili, dissipatrici di buona terra agricola, di paesaggi, di bellezze panoramiche. Oltre che di euro.

Manifestazioni di massa come quelle organizzate, con una folta partecipazione di agricoltori e di cittadini, prima in Maremma (più volte) e di recente nell’area Pontina contro il cosiddetto Corridoio Tirrenico sarebbero state soltanto pochi anni fa impensabili.

Tali proteste – dalle quali emergono da tempo ragionate controproposte - attraversano partiti e schieramenti politici. In Toscana è infatti una Regione di centrosinistra, presidente il ds Claudio Martini, a battersi con forza per l’autostrada avendo scelto il tracciato costiero da Cecina a Civitavecchia e incontrando forti opposizioni in alcuni sindaci, anche di centrosinistra, in parlamentari dell’Ulivo come Boco, Bassanini, Brutti, Donati, Montino, Realacci, Zanda. Nel Lazio è una Regione di centrodestra, presidente Francesco Storace di An, a farsi paladina del Corridoio Tirrenico Sud da Fiumicino a Formia incontrando la netta opposizione di tutti i Ds, dei Verdi, dell’Ulivo, del Prc. Sfavorevole è lo stesso Comune di Roma, che vedrebbe tranciate alcune delle zone più intatte dell’Agro Romano e così pure una parte consistente della destra tradizionale (l’ex sindaco di Latina, Aimone Finestra) la quale difende l’integrità della bonifica pontina in effetti fondata su complessi e delicati meccanismi idraulici che verrebbero presumibilmente sconvolti. Per non parlare del paesaggio, storico e agrario, e dell’ambiente alle spalle della costa, alle spalle del già sconciato Circeo, o nella zona umida e agricola di Fondi.

Dall’Europa arrivano per i contestatori buone notizie: il Corridoio Tirrenico non sarà inserito dall’Europarlamento fra le infrastrutture prioritarie, cioè nelle Reti transeuropee-Ten che puntano molto su ferrovie e cabotaggio. Poiché di denari propri questo governo ne ha ben pochi, è probabile che vi sia altro tempo per riflettere, studiare e magari intervenire sui punti più critici con adeguamenti, messa in sicurezza, ecc. Al più presto e con costi in fondo limitati che produrrebbero però grandi benefici. Anche a tempi brevi.

Da Firenze, capitale della Regione Toscana, le associazioni per la tutela (Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Comitato per la Bellezza, ecc.) e i parlamentari citati hanno lanciato un appello al presidente Martini anzitutto, che comincia così: «Auspichiamo che la Regione Toscana constati il nulla di fatto delle sue trattative con il Governo e torni sulle sue decisioni scegliendo il potenziamento in sede a quattro corsie della Statale Aurelia, come l’opzione più sostenibile per l’ambiente e lo sviluppo della Maremma». Secondo loro, la scelta autostradale è “indifendibile dal punto di vista tecnico, economico e istituzionale”.

Dal punto di vista tecnico-economico: l’autostrada comporta infatti una spesa di oltre 2 miliardi di euro per il tracciato costiero fra Cecina e Civitavecchia, sostenuto dalla Regione, e di oltre 3 per quello collinare interno prospettato dal ministro Lunardi. Mentre il progetto Anas per portare l’Aurelia a 4 corsie con le due di emergenza comportava un costo di circa 800 milioni di euro, oggi certamente aumentato, ma non raddoppiato come pretendeva (sulla base di suoi misteriosi calcoli) il presidente Martini il 24 dicembre scorso sul “Tirreno”. A parte il “consumo” di aree agro-turistiche di grande pregio, di riserve naturali, a parte il taglio di falde e di unità poderali, dove sono le risorse finanziarie per una simile opera? Per il periodo 2002-2006 sono stati dichiarati disponibili appena 9 miliardi di euro per tutte (dico tutte) le Grandi Opere infrastrutturali disegnate da Berlusconi in persona. Ne verranno mai spesi 2 o 3 per un’autostrada che registra soltanto 14.500 autoveicoli, dei quali tre su quattro percorrono tratte locali? E gli enti pubblici dovrebbero fornire 1,2 miliardi di euro di contributi ai privati per un’autostrada a pedaggio così povera di traffico? Contributi pubblici coi quali si finanzierebbe l’intero progetto Anas?

Oltretutto quest’ultimo è il solo studio di dettaglio esistente. Una volta aggiornato, potrebbe produrre rapidamente altrettanti cantieri nei punti più critici, quelli cioè dove si susseguono gravi incidenti: i tratti a due sole corsie fra Capalbio e la ex Dogana, fra Montalto di Castro, Tarquinia e l’innesto nell’autostrada a Civitavecchia. Dalle statistiche Aci l’Aurelia diventa infatti strada decisamente insicura nel percorso indicato, fra Toscana e Lazio. Lo è anche di più tutta la Pontina per la quale sono gli stessi operatori agricoli e industriali locali a reclamare l’adeguamento a quattro corsie in luogo di una devastante autostrada a pedaggio con caselli, bretelle, complanari, ecc.

L’obiezione del ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, e di altri è che “non si può lavorare in sede all’allargamento”. Obiezione smentita dalla già avvenuta trasformazione a quattro corsie del trafficatissimo Gra di Roma o del tratto ipercongestionato dell’Autosole fra Roma Nord e Orte. Certo, i problemi tecnici ci sono e però sono stati, più volte, affrontati e risolti. C’è un ultimo aspetto allarmante: la “resurrezione” della Società per l’Autostrada Tirrenica (SAT) sepolta con un indennizzo pari a 172,15 miliardi di vecchie lire per la mancata realizzazione, negli anni ’90, dell’autostrada stessa e inaspettatamente riportata in vita quale concessionaria. Come se nulla fosse. “Resurrezione” che la Corte dei conti ha già giudicato severamente e che, secondo i senatori Anna Donati (Verdi), Paolo Brutti, Franco Bassanini ed Esterino Montino (Ds) e Luigi Zanda (Margherita), autori di una dettagliata interrogazione parlamentare, contrasta con la normativa vigente su concessioni e appalti. Tutto ciò mentre la ferrovia tirrenica resta fra le peggio servite d’Italia (e con essa i porti di Civitavecchia e Livorno), mentre molto si parla di cabotaggio marittimo e poco si fa per esso, mentre gli incidenti si susseguono, con morti, feriti e infortunati, nell’Aurelia meridionale fra Toscana e Lazio, un tratto che si sarebbe potuto da tempo portare almeno a quattro corsie munendolo di alcuni svincoli e sottopassi. Senza faraonismi vecchio stile. Senza inutili sprechi. Di tutto.

[…]Oggi, nulla di tutto questo si avverte più. Dall’uscita a valle del traforo sulla strada diretta a San Martino a San Martino sul Fiora e fino alla base del poggio su cui sorge la Tomba Ildebranda è un continuo susseguirsi d’interventi che hanno letteralmente massacrato la bellezza primitiva di quel territorio. Le transenne che delimitano dappertutto i sentieri, le tre aree di parcheggio e i ponticelli in legname realizzati per il superamento dei fossi, l’area attrezzata per i picnic situata accanto alla chiesetta di San Sebastiano adibita a punto vendita, i botteghini in legno per le biglietterie, una struttura in cemento per i servizi igienici, un box, la segnaletica verticale troppo vistosa, hanno “modernizzato” una realtà archeologica, storica, monumentale di struggente fascino arcaico, riducendola al rango di bottega, dove si possono “comprare” immagini da cartolina – ma non emozioni – del tempo che fu.

Conforta questo nostro giudizio la severità di Philippe Daverio con il quale ci troviamo in perfetta sintonia. Così si esprime infatti il noto critico d’arte, conduttore della trasmissione televisiva «Passepartout» su Raitre (“Il Tirreno”, 13 settembre 2003): «La più repellente bruttura della Toscana in assoluto, è rappresentata dal parco archeologico di Sovana, il luogo più deprimente che io abbia visto negli ultimi anni. Lì, uno dei punti più commoventi della terra, la tomba di Ildebrando (Ildebranda, n.dell’a.) ha subito a causa della legge Ronchey, che vuole il patrimonio messo a frutto, una grandissima e vergognosa violenza. Hanno dato in mano il parco ad una cooperativa, che lo ha trasformato in una specie di luna park, con la casettina di legno dove si vendono i souvenir, il biglietto di cinque Euro per vedere quello che prima era gratuito, le false palizzate maremmane, per camminare lungo i fiori. Proprio come si fa appunto in un parco dei divertimenti, ignobilmente e senza alcun ritegno nei confronti di un pezzo di storia».

Questi scempi non andrebbero autorizzati, perché le necropoli sono affascinanti se l’ambiente in cui si estendono rimane intatto. Anche nel caso in cui non si voglia rinunciare alla loro utilizzazione turistica, si lascino come si trovano, tranne per quanto riguarda eventuali restauri ai sepolcri. Si rispetti insomma la natura che le circonda. Pure un bambino capirebbe come non ci si possa e non ci si debba comportare diversamente se si ha davvero la volontà di rispettare un patrimonio culturale e ambientale che – immutato per millenni – è pervenuto a noi non per essere snaturato, alterato, bensì per godere di un’intelligente tutela.

E che dire, poi, dell’albergo costruito nei pressi del duomo di Sovana? Ma perché, poi? Sovana, vestita com’è totalmente di Medioevo, austera e stupenda, può sopportare l’insulto di un grande edificio moderno e, per giunta, nelle vicinanze della sua antichissima, celeberrima cattedrale? Vien fatto di pensare che stiamo impazzendo, che il miraggio del turismo facile – e del denaro che ne deriva – stia togliendoci il ben dell’intelletto.

L’architetto dell’opera difende a spada tratta, attraverso i giornali (“Il Tirreno”, “La Nazione”, 25 marzo 2003) la sua creatura (poteva essere diversamente?). E lo fa allegando un suo disegno in cui, fra la Cattedrale e il nuovo albergo, è un deserto d’uomini e di cose. Il luogo che ospita il Duomo di Sovana è affascinante, infatti, proprio per quel suo essere appartato, solitario e silenzioso. Ma lo sarebbe altrettanto se – ipotesi non peregrina, sapendo come vanno le cose sull’italico suolo – una variante urbanistica permettesse di realizzare nell’area prospiciente l’albergo anche un parcheggio al servizio del medesimo dove si muovesse o sostasse un certo numero d’automobili?

E poi, cosa c’entra il discorso della «ricostruzione filologica» accampato dal professionista e approvato dalla soprintendenza? Qualora venisse accettato non ci sarebbero più argini agli scempi, perché dappertutto si troverebbe un rudere, la cui presenza in un qualsiasi contesto urbanistico o ambientale potrebbe invogliare a mettere in atto iniziative di ripristino edilizio. Ciò che bisogna capire è l’unicità monumentale di Sovana, che non può essere toccata senza creare danni irreparabili. Per cui, la “Città di Geremia” deve restare così com’è. Solo il restauro degli edifici esistenti, e soprattutto di quelli che hanno fatto la sua storia, può essere ammesso.

Se l’albergo si voleva fare – per una necessità di accoglienza del forestiero – si costruisse pure, ma all’esterno del centro storico e lontano da questo; e magari meno in vista possibile; anzi, schermato da una bella cortina di piante sempreverdi che lo rendessero estraneo al paesaggio circostante.

È un po’ la stessa opinione – questa – di Angelo Gentili della segreteria nazionale di Legambiente, il quale – dopo aver criticato il Sindaco di Sorano per aver «autorizzato la costruzione facendo appello alla trasparenza delle procedure e al rispetto della normativa» – ha sostenuto giustamente: «L’albergo avrebbe potuto essere costruito in un altro luogo senza pregiudicare il successo dell’iniziativa imprenditoriale ma rispettando puntualmente la memoria storica». Aggiungendo: «Se Sovana è famosa nel mondo, lo è per i tesori che possiede e che vanno tutelati in modo ferreo per poter realizzare un binomio vincente fra conservazione e sviluppo turistico» (“Il Tirreno, 19 marzo 2003).

Ha perfettamente ragione anche il leader dei Verdi grossetani, Marco Stefanini, quando nel “Tirreno” del 21 febbraio 2003) sfoga civilmente e appassionatamente tutta la sua rabbia per lo scempio perpetrato nella città natale di Gregorio VII.

«Ma com’è possibile – egli si domanda – che una meraviglia come Sovana, che affonda le sue radici nell’età del bronzo, dove hanno lasciato tracce etruschi, romani, bizantini e longobardi, dove gli Aldobrandeschi, gli Orsini e poi il Granducato hanno preservato la “storia” in modo impeccabile, com’è possibile – dicevo – che quel sito possa essere destinato a cambiare volto. Com’è possibile non capire, non cogliere il significato del suo meraviglioso essere “isola di storia” degli uomini in un mare di natura, di boschi? Come si può pensare, o peggio autorizzare, un albergo accanto al duomo di Sovana?».

Si vedano le immagini dell’albergo in costruzione nel documento

SOS Città del tufo

L'autostrada della Maremma passerà in collina come vuole il ministro Lunardi o a pochi chilometri dalle coste come invece preferirebbe il presidente della Regione Toscana Claudio Martini? Un aut-aut da cui le associazioni ambientaliste si svincolano rilanciando un terzo progetto, quello originale. Un piano che prevede la riqualificazione della strada statale Aurelia che venne elaborato dall'Anas e approvato dal governo Amato con un protocollo d'intesa siglato nel dicembre del 2000.

Due proposte, quelle del ministro Lunardi e della regione Toscana, cui le associazioni ambientaliste si oppongono strenuamente rilanciando invece il vecchio progetto di adeguamento dell'Aurelia che, dicono, «costerebbe molto di meno, avrebbe un impatto ambientale molto minore e risolverebbe in tempi più rapidi il problema». E proprio in quest'ottica Wwf, Italia Nostra e Legambiente, assieme ad altre sigle ambientaliste, hanno organizzato ieri ad Orbetello il convegno «Per la Maremma una sola "strada": l'Aurelia sicura» durante il quale hanno proposto la costituzione di un "patto" con Regione ed enti locali perché vengano seriamente ponderati tutti i progetti sul tavolo, soprattutto quello presentato dall'Anas e accantonato troppo in fretta, analizzandone i costi ed i benefici.

«Il Patto - hanno spiegato Fulco Pratesi presidente del Wwf Italia, Gaia Pallottino segretaria nazionale di Italia Nostra, Angelo Gentile della segreteria nazionale di Legambiente e Rosy Miracolo del Soccorso ambientale maremmano - serve a rilanciare sui tavoli politici e tecnici il progetto di adeguamento dell'Aurelia da Rosignano a Civitavecchia (196 km di cui 15 di variante per un costo di circa 750 milioni di euro). È questa soluzione che noi riteniamo sia più difendibile dal punto di vista economico, infrastrutturale, trasportistico e ambientale - oltre ad essere immediatamente cantierabile -, rispetto all'ipotesi di autostrada interna da Tarquinia a Grosseto (90 km di cui 13 in galleria e 8 viadotti) sostenuta dal ministero per le infrastrutture e all'ipotesi di autostrada costiera (con variante interna di 30 km) sostenuta dalla Regione Toscana».

Un parere condiviso anche dai molti esperti intervenuti al convegno. «L'istruttoria del progetto Anas era praticamente conclusa - ha spiegato Maria Rosa Vittadini, docente di Pianificazione dei trasporti all'Università di Venezia e membro della commissione di valutazione per l'impatto ambientale - e la commissione aveva chiesto soltanto di ottimizzare alcune soluzioni, ma l'Anas, sinora, non ha risposto, ha cominciato a tacere da quando Lunardi ha rilanciato l'ipotesi autostradale». E chissà per quale motivo, visto che l'Anas è un ente dipendente proprio dal ministero delle Infrastrutture.

«Il ministro - ha poi commentato Anna Donati senatrice dei Verdi - ostenta sicurezza ed arroganza senza fare i conti con la Regione Toscana, di cui è prevista l'intesa sul progetto, che ha avanzato una proposta radicalmente diversa; per non tacere poi che la la Sat (la concessionaria che dovrebbe realizzare e gestire l'opera n.d.r.) ha una concessione sospesa dalla legislazione vigente e che le risorse pubbliche previste dalla delibera Cipe ammontano a 438 milioni di euro quando il costo complessivo dell'opera, sempre secondo il Cipe, è di 1.859 milioni».

E a quanti liquidano il progetto di riqualificazione dell'Aurelia adducendo motivazioni legate all'Unione Europea ha risposto Gianni Mattioli, ex sottosegretario ai Lavori Pubblici. «Gli orientamenti espressi chiaramente dalla Comunità Europea nella definizione delle linee guida e delle proposte contenute nella Rete Transeuropea di trasporti - ha precisato - indicano chiaramente nell'adeguamento della Aurelia a “standard elevati”, la scelta preferibile per il cosiddetto Corridoio Tirrenico. I co-finanziamenti comunitari non sono quindi vincolabili alle ipotesi autostradali».

La popolazione residente nel Comune di Capalbio tende a diminuire anziché ad aumentare. Si può dire che essa sia praticamente stabile dal 1961 con una propensione semmai alla diminuzione anziché alla crescita. Nel decennio 1991- 2001 essa è infatti regredita da 4.014 a 3.750 unità ( - 6,5 per cento ). La leggera ripresa verificatasi dal ’91 ad oggi non è tale da modificare la tendenza di fondo.

Il Documento programmatico per l’avvio del procedimento di formazione del Piano Strutturale predisposto dall’attuale Amministrazione comunale sviluppa discorsi ricchi delle migliori intenzioni come “la riqualificazione, il riuso e la valorizzazione delle risorse”, affermando però subito dopo : “Ciò non vuol dire che il Piano strutturale non prevederà (sic!) interventi di espansione e di nuova edificazione”. Per chi, visto che il trend demografico è volto al calo o alla crescita zero?

Eppure il Piano strutturale, a macchia di leopardo e quindi nel modo più costoso per la comunità locale, prevede 72.714 metri cubi per nuove residenze, altri 53.033 mc per piani di edilizia economico e popolare nonché turistico-residenziali (dizione delle più ambigue e flessibili), poi 51.000 mc per volumetrie non residenziali e per ampliamenti di strutture preesistenti dello stesso tipo. Per un totale di 176.747 metri cubi di costruzioni o di addizioni completamente nuove.

I Residences sotto il Borgo e il cemento verso l’Oasi

Tutto ciò mentre già si va sviluppando nel Comune una edilizia la quale, in pratica, non ha nulla a che fare con le residenze stabili, ma che mette sul mercato immobiliare sempre nuove seconde o terze case sotto forma di lottizzazioni più o meno ampie. Con un consumo di terreni coltivati, oppure a bosco o a pascolo, sempre più ingente e con una trasformazione del paesaggio che in alcuni punti appare già stravolto o comunque manomesso. E’ il caso degli alti residences costruiti ai piedi del borgo medioevale sulla vasta area dell’ex Campo Sportivo, visibili distintamente (come nessun’altra lottizzazione prima d’ora) anche dall’Aurelia, sopra la vasta macchia mediterranea. Nonché dall’alto delle mura, oltre la macchia sottostante, essendo stato sanato in corso d’opera quasi un metro abusivo in più in altezza. E’ il caso della scadente lottizzazione sulla collina della Nunziatella, alle spalle della spiaggia di Macchiatonda.

Intanto si sta infittendo pericolosamente l’edilizia residenziale in offerta sul mercato dell’area metropolitana di Roma nell’abitato di Capalbio Scalo, soprattutto lungo l’asse che conduce alla località Selva Nera (ma non solo), con una operazione in grande stile – la prima che si conosca dopo decenni – della Società SACRA (Pirelli Estate) proprietaria di centinaia e centinaia di ettari sin qui agricoli dietro il lago di Burano fin dagli anni ’20 del secolo scorso. Una espansione edilizia che creerà sempre più problemi all’area protetta gestita dal Wwf, la quale ne viene come assediata.

Oltre tutto questa nuova edilizia intensiva viene realizzata sulla rete viaria esistente – quella ancora tipica della bonifica maremmana – la quale si rivela da subito insufficiente a contenere il traffico aggiuntivo, specie nelle settimane di punta di agosto. Anche infrastrutture nate per eliminare gli attraversamenti a raso dell’Aurelia, in assenza di un piano viario accettabile, stanno creando nuovi inconvenienti e pericoli su questa fascia di territorio delicatissima : il recente sovrappasso di Capalbio ha finito per scaricare sulla Strada Origlio, da Selva Nera a Capalbio Scalo e viceversa, un traffico assai superiore alle potenzialità di quella strada di campagna, con numerosi incidenti.

Nuove lottizzazioni fra uliveti secolari

Nuovi interventi edilizi minacciano ancor più da vicino – dopo i già citati Residences dell’ex Campo sportivo e dopo il quartierino multicolore, in rosa e giallo, edificato nella ex cava all’ingresso del paese – lo stesso borgo murato di Capalbio. E’ il caso della lottizzazione prevista nell’area del Bargello – delicatissima anche dal punto di vista paesistico – che digrada dalla Circonvallazione sino alla macchia mediterranea demaniale coprendo di ville e villette una zona quindi visibilissima da tutte le parti e costipando così di cemento, strade, parcheggi una fascia collinare fra il borgo e la macchia che concedeva una pausa di respiro all’insieme. Una ulteriore grave manomissione dell’ambiente e del paesaggio capalbiesi dopo quella prodottasi con la costruzione del maxi-parcheggio privato sotto le mura settentrionali di Capalbio Alta.

Presto saranno urbanizzate aree collinari sin qui integre, di uliveti secolari, come Poggio del Leccio dove già il PRG del 1995 – nonostante i pesanti tagli inferti dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici di Siena e Grosseto (titolare all’epoca Pio Baldi) - prevede volumetrie residenziali per complessivi 12.480 mc, o in zona Vignolo contigua a quella già citata del Bargello, divenuta zona di degrado (secondo la classificazione regionale) grazie all’improvviso sorgere di baracche e baracchette per pollame, maiali ed altro, e dove coleranno 5.400 metri cubi di fabbricati di una certa ampiezza.

Per altre splendide pendici collinari come quelle di Via di Vigna Murata, che scorre fra muretti a secco e grandi ulivi dal Cimitero di Capalbio al bivio per Pescia Fiorentina, la sorte sembra pure segnata : lungo l’arteria la mappa catastale evidenzia tanti lotti di proprietà già predisposti allo sfruttamento edilizio intensivo.

Operazioni destinate ad intensificarsi nella prospettiva dell’Autostrada Cecina-Civitavecchia qualunque sia il tracciato che verrà prescelto (e contro il quale si battono le Associazioni per la tutela dell’ambiente e del paesaggio), sia quello a costa voluto dalla Regione Toscana, sia quello intermedio sul quale stanno lavorando i tecnici della SAT. Il tracciato Lunardi, ancor più interno, praticamente tutto collinare, sembra, al momento, fuori gioco.

Operazioni che intaccano a fondo il patrimonio ambiente-paesaggio (naturalistico, agrario o storico che sia) e che creano le premesse per ulteriori interventi. Come ampiamente evidenzia e testimonia la costa laziale e il suo immediato entroterra.

Cosa minaccia il Piano degli Arenili

Il Piano degli arenili votato a maggioranza dal Consiglio comunale nel luglio scorso prevede sette nuovi stabilimenti nella fascia litoranea – oggi a spiaggia libera con duna alle spalle – che va (da nord a sud) da Macchiatonda all’Ultima Spiaggia con l’ampliamento di quest’ultimo noto stabilimento. Si tratta di un massiccio intervento destinato a trasformare in profondità tutto il sistema di fruizione delle spiaggia capalbiese e quindi anche l’assetto del territorio alle spalle di questa fascia litoranea sin qui frequentata da un pubblico di pendolari, in modo episodico. Un sistema che esigerà, di necessità, un deciso ampliamento delle pochissime strade che conducono al mare (oggi un paio, essenzialmente), con la creazione di parcheggi molto ampi come terminali a ridosso dei cordoni di duna, o addirittura il tracciamento di nuove arterie di adduzione.

In tal modo verrebbe rapidamente e drasticamente eliminata la più forte delle attrattive capalbiesi che è costituita – come più a nord nel Parco della Maremma – da una natura largamente integra o comunque poco sfruttata a fini turistici appiattendola al livello della costa laziale. Una sorta di modello-Ladispoli o Santa Marinella per un turismo di massa proveniente, in prevalenza, dall’area metropolitana di Roma che tende ad espandersi anche verso nord. Una sorta di conurbazione turistica di livello mediobasso, con pochissime strutture ricettive e una marea di seconde e terze case. A ridosso della costa e su di un sistema collinare qui assai più bello e intatto che altrove.

Sottratti capitali alla riqualificazione agricola

Investimenti in seconde e terze case che arricchiscono soltanto i suoi promotori, che appesantiscono fortemente gli oneri di urbanizzazione a carico della collettività (secondo calcoli recenti dell’ANCI i Comuni recuperano dalle lottizzazioni legali un quarto circa delle spese per servizi come luce, acqua, gas, ecc.) e che concentrano nel cemento speculativo la maggior parte di quei capitali che sarebbero invece preziosi per riqualificare l’agricoltura capalbiese. Favorendo ad esempio la ricomposizione di una maglia poderale molto frammentata, piantando vigneti selezionati in luogo di vigne superate o di pascoli degradati, curando in modo più acconcio gli uliveti e così via. Tutte operazioni pazienti e di lunga lena le quali richiedono progetti seri e investimenti adeguati. Senza dei quali passa trionfalmente un modello di sviluppo fondato quasi unicamente sullo sfruttamento del territorio in funzione di una speculazione edilizia di cortissimo respiro destinata a dissipare però in breve un patrimonio sedimentato nei secoli di beni e di risorse primarie irriproducibili le quali hanno composto un palinsesto paesistico storico-agrario-naturalistico di irripetibile fascino e di straordinaria attrattiva.

La sub-delega ai Comuni – e quindi anche al Comune di Capalbio – prevista dalla Regione Toscana

per la parte paesistica fa sì che il solo organismo superiore di tutela in grado di intervenire contro questa dissipazione (alla lunga suicida pure dal punto di vista della crescita socio-economica) rimangano le Soprintendenze statali, sia quella Regionale che quelle territoriali specializzate. Alle quali incombe un compito certo dei più impegnativi e alle quali tutti insieme ci appelliamo.

Popolazione residente nel Comune di Capalbio

( in unità )

1861 :321

1881 :417

1901 :709

1921 : 1.208

1936 : 1.664

1951 : 2.644 (prima della riforma agraria)

1961 : 4.027 (dopo la riforma agraria)

1971 : 3.947

1981 : 4.035

1991 : 4.014

2001 : 3.750

ALLEGATI

L’edificio a ridosso della Provvidenza, comincia la rotta (1996-97)

Vale la pena di documentare un caso che l’11 giugno 1996 ha aperto la strada a tutta una serie di speculazioni edilizie a ridosso del centro storico capalbiese.

In quella data viene presentata da Silvana Belmonti richiesta di autorizzazione a costruire un fabbricato plurifamiliare dietro l’antica Chiesa di Santa Maria della Provvidenza, edificio vincolato ai sensi della legge n. 1089/39, in zona considerata di rilevante interesse paesaggistico. La Commissione edilizia approva tuttavia senza obiezioni di sorta : è il 14 novembre 1996. Ma il 25 febbraio 1997 la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Siena e Grosseto, a firma arch. Pio Baldi, dispone “l’annullamento dell’autorizzazione in oggetto” e invita il Comune e per esso il Sindaco a vigilare “affinché l’unito provvedimento sia notificato agli interessati ed a vigilare sulla sua puntuale osservanza”. La Soprintendenza ritiene la costruzione “per le linee progettuali, l’altezza e l’ingombro volumetrico” (…) costituisca “un elemento invasivo e ingombrante in rapporto all’edificio religioso che è parte importante per l’antico centro storico abitato di Capalbio”. E pertanto la boccia.

Purtroppo non succede nulla. Nessuna vigilanza viene espletata dal Sindaco, né dalla Soprintendenza. Per cui Silvana Belmonti costruisce la sua abitazione plurifamiliare ed è l’avvio di un’era speculativa che non ha subito più interruzioni di sorta.

Altri casi gravi

a) sanatoria in corso d’opera per i Residences dell’ex Campo sportivo alti 70 cm. più del progetto approvato (e perciò perfettamente visibili dalle Mura del centro storico);

b) autorizzazione per una villa, anziché piccolo edificio per un salariato, ai Poggetti (l‘antico Tricosto) avvenuta addirittura a progetto di fatto già realizzato;

c) vicenda del maxi-parcheggio sotto le Mura, documentata in memoria dettagliata a parte, col progetto ampliato e trasformato da pubblico in privato con la sola delibera di Giunta, progetto in cemento armato firmato da un geometra (Marco Folli) presidente della Commissione Lavori Pubblici che rilascia l’autorizzazione, il quale sarà poi, ufficialmente, anche il direttore dei lavori.

Adeguare l’Aurelia come soluzione per il Corridoio tirrenico. Questo l’impegno chiesto al governo dalla Commissione LLPP del Senato che oggi, in sede di esame della legge Finanziaria, ha approvato un apposito ordine del giorno presentato dalla sen. Donati (Verdi) e sottoscritto anche dai senatori Grillo (FI) Menardi (AN) Pedrazzini (Lega) Zanda (Margherita) Montino e Brutti (DS).

L’odg accolto dopo un lungo dibattito che ha visto spaccarsi la maggioranza in Commissione recepisce gli impegni assunti lo scorso luglio in occasione di una audizione informale con il sindaco di Capalbio Gastone Franci.

“L’ordine del giorno votato impegna il governo ad adeguare e potenziare la strada statale Aurelia nel tratto Grosseto-Civitavecchia, sulla base del progetto presentato dall’ANAS nel 2001, per migliorare la sicurezza e l’accessibilità della rete viaria esistente del corridoio tirrenico – ha spiegato la sen. Donati, Capogruppo Verdi-Ulivo in Commissione LLPP - . Inoltre, sollecita la conclusione della procedura di compatibilità ambientale avviata oltre 2 anni e mezzo fa presso la Commissione VIA del Ministro dell’Ambiente per poter identificare le prescrizioni progettuali e mitigative per un’adeguata realizzazione dell’opera nel contesto ambientale e paesaggistico della maremma. Infine l’odg chiede di identificare nel bilancio dell’Anas le risorse necessarie per la realizzazione dell’opera partendo dai tratti più critici per la sicurezza dei cittadini.”

“L’ordine del giorno è un primo importante impegno politico, ma purtroppo non basta perché la legge Finanziaria 2004, all’art. 49 comma 4, abroga la leggina del 1997 che limitava il finanziamento pubblico dell’opera solo al primo tratto e non al secondo e al terzo. Ora invece consente la realizzazione della autostrada della maremma, indipendentemente dal tracciato, e solo la Commissione Bilancio o l’Aula del Senato potranno abrogare il testo della Finanziaria. Continua quindi in quelle sedi la nostra battaglia per sventare la realizzazione di un’autostrada assolutamente inutile, fortemente contestata da Enti locali ed Associazioni ed altamente impattante su un territorio ad altissimo pregio come quello maremmano.

ROMA. «La Maremma inizia dove finisce l’autostrada». Conclude in questo modo il suo intervento il sindaco di Manciano, Rossano Galli, al Convegno per la sicurezza dell’Aurelia in alternativa all’autostrada della Maremma, che si è tenuto ieri a Roma. La questione al centro del dibattito (e delle polemiche) è la realizzazione della Grosseto-Civitavecchia, ultimo tratto dell’autostrada che dovrebbe collegare Livorno con Civitavecchia, il cosiddetto corridoio tirrenico. Un progetto che aspetta da anni di essere realizzato, ma per motivi economici ed ambientali (fu bocciato dalla valutazione sull’impatto ambientale nel 1990), è rimasto sepolto in qualche cassetto. Oggi con la politica del governo Berlusconi che ha restituito centralità alle realizzazione delle «grandi opere» per colmare «il deficit di investimenti che ha caratterizzato negli ultimi dieci anni il nostro Paese», il progetto per la realizzazione della Livorno-Civitavecchia è tornato di nuovo sui tavoli degli ingegneri. Il Convegno è stato indetto e presieduto da un gruppo di senatori dell’Ulivo, tra cui spiccano i nomi di Anna Donati, Esterino Montino, Natale D’Amico e Luigi Stanca, gli stessi che nei giorni scorsi hanno presentato nella commissione trasporti e opere pubbliche del senato l’ordine del giorno che impegna il governo ad allargare il tratto già esistente dell’Aurelia, piuttosto che costruire una nuova autostrada. Un ordine del giorno, approvato con il concorso di numerosi esponenti della Cdl, che sarà esaminato in aula la prossima settimana. E dal convegno emerge che questa ipotesi è anche più conveniente. Infatti una nuova infrastruttura che oltre ad essere molto costosa (il prezzo complessivo è stato stimato in 1.859 milioni di euro), non ha neanche i fondi necessari per essere costruita visto che le risorse pubbliche che sono previste a questo proposito dalla delibera Cipe del 21 dicembre 2001 ammontano a 438 milioni di euro. Per dimostrare che la costruzione del tratto Grosseto-Civitavecchia non è un’infrastruttura indispensabile e che risulterebbe troppo costosa i senatori dell’Ulivo hanno affidato uno studio economico sul progetto al professore Andrea Boitani dell’Università Cattolica di Milano, che ha presentato le sue conclusioni in un documento dal titolo «I conti che non tornano per l’autostrada della Maremma». Secondo il professor Boitani, che ha tentato di fare una breve lezione di economia, ingegneria, condite con un po’ di statistica ad una platea di profani, è più conveniente allargare ed ammodernare l’Aurelia piuttosto che costruire nuove infrastrutture. Lo studio di Boitani prende in considerazioni tre alternative per la realizzazione della tratta mancante Grosseto-Civitavecchia. Tre tracciati: il primo interno, l’alternativa collinare proposta dal ministro Lunardi, il secondo nel corridoio costiero già utilizzato dall’attuale strada statale numero 1 e dalla ferrovia, e il terzo quello attuale con il rimodernamento dell’Aurelia. Tramite un difficile calcolo di costi e benefici Boitani conclude che la «proposta Lunardi» risulta la meno percorribile visto che si tratterebbe di una struttura ex novo che avrebbe un pesante impatto ambientale oltre che costi elevati. Quindi restano due alternative: il tracciato costiero o il rimodernamento dell’Aurelia. Anche da questo confronto ne uscirebbe vincitrice la seconda opzione, gradita ai senatori dell’Ulivo che ora passano la parola al Ministero dell’Ambiente e a quello per le Infrastrutture.

La politica dei trasporti del Governo Berlusconi ha restituito una assoluta centralità alla realizzazione delle infrastrutture, per far decollare i cantieri in fretta e “colmare il deficit di investimenti che ha caratterizzato negli ultimi 10 anni il nostro Paese”. Con l’obiettivo implicito che, il raddoppio di ogni infrastruttura non è solo una soluzione concreta per dare lavoro ed attività alle imprese, ma è anche la soluzione ai problemi di mobilità di merci e passeggeri che attanagliano il nostro Paese.

Tra queste infrastrutture inserita negli elenchi delle opere strategiche, vi è anche l’Autostrada Livorno-Civitavecchia, gia bocciata dalla valutazione di Impatto Ambientale nel 1990. Secondo il Ministro delle Infrastrutture, le attuali procedure accelerate della legge Obiettivo, volute da Governo e maggioranza, escludono gli Enti locali dalla decisione e che prevedono una valutazione ambientale semplificata e consentono una rapida realizzazione dell'infrastruttura.

Ma queste certezze del Ministro non fanno i conti con il fatto che la regione Toscana, di cui è prevista l'intesa sul progetto, ha avanzato una proposta radicalmente diversa di autostrada costiera e che è aperto un tavolo tra Regioni, Comuni, Anas e Ministero, istituito il 18 di aprile e che entro il 18 di ottobre avrebbe dovuto concludere i lavori con la proposta concordata di tracciato autostradale.

Va inoltre ricordato che la realizzazione dell’autostrada in concessione alla SAT è sospesa sulla base della normativa vigente, anche se la Legge Finanziaria 2004 presentata dal Governo ed in discussione al Senato ripristina la norma che consente di realizzare l’autostrada (indipendentemente dal tracciato).

La discussione sul testo sarà all’ordine dei lavori nei prossimi giorni della Commissione Bilancio e dell’Aula del Senato ed in proposito va sottolineato che la discussione nella Commissione Lavori Pubblici si è conclusa con un Ordine del Giorno, sottoscritto da maggioranza ed opposizione, che chiede come soluzione del corridoio tirrenico, l’ammodernamento ed il potenziamento dell’Aurelia. Adesso si tratta di trasformare questo importante risultato politico nella concreta soppressione della norma.

Irrisolta è la questione del finanziamento dell’autostrada: le risorse pubbliche previste dalla delibera Cipe del 21 dicembre 2001 ammontano a 438 milioni di euro quando il costo complessivo è stimato in 1.859 milioni di Euro. (si tratta di una stima non del costo di un progetto definitivo che mediamente in Italia lievita del 30% rispetto al preliminare).

Così come lo studio sulla mancata redditività dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, presentato da Marco Ponti ed Andrea Boitani, del Politecnico ed Università Cattolica di Milano conferma che sarà indispensabile una robusta quota di finanziamento pubblico, facendo quindi decadere una delle ragioni fondamentali per cui viene invocata. ( vedi atti del convegno “Legge Obiettivo e valutazione dei progetti” organizzato da Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Economia e Finanza e Politecnico di Milano, dipartimento di architettura e pianificazione. Milano 16 settembre 2003)

Per queste ragioni l'unica alternativa concreta è il miglioramento e potenziamento dell'Aurelia secondo il progetto Anas ( anche pedaggiando la lunga percorrenza), che deve essere rapidamente approvato dal Ministero dell'Ambiente e finanziato dal Ministro delle Infrastrutture, secondo le risorse previste dal piano Triennale ANAS, ed utilizzando anche i 438 milioni di Euro previsti dalla Delibera Cipe per l'autostrada, o almeno della quota effettivamente disponibile dal Fondo Speciale.

Questa è l'unica opera davvero strategica ed urgente, compatibile con l'ambiente, e con una politica di riequilibro dei trasporti verso cabotaggio e ferrovie.L’inserimento della Cecina-Civitavecchia autostradale tra le opere strategiche

Nei primi 18 mesi di Governo Berlusconi, il Parlamento ha approvato le norme fondamentali per l’accelerazione delle infrastrutture, a partire dalla legge Obiettivo 1, la Delibera Cipe del 21 dicembre 2001 con gli elenchi delle opere2, il collegato Infrastrutture con le risorse e le modifiche alla Legge Merloni3, il Regolamento attuativo con le procedure per l’approvazione, VIA ed appalto dei progetti 4, nonché il contestato Decreto Legge di istituzione di Patrimonio Spa ed Infrastrutture Spa5. Un insieme di norme derogatorie e semplificate con l’intenzione di aprire rapidamente i cantieri.

La Delibera Cipe del 21 dicembre 2001 ha individuato ben 116 interventi, per un ammontare di investimenti dal costo pari a 125,858 miliardi di Euro, che corrispondono a circa 250 infrastrutture connesse al campo dei trasporti e mobilità da realizzare nel prossimo decennio: tra queste anche l’asse autostradale Cecina-Civitavecchia.

La delibera Cipe definisce anche la esatta assegnazione delle risorse disponibili per il triennio 2002-2004, ma specifica che si tratta di previsioni di spesa dal carattere “programmatico” da verificare sulla base delle risorse effettivamente spendibili.

Per l’asse Autostradale Cecina-Civitavecchia la Delibera Cipe stima un costo complessivo di 1859,245 milioni di Euro, nel triennio 2002-2004 sono previsti 438, 988 milioni di Euro di risorse pubbliche e le risorse già disponibili, cioè provenienti da altre leggi o in autofinanziamento dalla concessionaria, ammontano a zero.

Lo sblocco dell’’Autostrada proposto dal Governo nella legge Finanziaria 2004

La normativa vigente ha fissato la sospensione delle tratte autostradali Cecina-Civitavecchia sulla base della legge n 449 del 27 dicembre 1997, inserita all’articolo 55.

La norma ha stabilito che mentre viene innalzato il contributo dello Stato dal 65 all’80% relativamente alla prima tratta ( Livorno-Rosignano) viene sospesa la realizzazione delle altre tratte.

L’effetto concreto di questa norma è stato un accordo transattivo tra Anas e la società concessionaria SAT del 10 giugno 1998, in cui è stato ripianato il disequilibrio economico e finanziario della società, a causa della sospensione delle tratte e quindi di mancati ed attesi introiti tariffari, equivalente ad un versamento di 175 miliardi di vecchie lire in favore della SAT.

Il collegato infrastrutture del Governo, discusso nel 2002 dal Parlamento, conteneva l’eliminazione di questa norma del 1997 e quindi il via libera all’autostrada ma a seguito dell’ostruzionismo dell’Ulivo, la norma è stata soppressa.

Ora il Governo ritenta nuovamente questa “autostrada sbagliata” inserendo nella Legge Finanziaria 2004, all’articolo 49, comma 4, la soppressione della sospensione, al fine di sbloccare la realizzazione dell’opera, senza richiedere peraltro il versamento effettuato in favore della SAT a titolo di risarcimento della mancata realizzazione del secondo e terzo tratto.

Su questo argomento la Commissione Lavori Pubblici del Senato, si è espressa con un Ordine del Giorno che indica nell’ammodernamento e potenziamento dell’Aurelia la soluzione praticabile ed urgente per il corridoio tirrenico.

Abbiamo conseguentemente presentato emendamenti per la soppressione della norma e per destinare risorse all’ammodernamento e potenziamento dell’Aurelia, con l’obiettivo di convincere la Commissione Bilancio e l’Aula del Senato alla soppressione del comma 4, articolo 49 della Legge Finanziaria 2004.

Va anche detto che norme le generali in materia hanno stabilito che una autostrada si può realizzare purchè sia contenuta nel Piano Generale Trasporti, così come la Legge Obiettivo ha stabilito che ogni elenco di opere strategiche costituisce automatica integrazione al PGT.

Dopo la bocciatura del Parlamento alla sua proposta di eliminazione della sospensione per le tratte autostradali Cecina-Civitavecchia, il Ministro Lunardi aveva sostenuto che la norma era superflua, ma in realtà così non è essendoci una norma specifica e vigente che deve appunto essere modificata da una altra norma. E l’inserimento di questa legge Finanziaria 2004 della norma “sbloccautostrada” conferma la necessità di un intervento legislativo.

Le procedure semplificate e le prerogative delle Regioni secondo la sentenza 3003/2003 della Corte Costituzionale

L’intero processo autorizzativo delle opere strategiche è demandato al Cipe. Al Ministro dei Trasporti restano compiti propositivi ed istruttori, la Conferenza dei Servizi ha carattere istruttorio ma non assume decisioni, le Regioni devono raggiungere una “intesa” per la definizione del programma strategico (prima era previsto solo un "parere").

Quindi un forte processo decisionale centralizzato, che può essere assunto a maggioranza dal Cipe sia sul progetto preliminare che sul progetto definitivo, con “il consenso ai fini dell’intesa sulla localizzazione, dei presidenti delle Regioni e Province autonome interessate, che si pronunciano sentiti i Comuni nel cui territorio di realizza l’opera”.

Sui ricorsi contro la Legge Obiettivo presentati da sei Regioni, di cui la Toscana è stata la capofila nella contestazione delle procedure centralistiche, la Corte Costituzionale si è espressa recentemente con la sentenza 303/2003. Pur ribadendo la validità dell’impianto della norma ha però annullato alcune parti importanti in ordine al ruolo delle Regioni, che in nessun caso posso essere escluse o superate a maggioranza.

Secondo la Corte le Regioni devono assicurare una intesa sugli elenchi che definiscono le opere “strategiche”, devono approvare il progetto preliminare e definitivo al Cipe (senza possibilità di essere superate con una scelta a maggioranza) ed ha escluso che le opere possono ottenere il via libera sulla base di una decisione del Consiglio dei Ministri e conseguente Decreto del Presidente della Repubblica.

E’ stato cioè soppresso il comma che prevedeva “in caso di dissenso delle Regioni e Province autonome alla eventuale approvazione si provvede entro 60 giorni con Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri…” e quindi le prerogative costituzionali delle Regioni restano parzialmente salvaguardate. ( vedi Il sole 24 ore, Edilizia e Territorio, n, 40 -13 ottobre 2003, articoli di Alessandro Arona e Bianca Lucia Mazzei)

Inoltre nel caso specifico la regione Toscana ha sottoscritto una intesa con il Governo che prevede che tutte le opere previste nel proprio territorio siano di “ interesse concorrente regionale” e quindi il suo ruolo nella scelta del tracciato e della soluzione tecnica per il corridoio tirrenico è imprescindibile.

E’ un elemento importante che ci auguriamo la Regione Toscana voglia esercitare pienamente, respingendo le inaccettabili proposte del Ministro Lunardi su tracciati “intermedi”, rinunciando alla proposta di tracciato costiero autostradale per le sue difficoltà finanziarie e localizzative, ed aprendo nuovamente un dialogo con Enti Locali ed ambientalisti per l’ammodernamento e potenziamento dell’Aurelia, anche pedaggiata per la lunga distanza.

Il nodo irrisolto delle risorse finanziarie

Il piano decennale di investimenti per le opere strategiche fissato dalla delibera Cipe ammonta a circa 123 miliardi di euro da attivare nel prossimo decennio.

Secondo le indicazioni del Ministro Lunardi, fornite durante una audizione nella Commissione Lavori Pubblici del Senato, questa enorme mole di investimenti dovrebbe essere finanziata per 32,5 miliardi di Euro con capitale privato, con circa 25 miliardi di euro attraverso i fondi strutturali della UE e circa 46 miliardi di Euro con finanziamenti pubblici. Tra questi ultimi ne sarebbero già disponibili, previsti da leggi pluriennali, circa 14 miliardi di Euro e quindi sarebbero da reperire risorse nell’ambito della finanza pubblica per circa 28 miliardi di Euro.

Le previsioni del Ministro Lunardi sono decisamente ottimistiche visto che è assai complesso ( se non impossibile) reperire una quota così elevata di finanziamenti privati, che le risorse dei fondi strutturali disponibili per il settore dei trasporti ammontano effettivamente a 4,2 miliardi di Euro (di cui 2,4 miliardi di Euro deve essere cofinanziato dall’Italia).

Secondo al legge Finanziaria 2004, le risorse pubbliche disponibili per il fondo speciale opere strategiche, hanno attivato mutui per 4, 5 miliardi di euro nel triennio 2002-2004, a cui vanno aggiunti mutui per 5 miliardi di euro attivabili dal 2005-2006. Un totale di 9,5 miliardi di euro nel periodo 2002-2006 quando il grande piano decennale da 125 miliardi euro del Ministro Lunardi, avrebbe già dovuto reperire almeno 50 miliardi di euro tra risorse pubbliche e private.

A queste risorse devono essere aggiunte, anche se non si vedono nel Bilancio dello Stato, i 2 miliardi di risorse di Anas spa, gli investimenti per l'alta velocità ferroviaria Torino-Milano-Napoli trasferiti ad Infrastrutture SpA con garanzia dello Stato pari a circa 28 miliardi di Euro, i 6 miliardi previsti per il Ponte sullo Stretto, di cui 2,5 saranno risorse pubbliche provenienti da Fintenca (exIRI) ed il resto mutui con garanzia dello Stato. A questi vanno aggiunti anche i piani delle concessionarie autostradali, a partire da Autostrade spa che ha richiesto ( e non ottenuto per il momento) un robusto incremento delle tariffe in cambio di un piano di investimenti pari a 13 miliardi di euro.

Sommando queste risorse risulta evidente il tentativo di aprire cantieri con la logica dei mutui e delle garanzie dello Stato, che produrranno i loro effetti devastanti sul bilancio dello stato negli anni futuri.

Ma nessuna di queste soluzioni “creative” predisposte dal Ministro Tremonti risolve il problema finanziario dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, che non si ripaga con le tariffe a causa della sua scarsissima redditività ed ha bisogno di ingenti iniezioni di risorse pubbliche, che non sono disponibili.

Infatti anche le previsioni contenute nella Delibera Cipe del 21 dicembre 2001 , con la previsione di assegnazione di risorse per il triennio 2002-2004 per l’autostrada Livorno-Civitavecchia, in realtà sono solo parzialmente coperte dalla disponibilità del Fondo Speciale per la legge Obiettivo, anche a causa delle decisioni già assunte dal Cipe con l’approvazione di progetti che hanno già impegnato le disponibilità del Fondo.

La scarsità di risorse pubbliche e private dovrebbe indurre ad una accurata selezione delle priorità tra le infrastrutture, considerato anche l’esteso elenco di opere strategiche, in coerenza con una adeguata politica di riequilibrio modale nei trasporti.

Inoltre nel caso dell’autostrada Cecina-Civitavecchia, la scarsa redditività dell’opera, elimina anche una delle ragioni fondamentali per cui viene invocata e cioè la capacità di ripagarsi mediante le tariffe.

Quindi ritorna di enorme attualità e concretezza investire le scarse risorse pubbliche nell’ammodernamento e potenziamento dell’Aurelia, a cui potrebbe essere combinato un pedaggiamento a barriera per la lunga distanza, che escluda l’uso locale della strada dalla tariffazione e che sia capace di ripagare una parte dei costi pubblici.

L’assenza di una strategia e di una politica dei trasporti di contesto per le infrastrutture

Risulta evidente che l’elenco esteso di 250 opere infrastrutturali della delibera Cipe, è una sommatoria di proposte provenienti da Anas, Regioni, Concessionarie Autostradali, Ferrovie, Enti Locali, Ministero dei Trasporti e non configura in alcun modo una politica mirata nel campo dei trasporti, di selezione delle priorità sulla base delle risorse effettivamente disponibili.

Non a caso la Legge Obiettivo dice esplicitamente che si deve solo “tener conto” del PGT vigente approvato nel marzo 2001, e che ogni opera inserita nel programma strategico ne costituisce automaticamente variante, demolendo la già debole cornice strategica del PGT in vigore in cui era inserito un elenco, comunque assai esteso, di infrastrutture da realizzare.

Così come il carattere strategico non assume mai come riferimento il riequilibrio modale verso i sistemi di trasporto a minore impatto ambientale come ferrovie e cabotaggio ed il rispetto degli obiettivi di Kyoto per il contenimento dei gas serra, i cui accordi internazionali sono stati ratificati dal Parlamento, o ancora i limiti dello spazio territoriale e del sistema insediativo del nostro Paese. Anzi, aggiunge agli investimenti ferroviari, un autentico rilancio degli investimenti stradali ed autostradali, che soltanto in qualche caso risolveranno i problemi di mobilità esistente mentre in numerosi casi aumenteranno il traffico motorizzato in avvicinamento ai nodi ed alle città congestionate. Non a caso non si è voluto effettuare una Valutazione Ambientale Strategica sull’insieme delle infrastrutture previste, al fine di selezionare con criteri trasparenti quelle di maggiore utilità trasportistica, di maggior coesione sociale, sostenibili ambientalmente dai territori attraversati e con l’obiettivo di favorire intermodalità e riequilibrio modale.

Nonostante che questa Valutazione Ambientale Strategica sia stata prevista dal Piano generale dei Trasporti vigente e di gli elenchi delle infrastrutture della Legge Obiettivo costituiscono una automatica integrazione., violando quindi una precisa previsione normativa.

Se la VAS venisse applicata sul corridoio tirrenico, confrontando soluzioni differenti ed in coerenza con gli obiettivo di riequilibrio modale e si sviluppo delle Autostrade del Mare, che anche il Governo Berlusconi ha incluso tra i propri obiettivi, è ragionevole pensare che la soluzione di ammodernamento dell’Aurelia, risulterebbe la più appropriata.

Forse è per questa ragione che il Ministro Matteoli si ostina a non effettuare la VAS sul corridoio tirrenico, e più in generale sulla lista sterminata di opere strategiche prevista dalla Delibera Cipe del dicembre 2001.

Infine deve essere sottolineata la distanza della politica italiana dei trasporti ed investimenti rispetto al Libro Bianco della Commissione Europea “Politica europea dei trasporti verso il 2010: l’ora delle scelte” (presentato ad ottobre 2001) che punta ad una efficace integrazione tra trasporti e sostenibilità, con azioni mirate al riequilibrio modale, all’efficienza d’uso, ai trasporti intelligenti, fino a proporre sistemi di regolazione della crescita della domanda.

La proposta sostiene apertamente che la priorità deve essere assegnata al potenziamento delle ferrovie, alle vie navigabili interne, al trasporto marittimo a corto raggio, ai trasporti intelligenti ed innovativi.

Per quanto riguarda la rete stradale, sostiene che la “possibilità di incrementare la capacità estendendo la rete stradale sono limitate, e costituiscono una risposta soltanto temporanea per posticipare la saturazione del traffico della rete”.

Esattamente il contrario di quanto propone il Governo italiano, che punta al raddoppio di numerose strade ed autostrade che alimenteranno la saturazione e la congestione da traffico motorizzato, come il caso dell’Autostrada Livorno Civitavecchia.

1 L.21 dicembre 2001 n. 443 Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti

produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive” pubblicata sulla

G.U. del 27 dicembre 2001, n.299

2 La Delibera Cipe del 21 dicembre 2001 n.121/2001, che ha individuato l’elenco delle opere strategiche, pubblicata sulla G.U. n.51 del 21 marzo 2002

3 Legge 1 agosto 2002 n. 166 “Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti” pubblicata sulla G.U. n.158/L del 3 agosto 2002

4 Decreto Legislativo 20 agosto 2002 n.190, “Attuazione della legge 21 dicembre 2001 n.443 per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici e di interesse nazionale” pubblicato sulla G.U. n. 174/L del 26 agosto 2002

5 Decreto Legge n. 63 per la costituzione della società Infrastrutture SpA e Patrimonio Spa,

diventato la Legge n. 112/2002

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