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Il Mezzogiorno alle volte deve piangere se stesso. Come prova la storia di ordinaria follia che qui raccontiamo. L´Auditorium progettato e donato da Oscar Niemeyer a Ravello, inaugurato il 30 gennaio è stato utilizzato un solo giorno (il 7 maggio) e rischia di restare chiuso sine die. Il Comune, che ne è proprietario, non ha né le risorse né le professionalità per gestirlo.

Tuttavia, rifiuta di darlo in comodato alla Fondazione Ravello, di cui esso stesso fa parte. Così un capolavoro architettonico, realizzato con i fondi europei per 18 milioni di euro, sembra condannato a rimanere, se non una ennesima cattedrale, una preziosa cappella, abbandonata nel deserto culturale del Sud.

I lettori di questa rubrica forse ricorderanno le polemiche che divisero le organizzazioni ambientalistiche su questa iniziativa: a favore Legambiente e Wwf, contraria Italia Nostra, secondo uno spartiacque che si richiamava all´eterna querelle tra innovatori e tradizionalisti. Noi in questo caso parteggiammo per i primi, ricordando l´errore commesso negli anni Sessanta dai conservatori (al di là di ogni distinzione politica) impedendo la costruzione di una casetta di Wright sul Canal Grande e dell´ospedale di Le Courbusier alle Fondamenta Nuove. A Ravello sembrava che gli innovatori avessero, questa volta, avuto alla fine la meglio.

Per valorizzare turisticamente, durante tutto l´anno, un luogo così raro, nel 2002 la Regione Campania, la Provincia di Salerno, il Comune di Ravello e la Fondazione Monte Paschi di Siena avevano creato la Fondazione Ravello affidandole, per Statuto, il compito di «promuovere e coordinare iniziative culturali, scientifiche ed artistiche che facciano dei siti storico-artistici di Ravello la sede di manifestazioni di prestigio nazionale ed internazionale». Da allora la Fondazione ha rinnovato e potenziato il Festival musicale e intrapreso altre iniziative collegate al nuovo Auditorium, adatto a "destagionalizzare" il turismo e capace di ospitare gli spettacoli anche nei mesi freddi.

Ora, si dà il caso che, quando il progetto dell´Auditorium fu varato, il Comune era amministrato dalla lista "Insieme per Ravello". La lista civica all´opposizione – "La Campana" – era invece contraria. I partiti di destra, centro e sinistra sono frantumati e fanno parte, mischiati, delle due liste.

Alle elezioni del maggio 2006, per 14 voti, ha vinto "La Campana", storica avversaria dell´Auditorium: il quale, per ironia della sorte, si è trovato a dipendere proprio da chi, fin dall´inizio, lo aveva avversato. Così, quando la costruzione dell´Auditorium è arrivata quasi alla fine, la querelle si è spostata sul problema della gestione, e dopo estenuanti trattative si è approdati a un "atto di comodato" sottoscritto dal sindaco (2 ottobre 2009), grazie al quale la gestione dell´Auditorium veniva affidata alla Fondazione.

Risolto il problema? Tutt´altro. La firma del sindaco doveva essere convalidata dal consiglio comunale, ma il vice-sindaco avversava l´atto di comodato, definendolo «carta straccia». Così, dopo l´inaugurazione (29-31 gennaio 2010), gestita dalla Fondazione, l´Auditorium è rimasto chiuso e ora tutto legittima il timore che tale resterà a tempo indeterminato. Per essere valorizzato, sarebbe invece necessario elaborare tempestivamente la pianificazione delle iniziative concertistiche ed altre, selezionare il direttore e formare il personale, mettere in gara l´affidamento dei servizi, ecc.

Ravello ha la duplice fortuna di possedere uno splendido Auditorium e di essere socio di una Fondazione capace di gestirlo in modo eccellente. Ma il 22 aprile scorso il consiglio comunale ha bocciato l´atto di comodato già sottoscritto dal sindaco. Il sindaco stesso ha votato contro il documento che recava la sua firma. Oggi il capolavoro di Oscar Niemeyer, costato alla Fondazione dieci anni di impegno, all´Unione Europea 18 milioni di euro, alle maestranze tre anni di lavoro, è chiuso. E non sappiamo per quanto tempo lo resterà.

Postilla

Il giornalismo italiano a volte deve piangere se stesso. Certamente alcuni giornalisti ignorano la coerenza. Ha senso criticare l’abusivismo edilizio e l’illegittimità urbanistica, che certamente – come spesso ci ricorda la Repubblica - dominano in vaste zone del Mezzogiorno, e poi trascurare il fatto che le critiche all’Auditorium di Ravello sono nate in primo luogo per l’illegittimità di quell’intervento, in palese contrasto col piano paesaggistico approvato con legge dalla Regione Campania (lo abbiamo dimostrato per tabulas in questo sito, e non solo)? Ha senso criticare ogni giorno l’arbitrio dei governanti, così diffuso ai nostri giorni, e poi trascurare il fatto che quell’intervento illegittimo è avvenuto solo perché un “Governatore” l’ha imposto contra legem? Che un giornalista trascuri di considerare le ragioni di merito per cui un “generatore di traffico” posto in quel luogo sia devastante per l’intera area della penisola amalfitana può non stupire: giornalisti capaci di comprendere il territorio ne sono rimasti pochi, e Antonio Cederna è solo un ricordo. Né stupisce che un giornalista non riesca a distinguere un’opera di Oscar Niemeyer da quel discutibile edificio, progettato dall’architetto Zeccato. Ma potrebbe evitare di affermare che Niemeyer ha “donato” l’auditorium, quando esso è stato progettato dal Comune sulla base di un suo schizzo e pagato dal contribuente.

Commentando l’articolo di un altro giornalista della Repubblica (Giovanni Valentini, 5 dicembre 2004) scrivevamo allora che egli, nel difendere l’Auditorium dalle critiche dimenticava, tra l’altro, «che l'unico motivo di opposizione non era "l'impatto ambientale", ma una serie molto più ricca di ragioni. Tra queste la palese illegittimità dell'intervento. L'illegittimità era già stata rilevata dal TAR in occasione della presentazione del nuovo PRG, che difatti non fu mai approvato. Ne ha preso atto di nuovo il TAR alla deliberazione del progetto. La ripetuta pronuncia del TAR è stata convalidata in prima istanza dal Consiglio di Stato, che ha negato al Comune la sospensiva». Concludevamo dicendo che l’illegittimità dell’intervento era stata «implicitamente riconosciuta da quanti (Bassolino, Di Lello) hanno dichiarato che cambieranno la legge pur di far fare l'auditorium. Se la legge non mi va bene la ignoro, la scavalco, e se non mi riesce ne faccio un'altra che mi vada bene. E' un bell'esempio che i pubblici poteri danno, in una regione infestata dalla camorra!»

Che oggi quell’esempio sia stato seguito dalla maggioranza dei governanti è evidente a tutti. Chi oggi giustamente protesta farebbe bene a verificare la coerenza delle sue posizioni.

Al primo posto, come ogni volta che abbiamo trattato dell’auditorium di Ravello, sta la questione della legalità, che continua a essere ignorata anche da autorevoli commentatori. Cesare De Seta, sul “Venerdì” della settimana scorsa liquida l’argomento fra i “conflitti grotteschi” che hanno preceduto la realizzazione dell’opera. È bene allora ricordare che la costiera Amalfitana e la penisola Sorrentina sono tutelate da un piano urbanistico territoriale “con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali” approvato con legge regionale (27 giugno 1987, n. 35). Il piano era stato originariamente predisposto dal ministero dei Lavori pubblici, poi trasmesso per competenza alla regione Campania che lo tenne in un cassetto fino all’approvazione della legge Galasso (1985): solo allora decise di fare bella figura approvando il piano addirittura con legge. È forse il solo strumento urbanistico (dopo il 1942) approvato con legge. Una legge, e quindi un piano, molto rigorosi, e si deve a essi se quel territorio, che pure non è scampato all’abusivismo, non è però affetto dalla rivoltante devastazione legale e illegale dilagata in Campania negli ultimi lustri.

Il piano urbanistico territoriale (noto come Put), disciplina minutamente tutti gli interventi possibili e ne fissa misure e modalità costruttive. Sono stabiliti accuratamente i dimensionamenti dei piani regolatori dei 34 comuni interessati, gli standard, le attrezzature pubbliche di livello superiore (art. 16). Fra queste ultime l’auditorium non è previsto, ma la legge consente di operare in variante. In che modo? “I pareri su progetti che comportino varianti al Piano Urbanistico Territoriale sono espressi dal Consiglio regionale” (art. 7, comma 2). E ancora “Le varianti, anche se parziali rispetto al Piano Urbanistico Territoriale, dovranno essere proposte al Consiglio Regionale per la relativa approvazione” (art. 15, comma 3). Esisteva quindi la possibilità di realizzare l’auditorium con regolare variante, ma questa strada non è stata percorsa. Non sappiamo perché. Probabilmente perché il consiglio regionale non avrebbe approvato. O per l’arroganza di un potere che non perde tempo intorno a fastidiosi formalismi come il rispetto di una legge. Ma è incontestabile che l’approvazione di un'opera non conforme al Put è illegittima. Italia nostra lo ho sempre sostenuto. Su questo sito trovate una completa documentazione (vedi: Città e territorio; Sos-Sos-Sos; Ravello).

Sulla questione il Tar si pronunciò una prima volta nel 2000 dichiarando illegittima la previsione di un auditorium a Ravello per contrasto con il Put. Nel 2003, comune, regione, provincia e soprintendenza insistono e approvano in conferenza dei servizi, il progetto attribuito a Oscar Niemayer (ma in effetti firmato dall’arch. Rosa Zeccato: chi scrive lo ha personalmente verificato negli atti comunali, e poteva benissimo farlo anche la giornalista che scrive su la Repubblica di oggi). Parte così l’operazione consenso, con un’invadente campagna pubblicitaria con la quale si cerca di tacitare le critiche sull’illegittimità dell’intervento. Ben 165 importanti intellettuali, politici, ambientalisti, giornalisti (da Remo Bodei a Fausto Bertinotti, da Massimo Cacciari a Renato Brunetta, da Giovanni Valentini a Mario Pirani: per la lista completa vedi sempre in eddyburg.it) più sensibili alla griffe che alla legalità, si dichiarano entusiasticamente a favore.

La storia si conclude così: Italia nostra ricorre al Tar, che nuovamente conferma l’illegittimità dell’intervento (sentenza del 9 agosto 2004). Sindaco e regione si appellano al consiglio di Stato che, nel febbraio 2005, senza pronunciarsi nel merito, con decisione inaudita, annulla la sentenza del Tar. Perché l’annulla? Nientemeno perché Italia nostra non ha notificato il ricorso anche al ministero per i Beni e le attività culturali. Non basta che lo abbia notificato alla soprintendenza, organo del ministero. Il pronunciamento del consiglio di Stato viene a tutti gli effetti assunto come un permesso di costruzione e si mette mano ai lavori. A Italia nostra non resta che il giudice penale che però, finora, non ha dato segni di vita.

Fin qui la questione della legalità, anzi dell’illegalità dell’opera, che era e rimane illegittima, checché ne dicano, come scrive Salzano, schiere di potenti e sapienti che, forse, in una terra strozzata dalla malavita, dovrebbero stare più attenti alla trasparenza delle decisioni pubbliche. Si leggono invece commenti sbalorditivi. Secondo De Seta, “l’Auditorium dialoga con le ardimentose colline della costiera”, aprendo formidabili prospettive agli architetti di rango, perché solo Niemayer? Nei prossimi giorni l’auditorium sarà solennemente inaugurato, dicono alla presenza del presidente della Repubblica, ma spero che non sia vero. Chiunque può andare a Ravello e giudicarlo. Per quanto mi riguarda, condivido pienamente un recente comunicato di Italia nostra della Campania: “all’illegalità si aggiunge la violazione di ogni rispetto del paesaggio e del contesto, per le dimensioni palesemente fuori scala (parte del costruito aggetta sui terrazzamenti) e per la forma: la cupola si oppone all’andamento naturale del pendio e occupa pesantemente le visuali dall’alto e dal basso; la struttura ondeggiante non ha alcun rapporto con la tipologia edilizia tradizionale dominante in Costiera”. Italia nostra pone anche un altro inquietante dubbio sulla funzionalità dell’auditorium, che non sembra avere spazio per ricevere la grande orchestra wagneriana. Spero che in proposito intervenga qualche autorevole esperto. Perché sarebbe una gaffe imperdonabile la pubblicizzazione dell’auditorium che ossessiona in questi giorni le stazioni ferroviarie con la Cavalcata delle Valchirie.

Aggiungo infine che per la realizzazione dell’auditorium la regione Campania ha speso 18,5 milioni di euro, al fine di consentire a Ravello di estendere la sua stagione turistica a tutto l’anno. Non so quanti sanno che la costiera Amalfitana è stata ufficialmente definita a economia turistica matura fin dagli anni Sessanta e che di tutto ha bisogno meno che di nuovi turisti. E non so quanti sanno che la città di Napoli è priva di auditorium (se si esclude quello della Rai). E non mi pare che ce ne siano nelle altre città della regione Un nuovo grande e bello auditorium non era meglio costruirlo a Scampia?

E’ un incanto la costiera amalfitana. Il clima assolato e colorato, intenso e denso. Natura e cultura travolgono bruscamente la quotidianità di chi viene da fuori. Uno spettacolo diffuso di colori, in una cura minuta di spazi, giardini, piccole case e alberghi di tradizione. L’atmosfera è rarefatta, ma sempre inclusiva. Ospitalità e disponibilità, nel culto del mare e del sole. C’è sempre una soluzione possibile, per tutto. Limoni, maioliche colorate, calce bianca sulle case con i tetti bombati, vigneti, terrazze e speroni sul mare. Il continuo camminare, lo scendere e salire nei piccoli centri, nei vicoli, nelle piazzette, con gli odori di natura e di cucina che si fondono dappertutto, veri e propri aperitivi “low cost” che stuzzicano di continuo l’appetito.

Ravello vigila dall’alto, al centro di questo panorama unico. Uno straordinario ambiente, in un clima temperato dall’aria fresca sotto le cime dei Lattari posti a cornice della Costiera. Ravello si affaccia da due lati, da una parte sulla gola che condivide con Scala fino al mare di Atrani, dall’altra sulla costiera di Maiori e Minori, in un blu totalizzante. Dalla piazza principale si arriva con un piccolo tunnel sul fianco che si affaccia sulla costiera verso Maiori, dove c’è una strada panoramica con un muretto basso e grigio a dorso d’asino. E’ via Giovanni Boccaccio e ci sono frotte di turisti da tutto il mondo. Si fanno le foto con quello sfondo unico alle spalle. Anche se sono le 12,30, nell’assolatissimo e caldo ferragosto. Il clima, l’atmosfera sono intensi. Tutti parlano sottovoce. Anche le poche macchine autorizzate sembrano procedere in punta di gomme. Nel soffuso brusìo di sottofondo, all’improvviso una frase si percepisce netta: “Not the station!” E’ una coppia di giovani inglesi, in un gruppetto di coetanei che si fanno le foto. Il ragazzo implora un amico di non includere nella foto ricordo qualcosa che sta lì sotto, nello sfondo. Basta avvicinarsi al muretto per capire cos’è che il turista non vuole nella foto: un enorme blocco di cemento bianco, sproporzionato rispetto alle costruzioni di contorno. Sembra la stazione ferroviaria di un treno che non c’è. E’ l’Auditorium di Ravello.

Tornano alla memoria le polemiche di 5-6 anni fa contro un’opera voluta dall’allora sindaco margheritino Secondo Amalfitano, con il sostegno militante del sociologo De Masi e di tutto il solito, indistinto panorama politico, da Brunetta a Realacci, da Bertinotti a Bassolino, con Augias, Cacciari e Cassano nelle retrovie. E tutti i partiti schierati a favore, senza eccezioni di rilievo. Come anche le associazioni ambientaliste: a partire dalla Legambiente, apertamente favorevole, con il Wwf silenziosamente complice. Era il periodo della critica diffusa all’ambientalismo del no, in piena subalternità alle ragioni del fare, del costruire. Tutti dentro un’armata potente, trasversale, francamente sproporzionata contro poche voci contrarie, uniche schierate accanto all’urbanista Vezio De Lucia: Italia Nostra, Vittorio Emiliani, Eddyburg, sito cult degli urbanisti. Quattro, essenziali, le obiezioni dei dissidenti: innanzitutto, l’opera era in contrasto con il piano urbanistico territoriale e mancava la preliminare variante del Consiglio regionale; eppoi, il prevedibile choc paesaggistico che sarebbe stato prodotto dall’impatto dell’Auditorium su quel contesto unico al mondo; inoltre, la stessa Regione Campania considerava Ravello turisticamente “satura” e quindi da non “sviluppare” ulteriormente. Infine, ma non ultima, l’esigenza di destinare le ingenti risorse economiche a situazioni campane assai più arretrate e quindi più meritevoli di attenzione, proprio sul tema della riqualificazione culturale (Scampìa? Bagnoli? L’agro nocerino?).

Il tema posto dai proponenti e dai loro sostenitori si fondava invece tutto sul potenziamento del turismo a Ravello, con la musica colta in grado di attrarre turisti anche fuori stagione. Si sono susseguiti ricorsi al Tar (che ha dato ragione a Italia Nostra) e al Consiglio di Stato (che ha invece giudicato irregolare il ricorso di Italia Nostra). E così l’armata della politica senza distinzione ha vinto, l’Auditorium è quasi completato. E il problema ora è chi lo deve gestire, se il Comune di Ravello o la Fondazione Ravello presieduta da De Masi, con Realacci e Brunetta ancor oggi assieme nel board di indirizzo strategico. L’ex sindaco Amalfitano, nel frattempo sostituito alla guida del Comune di Ravello, è passato al Pdl e collabora a Roma con il ministro della funzione pubblica Brunetta.

Ora l’opera c’è e fa impressione: non si capisce proprio che c’entra in quello straordinario contesto paesaggistico. Continua a non cogliersene il senso.

Per chi vuole invogliare frotte di turisti ad ascoltare musica tutto l’anno a Ravello resta il problema di come semplificarne i collegamenti, visto che d’estate è tutto molto complicato mentre d’inverno sono richieste addirittura le catene per passare il Valico di Chiunzi sui monti Lattari, per arrivare dall’autostrada che attraversa l’agro sarnese-nocerino. Ma c’è già una proposta, grottesca e agghiacciante, che si affaccia periodicamente: collegare direttamente la Costiera Amalfitana all’autostrada mediante un tunnel sotto i Lattari. La solita risposta, “per valorizzare il cemento ci vuole necessariamente altro cemento”, come è capitato proprio nell’agro sarnese-nocerino un tempo terra di coltivazioni e di produzioni ricchissime e oggi letteralmente coperto da cementificazioni e urbanizzazioni senza qualità.

Qui l'appello dei 165 intellettuali che difesero l'illeggittimo e devastante progetto, con tutte le firme. E qui una intera cartella di eddyburg dedicata all'evento e alla polemica.

Nella sfortunata ipotesi che non si riuscisse a costruire l'auditorium, sarebbe un danno per tutta l'Italia e la Campania. La magica Ravello sopravviverebbe, ma avrebbe perso un'occasione per essere all'altezza della sua storia e puntare su un futuro ancora migliore».

Parole di un ambientalista doc, Ermete Realacci, deputato della Margherita e presidente della commissione Ambiente della Camera. Realacci, ex presidente nazionale di Legambiente, è tra i firmatari del documento a sostegno dell'auditorium, e componente del Consiglio generale di indirizzo della Fondazione Ravello.

Sarà strano per un ambientalista trovarsi dall'altra parte della barricata? Lei a favore dell'auditorium, contro il Comune e un gruppo di intellettuali e ambientalisti.

«L'auditorium progettato da Oscar Niemeyer, stiamo parlando di uno dei più importanti architetti viventi - non è la stessa cosa del mostro del Fuenti o di Punta Perotti, contro i quali io e tanti altri ci siamo battuti per decenni. L'auditorium è un'opera delicata, un gioiello che si integra con il gioiello ambientale che è Ravello. Un progetto che ha la massima attenzione alla particolarità del territorio».

Allora, perché s'è scatenata tanta contrarietà?

«Essere ambientalisti non vuol dire essere contro tutta l'opera dell'uomo e pensare che nulla deve cambiare. L'Italia non sarebbe quella che è se nei secoli passati l'enorme fatica dell'uomo non avesse messo mano a Venezia o ai tanti borghi che ci sono nei parchi italiani, che sono un tesoro proprio perché hanno consentito alla natura e alle realizzazioni dell'uomo di convivere senza turbare gli equilibri che noi dobbiamo tutelare. Anche Ravello non sarebbe quel che è se l'uomo non si fosse integrato con la bellezza di Villa Cimbrone o Villa Rufolo. Certe opposizioni all'auditorium agitano problemi validi in altre sedi, infondati e con strumentalizzazioni retoriche assurde nel caso di Ravello».

È di queste ore il ricorso da parte del Comune contro il commissariamento. Lei perché dice opposizioni infondate se anche la nuova amministrazione è contraria?

«Non entro negli aspetti formali e giudiziari, non so che possibilità ha il ricorso del Comune di essere accolto dal Tribunale amministrativo regionale. Mi riferisco piuttosto alle opposizioni di chi lo fa nel nome di un ambientalismo che tale non è. Devo dire che in questi mesi ho più volte avuto occasione di constatare che tra chi contesta c'è chi non sa neppure dove viene realizzata l'opera, dimentica che si tratta di una struttura alta appena undici metri. C'è chi ignora che quella stessa area sarebbe stata destinata a parcheggio, pensate un po' che alternativa. Ricordo un dibattito radiofonico, il mio interlocutore dall'altra parte diceva che l'auditorium danneggiava la Penisola sorrentina mentre siamo sulla Costiera amalfitana. Insomma, è molto più facile impedire che le cose si facciano piuttosto che farle e controllare che si facciano senza toccare gli equilibri ambientali».

E lei è più che convinto che a Ravello si debba fare nonostante le opposizioni?

«È il peggiore di tutti l'ambientalismo che ritiene tutto immutabile e che la natura non possa essere in alcun modo toccata. Penso a Ravello e ricordo le tante polemiche sull'auditorium di Roma, gli attacchi che dovette subire l'allora sindaco Francesco Rutelli, anche se poi a inaugurarlo fu Walter Veltroni. Mi chiedo quanti, di quelli che si opposero, oggi avrebbero il coraggio di fare la stessa cosa alla luce della riuscita dell'opera sia dal punto di vista dell'architettura di qualità che di gestione. Insomma, dobbiamo combattere gli scempi, non si possono fare assurde battaglie contro i progetti che puntano al bello».

e dovesse prevalere la volontà di chi è contrario?

«Mi auguro proprio di no. Già si rischia di perdere le risorse disponibili per quest'opera particolare e importante per il futuro di Ravello. Io ricordo sempre le parole di Niemeyer, me le sono scritte e le porto con me: ciò che conta non è l'architettura, ma la vita, gli amici e questo mondo ingiusto che dobbiamo cambiare».

Postilla

Apprendiamo che ci sono legislatori per i quali la legittimità è un argomento così marginale da non essere neppure citato.

In eddyburg su Ravello.

RAVELLO e non solo. Sotto la guida del presidente della quarta commissione, Pasquale Sommese della Margherita, il Consiglio regionale piazza di fatto un altolà alla giunta sulla intera questione urbanistica. La commissione consiliare, riunita ieri, ha infatti approvato all´unanimità la proposta di presentare una mozione in Consiglio, già nella seduta del 13 settembre, per discutere dei contratti di programma e delle conferenze dei servizi che procedono in deroga ai piani urbanistici territoriali. La proposta è stata avanzata da An, ma è stata fatta subito propria dallo stesso Sommese, che da tempo lancia l´allarme sul fatto che molti progetti e finanziamenti - dai porti agli insediamenti turistici e produttivi nell´area della Tess - rischiano il blocco, con conseguente perdita dei fondi europei, per la mancata conformità ai Put.

È la stessa casistica della polemica sull´auditorium di Ravello, da cui infatti è nata l´intera questione. «Il caso-Ravello – spiega Sommese – è solo la punta di un iceberg rispetto ai tanti progetti, anche di grande rilevanza sociale e occupazionale, che ricadono in aree vincolate sul piano paesaggistico-ambientale». La mossa di ieri punta a convincere la giunta a venire in aula per ridisegnare gli strumenti urbanistici, piuttosto che puntare a procedure che li scavalchino. Richiesta condivisa da molti gruppi. Non solo An, che si schiera anche col sindaco diessino di Ravello, Paolo Imperato, contro la Regione che gli ha mandato un commissario ad acta per l´auditorium, vicenda sulla quale Salvatore Gagliano proporrà una interrogazione nel "question time" del 13 prossimo. Anche Gerardo Rosania (Prc) critica il commissariamento di Ravello. Fausto Corace dello Sdi chiede che il tema vada in Consiglio. Intanto il Consiglio generale d´indirizzo della Fondazione Ravello ha confermato Domenico De Masi alla guida dell´ente, mentre sono stati nominati nel Cda Ciro Castaldo (Provincia di Salerno), Lauro Mariani (Fondazione Monte dei Paschi di Siena) e Mario Rusciano (Regione). Mancano tuttavia i rappresentanti del Comune.

(r.f.)

Postilla

Non vorremmo proprio che il programma fosse quello di modificare i presenti atti di pianificazione (il Piano urbanistico territoriale della Penisola Sorrentino-Amalfitana) per consentire di rendere legittimi progetti in contrasto con la tutela, certo perfettibile, garantita da quello strumento! Ma le scarne informazioni della nota qui riportata lasciano temere che la direzione di marcia sia proprio quella. Troppe volte abbiamo visto e vediamo, soprattutto nel Mezzogiorno (ma non solo qui) addurre la “grande rilevanza sociale e occupazionale” adoperati come grimaldelli (anzi, come piedi di porco) per scardinare la grande risorsa del mezzogiorno (e dell’Italia), costituita dalle residue qualità del suo territorio.

Se fosse come temiamo, se l’intenzione fosse quella di allentare i “vincoli” sul territorio, allora si dovrebbe ricordare, tra l’altro, che gran parte della penisola campana è qualificata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, e che questa qualifica – che a suo tempo fu ottenuta con qualche difficoltà e qualche limitazione - può essere persa.

Ravello, dietrofront sull’Auditorium senza la variante l’opera non si farà

di Maria Rosaria Sannino

Cambio di rotta sull’Auditorium di Oscar Niemeyer, a Ravello: senza la variante al Piano urbanistico territoriale, l’opera già finanziata con fondi europei per 20 milioni di euro non si farà. Nonostante sia già costata alle casse comunali, tra progettazione e parte degli espropri, quasi 500 mila euro. Lo ha deciso la maggioranza consiliare del Comune guidata dal neo sindaco Paolo Imperato ravvisando «l’illegittimità nell’intero iter» seguito dalla passata amministrazione. «L’opera è in contrasto con il Put – dichiara il sindaco – e non possiamo agire in modo contrario alla legge, mettendo a repentaglio le casse comunali». La vicenda si arricchisce anche di un retroscena: una delibera di giunta regionale del 30 dicembre 2004, aveva riconosciuto l’incompatibilità dell’opera rispetto al Put e "girato" al Consiglio l’approvazione della relativa variante. «Elemento non tenuto in considerazione dalla precedente amministrazione – afferma il sindaco – anzi sottaciuto anche all’ufficio tecnico. Se si dovessero perdere i finanziamenti, le responsabilità vanno ricondotte alla gestione Amalfitano».

Sta di fatto che così si ritorna al punto di partenza, dopo più di tre anni di battaglie a colpi di carte bollate tra Italia Nostra, fortemente contraria all’opera, i proprietari del terreno dove doveva sorgere l’opera del "padre" di Brasilia, e l’allora amministrazione guidata da Secondo Amalfitano, ora capo dell’opposizione. Un parere dell’urbanista Guido D’Angelo rafforza poi le tesi dell’attuale amministrazione, spiegate durante un acceso dibattito in consiglio comunale: l’opera non è compatibile con il Put, perché un Auditorium non è assimilabile ad un’attrezzatura di quartiere. D’accordo anche Italia Nostra: «Non possiamo che ritenerci soddisfatti del riconoscimento da parte della nuova amministrazione dell’illegittimità dell’opera – afferma Lella Di Leo, presidente dell’associazione ambientalista – una volta ripristinate le regole, siamo pronti a qualsiasi discussione». Intanto se il progetto non sarà cantierabile entro il prossimo 31 dicembre, l’opera non sarà finanziata dai fondi Por. A meno che non si provveda ad una proroga della scadenza.

L’ira dell’assessore Di Lello "Ora revocheremo le risorse"

di Ottavio Lucarelli

Questa volta lo schiaffo alla Regione arriva da un piccolo Comune, Ravello, il gioiello incastonato nella Costiera dove il nuovo sindaco Paolo Imperato, eletto due mesi fa con un vantaggio di appena quattordici voti alla testa di una coalizione civica a maggioranza di centrosinistra, ha impresso una svolta che boccia tutto il lavoro svolto da anni in via Santa Lucia per realizzare l’Auditorium da 400 posti al coperto disegnato dall’architetto brasiliano Oscar Niemeyer. Uno schiaffo alla Regione, ma altre due sberle le hanno prese il sindaco uscente Secondo Amalfitano (Margherita), oggi capo dell’opposizione in consiglio comunale, e il sociologo Domenico De Masi, presidente della "Fondazione Ravello".

Uno schiaffo. E la Regione reagisce con l’assessore Marco Di Lello che la vicenda l’ha seguita fin dai primi passi quando aveva la delega all’urbanistica: «A Ravello c’è da poche settimane una nuova amministrazione comunale che ha condotto tutta la campagna elettorale parlando solo contro il progetto dell’Auditorium. Hanno vinto e io ho detto loro il mio pensiero. La Campania non può permettersi il lusso di perdere 18 milioni di euro di fondi europei. Se il Comune davvero ha deciso vuol dire che noi sposteremo rapidamente quei soldi su un altro progetto. Revocheremo la risorse per l’Auditorium ma Ravello, sia chiaro, avrà perso una grande occasione per diventare una meta turistica di alto livello dodici mesi l’anno».

Una battaglia durata quattro anni, ma è attorno alla Fondazione che ruota la storia infinita dell’Auditorium impossibile. Creata nel giugno 2002 da Antonio Bassolino, Secondo Amalfitano, Alfonso Andria (a quei tempi, presidente della Provincia di Salerno) e Monte dei Paschi di Siena, la Fondazione guidata da De Masi ha tra gli scopi la tutela in termini culturali ed economici dei beni di interesse artistico e storico e la promozione di iniziative culturali, scientifiche e artistiche. Questo sulla carta. In realtà la Fondazione era nata per gestire l’Auditorium e tutto ciò che gira attorno al Festival di Ravello. Obiettivi ora dimezzati, al punto che si parla di un possibile distacco di De Masi.

Sconfitto un intero cartello, ma la vera sberla l’ha presa la Regione perché la decisione del Comune di Ravello sconfessa tutta la linea portata avanti per anni in via Santa Lucia, dal viaggio in Brasile a casa di Niemeyer alla battaglia davanti a Tar (persa) e Consiglio di Stato (vinta). E lo schiaffo arriva non solo da un’amministrazione di centrosinistra ma anche da un vicesindaco diessino, Salvatore Di Martino, che le idee sulla vicenda le ha molto chiare: «La campagna elettorale dei mesi scorsi si è giocata a Ravello tutta sull’Auditorium. Da un lato c’era la linea di Bassolino e del sindaco uscente Amalfitano. Dall’altro la nostra idea che ha vinto democraticamente nelle urne. La nostra posizione in campagna elettorale è stata netta e gli elettori ci hanno detto di andare avanti perché quell’opera sarebbe fuorilegge, alla pari di un palazzo abusivo. Un’opera incompatibile con il Piano urbanistico territoriale e questo la Regione, che per superare l’ostacolo l’ha classificata come attrezzatura di quartiere, lo sapeva. In queste condizioni non si può procedere nel realizzare qualcosa che un magistrato riterrebbe illegale. E il progetto di Niemeyer, in ogni caso, male si inserisce nel contesto di Ravello».

Un Auditorium incompatibile. Una bocciatura secca. D’altra parte già tre anni fa, in un documento, Italia Nostra aveva dichiarato che l’intervento era in contrasto con il Piano urbanistico territoriale del 1987, il cosiddetto piano della penisola sorrentino-amalfitana. Attorno ad Italia Nostra si era formato un ampio cartello di intellettuali e professionisti tra cui Alda Croce, Vittorio Emiliani, Piero Craveri, Vezio De Lucia, Carlo Ripa di Meana. Poi la battaglia si era spostata nei tribunali amministrativi. E qui il Tar, il 9 agosto del 2004, aveva accolto il ricorso contro l’opera di Niemeyer. Primo round agli ambientalisti con il sindaco Amalfitano che minacciava, senza formalizzarle, le dimissioni.

Il Tar boccia, gli ambientalisti esultano, ma la Regione insiste. «Si va davanti al Consiglio di Stato - annunciava l’assessore all’urbanistica, il socialista Marco Di Lello - perché la decisione politica è stata presa e l’Auditorium si farà». E infatti, un po’ a sorpresa, il 16 febbraio 2005 il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar di Salerno. «Vince Ravello», è l’urlo di De Masi. Tre i motivi che il Consiglio di Stato sottolinea: «Inammissibilità del ricorso di Italia Nostra, conformità del progetto al piano territoriale e classificazione dell’Auditorium tra le urbanizzazioni secondarie nonostante si stia discutendo di un colosso da quattrocento posti al coperto. Il braccio di ferro sembra finito. I diciotto milioni di euro sono pronti, partono le procedure di appalto. Poi arrivano le elezioni e nelle urne, quasi un referendum, i cittadini eleggono il sindaco anti-Auditorium.

Un'intera cartella di eddyburg dedicata all'auditorium di Ravello

La questione Ravello non è un’altra occasione di pubblica inaugurazione, nella quale mostrare efficienza nell’uso delle risorse finanziarie. La questione Ravello non è un caso come un altro di contrasto tra pareri diversi su materie opinabili. La recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha giudicato irricevibile il ricorso promosso e vinto da Italia Nostra dinanzi al TAR Salerno, in quanto non notificato anche al Ministero dei Beni Culturali, è invece un ennesimo esempio dell’ipocrisia italiana, che attraverso la constatazione di una imperfezione del modus operandi esercita in realtà una sanzione sul fatto stesso di cui è causa, anche senza entrare nel merito. Si profila così una sostanziale iniquità del giudizio, aggravata dalla presenza di una sentenza netta, dettagliata e non equivoca del TAR, ma di senso opposto.

Ci saremmo perciò attesi che, invece delle dichiarazioni trionfalistiche rese al termine di oltre un anno di polemiche e di azioni giudiziarie, la sua amministrazione si fosse distinta per equanimità e senso degli interessi culturali compromessi, promuovendo un ripensamento del progetto, che conducesse ad una corretta ubicazione della struttura, secondo le direttive inequivoche del PUT Costiera Sorrentino - Amalfitana. Avremmo insomma auspicato che la Regione, quale ente gestore del PUT, non intendesse, sia pure con l’avallo del soprintendente pro-tempore, mettersi sotto i piedi le norme di uno strumento urbanistico faticosamente varato dopo oltre quindici anni di attesa, e innumerevoli abusi nel frattempo compiuti.

Invece, le dichiarazioni recentemente rese da lei e dall’assessore del ramo suonano offensive del senso giuridico comune, quello stesso che conferisce legittimità alle rappresentanze democratiche ed agli atti amministrativi (e giuridici) che da loro promanano.

In altre parole, dare corso alla realizzazione dell’Auditorium di Ravello, ignorando l’articolata sentenza contraria del TAR di Salerno, significa esercitare violenza sull’elementare senso del diritto. Non è facendo lo sgambetto agli avversari che si vincono le partite. Non è alleandosi di fatto con l’ipocrisia di un’obiezione procedurale – tra l’altro quanto mai pretestuosa – che la sostanza del problema potrà considerarsi superata. Il fatto grave che lei fa passare, in questo modo, è la vanificazione dell’unico piano urbanistico territoriale con valore paesistico che la Campania si sia dato, è l’avallo a qualunque altra operazione di incremento insediativo voglia essere realizzata in Costiera, purché ammantata da operazione culturale e convenientemente tutelata politicamente.

In queste condizioni, lei contribuisce ad avvilire le coscienze e la memoria di quanti hanno dedicato e dedicano i propri studi e la propria azione civile alla salvaguardia dei valori culturali autentici di questi luoghi, valori poi trasfusi in uno strumento normativo, nella fiducia – ma dovremmo dire nella certezza – che una volta approvati, altri li avrebbero condivisi e difesi.

Presidente Bassolino, quei valori e quell’azione culturale impongono una distinzione ed un equilibrio, nell’attività amministrativa, bene interpretati da un antico motto latino, che le raccomandiamo vivamente: Pacta quae turpem causam continent, non sunt servanda.

Quei valori e quell’azione culturale richiedono più che mai, nel caso di Ravello, che l’azione amministrativa si faccia più meritoria dell’applicazione pedissequa della formalità giuridica. Le chiediamo perciò di volere assumere in tempo utile, e prima che gli atti già avviati vengano condotti a più gravi conseguenze, ogni iniziativa che riconduca la vicenda entro la normativa e la regolarità giuridica degli strumenti vigenti, senza che la Regione si debba prestare a campanilismi di sorta, ma secondo una visione rigorosamente urbanistica e territoriale del problema.

Il sindaco di Ravello, Secondo Amalfitano, ha di che rallegrarsi. E con lui Antonio Bassolino, presidente della Regione, e il presidente della Fondazione Ravello, Domenico De Masi. La lunga diatriba che ha visto opposti Italia Nostra e il Comune della Costiera sul progetto dell'Auditorium (costo circa 19 milioni) ha dato ragione a chi lo ha sponsorizzato e fortemente voluto. L'Auditorium, firmato dal celebre architetto brasiliano Oscar Niemeyer, si staglierà dunque come un'ala bianca di gabbiano su un tratto di macchia mediterranea, a picco sul mare, per consentire lo svolgersi durante tutto l'anno di una stagione concertistica e di convegni. Paradossalmente proprio Italia Nostra, fondazione che tutela il paesaggio, aveva fatto ricorso al Tar contro il 'mostro' architettonico di Niemeyer perché in contrasto con il PUT (Piano di urbanizzazione territoriale). In pratica per Italia Nostra sarebbe andato bene un parcheggio progettato da un geometra di quartiere, ma non l'edificio ideato del padre di Brasilia. Il Consiglio di Stato, con sentenza pubblicata a maggio, ha accolto il ricorso presentato da Comune e Regione, annullando e riformando la sentenza del Tar. Spianando così definitivamente la strada all'Auditorium. Seppure con 17 mesi di ritardo sulla tabella di marcia. A. D.

L'auditorium di Oscar Niemeyer si farà. Lo ha deciso il Consiglio di Stato, che l'altro ieri ha annullato la sentenza 1792 del Tar della Campania che aveva bocciato il progetto. La sentenza non è stata ancora depositata, ma le indiscrezioni sono subito trapelate. Saremmo dunque alla conclusione di una vicenda che ha tenuto col fiato sospeso mezza Italia, divisa sull'opportunità o meno di piazzare la nuova struttura a Ravello, perla della Costiera Amalfitana.

« Provo grande soddisfazione — dice il sindaco di Ravello, Secondo Amalfitano — perché è la vittoria di tutto un paese che ha deciso di investire in cultura e in turismo di qualità. In questa avventura sono stato sostenuto da tutte le realtà sovracomunali, e credo che non ci siano sconfitti, perché ha vinto l'interesse pubblico. Un grande apprezzamento va al lavoro dei miei avvocati: Antonio Brancaccio, Lorenzo Lentini e Ruggerio Musio » .

Al primo posto fra gli enti sovracomunali di cui parla il sindaco c'è ovviamente la Regione Campania, che approvò il finanziamento dell'auditorium. Positivo è dunque il commento del governatore Antonio Bassolino: « La sentenza rappresenta un importante riconoscimento per coloro che si sono battuti affinché Ravello avesse un grande auditorium e un'opera architettonica di grande qualità, adeguata alle bellezze e alle grandi tradizioni culturali e musicali di Ravello. Adesso occorre rimboccarsi le maniche e recuperare il tempo perduto » .

Sul fronte opposto, Italia Nostra annuncia ancora battaglie. « È incredibile quello che è successo al Consiglio di Stato » , dice la presidente Desideria Pisolini, « dopo che si era vinto il ricorso al Tar e che era stata decisa una sospensiva. Resta il fatto che la costruzione dell'auditorium è illegale; cercheremo con ogni strumento di bloccare quest'opera inutile che può soltanto deturpare uno dei più bei paesaggi del mondo senza aggiungere nulla all'amore per la musica. Italia Nostra ha sempre sostenuto che ci sono zone in Campania che hanno bisogno di opere di riqualificazione, ed è lì che bisognerebbe pensare a darsi da fare con l'architettura contemporanea » .

Il fronte ambientalista, com'è noto, è peraltro spaccato. Di tutt'altro tono è infatti la valutazione di Legambiente, che attraverso Ermete Realacci, suo presidente onorario, plaude alla caduta di « ostruzionismi miopi e preconcetti » . « Sapere che l'auditorium ha compiuto un passo decisivo verso la realizzazione » , dice Realacci, « è una cosa che deve far gioire tutti » .

La storia giudiziaria dell'auditorium parte il 4 agosto 2003, quando la conferenza di servizi approva il progetto del celebre architetto brasiliano, che aveva già consegnato uno schizzo al sociologo Domenico De Masi, presidente della Fondazione Ravello, nel settembre 2000. Per l'opera viene previsto un Pit che la finanzia per circa 18,5 miliardi di lire. Ma i proprietari del terreno su cui dovrebbe sorgere l'auditorium presentano un ricorso supportato da una perizia firmata da Vezio De Lucia. Arrivano poi i ricorsi di Italia Nostra e Wwf, mentre Legambiente difende l'opera. Si combatte a colpi di perizie, carte bollate, appelli d'intellettuali. Davanti al Tar di Salerno si ritirano prima il Wwf, poi alcuni dei proprietari dei fondi. Resta solo Italia Nostra, mentre i fratelli Palumbo, proprietari di metà dei terreni interessati, ribadiranno il loro no. Il Tar dà loro ragione perché il piano paesistico che vincola la Costiera non prevederebbe la costruzione di un auditorium in quell'area, bensì attrezzature di quartiere, per cui sarebbe stata necessaria una variante. Quella variante è stata posta al vaglio della Regione; ma nel frattempo è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato.

La lettera di Domenico De Masi

Egregio Professore,

anche a nome del Sindaco di Ravello e dei Membri del Consiglio di Amministrazione e di Indirizzo della Fondazione da me presieduta, Le invio un dossier con cui vengono chiarite due questioni riguardanti l'auditorium.

1. In piú occasioni Italia Nostra ha dichiarato che tale auditorium andrebbe a inserirsi, sfigurandolo, in un paesaggio "intatto" e "perfetto". Il dossier contiene due fotografie del sito in cui é prevista la costruzione con una simulazione elettronica che ne rispetta scrupolosamente le proporzioni. Come puó vedere, si tratta di un paesaggio che, lungi dall'essere intatto e perfetto, é devastato da pessimi manufatti di speculazione edilizia condonata, che la presenza dell'auditorium potrebbe solo nobilitare. Le avevo giá inviato una di queste fotografie ma, dalle vostre successive esternazioni, mi pare di dedurre che non se ne é tenuto conto. Né se ne trova traccia nel suo sito web, peraltro scrupolosissimo nel riportare informazioni contrarie all'auditorium.

2. In molte occasioni Lei ha dichiarato che il progetto finale dell'auditorium non é opera di Oscar Niemeyer, il quale si sarebbe limitato a eseguire un semplice schizzo iniziale. Il dossier contiene una dichiarazione dell'Architetto e del suo strutturista, nonché una documentazione fotografica che dimostrano come la paternitá architettonica e strutturale dell'opera é totalmente di Niemeyer.

Poiché Lei non ha mai preso personalmente visione dei disegni iniziali e delle numerose tavole del progetto finale, immagino che sia stato male informata. Confidando perció nella Sua onestá intellettuale, La preghiamo di smentire le Sue inesatte affermazioni tramite gli stessi organi e con incisivitá pari a quella con cui le ha diffuse.

La ringrazio anticipatamente e, anche a nome dei Colleghi, Le invio i piú cordiali saluti.

(Domenico De Masi)

P.S. Per darLe un'idea del tipo di attivitá culturali che si svolgono a Ravello, facendone la sede di uno dei piú prestigiosi e raffinati Festival musicali d'Europa, Le accludo il programma dello scorso anno.

La risposta di Edoardo Salzano

Caro prof. De Masi,

la ringrazio molto della interessante documentazione che mi ha inviato. Il fatto che ella mi abbia trasmesso la sua lettera con un pacco postale, giunto in mia assenza e ritirato alla posta centrale giorni dopo, spiega il ritardo con il quale le rispondo. Di ciò mi scuso.

Nella sua lettera ella mi investe a proposito di due questioni.

In primo luogo rileva che, pur avendomi inviato una fotografia che testimonia come il paesaggio nel quale l’auditorium si inserirebbe non è “intatto e perfetto”, di questa fotografia non avrei tenuto conto nelle mie “esternazioni” e “non se ne trova traccia nel [mio] sito web, peraltro scrupolosissimo nel riportare informazioni contrarie all’auditorium”.

Su questo punto devo replicare che evidentemente lei è stato molto distratto, o lo sono stati i suoi collaboratori. Non solo in eddyburg.it ho riportato numerosi documenti a favore dell’auditorium, ma ho pubblicato con evidenza la fotografia che ella mi ha inviato, nella nota editoriale (eddytoriale 42) del 2 maggio 2004, accompagnandola con il seguente commento:

"[…] Voglio invece replicare a una giustificazione dell’intervento che viene spesso sollevata dai suoi difensori. Essa è icasticamente espressa nell’immagine, che riporto nella massima dimensione consentita qui sotto, che mi ha inviato Domenico De Masi (che ringrazio). Il senso di quest’immagine è il seguente: questo luogo è tutt’altro che un “paesaggio perfetto”. È stato già pesantemente scempiato da interventi che l’hanno reso orribile. Un intervento di elevata qualità non può che migliorarlo.

" L’argomento è tutt’altro che sciocco. Esso potrebbe motivare un’iniziativa legislativa regionale che volesse riparare il vulnus di legittimità. Quindi mi sembra utile discuterlo. […] Mi dicono che le costruzioni recenti che appaiono nella fotografia di De Masi sono in grandissima prevalenza abusive o illegittime. Ciò deriva evidentemente dal fatto che la collettività aveva ritenuto che il paesaggio non dovesse essere modificato, e che la sua volontà è stata calpestata. Sostenere il progetto Niemeyer significa quindi consolidare una prassi sbagliata, confermare una devastazione che si riconosce essere tale e darle legittimità; quindi distruggere la speranza che si possa, domani o fra cent’anni, realizzare un progetto diverso."

Ella documenta poi il fatto che il progettista effettivo dell’auditorium sarebbe Oscar Niemeyer, avanza il dubbio che io sia stato male informato, e mi prega, di “smentire le [mie] inesatte affermazioni tramite gli stessi organi e con incisività pari a quella con cui le [ho] diffuse”.

In proposito la rassicuro informandola che non ho atteso la sua sollecitazione per rendere pubblico, sul mio sito, il “riconoscimento di paternità” da parte dell’architetto Niemeyer. L’ho accompagnato con una postilla nella quale precisavo ciò che testualmente riporto, e che naturalmente sarei ben lieto se la stampa pubblicasse:

"Niemeyer rivendica il progetto dell’auditorium di Ravello. Bene. Spiega che ha lavorato molto, e conferma che non è mai andato sul posto. Bene anche questo: ognuno progetta come vuole. Rettifica quindi quello che aveva scritto il sindaco di Ravello nella sua lettera al Corriere del Mezzogiornodel 15 gennaio 2004. In quella sede il sindaco affermava che Niemeyer aveva regalato al comune una “idea progetto”, che su quella base il comune aveva “realizzato il progetto preliminare, della cui redazione è stato incaricato l’ufficio tecnico comunale, che ha poi redatto un regolarissimo, completissimo progetto definitivo, firmato dall’arch. Rosa Zeccato”. Ma a me, francamente, che il progetto l’abbia fatto l’architetto brasiliano o un altro non è mai sembrato un fatto rilevante. Ciò che mi ha scandalizzato è che taluni si siano ammantati sotto il nome del prestigioso architetto per far passare un operazione illegittima. Questo rimane, e gli atti finora prodotti dalla magistratura l’hanno confermato".

Non ho nulla da aggiungere, se non ribadire quanto più volte ho già espresso: la mia amarezza per il fatto che numerose persone che stimo (tra le quali la annovero) siano così superficiali di fronte alla questione della legalità: una questione oggi più centrale e vitale che mai. Per conto mio, non mi sono stancato di ripetere che mentre la mia contrarietà a quell’intervento in quel luogo era un’opinione che fermamente sostenevo, ma solo un’opinione, l’offesa alla legalità – che individuavo nei comportamenti e nelle parole di molti sostenitori del progetto - mi sembrava un grave e colpevole errore.

Per evitarle di cercare in internet (non so che dimestichezza ella abbia con questo strumento) le accludo alcune delle note che ho pubblicato sull’argomento, sul mio sito e, alcune di esse, sulla stampa. Vi troverà le stesse tesi che ho esposto ogni volta che qualcuno ha chiesto il mio parere all’argomento, e potrà constatare quanto sia scarso il peso che ho sempre dato alla paternità del progetto.

Naturalmente la prego di trasmettere questa mia ai membri del Consiglio d’amministrazione e del Consiglio di indirizzo, cui invio, come a lei, i miei più cordiali saluti. Assicurando loro e lei che il mio sito, benché sia assolutamente personale ed esprimendo solo le mie personali opinioni, valutazioni e scelte, si sforza di documentare con attenzione l’espressione delle posizioni diverse da quelle che io sostengo. Sarei lieto se anche quanti non sono d’accordo con me facessero lo stesso, e replicassero nel merito delle questioni che pongo. Molte degli apparenti scontri d’opinione sono ahimé sintetizzabili nell’adagio: “Dove vai? – Son cipolle”

Edoardo Salzano

Seguo con estremo interesse il vivace dibattito che il Corriere del Mezzogiorno porta avanti sull’auditorium di Ravello. Perché parte in causa, per buon gusto, per la levatura della quasi totalità degli interventi, ritenevo di dovermi cimentare nella sola lettura. Ma l’ultimo articolo di Giulio Pane m’impone di rispondere. Prendo in prestito due termini da lui usati: «ogni altra questione è impropria e falsa». Io riporterò i fatti veri, giudichi il lettore se definire le affermazioni di Pane improprie o false e/o false.

La maquette del progetto è stata presentata nel 2000, non nel 2002; come opera d’arte spontaneamente offerta da Niemeyer su sollecitazione di alcuni amici brasiliani che frequentano Ravello, è stata accettata dal Consiglio comunale con regolare delibera. Sulla base di quell’«idea progetto» il comune ha partecipato a un regolare concorso d’idee, ottenendo il cofinanziamento di 100 milioni di lire per lo studio di fattibilità di un «distretto turistico di alta qualità».

Lo studio fu affidato, con regolare avviso pubblico e concorso, alla Izi di Roma. Ha consentito di attingere ai fondi Cipe per il finanziamento della progettazione preliminare (sull’intera annualità 2002, con circa 8 miliardi di lire disponibili per la Regione Campania, solo Ravello è riuscita a presentare uno studio di fattibilità approvato con decreto del Presidente Sassolino, previo licenziamento positivo da parte del nucleo di valutazione regionale). Con i fondi si è realizzato il progetto preliminare, della cui redazione è stato incaricato l’ufficio tecnico comunale, che ha poi redatto un regolarissimo, completissimo progetto definitivo, firmato dall’arch. Rosa Zeccato. A Niemeyer è stata affidata una consulenza per la parte architettonica, al di sotto della cosiddetta soglia Merloni, per un importo di 95.000 euro. Si procederà poi con il sistema dell’appalto integrato, previo bando europeo, all’affidamento della progettazione esecutiva e dei lavori. Di quale «protervia e spregio delle regole» si farnetica? Niente di tutto ciò, prof. Pane; si tratta solo di decidere se considerare le sue affermazioni improprie e/o false. A Ravello c’è uno staff che studia leggi e carte: professionisti seri che mettono l’amministrazione al riparo di qualsiasi illegalità. Inoltre: tutti sanno che in conferenza dei servizi si possono esaminar e solo progetti definitivi compiuti. Di quale futuro progetto «vero» si parla?

Su una sua affermazione, prof. Pane, non ho dubbi: quando afferma che Niemeyer non ha mai visitato Ravello dice il vero; ma quando afferma che «non l’ha studiata» dice non solo il falso e/o l’improprio, ma una grave volgarità. Studi lei piuttosto! Imparerà molte cose che ignora; così come Niemeyer, molto prima di studiare Ravello e conoscerla meglio di tanti altri, ha studiato e imparato che «quel che conta non è l’architettura, ma la vita, gli amici, e questo mondo ingiusto che dobbiamo modificare».

Chiudo ricordando che l’auditorium è il tassello più piccolo di un programma complessivo avviato da cinque anni. In sintesi: 1) Ravello città della musica; 2) Ravello Comune antitransgenico; 3) riqualificazione e pedonalizzazione del centro storico; 4) Pit turistico concorsi di riqualificazione dell’offerta turistica; 5) riconoscimento dell’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità; 6) distretto culturale; 7) progetto «città d’arte»; 8) sistema di controllo della viabilità; 9) fondazione Ravello per la qualificazione dell’offerta culturale e turistica. Per non dire della lotta all’abusivismo.

I cittadini di una delle perle mondiali hanno scelto democraticamente un’amministrazione perché realizzi un protortipo di modello sociale che faccia della tutela ambientale, del senso estetico, della qualità assoluta, della cultura, i suoi strumenti quotidiani per la crescita sociale, culturale, ed economica del paese. Aiutateci a realizzarlo!

Secondo Amalfitano.

Niemeyer su Ravello «L'Auditorium? Idea mia

dal Corriere della sera del 30.12.04

L'architetto brasiliano Oscar Niemeyer ha risposto con un memorandum alle critiche di chi, come Italia Nostra, lo ha accusato di aver disegnato un semplice «schizzo» dell'auditorium da 460 posti destinato a sorgere a Ravello, sulla costiera amalfitana. Nella lunga lettera, pubblicata oggi dal «Corriere del Mezzogiorno» il celebre progettista rivendica in toto la paternità del progetto. «Questo progetto l'ho regalato alla città di Ravello - ha spiegato l'architetto brasiliano a uno dei suoi più stretti collaboratori - ma è scandaloso che ora qualcuno voglia pure rubarmi l'idea». Di qui la decisione di entrare per la prima volta nelle polemiche sulla costruzione dell'auditorium.

Storia di un progetto: Ecco com'è nato il progetto nello studio di Rio.

di Oscar Niemeyer

Per fugare ogni dubbio sulla paternità dell'auditorium da me progettato per Ravello - paternità che decisamente rivendico - ne descrivo qui di seguito le varie tappe.

Nel luglio 2000 i miei amici Roberto D'Avila e Domenico De Masi, anche a nome del sindaco di Ravello Secondo Amalfitano, mi hanno chiesto di progettare un auditorium per Ravello. Ho aderito con entusiasmo e, raccolte tutte le necessarie informazioni storiche, tecniche ed estetiche, ho iniziato il lavoro, posizionando il progetto nell'area indicata dal Comune. Iniziando i disegni del progetto, ho subito sentito che questa non era un'opera facile da progettare. Il terreno irregolare, stretto, con un'inclinazione trasversale molto accentuata. Di qui l'iniziativa di far costruire un plastico, desideroso di definire in condizioni poco favorevoli la conformazione naturale del terreno. Non pensavo a un'opera costosa che implicasse movimenti di terra non necessari, e perciò ho assunto come punto di partenza la decisione di localizzare il parterre esattamente secondo l'inclinazione data. E il progetto ha cominciato a sorgere. L'ingresso dell'auditorium, un grande salone aperto sul paesaggio, un muro curvo e basso che crea il palcoscenico, il parterre, il mezzanino e la cabina di proiezione. Un muro doppio servirà d'accesso, grazie a una scala proiettata in esso, ai servizi sanitari e, a un livello più basso, all'ambiente per le macchine dell'aria condizionata, che utilizzerà per l'inalazione gli spazi vuoti esistenti.

Sono ritornato al plastico e ho constatato che l'entrata dell'auditorium doveva essere più protetta, ampliandone la copertura in forma spettacolare, il che ha conferito al progetto un aspetto nuovo, capace di creare la sorpresa desiderata.

In seguito, analizzando l'insieme, ho verificato che la posizione dell'edificio in rapporto alle strade circostanti non permetteva ai passanti di avere una veduta più completa della sua architettura. E allora ho disegnato la piazza, stretta, che, io credo, arricchita da questo panorama magnifico potrebbe costituire, indipendentemente dall'auditorium, un luogo d'incontro di particolare interesse. Al di sotto di questa sarà costruito il parcheggio.

Per rispettare le norme e l'ambiente, ho contenuto al minimo la capienza dell'auditorium, limitandola a 406 posti, e ho concepito linee e volumi in perfetta sintonia col contesto in cui auditorium e piazza antistante sono destinati a sorgere.

Il 23 settembre 2000, nel mio studio di avenida Atlantica a Rio de Janeiro, ho consegnato a Domenico De Masi il plastico dell'auditorium e della piazza, 10 tavole di disegni e una dettagliata spiegazione necessaria. Il tutto ha rappresentato un mio dono all'amico De Masi e alla città di Ravello.

Dopo che il Comune di Ravello ha accettato ufficialmente il mio dono e ha avviato tutte le pratiche burocratiche per ottenere i relativi permessi e finanziamenti, mi è stato richiesto di proseguire il lavoro fino all'elaborazione del progetto definitivo e dei calcoli strutturali. Quando gli esperti del Comune hanno completato le rilevazioni di carattere geologico, si è recato appositamente a Ravello il mio strutturista José Carlos Sussekind che, nel marzo 2002, ha eseguito sul posto tutti i necessari sopralluoghi, ha accertato la serietà e attendibilità di tutti gli esami e le verifiche eseguite dall'ufficio tecnico del Comune e dei suoi consulenti. In quella occasione l'ingegner Sussekind ha incontrato il dottor Fabio Fassone, direttore del gruppo Adhoc, e i suoi collaboratori, che da vari mesi studiavano, per conto mio e del Comune, le esigenze logistiche relative a tre ambiti: la progettazione architettonica del palcoscenico e delle sue relative tecnologie; la progettazione architettonica degli spazi logistici dedicati agli artisti (camerini, sala prova, spazi orchestra e coro); la progettazione architettonica delle facilities destinate al pubblico quali la biglietteria, il guardaroba, la caffetteria. La collaborazione con il gruppo Adhoc è poi proseguita in più tappe a Rio de Janeiro dal 2 al 15 febbraio 2003 e dal 4 al 20 aprile 2003, e risulta tuttora molto utile per coordinare i vari livelli di analisi: quello > progettuale e architettonico, quello tecnico- logistico, quello organizzativo.

Il progetto definitivo ha richiesto alcuni mesi di ulteriore lavoro, e i contributi di numerose professionalità indispensabili. In ogni caso la paternità architettonica del progetto dell'auditorium «Oscar Niemeyer», così come si è man mano sviluppato e come è stato approvato in conferenza dei servizi a Napoli alla Ragione Campania il 4 agosto 2003, e in ossequio alla legge italiana sottoscritto dal dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Ravello, è totalmente ed esclusivamente mia, avendone io elaborato l'idea iniziale ed eseguito personalmente tutte le fasi e lo sviluppo fino agli elaborati finali, consegnati al Comune in copia autografata.

Nel maggio 2003 ho illustrato personalmente il progetto nella sua versione definitiva al governatore della Campania Antonio Bassolino, al sindaco di Ravello e al professor De Masi, che sono venuti appositamente nel mio studio in avenida Atlantica. La consegna ufficiale del progetto è avvenuta il 28 maggio 2004 alla presenza del presidente Lula.

Per ognuna di queste tappe esiste una puntuale documentazione amministrativa, fotografica e filmografica.

L'architetto novantasettenne si difende

di Adolfo Pappalardo

da Corriere del Mezzogiorno del 30.12.04

NAPOLI - Per la prima volta Oscar Niemeyer rompe il silenzio e dice: «Il progetto dell'auditorium di Ravello è interamente mio». Lo spiega per rispondere alle accuse secondo cui solo lo schizzo - e non il progetto- era suo. «Osservazioni lesive della nostra immagine», dicono dalla Fondazione Ravello. E sono pronti a far partire le querele.

Per la prima volta Oscar Niemeyer rompe il silenzio e decide di ribadire un concetto fondamentale, caro ad ogni artista: «L'idea, lo schizzo e il progetto definitivo dell'auditorium di Ravello sono opera mia». E aggiunge: «Posso documentarlo tappa per tappa».

Due cartelle dattiloscritte - e firmate foglio per foglio - nello studio di Rio De Janeiro da questo maestro dell'architettura, novantasettenne ma indomito, e che mai e poi mai avrebbe immaginato di trovarsi al centro di una disputa così accesa che si trascina da mesi. D'accordo, è nel suo lavoro mettere in conto eventuali voci contrarie; ma Niemeyer non avrebbe mai potuto supporre di essere accusato di aver elaborato un semplice schizzo e di aver affidato ad altri e sconosciuti progettisti il lavoro.

La polemica è nata sulle pagine del Corriere della Sera. Il 15 ottobre scorso, la presidente di Italia Nostra, Desideria Pasolini dall'Onda insisteva nel dire che «il progetto nasce da uno schizzo di Niemeyer, ma porta la firma di un'architetta salernitana». Concetto che la Pasolini ribadì il 9 dicembre scorso sul Magazine del Corriere e, qualche giorno dopo, rilanciò dal Corriere del Mezzogiorno l'urbanista Edoardo Salzano. Di qui l'indignazione del progettista della futuristica Brasilia. «Io questo progetto l'ho regalato al Comune di Ravello - ha confidato Niemeyer ad uno dei suoi più stretti collaboratori - ma è scandaloso che ora qualcuno voglia mettere in dubbio l'idea e tutto il lavoro».

Per questo, qualche giorno prima di Natale, Niemeyer ha preso carta e penna e ha deciso di spiegare come aveva proceduto nel suo progetto. Dallo schizzo iniziale, passando per le fasi intermedie in cui ha approntato le opportune modifiche, fino a quelle dieci tavole che rappresentano il progetto definitivo del contestato auditorium da 406 posti. Ad aiutarlo, il suo fedele strutturista José Carlos Sussekind, che da trent'anni lavora al suo fianco e che, per conto del maestro, si è recato a Ravello per compiere alcuni rilievi.

Insomma, Niemeyer è disposto anche ad accettare le critiche e la battaglia giudiziaria - ancora in corso, e sulla quale si attende la pronuncia definitiva del Consiglio di Stato nella prima quindicina del mese prossimo - di chi non vuole l'auditorium progettato per Ravello; ma si è stancato di chi sta tentando di far credere che l'intero progetto non sia suo.

Le considera vere e proprie illazioni; e il giudizio è condiviso dal Comune di Ravello e dalla Fondazione omonima, che sono pronti a querelare chiunque osasse nuovamente mettere in dubbio la paternità del progetto. «La sola idea è lesiva dell'immagine di Ravello», dice Domenico De Masi, presidente della Fondazione. Mai come in questo caso, aggiunge, esiste una dettagliata documentazione scritta, fotografica e filmografica che illustra tutti i passaggi del lavoro di uno dei più grandi architetti di tutti i tempi che ha lavorato con lo stile di un semplice artigiano. Facendo tutto da sé: schizzi, disegni, plastico e le dieci tavole finali.

CHI E' - E' il maestro delle forme fluide, alternativa poetica agli angoli retti dello stile internazionale. Nato nel 1907 a Rio de Janeiro, si diploma alla Escola Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro nel 1934. Presto si unisce a un gruppo di architetti brasiliani che collabora con Le Corbusier alla costruzione del Ministero dell'Educazione di Rio. Niemeyer proseguirà la collaborazione con Le Corbusier per la realizzazione del Palazzo Onu di New York. Oggi continua a lavorare nel suo ufficio di Copacabana.

Postilla

Niemeyer rivendica il progetto dell’auditorium di Ravello. Bene. Spiega che ha lavorato molto, e conferma che non è mai andato sul posto. Bene anche questo: ognuno progetta come vuole. Rettifica quindi quello che aveva scritto il sindaco di Ravello nella sua lettera al Corriere del Mezzogiorno del 15 gennaio 2004. In quella sede il sindaco affermava che Niemeyer aveva regalato al comune una “idea progetto”, che su quella base il comune aveva “realizzato il progetto preliminare, della cui redazione è stato incaricato l’ufficio tecnico comunale, che ha poi redatto un regolarissimo, completissimo progetto definitivo, firmato dall’arch. Rosa Zeccato”. Ma a me, francamente, che il progetto l’abbia fatto l’architetto brasiliano o un altro non è mai sembrato un fatto rilevante. Ciò che mi ha scandalizzato è che taluni si siano ammantati sotto il nome del prestigioso architetto per far passare un operazione illeggitima. Questo rimane, e gli atti finora prodotti dalla magistratura l’hanno confermato.(es)

L' ultima cosa che viene in mente, parlando con Oscar Niemeyer, è che l'architetto che creò Brasilia stia per compiere 97 anni essendo nato il 15 dicembre 1907 a Rio de Janeiro. Perché, anche davanti all'interlocutore più agguerrito, sembra essere sempre e solo lui a condurre il gioco.

Così, nel suo piccolo studio affacciato sull'Avenida Atlantica, è lui che sceglie di parlare in francese («in inglese rischierei di fare troppi errori») o che chiede di avvicinarsi di più alla sua sedia («comincio a essere un po' sordo»). È ancora lui che a pranzo, dopo un involtino alla carne e un gelato all'avocado, domanda di Kakà e racconta della passione per il cinema di Visconti, Pasolini, Scola. Ed è sempre lui che mostra con orgoglio i suoi progetti, vecchi e nuovi: dal Museo d'arte contemporanea di Niterói al Caminho che a Rio prenderà il suo nome, dal Memoriale dell'America Latina di San Paolo al palazzo per il governatore di Minas Gerais, dalla Mondadori di Segrate al Memorial Oswaldo Aranha di Alegrete. Passando naturalmente per un sogno chiamato Brasilia, più o meno realizzato secondo alcuni critici, al quale Niemeyer ha lavorato come «soprintendente tecnico» dal 1956.

Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares, questo il suo nome per esteso, non è però un uomo arrogante. Tutt'altro. E questo nonostante tutti i suoi premi (Praemium Imperiale, Pritzker, Riba) e nonostante la celebrità («è come Pelé», è il minimo che ci si sente rispondere chiedendo di lui). Tanto che è lui stesso a rispondere al telefono ed è lui a riceverti, minuto ma elegantissimo nella camicia bianca con le cifre ON ricamate e le lucidissime scarpe marroni (sul tavolo c'è un flacone di Chanel pour homme), in uno studio microscopico tappezzato di tantissimi libri. Compreso il suo E agora? (E ora?) da poco uscito in Brasile: un racconto breve, e non un trattato di architettura, in cui Niemeyer narra la storia di Lucas, «un combattente di mille battaglie», un vecchio comunista che è quasi un suo alter ego e che ha scelto come lui «di non rassegnarsi mai davanti alle brutture della vita».

D'altra parte come non credere nella vena sovversiva dell'architetto dal momento che uno dei pochi decori di queste stanze con vista sulla spiaggia di Copacabana è una sua massima incisa sui muri che recita «quando la miseria si moltiplica e la speranza fugge dall'uomo, è tempo di rivoluzione»? Una rivoluzione legata «al rifiuto di ogni forma di capitalismo» e che finisce per tradursi persino nel rigore degli arredi di Casa Ypiranga: poche poltrone di cuoio nero con tanto di pouf poggiapiedi, una chaise longue, una sedia a dondolo di metallo, un tavolo semplicissimo. Tutto firmato Niemeyer.

Lei ha sempre detto che la vita è molto più importante dell'architettura.

«La vita può cambiare l'architettura e non viceversa. L'architettura è soltanto uno dei tanti tasselli che compongono l'esistenza dell'uomo. Al pari dell'arte, della letteratura, della musica, della scienza o della politica».

Per questo lei sostiene che l'architetto non si deve limitare a progettare?

«L'architetto non deve essere solo un tecnico. Deve avere una cultura generale, deve conoscere i classici della letteratura come gli scrittori contemporanei, deve intendersi di Matisse e sapere di filosofia. Il motivo? In questo modo riesce a conoscere l'ambiente che lo circonda».

E la politica?

«Anche la politica è parte della vita dell'uomo. Ed è una parte importante, almeno per me. Una parte che ho sempre vissuto sulla mia pelle: ho conosciuto Castro e ho fatto parte del Partito comunista brasiliano (più volte Niemeyer si è definito "l'ultimo comunista rimasto", ndr), sono stato in esilio a Parigi durante la dittatura militare e continuo a dichiararmi anticapitalista, un tempo ho protestato contro la guerra del Vietnam e oggi sono contro tutte le guerre».

Della guerra in Iraq cosa pensa?

«Bush ha invaso un Paese, lo ha oltraggiato e continua a oltraggiarlo. Questo per me è inammissibile. Ma la rielezione di Bush dimostra anche come siano ormai gli incapaci a governare il mondo».

Torniamo all'architettura: come giudica i suoi colleghi?

«Penso che ogni architetto sia capace di fare una buona architettura. Certo, quelli che possono dire di aver creato un'opera eccezionale non sono tanti, ma è un discorso che vale per tutte le forme della creatività: non tutti possono avere la capacità di progettare la chiesa di Ronchamp come ha fatto Le Corbusier, dipingere Guernica come Picasso o elaborare la teoria della relatività come Einstein».

Ha conosciuto e lavorato con Le Corbusier. Che ricordo ne ha?

«Un maestro, anche se non condividevo certe sue scelte. Umanamente era invece molto sfuggente e non abbiamo legato molto».

Chi sceglierebbe come modelli?

«Palladio e Alvaar Aalto sono stati fondamentali nella mia formazione».

Soltanto loro?

«No, anche l'invenzione del cemento è stata per me altrettanto fondamentale».

L'hanno spesso definita «razionalista sensuale». Perché?

«Non ho mai amato le linee rette e neppure gli angoli rigidi e inflessibili creati dall'uomo: li trovo innaturali. Sono sempre stato attratto dalle forme morbide e fluttuanti. Per questo i miei progetti nascono spesso da una forma curva come è curva la silhouette di una bella donna. Dunque un tratto semplice ma anche sensuale. Forse da questa miscela nasce l'idea del razionalista sensuale».

Che ricordo conserva del cantiere per la Mondadori di Segrate...

«Quella con Giorgio Mondadori è stata una bellissima esperienza, anche dal punto di vista umano. All'inizio non era quello che Mondadori avrebbe voluto, ma poi il risultato finale l'ha convinto».

Quando si parla di lei, impossibile non pensare subito a Brasilia. Come vede oggi quel progetto?

«Come un sogno realizzato: il sogno di dimostrare che il Brasile poteva essere capace di fare grandi progetti, di creare addirittura una città. Certo, anche i sogni possono dare problemi. E i problemi a Brasilia sono quelli, ad esempio, di edifici che si degradano o di una manutenzione difficile. Ma direi che può andare bene così».

Ma il Brasile non è solo il sogno di Brasilia...

«Oggi è anche violenza e povertà. È un Paese di grandezze e di miserie, il Paese di Ipanema e delle favelas. È un Paese per il quale bisogna continuare a combattere senza arrendersi mai. Anche se forse, davanti a questa realtà, viene da pensare che il progetto messo in pratica da Fidel Castro a Cuba sia l'unico che abbia dato risultati positivi. Almeno in tutto il Sudamerica».

Perché ha votato Lula?

«In realtà avevo scelto Ciro Gomes, ma non aveva alcuna possibilità di diventare presidente. Così ho ripiegato su Lula, che però mi sembra che si stia muovendo bene. E così, come dice Lucas il protagonista della mia novella E agora?, la rivoluzione per ora può attendere».

Dell'Italia cosa pensa?

«Un bellissimo Paese soprattutto perché in Italia ho tanti amici (d'origine italiana era anche Annita, la moglie di Niemeyer scomparsa all'inizio di ottobre, ndr)». E della sua architettura?

«Meglio quella classica, del Palladio, appunto».

A gennaio si deciderà la sorte del suo auditorium per Ravello, un progetto che ha suscitato molte polemiche...

«Credo che ci siano state incomprensioni. Continuo a giudicarlo un buon progetto, ma il modo con cui è stato sviluppato non è esattamente quello che pensavo».

Architetto, cosa si prova a essere definito un maestro?

«Niente. Continuo ad andare in studio tutte le mattine alle dieci e a progettare come ho sempre fatto, ma continuo anche a leggere, disegnare, scrivere».

Ma il suo studio nonostante i tanti lavori in corso non è poi così grande...

«E perché mai dovrebbe esserlo? Per progettare basto io».

RAVELLO - Dal belvedere mozzafiato di Villa Rufolo, la terrazza a sbalzo nel vuoto dove si tengono durante l´estate i concerti di musica classica a Ravello, lo sguardo si perde sullo spettacolo naturale della costiera amalfitana, fino alla linea dell´orizzonte che delimita il mare. Ora, nella stagione invernale, il turismo cade in letargo. Ma la "Città della Musica" coltiva un sogno che in un futuro prossimo venturo potrebbe rianimarla per tutto l´anno: quello di un Auditorium da 400 posti, progettato dall´architetto brasiliano Oscar Niemeyer e diventato inopinatamente il pomo di un´assurda discordia fra le associazioni ecologiste.

Méta abituale di un turismo colto e raffinato, incastonata come una perla a 350 metri d´altezza fra le colline dell´entroterra e il Tirreno, prodiga di monumenti e ville storiche, Ravello gioca oggi la "scommessa della qualità italiana" come antidoto al declino nazionale, di cui il nuovo presidente della Confindustria, Luca Montezemolo, non vorrebbe neppure sentir parlare. E così il Comune, la Provincia e la Regione, con il sostegno del Monte dei Paschi, hanno costituito una Fondazione che, nell´ambito del celebre Festival, promuove un "meeting" annuale a cui partecipano i maggiori esperti della materia: produttori, imprenditori, studiosi e ambientalisti. Da qui parte, dunque, il nostro viaggio nell´Italia di Qualità, alla ricerca di quel "modello" evocato dal presidente Ciampi, fondato sulla "ricchezza e varietà del patrimonio culturale", un esempio unico al mondo, in grado di coniugare i rapporti sociali ed economici con la tradizione e l´innovazione.

"Per dare uno sviluppo duraturo e sano al Paese - si legge nella "Carta di Ravello", una sorta di manifesto programmatico della Fondazione - dobbiamo fare appello alle sue risorse più preziose". E´ una Santa Alleanza che, sotto il segno della qualità, chiama a raccolta le Reti territoriali, "una delle più originali occasioni di riscoperta delle risorse naturali, storico-culturali, enogastronomiche e artigianali"; il mondo delle imprese e del credito, "a partire da tutti coloro che per competere nella dimensione globale hanno scelto di fare leva sulla vocazione italiana all´eccellenza"; e infine la società civile che "su strade non convenzionali ha saputo orientare grandi energie proprio verso la ricerca della qualità" nell´ambiente o nei servizi di assistenza. In questo variegato "cartello", si ritrovano perciò soggetti e personaggi di estrazioni anche molto diverse: dall´Associazione Città del Bio, e poi del pane, del vino, dell´olio, del miele o del tartufo, all´Associazione dei Paesi dipinti e dei Borghi più belli d´Italia; dall´amministratore delegato di Unicredito, Alessandro Profumo, all´industriale delle scarpe Diego Della Valle e al presidente dei Giovani imprenditori, Anna Maria Artoni.

In che cosa consiste, concretamente, questa mitica "qualità italiana"? E´ un dono della natura, un´eredità della storia, un prodotto dell´uomo e magari anche della donna? «La qualità si vede, si sente, si annusa, si gusta e si tocca», elenca il sociologo Domenico De Masi, grande affabulatore e presidente della Fondazione Ravello. C´è dentro, insomma, di tutto e di più: il paesaggio, la cultura, l´arte, la musica, il design, la moda, i profumi, gli odori e i sapori, tutti i prodotti di un "made in Italy" che forse a questo punto converrebbe ribattezzare "made in Quality".

«Dalla produzione di beni materiali in grandi serie - argomenta De Masi - i Paesi più progrediti stanno passando alla produzione di beni immateriali: informazioni, simboli, valori, estetica. Tutto il resto ormai lo producono le macchine oppure il Terzo Mondo». Nella visione cosmica del sociologo, il pianeta si divide in tre grandi aree: i produttori di idee; i produttori di beni materiali, come Taiwan, Singapore, la Russia o il Brasile; e i produttori di materie prime. Rispettivamente il reddito medio pro-capite corrisponde a 20-30 mila dollari all´anno nella prima area; arriva fino a 7-8 mila nella seconda e si ferma a 100 nella terza. E di conseguenza, il costo orario del lavoro va da zero a 25 dollari.

Con uno standard appena inferiore ai massimi, l´Italia - spiega il sociologo - è incastrata: «Noi possiamo produrre solo beni da primo mondo». Ma per fare questo su scala nazionale occorrono tante "fabbriche delle idee", università di alto livello, scuole di eccellenza, laboratori, centri di ricerca. Nel frattempo, con il suo Festival estivo, la Fondazione e domani magari l´Auditorium, Ravello cerca di fare la sua parte offrendo un "pacchetto" che riunisce tre requisiti: «Una vacanza di qualità, un contesto urbano di qualità, una rete di persone di qualità».

E´ così che questo paesino di 2.500 anime viene invaso ogni anno - secondo i dati dell´Azienda di soggiorno - da un esercito di circa 120 mila turisti, più stranieri che italiani, richiamati dai concerti all´aperto, dagli spettacoli e dagli altri eventi culturali, con le punte più alte da maggio a settembre. L´insufficienza di sale chiuse e capienti impedisce però di proseguire oltre. Con l´Auditorium di Niemeyer, invece, il Festival potrebbe continuare anche d´inverno e la stagione dei congressi allungarsi a dodici mesi, a vantaggio degli alberghi, delle pensioni, delle camere in affitto, dei bar e dei ristoranti. E a trarne beneficio sarebbe, ovviamente, tutta la comunità locale.

Sono passati quattro anni ormai da quando l´architetto brasiliano ha consegnato il suo progetto, regalandolo alla città con tanto di plastico in scala. Il terreno è stato individuato. I fondi (18,5 milioni di euro) sono stati stanziati e sono già disponibili. Ma l´opposizione di Italia Nostra, preoccupata dell´impatto ambientale, ha bloccato finora l´inizio dei lavori con un ricorso che è stato accolto dal Tar di Salerno. A favore dell´opera, insieme agli amministratori locali, si sono schierati invece Legambiente, il Fai e il Wwf in una paradossale diatriba che ha spaccato il fronte ecologista.

Ora la "Città della Musica" aspetta il responso del consiglio di Stato per rilanciare il suo "programma di qualità" 365 giorni all´anno. In un comune che registra più di ottocento domande di condono, affacciato su una costa devastata dalla speculazione edilizia, non sarà verosimilmente il moderno Auditorium di Niemeyer a deturpare il paesaggio. «Anzi - replica il sindaco della Margherita, Secondo Amalfitano - l´opera servirà a restituire dignità architettonica a uno degli angoli più panoramici, ma anche più degradati di Ravello». L´alternativa, del resto, è che un gruppo di privati - in opposizione al Comune, alla Regione e alla Comunità montana - costruiscano su questo stesso terreno un parcheggio di loro proprietà e per il loro personale profitto.

Allo "spirito di Ravello", dopo una riunione trasversale dei Governatori tenuta qui nei mesi scorsi, s´è richiamato recentemente anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, come a una fonte d´ispirazione e di concordia. «Questo - dice ancora il sindaco - è un contenitore ideale delle qualità italiane, rappresenta un luogo e un momento unificante». E in una prospettiva più nazionale il suo collega di partito, Ermete Realacci, deputato della Margherita e presidente onorario di Legambiente, uno dei promotori della Carta di Ravello, professa un "patriottismo dolce" avvertendo proprio da qui che «la scommessa politica del nuovo Ulivo sarà quella di coniugare modernizzazione e competitività».

Postilla

Valentini dimentica di dire che l'opposizione non è solo di Italia Nostra, e che l'unico motivo di opposizione non era "l'impatto ambientale", ma una serie molto più ricca di ragioni. Tra queste, dirimente era per alcuni (me compreso) quella della palese illeggittimità dell'intervento. L'illeggittimità era già stata rilevata dal TAR in occasione della presentazione del nuovo PRG, che difatti non fu mai approvato. Ne ha preso atto di nuovo il TAR alla deliberazione del progetto. La ripetuta pronuncia del TAR è stata convalidata in prima istanza dal Consiglio di Stato, che ha negato al Comune la sospensiva. E' stata implicitamente riconosciuta da quanti (Bassolino, Di Lello) hanno dichiarato che cambieranno la legge pur di far fare l'auditorium.

Se la legge non mi va bene la ignoro, la scavalco, e se non mi riesce ne faccio un'altra che mi vada bene. E' un bell'esempio che i pubblici poteri danno, in una regione infestata dalla camorra! (es)

Sullo stesso argomento:

Eddytoriale n. 35 del 19 gennaio 2004

Eddytoriale n. 42 del 2 maggio 2004

e molti altri scritti nella cartella

SOS -SOS - SOS / Ravello

COMUNICATO STAMPA

La decisione del Consiglio di Stato non lascia spazio a dubbi: l’illegittimità del “progetto Auditorium” per contrarietà alle norme del Piano Urbanistico Territoriale vigente, così come da noi denunciata, è stata confermata, in sede di cognizione sommaria, dal supremo organo di giustizia amministrativa.

Con ordinanza n. 5278/2004, assunta nella Camera di Consiglio del 2.11.2004, il Consiglio di Stato ha, infatti, rigettato la richiesta di sospensione della chiarissima sentenza del TAR Salerno – significativamente proposta dal solo Comune di Ravello e non anche dalla Regione Campania e dalla Comunità Montana Penisola Amalfitana – sostanzialmente affermando che non vi sono ragioni giuridiche per disattendere la corretta pronuncia dei giudici di primo grado, i quali, come è noto, avevano accolto il ricorso di Italia Nostra.

Si tratta di un ulteriore tassello che conduce al definitivo riconoscimento della correttezza e della validità della tesi giuridica da noi sostenuta e, fino a questo momento, condivisa da tutti gli organi di giustizia amministrativa che si sono occupati della vicenda.

(Avv. Oreste Cantillo, Legale di Italia Nostra)

Il Consiglio di Stato ha confermato che le nostre perplessità sulla conformità dell’Auditorium di Ravello alle norme urbanistiche erano più che fondate.

Il supremo organo della giustizia amministrativa, infatti, ha rigettato la richiesta di sospensione cautelare che il Comune di Ravello – unica amministrazione tra quelle soccombenti – aveva proposto avverso la sentenza del TAR Salerno che, nell’agosto di quest’anno, accogliendo il ricorso presentato da Italia Nostra, aveva bollato di illegittimità la paventata costruzione.

La decisione rappresenta un ulteriore significativo ostacolo al tentativo di vanificare l’impianto normativo dettato dal Piano Urbanistico Territoriale vigente nella penisola sorrentino-amalfitana, il quale, proprio perché contenente le regole per la pianificazione del territorio, costituisce la sola garanzia per lo sviluppo armonico di quelle zone, nel rispetto della legge finalizzata alla salvaguardia di un sito unico al mondo per le sue peculiarità ambientali.

Italia Nostra, nel rinnovare il proprio ringraziamento ai tanti privati cittadini ed alle illustri personalità del mondo accademico, politico e delle professioni che, sin dall’inizio, hanno appoggiato la difficile battaglia intrapresa, non può fare a meno di rimarcare con rammarico l’assenza di altre associazione ambientaliste che hanno inteso lasciare sola Italia Nostra nel contenzioso amministrativo avviato; così come – d’altro canto – deve con soddisfazione sottolineare che – probabilmente prendendo atto dell’erroneità delle scelte a suo tempo compiute – sia la Regione Campania che la Comunità Montana Penisola Amalfitana non hanno inteso contrastare la chiarissima pronuncia resa dal TAR Salerno, non costituendosi nel giudizio di secondo grado.

(Raffaella Di Leo, presidente della Sezione di Salerno di Italia Nostra)

Altre informazioni e commenti nella cartella SOS SOS SOS / Ravello

[OMISSIS]

Può a questo punto passarsi all'esame del merito della controversia. Il verbale di conferenza di servizi e l'Accordo di Programma tra il Comune di Ravello, la Regione Campania e la Comunità Montana Penisola Amalfitana per la realizzazione dell'auditorium "Oscar Niemeyer" di Ravello , redatti in data 4 agosto 2003, precisano che il Comune di Ravello non è dotato di alcuna strumentazione urbanistica e che, pertanto, trattandosi di ente sprovvisto di strumento urbanistico, il progetto è assentibile ai sensi dell'articolo 4 della legge regionale n. 17/1982.

Rileva il Tribunale che tale norma, destinata a disciplinare i limiti di edificabilità nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici approvati dispone, al comma 2, che "Salva l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia, di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1092 e successive modificazioni ed integrazioni, le limitazioni che precedono hanno efficacia fino alla data di entrata in vigore del Piano Regolatore Generale, da adottare ai sensi dell'articolo 1 della presente legge e non si applicano nei confronti degli interventi volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, o opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di programmi per l'edilizia residenziale pubblica, nonché dei piani e degli interventi previsti dalla legge statale 17 maggio 1981, n. 219".

La concreta realizzabilità dell'auditorium discenderebbe, dunque, a tenore dei provvedimenti impugnati, dalla natura dell'opera de quo la quale, rientrando nella categoria degli "edifici e strutture pubbliche" ovvero delle "opere di urbanizzazione", non sarebbe assoggettata ai limiti di edificabilità dettati dalla normativa di salvaguardia contenuta nella richiamata legge regionale.

L'Accordo di programma ed il verbale di conferenza di servizi, sopra richiamati, danno peraltro atto che le aree interessate ricadono nella Zona 3 (di tutela degli insediamenti antichi e per nucleo) del Piano Urbanistico Territoriale dell'Area Sorrentino Amalfitana, approvato con legge della Regione Campania 26-5-1987, n. 35, onde occorre altresì verificare se sulla realizzabilità dell'opera incidano o meno le disposizioni di tale legge.

Al riguardo, ritiene in primo luogo il Collegio che non sia condivisibile la linea interpretativa prospettata in via principale dalla Regione Campania (v. pag. 4 della memoria difensiva), secondo cui la natura del PUT quale piano di coordinamento e di direttive, da specificare mediante i piani urbanistici comunali, ne escluderebbe l'applicazione in ipotesi di comuni sprovvisti di PRG, operando per questi ultimi unicamente la normativa regionale che regolamenta l'attività edilizia nei comuni non dotati di strumento urbanistico e, segnatamente, l'articolo 4 della legge regionale n. 17/1982, che consente l'intervento edilizio per cui è causa.

E valga il vero.

Con la legge 27 giugno 1987, n. 35 la Regione Campania ha approvato il Piano Urbanistico Territoriale ( P.U.T.) dell'Area Sorrentino-Amalfitana, ai sensi dell'art. 1 bis della legge n. 431/1985.

Tale Piano, a norma dell'articolo 3 della legge regionale, è Piano Territoriale di Coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali e sottopone a normativa d'uso il territorio oggetto di considerazione. Esso prevede norme generali d'uso del territorio dell’area e formula direttive a carattere vincolante alle quali i Comuni devono uniformarsi nella predisposizione dei loro strumenti urbanistici o nell'adeguamento di quelli vigenti.

L'articolo 5 della legge detta, poi, norme di salvaguardia, destinate ad operare dalla data di entrata in vigore del P.U.T. e sino all'approvazione dei Piani Regolatori Generali Comunali.

Da quanto sopra emerge, dunque, che la richiamata normativa regionale realizza, nell'ambito della funzione urbanistica precettiva, non solo la funzione di disciplina sostanziale del potere di pianificazione, ma anche quella di salvaguardia, contenendo disposizioni che mirano ad impedire che, nelle more della entrata in vigore della obbligatoria disciplina urbanistica comunale di piano conforme alle disposizioni del P.U.T., queste ultime vengano ad essere vanificate dalla realizzazione di interventi di trasformazione urbanistica del territorio ad esse non conformi.

Orbene, la corretta lettura del richiamato articolo 5 (corroborata sul piano logico dalla considerazione della finalità stessa della norma di salvaguardia, evidentemente diretta ad impedire che sia pregiudicata l'attuazione delle prescrizioni del P.U.T.) induce a ritenere che, fino all'approvazione di un PRG a questo conforme, gli interventi relativi alla realizzazione di opere pubbliche, pur se svincolate dalle previsioni del PRG o della variante generale di adeguamento, siano possibili solo se conformi alle prescrizioni del PUT medesimo.

Ritiene il Tribunale che tale normativa di salvaguardia si applichi agli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia da effettuarsi nel territorio del Comune di Ravello, atteso che quest'ultimo è ricompreso nell'area di perimetrazione del P.U.T. ed è conseguentemente assoggettato alle disposizioni della legge regionale n. 35/1987, la cui normativa di salvaguardia trova applicazione in luogo delle analoghe disposizioni contenute nella legge regionale n. 17/1982 vuoi per il principio di specialità (trattandosi delle peculiari disposizioni di un piano territoriale di coordinamento con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, emanate per una particolare area del territorio regionale), vuoi per quello cronologico (dovendosi nella specie applicare la disciplina di salvaguardia del territorio successivamente emanata dall’autorità legislativa regionale).

Ciò posto, è dunque necessario verificare se la realizzazione dell'Auditorium per cui è causa costituisca o meno opera conforme al Piano Urbanistico Territoriale dell'Area Sorrentino-amalfitana, in relazione alle disposizioni d'uso del territorio dallo stesso dettate per la specifica area di intervento.

Come sopra evidenziato, quest'ultima ricade in Zona Territoriale 3 del P.U.T., qualificata quale zona di "Tutela degli insediamenti antichi sparsi o per nucleo".

L'articolo 17 della legge n. 35/1987 prevede in proposito che essa "comprende gli insediamenti antichi, integrati con l'organizzazione agricola del territorio presenti sulla costiera amalfitana e di notevole importanza paesistica".

In tale zona vengono consentiti interventi sul patrimonio edilizio esistente (restauro conservativo per gli edifici ed i complessi di particolare interesse storico-artistico ed ambientale, restauro conservativo ed adeguamento funzionale per la restante edilizia esistente a tutto il 1955), nonché interventi per l'adeguamento e l’organizzazione agricola del territorio.

Di poi, viene stabilita la regola generale del divieto di ulteriore edificazione, ponendosi, per la parte che qui interessa, una eccezione relativamente alle "attrezzature pubbliche previste dal Piano Urbanistico Territoriale e quelle a livello di quartiere, sempre che l'analisi e la progettazione del piano regolatore generale ne dimostrino la compatibilità ambientale".

La verifica di compatibilità dell'opera per cui è causa con le disposizioni del PUT impone a questo punto di acclarare se l'Auditorium che si intende realizzare rientri nel novero delle opere pubbliche consentite ed, in particolare, se quest'ultimo possa qualificarsi in termini di "attrezzatura pubblica prevista dal Piano Urbanistico Territoriale" ovvero di "attrezzatura pubblica a livello di quartiere".

Va al riguardo premesso che il percorso interpretativo deve essere ispirato al massimo rigore, coerentemente alla voluntas legis espressa dalla norma, la quale ha posto come principio generale per la zona di riferimento il divieto di ulteriore edificazione, configurando gli interventi edilizi di nuova edificazione quale ipotesi eccezionale e modulando questi ultimi in termini di attribuzione di un potere generale di localizzazione in primo luogo al pianificatore del PUT e solo per fattispecie residuale e specifica al pianificatore comunale.

La previsione di ammissibilità della realizzazione di attrezzature pubbliche risulta, pertanto, disposizione normativa di stretta interpretazione.

Ciò posto, va in primo luogo escluso che l'Auditorium costituisca attrezzatura pubblica prevista dal Piano Urbanistico Territoriale, considerato, per come peraltro appare pacifico tra le parti, che il suddetto strumento di pianificazione non contiene una espressa previsione di tale specifica opera.

Resta da acclarare se la stessa configuri o meno "attrezzatura pubblica a livello di quartiere".

Ritiene il Tribunale che al quesito debba darsi risposta negativa per le considerazioni che di seguito si espongono.

Deve in primo luogo farsi riferimento al dato letterale della norma, il quale non opera un generico riferimento alle "attrezzature pubbliche", ma richiede altresì che queste si connotino per essere "attrezzature pubbliche a livello di quartiere".

Tale specificazione - letta in stretta coerenza alla lettera della legge in considerazione del carattere eccezionale della previsione, derogatoria della regola generale del divieto di nuove edificazioni - induce a ritenere che l'attrezzatura pubblica a livello di quartiere sia una entità urbanistico-edilizia caratterizzata da una restrizione finalistica e funzionale al quartiere o comunque allo stretto contesto territoriale (di valenza sub-comunale) nel quale viene ad inserirsi.

L'opera, dunque, è posta al servizio di una parte specifica del territorio comunale e della relativa popolazione (quartiere) e non anche dell'intero Comune o di un contesto sovracomunale.

Il dato letterale, pertanto, smentisce la tesi prospettata dalla difesa del Comune di Ravello, secondo cui in un comune di piccole dimensioni, come quello resistente, la scala del "quartiere" può anche coincidere con l'intero territorio comunale.

Va al riguardo osservato che ove mai il P.U.T. avesse inteso riferirsi ad attrezzature pubbliche funzionali all'intero territorio comunale o ad ambiti più ampi lo avrebbe espressamente detto e comunque non avrebbe utilizzato la specificazione limitativa del "livello di quartiere", come dimostrato dai numerosi riferimenti normativi presenti nella legge n. 35/1987, la quale reca espressa indicazione anche ad "attrezzature pubbliche" in modo generico ( v., ad esempio, art. 17, sub zona territoriale 4) ovvero ad "attrezzature pubbliche comunali" o ad "attrezzature di interesse comunale" (v. art. 11 della legge).

D'altra parte, la suddetta restrizione finalistica e funzionale al quartiere risulta pienamente coerente con la natura della zona territoriale di riferimento (Z.T. 3), che si connota per la presenza di "insediamenti antichi sparsi o per nucleo" e non anche per agglomerati urbani accentrati. Essa è, poi, logicamente correlata alla peculiare esigenza di tutela in tale zona perseguita ed al connesso sistema delineato dalla norma, che attribuisce la scelta discrezionale (ed eccezionale) di localizzazione delle attrezzature pubbliche in generale al P.U.T. medesimo e solo per quelle "a livello di quartiere" al pianificatore comunale.

Sotto tale profilo, pertanto, assolutamente non condivisibile risulta l'affermazione contenuta nel progetto definitivo dell'opera (elaborato "studio di fattibilità ambientale"), secondo cui, per giustificare la compatibilità dell'intervento con il PUT, si afferma che "il Comune di Ravello può definirsi quartiere in un contesto geografico ed urbanistico comprensoriale..." e che "in tale ambito il Comune di Ravello, Città della Musica per antonomasia, può essere riguardato effettivamente come un quartiere con una specifica caratterizzazione". Osserva, di poi, il Tribunale che, se l'esame del dato letterale, come sopra effettuato, smentisce già prima facie che il progettato Auditorium possa considerarsi "attrezzatura pubblica a livello di quartiere", a tale conclusione a maggior ragione induce il riferimento alla funzione che l'opera è in concreto destinata a realizzare, quale risultante dalla documentazione amministrativa e tecnica relativa all'intervento per cui è causa.

Ed, invero, l'opera non appare destinata, per natura e funzione, a soddisfare esclusive esigenze di quartiere ovvero della popolazione del Comune di Ravello.

Nella "Relazione generale e quadro economico" del progetto definitivo dell'opera si legge dell'Auditorium quale "strumento indispensabile per raggiungere una destagionalizzazione dei flussi turistici prolungando l'offerta tipica di Ravello, denominata città della musica, anche durante il periodo invernale con positivi riflessi sulle attività turistiche della intera costiera amalfitana".

L'opera risulta, inoltre, inserita nel P.I.T. Ravello, destinato alla realizzazione di un distretto turistico integrato di alta qualità Ravello­Scala.

La lettura del redatto Studio di Fattibilità del suddetto distretto turistico integrato appare al riguardo illuminante.

Si legge nella Introduzione del Rapporto Finale che "Il Festival della Musica di Ravello è una manifestazione di grande valore culturale e di interesse turistico. Il beneficio economico associato all'evento festival - oltre ad essere direttamente legato a ricavi di bigliettazione degli otto eventi del Festival - è anche indirettamente prodotto dalla spesa turistica degli spettatori associata all'attivazione di beni e servizi intermedi necessari alle attività culturali. Ravello - comunemente chiamata città della musica - trova quindi nel Festival una risorsa d'attrazione turistica di notevole interesse e di elevata potenzialità. È evidente quindi che la creazione di strutture culturali strettamente connesse all'evento - quali nel caso specifico l'Auditorium - ... assumono pertanto un'importanza rilevante in un'ottica di sviluppo culturale e dell'indotto ad esso correlato".

Il quadro di sintesi del suddetto studio (sub "Le opere in progetto: linee generali") scolpisce la funzione dell'opera in questione, qualificandola come "destinata ad integrare con spazi al coperto e spettacoli teatrali la stagione musicale di Ravello e ad offrire uno spazio di livello per attività convegnistiche e congressuali".

Ulteriori specificazioni sono contenute nel richiamato Rapporto Finale (v. cap. 4 "Sostenibilità economica e finanziaria", par. 4.1 "Individuazione e quantificazione della domanda effettiva e potenziale").

Esso afferma che "la realizzazione dell'Auditorium consentirà di incrementare la domanda (il numero di spettatori) associata alla fruizione degli eventi musicali per almeno due ordini di motivi:

- la presenza di uno spazio coperto consentirà di ampliare la stagione concertistica anche ad alcuni periodi dell'anno che attualmente non consentono la realizzazione di eventi. Inoltre, consentirà comunque la realizzazione di quei concerti programmati durante il periodo estivo che attualmente sono messi in pericolo dalle improvvise precipitazioni piovose;

- l'inserimento nel palinsesto di Ravello delle attività teatrali produrrà un positivo "effetto richiamo";

- la realizzazione dell'auditorium, per il prestigio dell'opera ed il battage promozionale e mediatico che ne seguirà, potrebbe consentire un incremento della domanda associata agli eventi normalmente programmati".

Si afferma, quindi, come "la nuova struttura sia in grado di proporre due eventi festival di cinque giorni ciascuno e ... 30 eventi musicali e teatrali di 1 giorno ciascuno", rilevandosi che "il nuovo auditorium sarà in grado di attivare 10.000 nuove unità di domanda di eventi musicali ...". Quanto, poi, alla offerta congressuale, viene specificato che "la realizzazione dell'auditorium e la sua destinazione anche a funzioni congressuali potrebbe permettere l'organizzazione di almeno 50 congressi addizionali .. In pratica, si stima che l'Auditorium possa essere in grado di generare il raddoppio delle presenze attualmente connesse a convegni e congressi".

Si sottolinea, poi, come "nell'incremento del numero di utenti per la funzione musicale e per il turismo congressuale il valore artistico e di richiamo dell'edificio realizzato da un maestro dell'architettura come Niemeyer risulti un fattore determinante e rappresenti, di per se stesso, un elemento di forte attrattività".

Dalla documentazione sopra richiamata emerge, dunque, in maniera inequivocabile che l'opera in questione non è finalizzata, conformemente alla prescrizione del P.U.T. per la zona di riferimento, al perseguimento esclusivo di un interesse pubblico urbanistico "a livello di quartiere", ma è destinata anche e soprattutto al soddisfacimento ed all'incremento della domanda turistica nel territorio.

Ritiene, inoltre, il Collegio che la specifica disposizione contenuta nel richiamato articolo 17 della legge regionale n. 35/1987 (attrezzature pubbliche a livello di quartiere) escluda , altresì, la sussumibilità in essa dell'Auditorium sotto il profilo della qualificazione di quest'ultimo in termini di opera di urbanizzazione secondaria ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 847/1964 (tesi quest'ultima prospettata dalla difesa delle amministrazioni resistenti).

E' ben vero che tale norma ricomprende tra le opere di urbanizzazione secondarie le "attrezzature culturali" e che in tale categoria può essere astrattamente ricompreso un auditorium.

Tuttavia, la qualificazione di quest'ultimo in termini di "attrezzatura culturale" non lo rende automaticamente conforme alla prescrizione del P.U.T., occorrendo l'ulteriore requisito del "livello di quartiere".

Né l'opera di urbanizzazione secondaria è per definizione struttura "a livello di quartiere".

Invero, l'elencazione in proposito fornita dall'articolo 4 della legge n. 847/1964 qualifica espressamente come "di quartiere" solo alcune tipologie di manufatti (mercati di quartiere, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere), tra i quali non rientrano le attrezzature culturali.

Sicché la giurisprudenza (cfr. TAR Lombardia - Milano, III, 26-8-1998, n. 1337) ha avuto modo di chiarire che le "attrezzature culturali" non contengono nell'art. 4 della legge n. 847 del 1964 alcuna restrizione finalistica e funzionale al quartiere, per cui - nella mirata assenza di quella limitazione - emerge la specifica volontà del legislatore di prescindere, per quelle opere di urbanizzazione, dallo stretto contesto urbanistico.

Orbene, dato, per presupposto, che anche le opere di urbanizzazione secondaria costituiscano "attrezzature pubbliche" per come è nella loro natura ed anche nella qualificazione fornitane dal legislatore regionale (si veda in proposito l'art. 11 della citata legge reg. n. 35/1987), è indubitabile che il P.U.T. abbia inteso consentire nella Zona Territoriale 3 la sola realizzazione di attrezzature pubbliche "a livello di quartiere", connotate dunque dal requisito ulteriore della specifica restrizione finalistica e funzionale al quartiere o comunque allo stretto contesto territoriale.

Tale connotazione, per le ragioni tutte sopra esposte, difetta nell'opera oggetto della presente controversia ed, inoltre, essa non è per definizione evincibile dalla mera collocazione della stessa nella categoria della "attrezzatura culturale-opera di urbanizzazione secondaria" di cui alla richiamata legge n. 847/1964, atteso che nella suddetta previsione normativa definitoria manca il riferimento al "quartiere".

Né può dirsi che in tal modo l'attuale configurazione del PUT impedisca in assoluto la realizzazione di attrezzature culturali prive della suddetta connotazione finalistica.

Si osserva, in proposito, che la legge regionale n. 35/1987 contiene espresso riferimento alle attrezzature culturali nella disciplina della Zona Territoriale 11 (Attrezzature turistiche complementari, ritenute indispensabili per la riqualificazione dell'offerta turistica), laddove si parla di "attrezzature sportive ... con annesse strutture di servizio, soggiorno e culturali ....").

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, pertanto, può affermarsi che l'opera in questione non è conforme alle prescrizioni dettate dal P.U.T. per l'area di riferimento.

Invero, la localizzazione dell'opera sul sito individuato avrebbe dovuto necessariamente passare per una variante al Piano Territoriale, la quale, come risulta dall'articolo 15, u.c., della legge n. 35/1987, richiede l'approvazione del Consiglio Regionale.

Al riguardo, per come emerge dall'insegnamento del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, VI, 5-1-2001, n. 25), ben può essere utilizzato lo strumento dell'accordo di programma previsto dall'articolo 34 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, considerata la portata generale dell'istituto i cui limiti oggettivi devono essere individuati con il solo riferimento all'ampia definizione contenuta nella citata norma (e che pertanto può riguardare anche opere ed interventi che comportino la modifica di un piano territoriale paesistico).

Peraltro, l'accordo di programma non può derogare agli ordinari criteri di competenza, con la conseguenza che sullo specifico effetto di variante al P.U.T. risulta necessaria una pronunzia (in via preventiva o successiva) del Consiglio Regionale della Campania, competente ai sensi del citato articolo 15 della legge n. 35/1987.

Nel caso in esame, a prescindere dalla considerazione assorbente che gli atti amministrativi impugnati non hanno espressamente disposto alcuna variante, ma anzi hanno affermato la conformità dell'opera al Piano Territoriale, (e ciò ne comporta, attesa l'illegittimità del decisum, l'obbligatorio travolgimento), si rileva che precedentemente all'atto di esternazione costituito dal decreto regionale di approvazione n. 617 del 16 ottobre 2003, non è intervenuta alcuna determinazione (di autorizzazione preventiva o di ratifica successiva) da parte del competente Consiglio regionale.

Da quanto sopra consegue la fondatezza dei primi due motivi di ricorso e l'annullamento degli atti amministrativi oggetto di impugnativa (evincibili dalle indicazioni contenute nell'epigrafe del ricorso, nel fatto e nei motivi di gravame, cfr. Cons. Stato, VI, n. 25/2001 e IV, n. 465/1981 ) che hanno illegittimamente affermato la conformità dell'opera in questione al P.U.T. e la realizzabilità della stessa sulla base della prescrizione normativa di cui all'articolo 4 della legge regionale n. 17/1982.

Resta assorbito l'esame degli altri motivi di ricorso.

Va pertanto disposto l'annullamento del decreto dell'assessore all'urbanistica della Giunta regionale della Campania n. 697 del 16-10-2003, dell'Accordo di Programma tra il Comune di Ravello, la Regione Campania e la Comunità Montana Penisola Amalfitana sottoscritto il 4-8-2003, del verbale di Conferenza di Servizi del 4-8-2003, delle delibere di ratifica della Giunta Regionale n. 2525 del 6-8-2003, del Consiglio Comunale di Ravello n. 22 del 27-8-2003 e della Giunta esecutiva della Comunità Montana n. 117 del 7-9-2003.

Le spese del presente giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti costituite , in considerazione della peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Salerno (Sezione I), definitivamente giudicando sul ricorso in epigrafe proposto da Italia Nostra o.n.l.u.s. e dato atto della rinuncia dell'intervento ad adiuvandum da parte dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature W.W.F. Italia o.n.l.u.s., lo accoglie nei limiti di ragione e, per l'effetto, annulla il decreto dell'assessore all'urbanistica della Giunta regionale della Campania n. 697 del 16-10-2003, l'Accordo di Programma tra il Comune di Ravello, la Regione Campania e la Comunità Montana Penisola Amalfitana sottoscritto il 4-8-2003, il verbale di Conferenza di Servizi del 4-8-2003, le delibere di ratifica della Giunta Regionale della Campania n. 2525 del 6-8-2003, del Consiglio Comunale di Ravello n. 22 del 27-8-2003 e della Giunta esecutiva della Comunità Montana n. 117 del 7-9-2003.

Il mio commento alla sentenza, e ai rischi successivi

Il Tar di Salerno ha accolto oggi il ricorso (sentenza 1792) di Italia Nostra contro il progetto per la costruzione di un auditorium a Ravello. La correttezza e validità del nostro intervento trova dunque un’autorevole conferma: abbiamo evitato un’altra aggressione al fragile assetto ambientale della costiera amalfitana già gravemente compromessa dalla speculazione edilizia, mal contrastata (e con l’ultimo condono, palesemente agevolata) dai pubblici poteri.

La sentenza pone fine a progetti di sviluppo del territorio che, come quello dell’auditorium- prevedono nuove cementificazioni per favorire invece – questo ci auspichiamo- le opportunità di sfruttamento delle tante risorse culturali già esistenti.

Italia Nostra spera che gli enti locali coinvolti prendano atto dello stop imposto dal Tar e che utilizzino i finanziamenti per progetti compatibili la realtà ambientale.

E’ sintomatico che sulla questione auditorium Italia Nostra si sia trovata sola nella battaglia ambientalista e di civiltà giuridica – ha dichiarato Desideria Pasolini dall’Onda, presidente dell’associazione -contro una alleanza tra Comune, Regione e soprintendenza. Siamo stati attaccati da molte parti sulla questione auditorium; hanno scritto e detto di noi che siamo conservatori a oltranza: non è così, il nuovo ci piace, ma essere conservatori in certi casi è addirittura rivoluzionario e bisogna avere il coraggio di avere tutti contro quando si è convinti di avere ragione”.

Sul sito di Italia Nostra (www.italianostra.org) cliccando sulla foto centrale si possono leggere gli articoli di Bernardo Rossi Doria e Edoardo Salzano sul progetto auditorium a Ravello.

Italia Nostra Comunicazione

Nanni Riccobono 328 6195061

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Comunicato della Fondazione Antonio Iannello

La Fondazione Antonio Iannello apprende con soddisfazione che il tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso di Italia Nostra e ha chiarito che la costruzione di un Auditorium a Ravello è contraria alla normativa urbanistica in vigore.

Si dimostra così la fondatezza della maggiore obiezione sollevata da Italia Nostra e da pochi altri per cui una interpretazione diversa avrebbe permesso il moltiplicarsi di iniziative illegali in tutti i comuni sottoposti al piano, provocando la vanificazione di uno dei maggiori strumenti a difesa del valore paesistico approvati dalla Regione Campania.Ulteriore motivo di soddisfazione è che il TAR ha ribadito i fondamentali principi dello Stato di diritto facendo prevalere il rigoroso rispetto della legge.

La Fondazione Antonio Iannello si augura che il nome di un grande architetto non costituisca in futuro viatico per opere palesemente contrarie alla normativa urbanistica e paesaggistica vigente.

Carlo Iannello

Caro Pirani,

lei stesso ha ricordato -all’inizio del suo articolo sulla Repubblica con il quale accusa Italia nostra di essere diventata “cieca”- le nostre battaglie per la salvaguardia di Venezia. Non ricorda forse che tra quelle battaglie c’era quella contro il progetto del grandissimo architetto Frank Lloyd Wright, per la costruzione della sua “piccola splendida casa”sul Canal Grande (che lei cita come altro esempio di “pregiudizio ideologico). Chissà, forse siamo ciechi dalla nascita.

Nel caso di Ravello, questa nostra cecità ci deriva da motivi precisi, che provo ad elencare per sua conoscenza e per conoscenza, spero, dei lettori di Repubblica:

Ravello è il tipico esempio di paesaggio che possiede una perfezione (transitoria certo, niente è immutabile) data dall’equilibrio tra aspetti estetici e funzionali, il risultato di una serie di fattori che tra terra, cielo, mare e opera dell’uomo hanno creato un equilibrio che, per il momento, non può migliorare se non per piccoli interventi minimali. Può solo essere conservato, curato, preservato. Non è certo un caso che Ravello ( come tutta la costiera amalfitana) sia protetto dall’Unesco come sito di importanza internazionale.

Eppure a Ravello si vuole costruire un auditorium per 400 posti. Un bel progetto anni settanta. Un progetto di grandi ambizioni e grandi costi. Firmato ( ma non è proprio così ) da un grande architetto, uno dei maestri dell’architettura contemporanea, Oscar Niemeyer. A dispetto della legge che non lo prevede, ed è questo il motivo fondante della nostra opposizione, del nostro ricorso al Tar. Del resto in questo clima di caduta generalizzata della legalità (le invierò il dossier della nostra rivista di maggio, dedicato a questo tema), forse, riflettiamoci insieme, non è un così grave errore fare riferimento alle leggi come garanzia.

Lei argomenta che in questa battaglia Italia Nostra è sola contro tutti. E’ vero. E’ un torto questo? Se non si fa parte di un coro si è ciechi? Italia Nostra privilegia il rispetto di una norma generale alla legge del caso per caso. Enfatizziamo il rispetto per la natura nei luoghi in cui si interviene. E si, abbiamo il coraggio dell’ opzione “zero” se le altre ci sembrano sbagliate e illegali.

Ringraziandola dell’attenzione che vorrà certamente porre a questa mia risposta, che gradirei veder pubblicata- almeno nelle lettere- resto sua

Desideria Pasolini dall’Onda

Presidente di Italia Nostra

Caro Pirani,

quando anche lei ha ritenuto di intervenire sulla questione ‘Auditorium di Ravello’ ho pensato: “Guarda un po’ dove arriva il potere di quella lobby; scomodano persino Pirani, che siamo abituati a considerare serio e dettagliatamente informato”.

Ma adesso lei ritorna sull’argomento, facendosi portavoce delle dichiarazioni del sindaco; ho dovuto pensare che lei ci creda. E ripensando ad altri suoi scritti nei quali – con giustezza, a mio parere – se la prendeva con il conservatorismo assoluto che domina alcune posizioni della realtà ambientalista italiana, ho capito che questa è l’unica affinità tra le sue posizioni e quelle espresse dagli argomenti della lobby suddetta.

E allora elenco ancora una volta gli argomenti e contrario, già da me esposti. Nella penisola sorrentino amalfitana vige un PUT (Piano urbanistico territoriale) che ha individuato precise linee di sviluppo e di compatibilità con le condizioni storiche e geomorfologiche locali. In particolare, ha indicato che strutture di carattere fortemente attrattivo, come l’auditorium in questione, vanno ubicate altrove, in posizione baricentrica rispetto alle utenze e senza generare flussi di movimentazione che la struttura urbanistica degli antichi centri non può reggere. Perciò, quando l’ineffabile sindaco di Ravello sostiene che se avesse approvato la realizzazione di un centro sociale di 409 posti tutto sarebbe stato in regola, si può agevolmente rispondere ‘ni’, sia perché nessun centro sociale di funzione locale avrebbe ragionevolmente potuto raggiungere tale dimensione, sia perché invece una tale struttura avrebbe effettivamente potuto trovare posto ‘legale’ nel luogo prescelto (poco importa, ai fini paesistici, che oggi tale area sia un roveto-immondezzaio, perché la storia del nostro paesaggio dimostra che ogni area preservata è comunque un patrimonio suscettibile di riqualificazione, mentre un’area abusivamente occupata è comunque una disgrazia non più rimediabile).

Nessun lavoro preliminare di studio ambientale è stato condotto da Niemeyer né da altri; con ciò intendo non qualche velleitario schizzo accompagnato da una composizione ‘poetica’, ma un serio e dimostrativo studio prospettico-ambientale che dimostrasse il vantaggio paesistico dell’inserimento proposto. Ciò è in conflitto con tutta la nostra cultura; se Niemeyer è abituato a progettare nel deserto, ciò potrà anche essere, ma a Brasilia, non in Costiera. In questione sono dunque tre punti: 1 – La mancanza di uno studio a livello regionale che dimostri l’opportunità funzionale dell’auditorium a Ravello, quando Napoli non ne ha ancora uno, ed ha appena rischiato di perdere la propria orchestra sinfonica, scaricata dalla RAI. 2 – La mancanza dei presupposti urbanistici di compatibilità col PUT, che consentano di collocare una tale struttura a Ravello, già intasata dal traffico e insuscettibile di vedere ulteriormente incrementati i propri flussi turistici, così com’è invece nei propositi dell’amministrazione e di alcuni privati. 3 – La incompatibilità del progetto di Niemeyer, o di chi per esso, con la struttura del luogo, sia perché risolve con uno sbalzo di alcuni metri la contraddizione con l’area di sedime, che non lo consentirebbe, sia perché propone ancora una volta il gioco della ‘pura forma’, quale evasione dalla difficoltà e problematicità contingente della progettazione, rinnegando valori ed istanze che si sono venuti affermando con sempre maggiore evidenza nella teoria e nella prassi della moderna cultura architettonica. O non è così?

Giulio Pane, Professore di Storia dell’ArchitetturaDipartimento di Storia dell’Architettura e Restauro Facoltà di Architettura - Napoli

Vedi anche la lettera a Eddyburg di LodoMeneghetti

Caro Eddy,

il mio sconcerto per gli articoli di Pirani su "la Repubblica" in accanita difesa del progetto ritenuto opera di Niemeyer (col secondo articolo che si conclude con una lunga citazione del sindaco, quasi che il timbro dell'autorità possa fare definitiva giustizia delle posizioni contrarie a un'operazione illegale) non è stato poi così traumatico. Pirani, da me ammirato soprattutto per gli interventi in pertinace difesa del servizio sanitario nazionale, della scuola pubblica, ecc.ecc., altre volte ha lasciato trapelare la sua nervosa intolleranza verso un presunto radicalismo verde che impedirebbe l'attuazione di certe opere necessarie per lo "sviluppo" (si ride) del paese. Come se il disastro territoriale e paesaggistico gli fosse sconosciuto, o non esistesse appunto grazie all'azione del radicalismo verde i cui risultati vedrebbe lui solo; mentre noi rimpiangiamo che non ci sia stato da nessuna parte, verdi o rossi o azzurri che fossero, effettivo radicalismo nella difesa del Bel Paese, ormai Malpaese (Valentini, con insistenza, sempre su "la Repubblica").

Come sai, su Ravello ho scritto ampiamente, anche discutendo con De Seta. Non è il caso di riprendere argomentazioni da lì, salvo un'autocitazione che corrobora i principi dichiarati alla fine del tuo editoriale 42 / 2 maggio (risarcire le ferite, disegnare con delicatezza un progetto di ricupero del paesaggio, un progetto di restauro): "la miglior soluzione è quella di un'architettura che sia capace di non ergersi, che scelga invece un lavoro di cura, risanamento del corpo malato, di ricostruzione della perduta giovanile bellezza con nuova bellezza senile" (21.1.04). Un principio generale, questo, da applicare in tutti quei pochi luoghi non ancora del tutto massacrati dove premono i mostri per realizzare le loro mostruose dimore. Attenzione, ora. Pirani, a sostegno della propria posizione e dell'attacco a Italia Nostra, rivanga l'occasione persa da Venezia di potersi dotare di opere di Wright e di Le Corbusier. A parte che da una lettera al giornale di Franca Serni, già collaboratrice di Carlo Scarpa, il progetto del maestro americano parrebbe in anticipo di un paio d'anni sulla fondazione di Italia Nostra, la questione allora si poneva in maniera diversa; Pirani non centra il bersaglio. Per limitarmi al caso del Masieri Memorial: mi ricordo che non emerse alcuna questione di legalità. Si trattava di inserire l'edificio di modeste dimensioni in un piccolo tratto della cortina sul canale, quella cortina che mette in mostra architetture di cinque o sei secoli tenute insieme, incatenate direi, appunto dalla forza della continuità, inoltre rafforzata e definitivamente unificata dalla straordinaria e specchiante partecipazione della strada d'acqua. Le istituzioni locali (e no?), il comune soprattutto, bocciarono il progetto (meraviglioso, wrightiano che più non si poteva, se così posso dire, cioè pieno di attenzione alla "natura", alla storia e ai sentimenti) adottando un loro punto di vista meramente estetico, cieco verso un'''architettura moderna" considerata come un generico offensivo apparato lesivo di un presunto, inesistente stile del canale. Insomma, per noi il Memorial si doveva costruire e allora sì, veramente, Venezia avrebbe avuto un dono come i molti ricevuti nei secoli lungo il canale. Nessuna analogia fra il Niemeyer di Ravello e il Wright di Venezia.

Infine, mi sai ricordare almeno un caso importante di rovinoso intervento in Italia per il quale Pirani abbia speso la sua autorità di bravo giornalista?

Condivido totalmente il tuo editoriale, salvo osservare che il confronto con lo sfondamento dovuto a Via della Conciliazione non è forse il meglio calzante, è anche altro a cui oggi voglio dedicare un po' di attenzione: il quotidiano a cui fai, come molti di noi, riferimento, non ha pubblicato le lettere critiche dell'atteggiamento piraniano. Brutta cosa, ma, l'ho capito da tempo, "normale" purtroppo. Ne ho avuto prova quando scrissi ad Augias circa il referendum sull'articolo 18, criticando la sua propaganda per il no all'estensione proprio mentre un bellissimo articolo di Luciano Gallino accanto alla sua rubrica dimostrava l'utilità sociale e, direi, morale del sì. Tu pubblicasti il mio pezzo notando la mancanza di risposta. Penso che i giornalisti non accettino critiche, nemmeno da persone che, riguardo a un dato tema in causa, posseggono credenziali di primo ordine. C'è poi il modo di Scalfari su "Venerdì": quando, talvolta, pubblica una lettera "contro", lo fa per poter dissertare agevolmente in una risposta scritta con l'abilità che gli è propria.

Circa "la Repubblica" dovrei andare oltre e dire del cambiamento sia nei contenuti sia nella grafica, quest'ultima ormai davvero impostata secondo la presunta opportunità, oggigiorno, di tempestare il "cliente" con figure a colori e no in gran parte inutili, contraltate da articoli sempre più brevi, salvo i pochi nelle pagine deputate alla cultura (talvolta poco interessanti o, addirittura, "barbine". Quanto ai contenuti politici, sociali, sindacali e così via forse me ne occuperò in futuro. Per oggi ti chiedo: ti sei accorto del radicale mutamento in ordine alla questione israelo-palestinese? Ultimo atto "culturale" l'intervista di ieri, 6 maggio, allo storico Benny Morris (di Susanna Nirestein), a suo dire "sempre uomo di sinistra" che però sarebbe "secondo" rispetto a un "primo" meno anti-palestinese. Infatti, cosa potrebbe proporre d'altro oltre al "giusto" muro, ai "legittimi" omicidi mirati, all'esclusivo scarico di responsabilità su Arafat? Sono lontani i tempi in cui leggevamo gli equilibrati, sinceri articoli di Sandro Viola; ti sei accorto di quando "l'hanno fatto fuori" perché gli israeliani lo avevano accusato, ingiustamente, di stare dall'altra parte? Poi l'hanno riciclato attraverso varie prove d'incarichi, ripartendo da Mosca per ritornare solo recentemente, e raramente, sul tema per il quale era stato maestro, sempre bravo ma attentissimo a non sgarrare? Pensa a come si potrebbero far leggere a Pirani le lettere inviate a te, la mia compresa.

Ciao, caro. Lodo

Non so proprio come rispondere all'ultima domanda. Ma sono certo che qualche giornalista di Repubblica capita ogni tanto su queste pagine. Del resto, bisogna avere un po' di comprensione verso i giornalisti, che ogni giorno devono scegliere tra mille cose. Se poi uno è un po' fazioso, come Pirani (e come del resto noi stessi)...

Ti ringrazio molto per i risultati che fornisci, e me e ai frequentatori di Eddyburg , delle attentissime letture che fai di Repubblica . Che su questo giornale appaiano cose che non condividiamo è comunque utile: ci ricorda che è bene non affezionarsi troppo a una sola testata, ma ooccorre confrontarne, sempre che si possa, più d'una. E' una tesi che credo che Scalfari condividerebbe.

Niemeyer: È mio il progetto di Ravello

Pirani risponde (su Repubblica del 3 maggio 2004) ad alcune delle critiche sollevate da alcune delle lettere. Tace sulla questione della legittimità. E tace anche sul merito. Possibile che gli intellettyuli italiani non vedano al di lè della logora querelle “moderno ersus antico”, e viceversa?

Nell´ultima Linea di confine ho spezzato una lancia a favore della costruzione, su progetto gratuitamente offerto al comune di Ravello da uno dei più grandi architetti del mondo, il brasiliano Oscar Niemeyer, di un piccolo auditorium. La discussione che ne è seguita dimostra come la questione vada anche al di là del caso specifico per riproporre l´interrogativo se sia accettabile che un´opera nuova, a prescindere dalla sua valenza estetica, venga inserita in un contesto ambientale considerato di per sé perfettamente «concluso». Obiettavo che un simile convincimento aveva portato a volte a confondere la opposizione a scempi e speculazioni con una ostilità impaurita allo svolgersi della storia stessa dell´architettura e dell´urbanistica. Facevo il caso della opposizione che aveva impedito la costruzione di una piccola casa di Wrigth sul Canal Grande e dell´ospedale progettato da Le Courbusier a Venezia.

Debbo limitarmi a una scelta fra tutti gli scritti ricevuti. Comincio con la presidente d´Italia Nostra, Desideria Pasolini dall´Onda, che rivendica proprio la battaglia condotta contro la casa di Wright e la paragona a quella contro l´auditorium di Ravello, «tipico esempio di paesaggio con una perfezione data dall´equilibrio tra aspetti estetici e funzionali... che può essere solo conservato, curato, preservato.... eppure si vuole costruire un auditorium... di grandi ambizioni e grandi costi, firmato (ma non è proprio così) da un grande architetto.... a dispetto della legge che non lo prevede ed è questo il motivo fondante... del nostro ricorso al Tar... Enfatizziamo il rispetto per la natura nei luoghi in cui si interviene e abbiamo il coraggio dell´opzione zero se le altre ci sembrano sbagliate e illegali».

Analoghe le argomentazioni di Isabella Ripa di Meana («... questo luogo, unico per la sua bellezza, va strenuamente difeso da qualsiasi iniziativa»), della signora Fantin di Venezia, del signor Giuseppe Palermo di Siracusa, di Alda Croce, Mario De Cunzo, Guido Donatone e Carlo Iannello di Napoli che ribadiscono trattarsi di «... un´opera illegittima, in contrasto col piano urbanistico regionale... mentre il sostenere con tanta protervia da parte di pubbliche amministrazioni l´intento di procedere comunque... rappresenta la strada della illegalità generalizzata... Inoltre è stata una sorpresa generale vedere attribuita a Niemeyer la paternità del progetto.... quando il preliminare e il definitivo sono firmati da Rosa Zaccheo, capo dell´ufficio tecnico comunale... e Niemeyer ha donato solo uno schizzo dell´auditorium». Ma, dall´interno stesso del mondo ambientalista mi son pervenuti pareri di tutt´altro tono. Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente scrive: «Non trovo giustificato, utile, comprensibile che settori dell´ambientalismo confondano l´auditorium di Niemeyer con le torri del villaggio Coppola, il mostro del Fuenti o la saracinesca di Bari». Grazia Francescato, portavoce dei Verdi europei aggiunge: «Quando sono andata a Ravello e mi sono studiatale carte mi sono subito resa conto che "il giardino incantato"... non sarebbe stato sfregiato dall´innovativo e delicato progetto di Niemeyer... che sorgerà oltretutto su un roveto-immondezzaio circondato da case abusive, non certo su un frammento intatto del mitico paesaggio. « Le due principali critiche, la legittimità e la paternità dell´opera, che avevano ingenerato anche in me qualche dubbio, vengono contestate dal sindaco, Secondo Amalfitano, che scrive: «L´area prescelta è secondo la legge idonea per realizzare opere di urbanizzazione secondaria che prevedono esplicitamente centri sociali e culturali. Se invece di un auditorium di 409 posti, avessimo proposto un centro sociale di 409 posti firmato dal geometra del Comune saremmo legalmente in regola. Quanto alla paternità il 23 settembre 2000 Niemeyer ci ha regalato un plastico e 10 tavole dettagliate con una nota scritta in cui si elencavano gli obbiettivi, i criteri costruttivi, le esigenze connesse alla realizzazione dell´opera... Per rispettare le leggi vigenti in materia di progettazione il Comune ha accettato il progetto come dono di Niemeyer affidando in via formale le successive operazioni all´ufficio tecnico comunale. Tutte le tappe della progettazione sia esecutiva che definitiva sono state seguite personalmente da Niemeyer, tutti i disegni nelle diverse tappe sono a sua firma. A lavoro ultimato, il 28 maggio 2003 a Rio de Janeiro, egli ha consegnato personalmente il progetto completo in una cerimonia ufficiale alla presenza del presidente Lula al governatore Bassolino e al sottoscritto

Illustre dottor Pirani,

seguiamo con grande interesse i Suoi articoli su "La Repubblica", che apprezziamo molto e che forniscono sempre importanti e utili stimoli alla riflessione su rilevanti questioni d’attualità.

Ci permettiamo precisare, con riferiemento al Suo articolo del 26 aprile, che, in contrasto con coloro che hanno appoggiato l'illegittima iniziativa dell'Auditoium, eminenti urbanisti e personalità della cultura, come Salzano, De Lucia, Dal Piaz, Cervellati, Insolera, Craveri, Ronchi, Ripa Di Meana, Sgarbi, Emiliani, assieme alla Fondazione Iannello, hanno più volte ribadito che si tratta non soltanto di un’opera illegittima, in contrasto con un fondamentale Piano Urbanistico regionale, approvato addirittura con legge della Regione Campania anche a tutela del valore paesistico (il quale, è bene precisare, non prevede affatto parcheggi nel sito dove l'accordo di programma localizza l'Auditorium); ma che il sostenere con tanta protervia da parte di pubbliche amministrazioni l'intento di procedere comunque contra legem rappresentava la strada dell'illegalità generalizzata, in quanto costituiva un cattivo esempio ed un incoraggiamento per tutte le violazioni che si sarebbero sentite in tal modo coonestate.

E' stata inoltre una sorpresa generale vedere attribuita a Niemeyer la paternità del progetto, quando il Sindaco di Ravello in un articolo comparso il 15 gennaio 2004 sul Corriere del Mezzogiorno ha candidamente scritto che i progetti, preliminare e definitivo, sono firmati da Rosa Zeccato, capo dell’ufficio tecnico comunale, e che l'arch. Niemeyer ha donato solo uno schizzo dell’Auditorium, senza peraltro mai aver messo piede a Ravello, come ci conferma lo stesso Sindaco.

Ci è grato pertanto inviarLe in allegato l’articolo di Secondo Amalfitano, Sindaco di Ravello, che Le faremo avere anche a mezzo fax.

Con i più deferenti saluti

Alda Croce, Fondazione Benedetto Croce

Mario De Cunzo, Comitato per la difesa del Mezzogiorno

Guido Donatone, Italia Nostra Napoli

Carlo Iannello, Fondazione Antonio Iannello

Leggo con stupore che Mario Pirani, su "Repubblica" di oggi, contesta a "Italia Nostra" di essere "cieca" e ideologizzata perché si oppone "in sede Tar", insieme ad alcuni privati, all'auditorium progettato da un illustre architetto che il Comune di Ravello vorrebbe edificare dove non è consentito.

Vorrei far notare che se si presenta un ricorso al Tar (come lo stesso Pirani ci rammenta) è perché si ritiene sia stato consumato un atto

illegittimo e leso un interesse.

Il giudice naturalmente deciderà, ma dovrebbe essere ovvio che il rispetto della legge deve prescindere, al contrario di quanto Pirani scrive, "da ogni criterio culturale e persino da ogni valutazione estetica", sempre opinabili.

Se così non fosse, chi dovrebbe stabilire volta per volta se i progetti non in regola con le norme sono capolavori e vanno autorizzati in deroga alle leggi oppure no?

Le amministrazioni comunali? L'opinione pubblica? Gli amici del progettista? Le "personalità della cultura" mobilitate per l'occasione?

Ce ne vogliono 150 come nel caso in questione o ne bastano anche meno?

La battaglia di "Italia Nostra" contro questo insidiosissimo precedente è quindi sacrosanta.

Cordialmente,

Giuseppe Palermo

(Via Tagliamento 7, Siracusa)

sul sito di patrimonioSOS

Auditorium, critico anche Ripa di Meana

4 gennaio

MARIO AMODIO

«Apprezzo Niemayer, ma Ravello non deve essere toccata». La dichiarazione choc è di Carlo Ripa di Meana, presidente del Comitato Nazionale del Paesaggio, che si inserisce così nella querelle sull'auditorium.

La presa di posizione dell'ex Commissario alla Cultura dell'Ue, in una lettera inviata all'urbanista Vezio De Lucia. «Aderisco alla tua coraggiosa iniziativa nel dire no ad un padre dell'architettura, quando vuole esercitare le sue grandi capacità in un luogo dove non ha mai messo piede in vita sua e che non fa parte della sua storia», scrive Ripa di Meana. E sottolinea la mancanza di senso di un'operazione che non servirebbe a ridare speranze e funzioni ad un luogo come Ravello.

Poi Ripa di Meana aggiunge: «Conosco ed apprezzo le opere di Niemeyer e credo che facendo appello alla sua intelligenza e modernità possa capire che la Costiera e Ravello non sono i luoghi della sovrapposizione e del cambiamento, bensì i luoghi della conservazione e della tutela in nome di tutti i contemporanei e di coloro che seguiranno».

Dichiarazioni forti giunte mentre a Ravello era in atto un incontro (conclusosi a tarda sera) con l’avvocato di Italia Nostra, Oscar Cardillo che si è intrattenuto a lungo col sindaco ha visionato i prospetti planimetrici e il video relativo all'opera di Niemeyer, di fronte a cui pare si sia apparentemente ammorbidita la diffidenza iniziale. «Attendo la decisione del Tar - conclude Carlo Ripa di Meana - e se vi sono stati passaggi non legali mi auguro che i ricorsi siano accolti. Vi sarà poi il tempo per trovare un'altra collocazione dell'Auditorium, badando anche ad adattarne le dimensioni alla reale vivacità musicale italiana: sarebbe triste consegnare un'opera di Niemeyer al destino di sala convegni per odontotecnici o dimostratori di pentole».

La costiera che cambia

6 gennaio

MARIO AMODIO

Nei sogni di molti ravellesi è già disteso sulla collina come un enorme guscio di tartaruga. Un contenitore, simbolo dell’arte moderna dove si potrà ascoltare la musica guardando il mare della Costiera. È l'auditorium studiato per Ravello, e per questo regalato alla «città della musica», da Oscar Niemeyer, il grande architetto brasiliano che progettò ex novo un'intera capitale: Brasilia. «L'auditorium è un'opera strategica di valore regionale», va predicando il sindaco Secondo Amalfitano che nel maggio dello scorso anno volò in Brasile insieme con il governatore Antonio Bassolino per ricevere dalla mani del presiedente Lula il progetto della struttura che cambierà il volto della sua città. «C'è solo il rammarico - aggiunge - che un'operazione di ampio spessore culturale e progettuale debba subire l'onta di una speculazione di infimo ordine». Ma a sostegno del progetto, si sono schierati centosessantadue esponenti del mondo politico, intellettuale e delle professioni a livello nazionale che hanno sottoscritto un appello inviato alle massime istituzioni del Paese.

L’auditorium oggi definito come un segno inconfondibile ma non dissonante con il contesto architettonico di Ravello ha diviso gli ambientalisti: da una parte Legambiente che sostiene l’iniziativa e dall’altra Italia Nostra e Wwf, che hanno impugnato l'accordo di programma siglato da Regione, Comunità Montana e Comune di Ravello per la realizzazione dell'opera. E sul ricorso presentato al Tar di Salerno, i giudici si esprimeranno giovedì.

A difesa dell'opera di Niemeyer scendono in campo tra gli altri il sociologo Domenico De Masi, presidente della fondazione villa Rufolo e gli albergatori di Ravello. Non eseguire il progetto, per molti sarebbe come infliggere un duro colpo al cuore della grande musica che a Ravello troverebbe la sua sede in una struttura futurista e suggestiva al tempo stesso. Ma rinunciare all'auditorium significherebbe far svanire quei progetti di destagionalizzazione dell'offerta turistica con presenze spalmate sull'intero arco dell'anno. «Questo è un paese che ha scelto la musica classica da 50 anni - spiega De Masi - ed è su questa base che si è plaffonato. L'auditorium è un elemento di crescita sociale che servirà a dare lavoro ai giovani evitando che si allontanino dal loro paese d'origine. Un progetto che cambierà il volto della città perché ci consentirà di ospitare eventi tutto l'anno».

E nella polemica sulla realizzazione dell'auditorium sono scesi in campo anche gli albergatori che hanno preso posizione a favore del progetto riconoscendone la validità soprattutto nella direzione di consolidare l’immagine e l’identità culturale della città della musica. «Sarebbe delittuoso fermare questo processo - dice il presidente Gino Caruso - e l’alt all’intervento nuocerebbe in modo irreversibile al percorso intrapreso, vanificando tutti gli sfozi fin qui prodotti».

Oltre cento intellettuali favorevoli all’intervento

Ambientalisti divisi

7 gennaio

MARIO AMODIO

E venne il giorno della mediazione. Per il via libera alla realizzazione dell'auditorium di Ravello si comincia a trattare. Soprattutto all'interno delle associazioni ambientaliste (la discussione del loro ricorso al Tar contro l'accordo di programma è stato rinviato al prossimo 23 gennaio) dove secondo alcune indiscrezioni si vivrebbe un clima di forte conflittualità. Complici le numerose spaccature tra favorevoli e contrari, particolarmente all'interno del Wwf, dopo la decisione di ricorrere alla giustizia amministrativa per fermare la nascita della creatura di Niemeyer.

A confermarlo sarebbe la voce relativa ad una visita a Ravello di Grazia Francescato che, approfittando della prossima tappa salernitana, visiterebbe volentieri la «città della musica» per visionare l'area destinata alla realizzazione dell'opera ed i prospetti planimetrici redatti dall'architetto brasiliano. Tutto questo, all'indomani della presa di posizione dei 162 tra intellettuali e uomini di cultura che hanno firmato il documento a favore dell'auditorium di Niemeyer e indirizzato rispettivamente ad istituzioni e associazioni ambientaliste. «C'è anche una attenzione trasversale di politici di spessore», avverte il sociologo Domenico De Masi che è riuscito a mettere d'accordo anche destra e sinistra. Tra i firmatari del documento figurano infatti il leader di Rifondazione, Fausto Bertinotti, e l'economista forzista, Renato Brunetta, oltre al presidente di Legambiente Ermete Realacci e all'ex sindaco di Salerno Vicenzo De Luca. Musicisti e musicologi hanno apposto la loro firma così come architetti e urbanisti del calibro di Alison e De Seta, che vanno ad aggiungersi a Fuksas che già si pronunziò a favore dell’opera. Non mancano neppure firme autorevoli del giornalismo come Augias, Beha, Ghirelli, Lubrano e Liguoro, o filosofi come Giorello e Cacciari. Tra i tanti, anche top manager e imprenditori, mentre registi e attori completano il parterre (Wertmuller e Danieli) con editori (Avagliano) e fotografi come Jodice e Toscani. E questi soltanto tra gli italiani. Già perché anche dal Brasile è arrivato il sostegno all'opera di Niemeyer. E la firma più rappresentativa è certamente quella del ministro dell’istruzione Buarque. Una mobilitazione imponente per quell’Auditorium che rappresenterà un esempio altissimo di intervento funzionale ed estetico, «un baluardo tangibile contro la speculazione edilizia che ha fin qui insidiato la bellezza della Costiera». Ed in quell'area dove dovrà sorgere la struttura, i vigili urbani di Ravello hanno recentemente sottoposto a sequestro un gazebo ritenuto abusivo e per questo segnalato alla procura della Repubblica di Salerno. «Quando siamo venuti a ispezionare l'area - dice il sindaco Amalfitano - con lo strutturista di Niemeyer, Carlos Sussekind, non c'era assolutamente nulla».

Auditorium, non basta il sì della Francescato

11 gennaio

MARIO AMODIO

Grazia Francescato dice sì all'Auditorium ma fallisce la mediazione con Italia Nostra e Wwf che restano fermi sulle loro posizioni. A nulla è servito l’intervento della portavoce dei Verdi che nei saloni di villa Maria a Ravello ha incontrato ieri per due ore i rappresentanti degli ambientalisti che osteggiano il progetto di Niemeyer nel tentativo di invocare ragionevolezza alla luce della presa visione dei progetti e della visita all’area prevista per la struttura. «È un’opera illegittima che va contro le norme vigenti e se la Regione vuole davvero l’Auditorium deve avere il coraggio di approvare una variante al Put». Lo sostengono Luigi Giuliani e Oscar Cardillo, rappresentanti di Wwf e Italia Nostra. «Abbiamo fatto il possibile - dice la Francescato - e la strada politica è stata percorsa. Il nostro ruolo si può dire concluso. Ora tocca a Comune e ambientalisti andare avanti in maniera autonoma. Anche se, torno a ribadire, che nel rispetto delle norme noi non siamo contrari all’Auditorium».

Di altro parere Italia Nostra e Wwf secondo cui «la realizzazione dell'opera viola il Put». Lo continua a ripetere Luigi Giuliani, che poi aggiunge: «Questa non è una novità, perché già nel 2000 il Tar emise un’ordinanza di sospensione ignorata sia dal Comune che dalla Regione. In quell’area l’Auditorium non è affatto contemplato». Ma non finisce qui. Già, perché poi si punta l’indice anche contro la Regione, rea d'aver aggirato le norme chiamando in causa una legge di ventidue anni fa. «Come ha ricordato anche l’urbanista Vezio De Lucia nella sua perizia giurata - avverte poi Giuliani - è inammissibile che questa prevalga sulla legge successiva». Intanto è proprio quel documento firmato da De Lucia a subire una serie di contestazioni e in particolare al riferimento che egli stesso fa a un decreto interministeriale del 1968. Nel citarlo, all’interno della perizia giurata, pare abbia omesso proprio il passaggio relativo a strutture di interesse sociale e culturale. Le stesse a cui si ispira in un certo senso l’accordo di programma impugnato dagli ambientalisti e dai proprietari dei terreni.

«Non discutiamo la bontà del progetto ma siamo convinti che realizzare l’Auditorium rappresenterebbe un segnale negativo in materia urbanistica», ha commentato invece Oscar Cardillo di Italia Nostra.

E di fronte a tutto ciò, Grazia Francescato, che ieri mattina ha svolto il suo sopralluogo, insieme al sindaco Secondo Amalfitano e al presidente della Fondazione Ravello, Domenico De Masi, ha ribadito che la preoccupa più l'abusivismo che l'Auditorium. «Qui siamo circondati da tanti piccoli omicidi» ha detto guardandosi intorno. E poi ha aggiunto: «Quanto alla conformità della legge sembra che la realizzazione dell'Auditorium sia contemplata, ma ne discuterò con i miei legali. Penso che sulla vicenda ci siano state molte esagerazioni. Ora spero davvero che si trovi una soluzione - ha concluso - e stando qui, sinceramente mi scandalizzano ben altre opere perché i dati dell’auditorium parlano chiaro. La struttura comprende solo 406 posti sedere, ha una larghezza di 30 metri, e di 21 di altezza. L’impatto è davvero quasi inesistente».

Amalfitano replica a Ripa di Meana

«Noi degni eredi di Wagner e Gide»

15 gennaio

MARIO AMODIO

E venne il tempo della ragionevolezza. Già, perché intorno all’auditorium di Oscar Niemeyer sembra che si vada pian piano instaurando un clima di serenità. E questo grazie all’ammorbidimento di alcune posizioni iniziali soprattutto tra gli ambientalisti, che pare abbiano detto no più per partito preso che per reale cognizione di causa. Di tutto ciò è indicativo anche il risultato dell’incontro svoltosi l’altra sera tra il sindaco di Ravello Secondo Amalfitano e l’avvocato di Italia Nostra Oreste Cantillo, per il quale nel progetto esistono caratteristiche positive. «Anche se gli strumenti audiovisivi non rendono merito - precisa il legale - ma ovviamente io mi occupo del ricorso in cui sono individuati i punti carenti sotto il profilo giuridico. Per la perizia giurata ci siamo rifatti a quella che De Lucia ha prodotto per altro ricorso. Comunque sia è auspicabile il dialogo anche perché le porte non sono affatto chiuse».

«Ho trovato un grande desiderio di approfondimento - è la replica del primo cittadino di Ravello - e soprattutto ho colto l’intenzione che ha il mondo della politica, della cultura e degli ambientalisti, di riappropriarsi delle decisioni prima che tutto sia demandato a un tribunale. Non senza aver verificato la correttezza e la legittimità delle scelte».

Intanto però tutti parlano, tutti dicono. Ieri è intervenuto fra gli altri Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente, a giudizio del quale la costruzione dell’auditorium dovrebbe comportare «una modifica normativa regionale» e non «una semplice deroga amministrativa», contro il rischio di «creare un precedente» e «incoraggiare future deroghe facilitate». Per Amalfitano «anche se a fatica s’intravedono spiragli di ragione». Tutti, continua il sindaco, «hanno convenuto su una regolarità e una legittimità procedurale esemplare» e la bontà dell’intervento «è unanimemente riconosciuta». Così come «in modo sempre più chiaro e palese - continua il sindaco - mi giungono da tutte le parti attestati di apprezzamento per il lavoro che l’amministrazione comunale sta svolgendo. Ovviamente ci sono residui di inesattezze e di attacchi gratuiti».

Il riferimento è alla dichiarazione choc firmata da Carlo Ripa di Meana. «A Ripa di Meana - continua il sindaco - dico che l’auditorium che si farà, in piena legittimità perché conforme a tutte le norme urbanistiche vigenti, verrà consegnato ai cittadini di Ravello. A quei cittadini figli della frequentazione di Boccaccio, Wagner, Gide, Lawrence, che dopo aver custodito e valorizzato patrimoni del calibro delle Ville Rufolo e Cimbrone e dopo aver assorbito a livello quasi cromosomico un raffinato gusto estetico e un elevato patrimonio culturale, sapranno custodire e valorizzare anche questo nuovo gioiello. Ripa di Meana - conclude poi Amalfitano - ignora evidentemente che Ravello oltre all’auditorium sta lavorando a un programma di ampio respiro per la riqualificazione urbana, sociale e ambientale dell’intero territorio».

E mentre per lunedì prossimo sarebbero attesi a Ravello i vertici nazionali del Wwf, sul fronte del no si segnala un’altra presa di posizione. «Né Auditorium, né parcheggio» dicono i Vas, che di quell’area vorrebbero farne «giardini della musica» come quelli di Forio d’Ischia.

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