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Speculazioni edilizie smodate, abusi, inquinamenti, torri eoliche a go go, opere pubbliche inutili, sono esito di condiscendenze e connivenze oltre che di processi decisionali corrotti. A bruttezza dei luoghi corrispondono non solo sciatteria e assuefazione ma dosi variabili di illegalità. Gli affari in danno del bene comune crescono, pure nel consenso. E chi dissente prova la stessa sensazione di Steve e Jane nel film "Blob" che avvisavano i concittadini del fluido gelatinoso tracimante e nessuno li ascoltava.

Roba da allarme rosso, nonostante la sottovalutazione della politica. Eluso da affermazioni vaghe e accomodanti, il buon governo del territorio è un genere rubricato tra le fisime di estremisti. Prevale l'idea che basti delegare un manipolo di ambientalisti: contano poco e danno un tocco verde alle assemblee. Mentre la tv ci rassicura: celebra la bell'Italia che resiste, le mete che valgono un viaggio, le bandiere al mare più blu. Di malaurbanistica si parla poco. Solo quando la terra scivola sotto le case o si scopre l'ecomostro utilissimo a offuscare le aggressioni ordinarie al paesaggio. La politica, il governo: chi si impegna contro le aberrazioni urbanistiche la paga. Due casi meritano attenzione. Renato Soru in Sardegna: il suo partito, il Pd, in parte avverso ai suoi atti per la difesa del paesaggio, lo ha contrastato (con il preambolo «coniugare ambiente e sviluppo») e lo ha portato alle dimissioni anzitempo. La Toscana, mito della buona amministrazione, è in una fase che ricorda l'esperienza sarda: nel recente passato troppi atti urbanistici controversi, alcuni sotto inchiesta, e qualche sconcertante programma. Anna Marson, nuovo assessore regionale decisa a contrastare l'assalto al paesaggio, è già accusata di eccessiva intransigenza («Pd contro Marson», su l'Unità del 15 agosto). Come se non meritasse rigore il paesaggio della Toscana, risorsa pubblica di lunga durata, motore della sua ricchezza.

La rincorsa è per prendersi i luoghi più preziosi. Ai bordi di un insediamento storico, in prossimità delle coste, nelle vigne con vista sono molto alte le suggestioni e il valore dell'investimento è dato dal sacrificio di quote di paesaggio - bene comune sull'altare del ciclo edilizio. Deborda l'insofferenza di chi rivendica libertà per questo sviluppo che premia pochi. E quando si almanacca con gli argomenti della prevaricazione delle autonomie locali è segno che spinte localistiche non stanno nel quadro delle regole translocali. Marson presidia quelle regole. Le parole di dirigenti del Pd in Toscana la indeboliscono, additando come dispotiche le sue iniziative. «Le regole dell'assessore fanno un po' Urss», fa lo spiritoso il presidente della Provincia di Firenze. Che ne pensano a Roma? Si affronterà il caso o mettiamo in conto un epilogo come quello sardo? È troppo aspettarsi una politica - di sinistra - che si impiccia, che non contraddice la sua tradizione nelle faccende locali fino ad annullarsi? Si può smetterla con la formula liofilizzata «coniugare e ambiente e sviluppo» che ciascuno adatta agli affari suoi?

FIRENZE. Sui porti turistici e più in generale sull’urbanistica la tensione si impenna all’interno della maggioranza regionale. La presa di posizione di Matteo Tortolini, responsabile Ambiente e infrastrutture della segreteria regionale del Pd, che nella sua intervista di ieri al Tirreno ha duramente criticato le posizioni dell’assessora Anna Marson, e la reazione del sindaco di Piombino Gianni Anselmi non potevano certo passare inosservate. «A memoria d’uomo - commenta un politico toscano che preferisce non essere citato - non si ricorda che in Regione ci sia mai stato un attacco così pesante e diretto da parte del più forte partito della coalizione a un assessore della propria maggioranza». A pochi mesi dal varo della giunta Rossi, in effetti, nessuno poteva aspettarsi uno scontro così repentino tra l’esecutivo e il vertice del Pd regionale, tanto che, nell’imbarazzo generale, più di un consigliere preferisce defilarsi ed evitare commenti. Un commento, piuttosto gelido, arriva invece dal presidente Enrico Rossi. «Dopo la pausa estiva - dice il governatore - discuteremo nel merito delle questioni e sono certo che ci comprenderemo e troveremo un’intesa. Nel frattempo, mi limito a dire che il sindaco Anselmi e alcuni altri suoi colleghi hanno ragione a chiedere rispetto; allo stesso tempo, loro mi capiranno se dico che analogo rispetto merita ed è dovuto all’assessore Anna Marson». Pur non entrando nel merito, insomma, il presidente Rossi sembra far capire ancora una volta di condividere l’operato dell’assessora all’Urbanistica, anche se si preoccupa di smorzare una polemica che rischia di mandare in cortocircuito lo stesso Pd. Del resto, poche settimane fa, un’altra intervista della Marson rilasciata al Tirreno aveva provocato la dura reazione di alcuni sindaci della costa e Rossi sembra preoccupato di questa escalation.

In difesa del proprio assessore si schiera l’Italia dei Valori che definisce, quelli di Anselmi e Tortolini, «attacchi inutili e dannosi». Per il vicecapogruppo dell’Idv Marco Manneschi, «nel programma del presidente Rossi c’è un esplicito riferimento alla difesa dell’ambiente e ad una urbanistica sostenibile. E ciò comprende, ovviamente, ogni azione che la Regione deve sviluppare per mantenere inalterati, e se possibile incrementare, i vantaggi territoriali che un paesaggio unico al mondo hanno conferito alla Toscana. Sono vantaggi che verrebbero irreversibilmente compromessi se prevalesse la logica della cementificazione». Per Manneschi, «quello che l’assessore propone non è un modello sovietico ma un metodo trasparente e partecipato; un metodo che, come si è visto nella vicenda del Parco della Piana, trova i sindaci e le comunità tutt’altro che contrari. In tal senso, non possono essere condivisi, ne’nel merito ne’nel metodo, i continui attacchi di cui è oggetto l’assessore Marson e che si risolvono in attacchi all’azione di tutta la giunta regionale».

Sull’urbanistica si apre la prima crepa tra Pd e governo regionale. Già la prima intervista al Tirreno dell’assessore Marson, che aveva annunciato di voler rivedere il Piano di indirizzo territoriale e modificare la filosofia di gestione del territorio, aveva fatto registrare dei malumori.

Adesso, la nuova intervista rilasciata al Tirreno dall’assessore all’urbanistica crea un vero e proprio caso politico all’interno della maggioranza e dello stesso Pd. Anna Marson, che è stata indicata dall’Italia dei Valori ma la cui linea è condivisa con convinzione da Enrico Rossi, ha infatti espresso la volontà di rivedere anche il Masterplan dei porti con l’intenzione di ridurne l’impatto ambientale, ossia le volumetrie di cemento destinate a servizi e residenziale. L’idea della Marson, infatti, è di aumentare i posti barca attraverso la creazione di porti «leggeri», riservando l’offerta di ormeggio soprattutto a una clientela medio-bassa, ossia a imbarcazioni fino a sei/sette metri.

Di fronte alle parole della Marson, il malumore del sindaco di Piombino Gianni Anselmi, a cui si accompagnano i distinguo del suo collega viareggino (del Pdl) Luca Lunardini, è rilevante, ma ad aprire un caso politico sono le parole del responsabile ambiente e infrastrutture del Pd toscano Matteo Tortolini (vedi intervista a parte) che boccia su tutta la linea l’impostazione dell’assessore regionale, sottolineando che la politica non può decidere la lunghezza delle barche.

Anche la reazione di Gianni Anselmi è molto dura, anche nei toni, e se non ci sarà una ricucitura c’è da pensare che non mancheranno le scintille all’incontro in programma a Piombino a fine settembre sulla programmazione del territorio a cui è stata invitata Anna Marson. «La partecipazione - va giù duro Anselmi - non può consistere nella lettura dei giornali, ma nel dialogo e nella discussione. Cambiare impostazione è legittimo, ma bisogna capire se vogliamo utilizzare un metodo autoritativo o uno partecipativo, se vogliamo emettere editti o coinvolgere anche i Comuni e le Province. Io spero che la partecipazione non significhi escludere i sindaci dal dibattito sulla gestione del territorio». Sul metodo Rossi-Marson è più conciliante Luca Lunardini (Pdl), sindaco di Viareggio, dove è in programma un significativo allargamento del porto turistico. «Per certi aspetti - dice - il decisionismo di Rossi è apprezzabile, ma a patto che non si vogliano prevaricare le realtà locali, perché questo non sarebbe accettabile». Sul merito, Lunardini e Anselmi concordano: «Sono i Comuni - dice Lunardini - che conoscono il territorio e un controllo eccessivo da parte della Regione rischierebbe di ingessare la necessaria autonomia delle amministrazioni». Anselmi, che se la prende con il «francescanesimo nautico» della Marson, ha un sospetto: «Spero che vengano fatti salvi i percorsi pregressi, come il nostro progetto. Mi inquieterei se non fosse così».

«Rispetti il programma»

Tortolini, responsabile ambiente [sic]dei democratici: Firenze non può stabilire i requisiti dei progetti «La politica non deve decidere la lunghezza delle barche ormeggiate»

«LA POLITICA degli annunci è fragile e difficilmente produce reali innovazioni. Nel nostro programma non c’è scritto niente di quanto affermato dall’assessore Marson e quindi si pone una questione democratica: i programmi si possono cambiare, ma attraverso il confronto». A Matteo Tortolini, responsabile ambiente e infrastrutture nella segreteria regionale del Pd non piacciono le parole di Anna Marson.

Cosa c’è che non va?

«Non credo a un’alternativa tra porti con grandi cementificazioni e porti scarni, così come non penso che si debba scegliere tra dirigismo e deregulation. C’é una terza via, che io definisco riformista, che punta sulla cooperazione tra gli enti. Non spetta alla Regione stabilire i requisiti dei progetti. Il Pit, il piano di indirizzo territoriale, deve fissare dei paletti non negoziabili a cui tutti debbono attenersi; su questa base la Regione deve poi concorrere a indirizzare le decisioni di una filiera istituzionale alla quale devono partecipare Comuni e Province».

Allora, qual è il ruolo della Regione?

«C’è ad esempio il problema del coordinamento della rete territoriale dei porti; occorre porsi il problema di come si possano specializzare i vari approdi, differenziandoli tra di loro».

Ogni Comune dev’essere libero di costruirsi il proprio porto?

«A chi pensa di importare una strategia neodirigistica in materia, ricordo che la legge Burlando permette ai privati di presentare dei progetti per realizzare porti turistici in aree demaniali anche in deroga ai piani regolatori».

Non le pare che sia in arrivo un mucchio di cemento insieme ai nuovi porti?

«Non generalizzerei. Io credo che l’esigenza di realizzare porti “leggeri” si possa realizzare con strumenti diversi da quelli ipotizzati dall’assessore Marson; il problema è stabilire dove si fanno. Un porto realizzato lontano dagli insediamenti esistenti necessita di un’ingente volume di servizi, mentre se il legame è stretto, l’impatto può essere più leggero».

Come mai tutta questa avversione nei confronti dell’idea di modificare Pit e Masterplan dei porti?

«Sono radicalmente contrario all’idea che la politica debba decidere quanto debbano essere lunghe le imbarcazioni ormeggiate nei porti toscani. Dipende dalle caratteristiche dei fondali e anche dalle necessità di riconversione dei territori. A Piombino, ad esempio, proprio in ossequio all’attuale Pit, è stato modificato il progetto, che inizialmente prevedeva il nuovo porto in un’area sabbiosa lontana dal centro. Adesso, non sarà una sorta di cattedrale nel deserto, ma si integrerà con il tessuto urbano e con il distretto della nautica che dovrà nascere e su cui si gioca il futuro di Piombino. Chi dice che occorre fare solo porti per barche di sette metri, deve venire a dire alla gente che per altri 150 anni Piombino dovrà fare affidamento solo sulla siderurgia. La presenza dei megayacht porta con sé la nascita di una filiera produttiva vasta e articolata che produce lavoro e specializzazioni importanti».

Qualcosa di sostanziale sta cambiando, in meglio, nell’urbanistica toscana, fin dalle dichiarazioni del neo-presidente Enrico Rossi: «le villette a schiera non sono il futuro della nostra urbanistica». Meno lottizzazioni, insomma, e più impegno nel recupero/restauro, in una politica per la qualità. Strategia confermata dalla scelta di un assessore di solida competenza come la docente Anna Marson per ridare forza alla pianificazione regionale e locale. Troppo prossimi, oggettivamente, i Comuni agli interessi immobiliari locali per poter usare incisivamente lo strumento della tutela paesaggistica. Troppo indebitati, purtroppo, per non turare le falle di bilancio spingendo l’acceleratore dell’edilizia e degli oneri di urbanizzazione.

Così è venuto il primo stop alle 32 licenze edilizie a Montespertoli e poi quello al regolamento urbanistico di Rio Marina nell’Isola d’Elba. Stop al quale il sindaco elbano ha reagito commentando che così «si fa morire l’Elba». Una lamentela ben nota contro gli “immobilisti”, contro gli “imbalsamatori del paesaggio”. Amministratori locali che non riescono a guardare lontano, che ormai non vedono più il tanto, troppo cemento sparso a blocchi e blocchetti in uno dei paesaggi più strepitosi del mondo, “fatto a mano” quello agrario, determinante per il resto nei secoli passati e che in alcune zone (nel Chianti, o Chiantishire) si sta difendendo anche con l’evitare l’asfaltatura delle strade poderali, anche col ricostituire se ne occupa Paolo Baldeschi docente a Firenze fondamentali terrazzamenti collinari.

Inutile dire quanto un paesaggio integro sia essenziale per il turismo culturale, per l’enogastronomia, per l’agriturismo, per lo stesso export agro-alimentare (negli Usa e in altri mercati “maturi”). Ma il berlusconismo del mattone facile ha aperto falle anche a sinistra. Sulla costa, negli anni scorsi, si sono moltiplicate lottizzazioni proposte da interessi forti. La polemica più recente è quella scoppiata a Capalbio. Essa non ha davvero niente a che fare coi Vip: riguarda la tutela di 12 chilometri di spiaggia libera a dune dietro cui c’è, intatta, la straordinaria Oasi di Burano, gestita dal Wwf. Nuovi stabilimenti balneari esigono nuove strade e nuovi parcheggi, o la dilatazione di quelli esistenti. Per non parlare di un porto turistico alla foce del Chiarone, di un villaggio turistico e di un resort. Se ne discuterà lunedì in Comune. Perché non lo si è fatto prima di deliberare? La Toscana può conquistare sul campo la leadership della pianificazione attenta e intelligente. Tu


Niente mattoni a Castello. La Regione approva la variante al Piano d'indirizzo territoriale (Pit) con l'obiettivo di progettare la nuova pista dell'aeroporto e mette i vincoli su tutta l'area. "Una salvaguardia rispetto ad ogni altra previsione o progetto in attesa di ridisegnare questa parte di territorio", annuncia il governatore Enrico Rossi. Con la conseguenza che su quei terreni al di là del viale XI Agosto non si potrà costruire niente (a parte la Scuola dei carabinieri). Neppure i palazzi per i quali FondiariaSai e Ligresti avevano già ritirato le licenze edilizie. Fino a quando? Il vincolo, spiega Rossi, durerà per tutto il tempo necessario a tratteggiare un nuovo progetto urbanistico.

Si tratta di un vincolo che oggi non modifica lo stato dell'arte: dopo il sequestro dei terreni deciso dalla magistratura ormai nel novembre 2008 e dopo il blocco edilizio scattato il 24 scorso su tutto il territorio fiorentino per effetto del Piano strutturale che ancora non c'è, è di fatto il terzo capestro apposto su quel terreno. Con questa mossa però la Regione quasi "commissaria" Palazzo Vecchio in materia di riassetto urbanistico di Castello. Ed è il segnale quello che conta: la Regione fa sul serio, fermo restando il Parco della Piana l'aeroporto passa avanti a tutto. Edifici di Ligresti e Cittadella viola compresi.

Lo scalo di Peretola del resto, "quella roba lì" come la chiama Rossi con un moto di disprezzo, non è degna di Firenze: "Non è compatibile con la Toscana, così com'è non può essere la porta di questa regione". E' per questo, ribadisce per l'ennesima volta il governatore, che accanto all'inceneritore e al Parco della Piana la Regione ha ritenuto che l'adeguamento dello scalo fosse una priorità. "Tutto il resto è secondario", sostiene Rossi. 

Non solo: "Giorni fa ho preso l'aereo per Parigi, la Scuola dei carabinieri è proprio sotto, se si potessero aprire i finestrini ci si potrebbe tirare sopra qualcosa con una fionda. Non ci si può mettere tutto su quell'area. E la Regione ha già scelto l'aeroporto come priorità". Rossi non esplicita fino in fondo il suo pensiero, ma il senso è chiaro: non c'entrano gli edifici di Ligresti, non c'entra neanche la Cittadella. E la Fiorentina che mette fretta per avere la localizzazione allora? "Vorrei che anche la Fiorentina ne discutesse". Discutesse cioè di un'area come quella di Castello che non può includere tutto.

"Proponiamo al Comune un accordo di pianificazione che faccia scattare la salvaguardia e sarebbe un errore prevedere localizzazioni che pregiudicano l'adeguamento dell'aeroporto", conclude perciò Rossi.

Il presidente toscano conferma il sì alla Valutazione d'impatto sanitario (Vis) chiesta dal sindaco di Campi Adriano Chini: "E' giusto che siano fatte tutte le valutazioni, se serve anche quella d'impatto ambientale. Perché l'aeroporto è un gran bene, ma è anche un male come tutte le attività umane e le valutazioni devono essere fatte". Del resto, la delibera di integrazione al Pit approvata dalla giunta regionale, spiega Rossi, attiva una procedura di partecipazione.

E tutti i soggetti interessati verranno ascoltati, promette: "I sindaci, le Asl le associazioni, i comitati, le categorie economiche i ministeri, l'Unione piloti e l'Enac. Magari anche la Fiorentina". 

Il calendario della partecipazione, che sarà messo a punto dal garante regionale della comunicazione Massimo Morisi, sarà presentato entro il 10 settembre. E scatterà subito dopo. Ognuno potrà esprimere la sua, spendendosi a favore della pista parallela piuttosto che di quella obliqua. Tutto dovrà essere però concluso entro la fine di novembre e, da quel momento, sulla base delle opinioni e degli approfondimenti raccolti strada facendo, si aprirà la fase di vera e propria progettazione urbanistica del nord-ovest di Firenze. Tenendo sempre presente, ripete Rossi, che "Parco e aeroporto non sono in contraddizione". Chi è che deciderà alla fine la nuova configurazione di Castello?

L'ultima parola, in punta di diritto, è di chi la variante al Pit la fa e la approva. Cioè della Regione. Ma è chiaro che potrà farlo solo con un accordo sostanziale con Palazzo Vecchio. Anche se, con questa mossa che formalmente estromette Firenze dal ridisegno dell'area, la Regione si assume la responsabilità di dire no a Ligresti. Con tutto quel che ne consegue: mandare a carte quarantotto i suoi progetti, a costo di pagare poi contenziosi e penali. La Regione sta forse pensando a forme di compensazione per FonSai? "Vedremo, ma l'urbanistica contrattata - dice Rossi liquidando i laceranti dibattiti fiorentini degli anni Ottanta - è bene che rimanga una cosa del passato". Niente trattative con i privati dunque, il metodo Rossi non le prevede.

Aprezzo molto la linea editoriale del Tirreno, che da tempo dà grande rilievo al dibattito sui problemi del territorio, mettendo in risalto la nuova linea della Regione in materia urbanistica, espressa dal presidente Rossi e dal nuovo assessore Marson che affermano di voler “sostituire le politiche di consumo del territorio con politiche di riqualificazione”; con l’assessore che sottolinea l’errore compiuto dalla Regione nell’aver dato totale autonomia ai Comuni “senza accompagnarla con adeguato sostegno”.

A tal proposito, mi preoccupano non tanto le reazioni scomposte da parte di molti amministratori, quanto le tesi ben più pericolose di coloro che respingono come infondata la critica della Marson e difendono la precedente politica della Regione, che, con la legge 1/2005 e soprattutto con il Pit del 2007, avrebbe emanato un quadro di prescrizioni sufficiente. Io, un moderato che non ha mai fatto parte di comitati di agitazione, apprezzo invece le parole della Marson, caso mai troppo timide nei confronti della precedente politica regionale; la quale va rivista su di un punto fondamentale: il controllo. La Regione, infatti, che è titolare di un potere costituzionale sull’urbanistica e l’ha correttamente delegato ai Comuni, in materia di pianificazione e governo del territorio poteva e doveva dare indirizzi attraverso il PIT, molto positivi, che però non erano sufficienti di per sé a evitare impatti devastanti del territorio; invece, non doveva spogliarsi totalmente dei suoi poteri costituzionali e mantenere quantomeno un minimo di controllo, certamente di legittimità, in misura limitata anche di merito, sulle scelte degli enti locali. Purtroppo abbiamo a che fare, anche in Toscana, con la cultura del tempo, che rimproveriamo a Berlusconi, ma che appartiene spesso anche ai sindaci: chi ha un potere, lo rivendica e lo vuole esercitare senza controllo alcuno.

Per smentire che la L.R. 1/2005 e il Pit 2007 siano sufficienti di per sé ad evitare abusi incredibili e confermare l’esigenza di un intervento di riforma, voglio citare il caso di Lucca, la mia città, amministrata da una maggioranza di centro destra. Il Piano strutturale di Lucca, del 2001, prevedeva circa 3 milioni di mq di superficie per interventi di edificazione (più di un quarto degli insediamenti esistenti!), di cui 400.000 per la residenza; il Regolamento urbanistico del 2004, dopo aver deciso di utilizzare per i primi cinque anni, tutti gli 890.000 mq destinati a residenziale, commerciale, ricettivo e produttivo, ha introdotto una serie di scomputi per la residenza, che hanno raddoppiato, illegittimamente, la potenzialità di questo settore, portandolo a 800.000 mq; l’Amministrazione, poi, per anni, non ha mai fatto un monitoraggio, come era indispensabile, tanto che si è costruito perfino in una UTOE che aveva previsione residenziale zero. Costretta, infine, a rendere pubblico il monitoraggio, è risultato che in molte UTOE si era sforato e si è dovuto bloccare tutto. Per superare le difficoltà e soddisfare le molte promesse fatte ad importanti gruppi di pressione, l’Amministrazione oggi è ricorsa ad un marchingegno incredibile, trasformando in modo illegittimo 135.000 mq di “funzioni diverse” (in prevalenza aree destinate a servizi) in residenziale; a chi ha chiesto spiegazioni, neppure una parola: l’Amministrazione sa che oggi, in Toscana, neppure l’arbitrio più incredibile dei Comuni può essere sanzionato.

Un fatto questo ben noto alla Regione e al precedente assessore all’urbanistica che nel 2002, dopo l’adozione del Regolamento urbanistico, non avendo altro modo di intervenire, fece ricorso al Tar, contro le gravi illegittimità, ricevendo purtroppo il responso che la Regione, avendo delegato i poteri ai Comuni, non aveva conservato neppure la legittimità a ricorrere in via amministrativa, possibilità che spetta persino al singolo cittadino.

Conclusione: io guardo con fiducia alla nuova politica urbanistica della Regione e spero che l’assessore non si faccia intimidire da chi, magari in buona fede, non si accorge che anche la Toscana ha bisogno di leggi migliori.

Sono rimasto sorpreso - e anche un po’ deluso - dalle reazioni a una mia intervista sulla questione ambientale all’Elba che preludeva alla presentazione del mio ultimo libro Nel nome del parco, un anno sull’arcipelago appena uscito per Effequ.

Avrei voluto suscitare un dibattito ragionato, ma il grido della pancia precede spesso la voce della ragione, anche negli individui più moderati. Non parliamo poi dei portatori di interesse, di chi ignora le questioni ambientali o di chi è in malafade.

Ma andiamo con ordine. Sono tre anni che faccio presenti le mie preoccupazioni sul futuro dell’arcipelago, se i suoi amministratori non sceglieranno con coraggio la strada della protezione ambientale, rinunciando a quella bulimia costruttiva che ha caratterizzato l’isola per decenni. Non ho detto che l’Elba è cementificata, ma che rischia grosso, visti i numeri, come quelli delle sanatorie e delle seconde case. Concetti ampiamente condivisibili, mi pareva, eppure c’è ancora chi continua a sostenere che qui si è costruito poco e che si dovrebbe puntare al modello Malta, un’isola ridotta a una piattaforma di cemento sul mare. E sono almeno tre anni che gli amministratori elbani insorgono, offesi non si sa bene da cosa, e che non rispondono nei contenuti, ritenendo

antipatiche le forme.

Oggi però qualcosa è cambiato e inviterei i sindaci dell’Elba a prestare attenzione ai segnali che provengono dalla società civile e dal resto della Regione Toscana e del paese. Infatti il rischio da me paventato non è solo una mia versione (dettata da chissà quale interesse di parte), ma ormai qualcosa di condiviso, a partire dalla “gente”: i lettori de Il Tirreno, per esempio, che mi invitano a non mollare; chi partecipa a blog tradizionalmente a me ostili, che oggi si dividono anche a mio favore; i turisti, che mi mandano decine di mail o messaggi su faceboock dello stesso tenore; gli intellettuali toscani e non, che sostengono le mie stesse posizioni (Settis per tutti); i partiti del centro-sinistra, che, fatta eccezione per il Pd elbano, si schierano in blocco con me. Anche il direttore de Il Tirreno Bernabò parte dalle mie considerazioni per un editoriale di prima pagina (intitolato significativamente “La guerra del mattone”) in cui, al di là dei toni, si invita a scegliere un modello di sviluppo meno legato al cemento.

E ancora: non solo Alberto Asor Rosa, ma anche il nuovo assessore all’urbanistica regionale Anna Marson, con il sostegno del neo presidente Rossi, esprimono concetti simili ai miei, facendo intravedere una sterzata a 180 gradi (”troppa autonomia costruttiva ai comuni”): il periodo di Conti sembra per fortuna chiuso per sempre. E un esponente importante del Pd livornese, il sindaco di Piombino Gianni Anselmi, dopo un pubblico dibattito in cui ho illustrato lo stesso rischio sulla costa, mi ringrazia e raccoglie il mio invito ad avere più coraggio nella costruzione di distretti di qualità ambientali in Toscana.

Tutti costoro sostengono pubblicamente gli stessi concetti espressi da me e che Legambiente arcipelago irrobustisce da anni con dati e esempi. Il presidente del Parco dell’arcipelago non è più solo, mi pare.

Qualche eccezione c’è, va riconosciuto, anche fra gli amministratori elbani: sostanzialmente il sindaco di Portoferraio mi da ragione sul passato e dice che i nuovi strumenti urbanistici non permetteranno più quegli scempi: bene, questo lo vedremo nel tempo. Il sindaco di Capoliveri, che non mi muove critiche dirette, o quello di Marciana che addirittura non si pronuncia affatto (ben sapendo che l’Ente Parco è forse l’unico in grado ancora di “aiutare” i Comuni) o quello di Rio nell’Elba, che non si sbilancia. Ma c’è anche qualche consigliere del Parco che mi concede “filosoficamente” ragione (è già qualcosa) e un ex sindaco del Giglio che mi difende a spada tratta. Qualche crepa nella diga.

Insomma si riconosce che, se in Italia si consumano 250.000 ettari all’anno di territorio, una parte la fa anche la Toscana (che da sola ne brucia quanto il Regno Unito) e, per forza di cose, anche l’Elba. Certo è più comodo sentirsi dire che tutto va bene e che non bisogna cambiare rotta: ma l’impressione è che rimarrano in pochi, asserragliati come quei giapponesi che non volevano rassegnarsi alla sconfitta in guerra e che sono rimasti per anni nascosti nella giungla. Per far finire l’età della pietra non è necessario che finiscano le pietre. Oh, è una metafora, che nessuno si offenda, vi prego.

C'è una nuova stella in città, anzi in Regione, e c'è una nuova dottrina. È finita l'epoca Conti, ora è il tempo dei professori e dei «volumi zero»: è iniziata l'era di Marylin Marson, l'anti-Conti. Insomma non c'è più trippa, pardon, calcina per i cementificatori. Gli avversari della nuova assessora Anna Marson dicono che è un'«amica di Asor Rosa», Paolo Cocchi su Facebook ha persino scritto che i comitati sono entrati «direttamente nella giunta regionale con la delega all'urbanistica. Una palingenesi... ». Giudizi affrettati, forse, che peraltro scatenano il segretario regionale dell'Idv Giuliano Fedeli: «È finito il periodo in cui si poteva teorizzare che il fine degli amministratori pubblici era quello dei "facilitatori"». Comunque, per ora la Marson assomiglia piuttosto a una nemesi prodotta dalle inchieste--- da Castello a Quadra, a Barberino--- degli ultimi anni, e averla presentata al neopresidente Rossi è forse il maggior successo politico di Pancho Pardi da quando vestiva i panni di Potere Operaio.

NON è la prima volta che la professoressa ricopre un incarico nella pubblica amministrazione. È stata assessore all'urbanistica della Provincia di Venezia dal febbraio 1998 al luglio 1999. Quell'esperienza l'ha raccontata in un libro «Barba Zuchòn town» (Franco Angeli) in cui si narrano le gesta di una urbanista alle prese col Nordest. Barba Zuchòn sta per «zio zuccone» e indica quei veneti un po' tardi e gran lavoratori, «così bravi a produrre e commercializzare merci», ma rivelatisi anche abili «a distruggere in modo difficilmente reversibile questo territorio un tempo decantato per la sua armonia». E come hanno fatto i «Barba Zuchòn che ci amministrano --- si chiede lei nell'introduzione --- a non accorgersi di incoraggiare la distruzione del patrimonio di noi tutti, anziché prevenirla? ». Chissà, magari fra cinque anni l'assessora scriverà qualcosa sui Barba Zuchòn toscani, anche se a dire la verità per quegli amministratori pubblici colpevoli, a suo dire, di svendere il territorio, un nome gliel'ha già affibbiato in quel saggio pubblicato dall'università tedesca di Giessen: marionette. Ecco, «Marionette town», come suona?

Alla fine del mandato, nonostante avesse redatto e portato all'adozione il piano territoriale provinciale di Venezia, la Marson non proseguì il lavoro nella giunta successiva, «per il mio rifiuto di iscrivermi a un partito come condizione per la conferma. Come noto, sono infatti i partiti a proporre i componenti di una giunta; persone non organiche a un partito, usualmente definiti "tecnici", vengono proposti soltanto quando c'è qualche problema di legittimazione tecnico-politica da affrontare». Lei, che arriva nella giunta come «tecnica » indipendente, seppure in quota Idv, sembra non fidarsi troppo dei politici, come scrive nel suo intervento al volume collettaneo «Più piazze, meno cemento. L'impegno della Cgil vicentina per restituire la città alla società. "Il caso Dal Molin"», Ediesse, a cura di Oscar Mancini, già segretario della Cgil di Vicenza: «Gli schieramenti politici non sempre rappresentano una garanzia, in quanto interessi concreti e di parte tendono troppo spesso a scomporli, ad attraversarli influenzandone le posizioni e le decisioni. Non si può quindi lasciare l'urbanistica ai tecnici (e i tecnici ostaggio dei politici)». Ma tutto sommato sembra essersi divertita a fare l'assessore provinciale. «Spesso --- scrive in "Barba Zuchòn town" --- mi sono sentita, in quest'ambiente politico- istituzionale, quale Alice nel paese delle meraviglie, circondata da relazioni e avvenimenti tra il misterioso e lo strampalato».

Sostiene la Marson che il territorio non è solo un fattore d'attrazione per nuove attività produttrici di reddito, ma anche «parte del nostro corpo e del nostro modo di essere: noi siamo ciò che mangiamo, siamo i luoghi che viviamo, siamo plasmati dalle interazioni sociali che i luoghi fisici possono facilitare od ostacolare. Bevendo o mangiando elementi inquinati, i nostri corpi si ammalano; vivendo in luoghi privi di senso, privi sia di razionalità rispetto alle diverse esigenze degli esseri umani (che come noto differiscono da quelle della rendita fondiaria) che di poesia, tendiamo a diventare simili a essi » (Più piazze, meno cemento). Non è dunque difficile capire il perché di quel giudizio sprezzante sui sindaci di San Casciano e Montespertoli. Nella relazione «Territorio» scritta per il convegno del 2006, «Federalismo e partecipazione», la neo assessora sostiene che l'insediamento della Laika è un esempio di «cattive pratiche» ordinarie nel trattare a nome dell'interesse collettivo progetti rilevanti di trasformazione del territorio. «La legge Lupi proposta dall'ultimo governo Berlusconi è quotidianamente anticipata, duole dirlo, dall'azione dei numerosi "lupi di sinistra" che popolano il nostro territorio e soprattutto le nostre istituzioni locali». Proprio contro la legge Lupi, insieme al suo compagno, l'urbanista Alberto Magnaghi, la Marson ha scritto un saggio per il libro a più mani «La controriforma urbanistica» (Alinea), definendola un «disegno di de-regolazione generalizzata», che nega la partecipazione dei cittadini, che promuove l'erosione di suolo, mentre per Magnaghi & Marson «il principio del blocco dell'ulteriore consumo di suolo è indispensabile per consentire la riqualificazione del tessuto urbanizzato esistente».

«Lupi» o «marionette» che siano, in Toscana per la Marson non mancano. Marionette sono gli amministratori locali che hanno gestito, «senza alcuna riflessione pubblica e senza consultarsi né con il Consiglio né con la popolazione», l'affaire Laika, l'azienda di camper che sta costruendo un capannone di 326 mila metri cubi a San Casciano. «Chi ci perde e chi ci guadagna? E quanto ci guadagna la Laika? Se facciamo due conti, da un lato il plusvalore fondiario realizzato qui e con lo stabilimento dismesso, dall'altro una vaga promessa di mantenimento dell'occupazione e sicuri effetti negativi sui valori degli immobili residenziali e rurali già esistenti in zona, nonché sull'attrattività turistica di tutta la zona circostante, il saldo appare decisamente negativo».

Ma non c'è solo la salvaguardia del paesaggio toscano nella dottrina Marson. Il 25 agosto 2009 la professoressa --- anche firmataria di un appello degli urbanisti italiani contro l'allargamento della base Usa Dal Molin--- incontrò a Vicenza don Albino Bizzotto, al suo settimo giorno di digiuno di protesta. «Non so quale testa malata--- disse---sia arrivata a ipotizzare una base militare all'interno di un territorio densamente urbanizzato, ai confini di una città storica e compatta qual è una città tradizionale. In questa base c'è la scelta sciagurata della localizzazione, di aver accettato inconsapevolmente, con ignoranza, il fatto che essa è diventato un esempio di come ormai la guerra si faccia ovunque». Tremate lupi, marionette e Barba Zuchòn, la Marson è tornata!

"Con Marson discuterò, litigherò.

Confronto con una donna competente"

Pietro Jozzelli Intervista

il presidente Enrico Rossi

La mattina dopo, Enrico Rossi ha gli occhi gonfi e l’aria stanca. Ma al nome di Anna Marson, la neo assessora al territorio, si accende subito. Presidente, a Manciulli, segretario regionale Pd, piace e non piace, la destra dice che i comitati hanno preso il potere, che succede?

«Succede che Anna Marson ha fatto il piano regolatore di Venezia [il Piano territoriale di coordinamento provinciale - n.d.r], e l’ha fatto bene. Succede che, se andiamo a vedere le cose in Toscana, qualche problema urbanistico c’è stato, che c’è una tendenza dei comuni a una continua espansione urbanistica. Davvero abbiamo fatto tutto sempre bene?

L’ho detto: basta con le casette a schiera, sono per il riuso del territorio, dobbiamo creare insediamenti produttivi facendo le cose molto per bene. In Toscana abbiamo una buona legge, ma si deve sempre cercare di migliorare, di affrontare le nuove situazioni. Anna Marson non è una sprovveduta, è un tecnico di grande qualità. Discuteremo, litigheremo, sarà un confronto con una donna competente. Sul suo giornale Alberto Asor Rosa ha offerto un ramoscello d’olivo, io sono una persona curiosa e voglio vedere che cosa può succedere. Siccome mi attirano le persone di qualità, dopo un’ora di colloquio con Marson e una notte passata a studiare il piano di Venezia mi sono convinto. E’ il mio modo di agire, il mio profilo. Vede, la prima cosa che farò sarà di discutere con lei di Castello e vedremo cosa ne uscirà. Non si può continuare a parlare di territorio un giorno in un modo un giorno in un altro, non si parla così dell’uso del territorio. Quanto alle reazioni politiche, chi mi ha nominato sapeva che non ero una persona accomodante, anzi io sono uno scrupoloso».

Qualcuno la critica per la scelta di alcuni assessori, frutto di accordi di partito o di pressioni romane.

«Mi hanno telefonato in tanti e anch’io ho chiesto a tanti. E allora? Non sono uno sciocco. So che cosa sono gli equilibri di partito, i rapporti con gli alleati, l’autonomia decisionale che mi è garantita dalla legge. In giunta non ho messo né il geometra di Berlusconi né il medico di Bossi. I due tecnici, alla sanità e al territorio, sono di grande competenza. Eppoi: che senso aveva rompere con Siena o perché non dovevo mettere una presenza del cattolicesimo democratico?»

Rossi si riferisce alla nomina di Ceccobao, sindaco di Chiusi, già nella Fondazione del Monte dei paschi, molto appoggiato dai senesi. E alle polemiche degli aretini che hanno visto escluso Ceccarelli. E si riferisce alla riconferma di Salvadori, molto perorata dai leader romani del partito. Funzionerà presidente?

«Vediamo, io sono contento. Cinquanta per cento di donne, la giunta regionale con meno assessori d’Italia, deleghe precise e ben accorpate. Scaramuccia dovrà affrontare la trasformazione della nostra sanità. Vedrete, ci saranno grosse novità (una ipotesi, la riduzione del numero delle Asl e delle aziende ospedaliere, ndr)».

E l’economia?

« E’ il tema unificante di tutto il lavoro che farà la giunta. E’ stata la mia priorità nella campagna elettorale. E’ la strada da battere per ammodernare la regione. E’ il mio impegno numero uno e ne sarò il responsabile principale. E’ già avvenuto negli ultimi due anni di Martini quando la crisi ha imposto strumenti eccezionali e piani eccezionali. La Toscana è stata la regione d’Italia in cui si è visto il massimo intervento. Il lavoro con Simoncini è già cominciato».

Che cosa ha chiesto agli assessori durante il primo incontro di giunta?

«Essere il più esigenti possibile con se stessi. Io lo sono con me. Voglio che facciano lo stesso. Poi ho chiesto a tutti, visto che i volti nuovi sono tanti, di parlare un po’ di se stessi, insomma di cominciare a creare la squadra. Io sono il responsabile politico e il garante di tutta la giunta. E lo dico a tutti: non ci sono né gli assessori di un partito né quelli di un territorio. Adesso il governo è formato, cominciamo a lavorare».

"Sviluppo si ma anche tutela"

Ernesto Ferrara intervuista

l'assessore Anna Marson



«SVILUPPO industriale si, ma senza più dimenticare la tutela del

territorio». Anna Marson, la docente chiamata da Rossi a guidare l'

urbanistica, mette subito le cose in chiaro. DI MONTICCHIELLO aveva subito

parlato come di un «esempio negativo di gestione del territorio». Dell'

insediamento della Laika (azienda di caravan) a San Casciano ieri ha

spiegato che è vero che «occorre la massima attenzione per la tutela dei

posti di lavoro ma prima di autorizzare con un variante l' insediamento di

un nuovo stabilimento industriale in un' area delicata dal punto di vista

ambientale come quella di Ponterotto, lontana dalle infrastrutture e

vicina a un fiume, occorreva valutare altre opzioni e semmai l' idea di

concedere il terreno per qualche anno all' impresa senza autorizzare il

cambio di destinazione». «Niente sviluppo senza tutela», è lo slogan dell'

assessore più inaspettato della nuova giunta regionale. Trevigiana, 53

anni, saltata fuori all' ultimo tuffo dall' Idv, Anna Marson, amica e

vicina di casa di Pancho Pardi, da più parti definita «movimentista» e

però autrice di un piano regolatore della Provincia di Venezia da tutti

ritenuto solido e innovativo, si ritrova in mano le deleghe che furono del

democratico Riccardo Conti.

Docente di Architettura all' Università di Venezia, la città dove ancora risiede, è sposata con un toscano e vive da anni a Montespertoli. Proprio il Comune al centro nell' ultimo anno di una drammatica vicenda giudiziaria legata ad interventi lesivi del territorio e dove però lei individua un «segnale di speranza»: «Il metodo dell'urbanistica partecipata adottato dal nuovo sindaco di Montespertoli, il Comune dove vivo e che pure è stato al centro delle note vicende

giudiziarie, è da questo punto di vista la conferma che non tutto è

perduto».

Lei non fa annunci: «Non sono ancora nemmeno assessore», ricorda (martedì la prima riunione di giunta in cui saranno ratificati i ruoli

della squadra di Rossi) sbilanciandosi solo su due fronti: «Grande

attenzione ai modelli europei più innovativie apertura ai giovani a cui

voglio spalancare le porte del mio assessorato».

Nel Pd c' è chi storce il naso: «Troppo movimentista». «Singolare definirla così - interviene Rossi - lo sviluppo deve stare insieme alla lotta alla rendita e alla salvaguardia del territorio, sono sicuro che Anna farà bene, nessuno vuole contraddire la precedente gestione urbanistica, occorre solo cercare di migliorarla». «Rossi ha assegnato l' urbanistica ad un Pancho Pardi in salsa rosa che condannerà la Regione all' immobilismo», attacca il coordinatore regionale Pdl Massimo Parisi. E Marson? Non fa una piega e replica da «lady di ferro»: «Mi giudicherete dal lavoro che riuscirò a fare, non dalle dichiarazioni».

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