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Il super esperto: vecchio, poco utile e costerebbe 650 milioni

Il progetto di sublagunare non sta in piedi. Stavolta non sono gli ambientalisti a dirlo ma gli stessi consulenti che Comune e Camera di commercio - proponente della grande opera nel 1999 - avevano incaricato di uno studio che doveva essere «risolutivo».

Questo almeno era stato l’obiettivo indicato lo scorso anno dal sindaco Giorgio Orsoni e dal presidente della Camera di commercio Giuseppe Fedalto quando avevano annunciato un «approfondimento conoscitivo». Ci si aspettava forse un via libera per andare avanti con la progettazione, avviata nel 2003. Invece è arrivata la doccia fredda. Il rapporto finale firmato dall’esperto di trasporti e docente Iuav Agostino Cappelli, non lascia spazio a interpretazioni. «Dati da aggiornare, che risalgono agli anni Novanta e non forniscono elementi utili per una valutazione dell’utilità del progetto». Ma soprattutto uno stato di fatto che non fa emergere quello che starebbe alla base del grande progetto: la domanda di mobilità.

«Tra Santa Lucia e piazzale Roma», si legge nello studio, «l’offerta tra bus e treni arriva a 540 mila posti in un giorno. La sublagunare ne offre solo 24 mila». Da quella direzione la domanda per gli arrivi in città è bassa. I turisti preferiscono andare per via acqua e godersi lo spettacolo della laguna, i pendolari sono pochi e si accontenterebbero di un trasporto su acqua più veloce.

Dunque le certezze si assottigliano. Il professore ne ha parlato qualche settimana fa nel corso si una riunione riservata con sindaco e presidente della Camera di commercio. E gli studi, che dovevano essere divulgati in dicembre, sono ancora nel cassetto. Troppi i dubbi e le incertezze di un progetto che forse non è stato sufficientemente approfondito prima di essere dichiarato (nel 2002 dalla giunta Costa) di «interesse pubblico». Ecco perché lo stesso Orsoni - assessore al patrimonio di quella giunta, che aveva inserito la sublagunare nel programma elettorale al pari del candidato del Pdl Renato Brunetta - adesso ha tirato il freno. «Per dire in tutta onestà che è un progetto conveniente per la città», dice il professor Cappelli, «bisognerebbe ripensare tutto». E dunque rifare le procedure e la progettazione.

C’è chi pensa addirittura a prolungare il tragitto proposto (da Tessera all’Arsenale passando per le Fondamente Nuove) fino al Lido e Chioggia. Ma si tratta di un altro progetto, non quello dichiarato di interesse pubblico e sottoposto al Cipe.

Che fare nel frattempo? Dal momento che è evidente la necessità di migliorare e velocizzare i collegamenti tra Venezia e Tessera, il professor Cappelli suggerisce di valutare anche un miglioramento dei trasporti «via acqua». E di comparare bene i costi dell’opera rapportati all’uso di mezzi acquei ecologici. «Il costo della sublagunare da Tessera ad Arsenale», scrive il consulente della Camera di commercio, «è lievitato per soli aggiornamenti di prezzi dai 350 milioni di euro del 2001 ai 650 dell’anno scorso. La sua tecnologìa forse non è adeguata a supportare grandi quantità di persone. Dunque, dal punto di vista trasportistico quel progetto non va bene. Un giudizio tecnico netto. Che mette seri ostacoli sul proseguimento di una grande opera che i veneziani non hanno mai visto con entusiasmo.

Raccolte quattromila firme per il referendum

Il comitato: «Si pronunci la città, è un’opera che ne cambia il volto

Quattromila firme raccolte in pochi giorni per proporre al Comune un referendum sulla sublagunare. Il comitato presieduto da Davide Livieri è stato fondato da poche settimane, e adesso ha lanciato una campagna per raccogliere al più presto le diecimila firme necessarie a presentare la richiesta al Comune. «Notiamo con curiosità», dice Livieri, «che da quando è partita la nostra mobilitazione e la raccolta di firme, i cosiddetti poteri forti della città si sono pronunciati per accelerare la realizzazione dell’opera». «Noi non abbiamo idee precostituite», dice Livieri, «ma riteniamo che su un’opera del genere, che potrebbe modificare la vita della città per i prossimi decenni, debbano essere i cittadini a pronunciarsi. L’unico vero potere forte per noi è il Consiglio comunale, che rappresenta i cittadini».

Banchetti per la raccolta delle firme sono stati aperti in questi giorni a Santi Apostoli e in campo San Giovanni e Paolo. presto ne arriveranno altri. Al comitato interpartitico di Livieri (ne fanno parte anche esponenti della Lega, della sinistra ed ex del Pd e del Pdl) si sono uniti anche gruppi politici come i grillini, associazioni ambientaliste e comitati di cittadini.

«Vogliamo sapere i costi e benefici di quest’opera», dicono i consiglieri del nuovo comitato per il referendum Franco Nordio, Ernesto Peschiuta, Bernardo Lancia e Ivo Papadia, «i cittadini non possono essere informati di queste decisioni a fatto compiuto. Non si può continuare a imporre opere faraoniche di dubbia utilità a una città che cade a pezzi, senza soldi per la manutenzione e per i servizi ai cittadini». (a.v.)

Postilla

La metropolitana sub lagunare non è una follia, ma un tassello d’una strategia che sta diventando sempre più chiara. L’obiettivo è di costruire nuove ricchezze private, e consolidare alcune di quelle esistenti, attraverso una sempre più spinta mercificazione di Venezia. Si tratta di attirare sempre più investitori nei settori (l’immobiliare e il turistico) nei quali più facilmente si possa vendere l’immagine della eccezionale bellezza della città: un’immagine che peraltro le nuove iniziative corrodono sempre più velocemente, così come peggiorano la qualità della vita per i residenti stabili.

La città storica è sempre più degradata dalle folle di turisti che la invadono, ormai in tutti i periodi dell’anno, lasciati bradi nella città senza alcuna politica di oculato governo dell’offerta e della domanda. La monocultura turistica sta rendendo sempre più fragile l’economia cittadina. Il degrado fisico aumenta per ogni meganave che arriva nel Bacino di San Marco. La riduzione dello stock edilizio disponibile per i cittadini e la città si riduce per l’aumento della ricettività turistica, agevolato dall’improvvida liberalizzazione delle norme urbanistiche. La bellezza dei monumenti e dei paesaggi urbani che essi caratterizzano scompare sotto i giganteschi cartelloni pubblicitari.

Intanto, il capitale finanziario sviluppa grandi operazioni immobiliari: da Benetton che acquista pezzi della città storica e realizza un vero e proprio piano urbanistico personale, alla società di gestione finanziaria e immobiliare Est Capital che colonizza il Lido di Venezia. Tra i protagonisti delle operazioni in corso le imprese di costruzione che stanno costruendo il MoSE. Nella Terraferma, mentre il vastissimo complesso di Porto Marghera offrirebbe giganteschi spazi a razionalizzazioni intelligenti di aree preziose per le possibilità di recupero ambientale e per lo sviluppo di funzioni non più devastanti per la salute e la sicurezza fisica, si promuove invece l’urbanizzazione di nuove aree e la densificazione di quelle esistenti: dalla “città nuova” di Tessera, sul margine della Laguna in un’area di massimo rischio idraulico, ai grattacieli previsti a Mestre.

La funzione strategica della metropolitana sub lagunare non è quella di agevolare la mobilità degli abitanti e dei visitatori: ben meno dispendioso, più connaturato con la bellezza e la possibilità di godimento che la città offre, sarebbe la riorganizzazione dei servizi acquei, per i quali esistono da anni intelligenti progetti elaborati da tecnici di grande vakore, a partire da Guglielmo Zambrini. Ma la funziona strategica è quella di collegare i tre poli del progetto di accaparramento della città: la nuova città di Tessera, la Città storica (attraverso il suo “vuoto” più prestigioso: l’Arsenale) e il Lido. Sottratto, quest’ultimo, al potere istituzionale del Comune mediante la figura del commissario straordinario, pretestuosamente dotato di funzioni smisurate. Anche per questo è interessante il fatto che si manifestino opposizioni provenienti da più fronti: da un lato, un intellettuale che, incaricato dai promotori dell’opera, esprime con onestà e rigore il punto di vista della tecnica (rinunciando, a differenza di moltissimi altri, di svolgere il ruolo di “facilitatore”), dall’altro lato un movimento popolare (avviato dalla rete “Io Decido”, a sua volta promossa da un gruppo di donne associato nel comitato “Geografia di genere”) cha ha avviato la procedura per l’indizione di un referendum.

Il progetto è stato bocciato in sede tecnica. Ma i soldi sono garantiti lo stesso. Succede alla sublagunare, che il governo e la Regione hanno definito «infrastruttura prioritaria». Promettendo 290 milioni.

Italia Nostra annuncia battaglia. «Vogliamo avviare una campagna a livello nazionale», dice Alvise Benedetti, ricercatore veneziano e consigliere nazionale dell’associazione, «per sensibilizzare l’opinione pubblica. Si stanno ignorando dubbi e critiche e si va avanti comunque. Occorre avere studi sull’impatto, anche sul tessuto residenziale della città».

Sulla linea della prudenza anche Piergiorgio Baita, amministratore della Mantovani che sta costruendo il Mose e principale azionista privato del gruppo che si è candidato all’opera con il sistema del project financing. «Non siamo ancora alla fase esecutiva», dice, «la sublagunare non è una cosa semplice, la città è divisa. Io naturalmente sono per fare l’opera, ma il percorso è lungo. I problemi minori come sempre in questi casi sono quello tecnico e quello economico». Non preoccupano le imprese i forti rilievi tecnici avanzati anche dalla Soprintendenza e dai vigili del fuoco, che hanno chiesto che il progetto sia rivisto per motivi di sicurezza. E nemmeno le incognite sul caranto, lo strato di pietra su cui poggiano i fanghi della laguna e la città di Venezia. Dibattito aperto anche dal punto di vista ambientale, perché gli 8 chilometri di percorso da Tessera all’Arsenale avrebbero bisogno di almeno dieci uscite di sicurezza, piattaforme di cemento in mezzo alla laguna. Un’opera gigantesca con stazioni e tapis roulants alle Fondamente Nuove, che stravolgerebbe per sempre un paesaggio millenario per far risparmiare qualche minuto, portando in città milioni di turisti in più. Ma i soldi sono già stati messi da parte.

Postilla

Un’intera cartella di eddyburg.it è dedicata alla “ Metropolitana sublagunare. Ricordiamo che il progetto di metropolitana sub lagunare è connesso all’altro grande progetto, Marco Polo City, previsto da una potente lobby sul margine della Laguna, in corrispondenza dell’aeroporto di Tessera: identico a quello per lo sfruttamento del territorio proposto vent’anni fa dal Consorzio Venezia Expo. Una ipotesi folle, che - in questo clima dominato da una consonanza bipartisan per le grandi opere e i grandi affari – procede senza incertezze. A danno di noi tutti. Vedi anche l’’editoriale de l ’Unità del 13 giugno 1990.

Cinque milioni di euro. Tanto sarebbero costati studi e rilievi fatti in questi anni dal gruppo di imprese che si era candidato a realizzare la tratta di sublagunare Tessera-Arsenale. Una cifra che ora Massimo Albonetti, presidente della Camera di commercio, chiede al Comune. «Se la sublagunare non si farà», ha detto parlando a un convegno, «quei soldi li dovrà mettere Ca’ Farsetti».

«Stupidaggini», sbotta il sindaco Massimo Cacciari, «il Comune ha fatto la sua parte. Ha ribadito che quel progetto è di interesse pubblico modificando però la convenzione, che adesso non prevede più rischi per le casse comunali. Se trovano i soldi e non ci sono ostacoli di impatto ambientale vadano avanti. Ma noi non siamo vincolati a fare l’opera». Una vicenda che rischia di infiammare ancora una volta la politica veneziana. La giunta Cacciari non ha mai preso una posizione chiara nel merito della sublagunare, ma si è limitata alla «riduzione del danno». Stralciando dalla delibera la parte che prevedeva ad esempio che le perdite fossero a carico del Comune. Adesso la politica e le lobby favorevoli al tunnel spingono. E l’opposizione alla nuova grande opera cresce. Sono state raccolte oltre 12 mila firme di cittadini contrari. Italia Nostra lancia l’allarme per l’ennesimo sfregio alla città storica. Il capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale Beppe Caccia ha scritto ieri al sindaco Cacciari chiedendo la sospensione dell’iter. E la convocazione di una riunione di maggioranza.

Il progetto. In questo momento l’incartamento con il progetto per la sublagubnare Tessera-Arsenale è negli uffici dell’assessore alla Mobilità Enrico Mingardi. Nei prossimi giorni sarà inviato a Roma per essere ammesso ai finanziamenti della Legge Obiettivo.

L’origine. Di sublagunare si parla da almeno vent’anni. Un progetto Tessera-San Marco-Lido venne bocciato nel 1990 sull’onda della protesta internazionale. Nel 2002 la giunta Costa lo aveva inserito tra quelli di interesse pubblico. Una riga aggiunta al Piano triennale degli Interventi approvata dal Consiglio comunale. E così l’iter è andato avanti, anche se nel merito il Consiglio comunale non si è mai pronunciato. Il governo l’ha inserita nella Legge Obiettivo e la giunta Cacciari non lo ferma nel nome della «continuità amministrativa».

Dubbi geologici. Uno studio dei geologi della Provincia reso noto in questi giorni rivela come il sostrato lagunare sia in realtà molto più fragile di quanto si pensava fino ad oggi. Strati sabbiosi in mezzo al caranto che rendono rischiosa la costruzione di gallerie e grandi scavi. «Non c’è problema», assicurano i progettisti, «abbiamo fatto anche noi i nostri rilievi».

La cordata. Nel 2003 si era fatta avanti una cordata di imprese per concorrere al project financing. Tra queste la Mantovani (la stessa del Passante, del nuovo Ospedale e del Mose), la Sacaim, Studio Altieri e Net Engineering. Capocordata l’Actv, allora presieduta da Valter Vanni con il 35 per cento delle quote. «Dovranno vendere subito», aveva detto Cacciari il giorno del suo insediamento. Ma le quote sono ancora di Actv. L’accordo preliminare già concluso con Mantovani non procede. I privati chiedono, ovviamente, la sicurezza che l’opera si faccia.

Il nuovo progetto. Seicento milioni di euro per risparmiare dieci minuti rispetto ai mezzi acquei. Così si avanzano proposte per allungare il tracciato e aumentare la redditività del progetto. Fino al Lido, addirittura fino a Chioggia. La spesa a quel punto raggiungerebbe i 2 miliardi.

Le alternative. Oltre alle obiezioni di natura geologica e ambientale (megastazioni e uscite di sicurezza in mezzo alle case e alla laguna) vi sono i dubbi di natura trasportistica. Non è mai stata fatta peraltro un’analisi comparativa con i mezzi acquei. E oggi un collegamento di linea Actv fra Tessera e Arsenale non esiste. Ma l’iter va avanti. «La mobilità in questa città», azzarda l’assessore Mingardi, «non potrà ancora reggere a lungo in queste condizioni».

Postilla

Nel 1990 si riuscì a sconfiggere la proposta di realizzare a Venezia lì’Esposizione mondiale del 2000, perchà il Parlamento europeo e quello italiano convennero che sarebbe stata un’iniziativa devastante per la città. Vent’anni dopo tornano alla carica. Il progetto di metropolitana sub lagunare è infatto connesso all’altro grande progetto, Marco Polo City, previsto da una potente lobby sul margine della Laguna, in corrispondenza all’aeroporto di Tessera: lo stesso identico progetto di sfruttamento del territorio proposto allora dagli architetti del Consorzio Venezia Expo. Lo hanno ammesso pubblicamente non solo esponenti DS (oggi favorevoli all’impresa) ma lo stesso Gianni De Michelis, a suo tempo fervido promotore e facilitatori dell’Expo. (Vedi l’’editoriale de l ’Unità del 13 giugno 1990)

Sublagunare da Tessera al Lido, e poi a Chioggia, passando per la «pancia del Mose». Mentre in laguna si discute sull’utilità e la compatibilità della nuova grande opera, in Regione il futuro è già disegnato. Il nuovo Ptrc, il Piano territoriale di coordinamento, prevede già il contestato collegamento dei treni sotto la laguna. I soldi non ci sono, i pareri favorevoli nemmeno, ma l’idea intanto va avanti. E insieme alla sublagunare ecco concretizzarsi anche Veneto city, due milioni di metri cubi di cemento fra Dolo, Mira e Pianiga. «Tutto concertato con gli enti locali», assicura la Regione. «Ma per piacere, su questi due punti non è stato concertato proprio niente», sbotta il sindaco Massimo Cacciari. Lui ha sempre espresso forti dubbi sull’utilità (e i costi) del Mose e sulla sublagunare. E anche su Veneto city, colata di cemento che oltre a mangiarsi un altro pezzo del territorio veneto che si dice di voler salvare potrebbe compromettere il riuso delle aree industriali dismesse di Porto Marghera. Un Ptrc che, secondo l’assessore regionale all’Urbanistica Renzo Marangon, dovrebbe entrare in vigore entro Natale e poi trovare applicazione nei vari Pat, i Piani di assetto del territorio dei Comunei.

«Questo Piano, al di là delle generiche enunciazioni di principio», scandisce il consigliere regionale dei Verdi Gianfranco Bettin, «è la traduzione veneta di quello che anche a livello nazionale fa la destra, la peggiore destra europea. Hanno messo in discussione il Piano europeo per combattere l’effetto serra, che altri Paesi a guida conservatrice come Germania e Francia hanno invece accettato. E qui presentano questi piani». «Veneto City», continua Bettin, «è un progetto di devastazione dell’area centrale della provincia che produrrà cementificazione, ma anche il definitivo intasamento del traffico e il fallimento del rilancio di Marghera, dove gli spazi ci sono. Quanto alla sublagunare, si parla senza aver fatto prima valutazioni di impatto ambientale ed economiche».

Sulla sublagunare il centrodestra spinge. Quattro anni fa il ministro Lunardi aveva promesso all’allora sindaco Paolo Costa finanziamenti a carico del Cipe. E adesso che il centrodestra è al governo a Roma e in Regione la via sembra più facile. Restano le perplessità di Comune e Provincia. «La Regione ha già disegnato il tracciato della nuova sublagunare e loro lo ritengono condizionante», dice Gianfranco Vecchiato, assessore comunale all’Urbanistica, «ma noi non abbiamo concordato nulla. Solo il fatto che l’asse Venezia-Padova debba essere centrale, catalizzatore di nuovi trasporti e della nuova economia. Sulla sublagunare ci sono molte verifiche in corso per la tratta Tessera-Arsenale. E con questi chiari di luna e con i tagli ai bilanci non mi pare che si possano trovare le risorse per un’opera del genere». Enrico Mingardi, assessore alla Mobilità del Comune, ha ricevuto qualche giorno fa il nuovo progetto dalla cordata di imprese che si sono proposte per portare avanti il project financing. Il Comune aveva espresso nel suo studio molte perplessità sul progetto originario, come del resto la Provincia.

«Ma la procedura deve andare avanti», dice Mingardi, «il Comune nel 2002 aveva dichiarato l’opera di pubblica utilità, e adesso annullare tutto vorrebbe dire un contenzioso con le imprese per almeno 8 milioni di euro». A inserire la frase della «pubblica utilità» del progetto sublagunare nel Piano triennale delle opere era stato nel 2002 l’assessore ai Lavori pubblici della giunta Costa, l’Avvocato dello Stato Marco Corsini. Un documento poi votato dal Consiglio comunale, che aveva provocato la presentazione della prima offerta. Cordata formata da Actv, Mantovani (stessa impresa di Passante, Mose e Ospedale di Mestre), Studio Altieri, Net Engineering, Bnl, Metropolitane Milanesi, Sacaim. Con la giunta Cacciari Actv è uscita dalla cordata, cedendo le quote a Mantovani. Del progetto il Consiglio comunale non ha mai discusso. In compenso il tracciato compare su tutti i documenti ufficiali di Regione e Camera di commercio. E la polemica continua.

Nemmeno un euro per la sublagunare. Il voto di fiducia imposto dal governo Prodi alla Camera sul testo della Finanziaria ha di fatto annullato tutti gli emendamenti presentati. Tra questi c’era anche il testo firmato da Cesare Campa, deputato veneziano di Forza Italia, che chiedeva di stornare una parte dei fondi per le metropolitane di Roma e Napoli alla sublagunare. «Una vergogna», la definisce Campa. Mentre gli oppositori del futuristico progetto di treno sotto la laguna tirano un respiro di sollievo.

Perché senza i soldi dello stato sembra difficile che il contestato progetto, sostenuto dalla Camera di Commercio e dalla Regione, possa decollare. Un progetto sul tappeto da molti anni. Che contra fra i suoi tifosi anche molti esponenti del centrosinistra, come l’ex sindaco Paolo Costa e il presidente di Arsenale spa Roberto D’Agostino. La giunta Cacciari ha tirato il freno sul progetto, definito nel 2002 dall’amministrazione Costa «di interesse pubblico». Ma un «no» deciso non è stato pronunciato. Potrebbero esserci penali da pagare ai progettisti, dicono in Comune. Intanto però i dubbi aumentano. Non soltanto di carattere ambientale, con gli studi che prevedono serie conseguenze per il sottosuolo lagunare e per l’ambiente. Si dovrebbero costruire sei o sette stazioni e uscite di emergenza in cemento in mezzo alla laguna. e poi perforare il caranto per istallare il grande tubo sotto la laguna. Anche l’equilibrio delle zone di arrivo, a cominciare dalle Fondamente Nuove, sarebbe stravolto. E la sublagunare, accusano i comitati che hanno avviato una raccolta di firme a livello internazionale contro la grande opera, porterebbe ancora turisti in un città già stravolta dall’afflusso dei visitatori. Due idee contrapposte che si scontrano. Ma secondo le associazioni per la tutela del territorio, a cominciare da Italia Nostra 8la sublagunare sarebbe l’ultimo colpo per affondare una città già messa in ginocchio dal Mose, dalla speculazione turistica e dal calo dei suoi abitanti». Dubbi si insinuano anche nel partito Democratico. Tre congilieri comunali della Margherita (Pepe, Conte e Salviato) hanno deciso di chiedere al sindaco un dibattito pubblico sulla questione. «Dai dati in nostro possesso», dice Franco Conte, che è anche responsabile regionale del Movimento consumatori, «quel progetto non sta in piedi, neanche dal punto di vista economico. Meglio sarebbe studiare invece come suggeriscono trasportisti di fama, un sistema di collegamento veloce alternativo via acqua, con mezzi ecologici che facciano poche onde. Fondamente Nuove e Arsenale distano in barca soltanto 20 minuti».

Vedi anche qui, a proposito della "sublagunare" un'intera cartella e qui un articolo recente

La sublagunare è cosa fatta. Almeno nelle intenzioni dell’assessorato all’Urbanistica. Così ieri pomeriggio in giunta si è raggiunta una situazione paradossale. Gli uffici comunali hanno presentato una dettagliata relazione sui nuovi accessi alla città storica che quasi nessuno - assessori e presidenti di Municipalità - aveva visto prima. Dove la sublagunare - su cui l’amministrazione attuale ha sempre espresso forti riserve - viene data ormai per approvata. Tre paginette che hanno creato non poco imbarazzo in più di qualche assessore. Alla fine è stato il sindaco Cacciari a chiedere il rinvio della delibera, che riguardava oltre al contestato progetto di treno subacqueo anche l’intero sistema degli accessi nell’ambito del nuovo Pat (Piano di assetto del territorio) e la mobilità.

Della sublagunare si discute da almeno vent’anni. Bocciato il progetto proposto dalla giunta Bergamo, nel 1990, l’idea è stata rilanciata dalla giunta Costa nel 2002. Il progetto elaborato dalla Camera di commercio e sostenuto dalla Regione e dall’allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi era stato definito «di pubblica utilità» e inserito fra le priorità dell’amministrazione. Ma alle elezioni del 2005 il sindaco Cacciari era stato eletto per un pugno di voti con la parola d’ordine della «discontinuità». Nel frattempo erano arrivati i rapporti molto critici dei tecnici di Provincia e Comune. E il via libera - pur fra mille prescrizioni - della commissione regionale Via. Ora c’è chi sostiene la grande opera (Camera di commercio, Forza Italia, ma anche settori del Partito democratico). Chi la definisce «l’ennesimo scempio» come le associazioni ambientaliste, chi la giudica «poco utile a risolvere i problemi del trasporto in laguna», come l’architetto Vittorio Gregotti, uno dei progettisti italiani più famosi nel mondo. Insomma, il dibattito è aperto. Ma il Comune ieri ha tentato il «blitz». Non si sa in base a quali studi scientifici, a pagina 67 del Pat i tecnici di Urbanistica scrivono: «I servizi di navigazione non possono essere ritenuti soddisfacenti per le esigenze di trasferimento di notevoli quantità di persone quali quelle ipotizzabili in caso di attestamento dei flussi turistici nei due siti indicati (Fusina e Tessera). E mentre «per Fusina è ipotizzabile il mantenimento di un servizio acqueo tradizionale, per Tessera è stato sviluppato il progetto di collegamento sublagunare con tecnologìa innovativa, idonea a garantire una maggiore accessibilità alla città storica». E si ipotizza anche una nuova mobilità interna alla laguna. Sempre con la sublagunare come punto fermo. La pressione per la nuova grande opera (400 milioni di euro) è tanta. Ma la decisione ieri è stata alla fine rinviata.

Mancano gli studi geognostici e le indagini nel sottosuolo. Il quadro economico non è chiaro e le perplessità aumentano, a cominciare dal tracciato. Ma la giunta regionale ha espresso il suo «giudizio favorevole di compatibilità ambientale» sul progetto della sublagunare. La delibera, proposta dall’assessore Renato Chisso, è stata pubblicata sul Bur, il bollettino regionale, l’11 settembre.

La giunta ha recepito a sua volta il parere favorevole della commissione regionale Via, presieduta dal commissario del Passante Silvano Vernizzi. Un via libera con una lunga serie di prescrizioni. Adesso l’iter della contestata opera riparte. Riparte anche la campagna avviata dal comitato «No sublagunare», che ha cominciato la raccolta delle firme contro un progetto che rischia di stravolgere gli equilibri della città storica e della laguna. Tante sono le perplessità, raccolte negli studi dei tecnici di Comune e Provincia. Ma anche delle associazioni ambientaliste e di Italia Nostra, che annuncia una massiccia campagna per denunciare al mondo - come già era stato fatto con successo nel 1990 - l’ennesimo rischio per la città dei Dogi.

Tra le osservazioni presentate al progetto, messo a punto dalle imprese Mantovani (la stessa del Mose e del nuovo Ospedale di Mestre) Studio Altieri e Net Engineering, con una minima quota ancora in possesso di Actv, ne sono state accolte soltanto quattro. Il comitato Città metropolitana che esprime «appoggio e sostegno al progetto», la Municipalità di Burano e la commissione di Salvaguardia, che però non ha esaminato il progetto. Classificati «fuori termine» i giudizi critici di Ecoistituto, Verdi Ambiente e società, Associazione Murazzi e gruppo Lega Nord, che suggeriva di valutare prima altre alternative, compreso l’hovercraft. E il centro provinciale di Studi urbanistici che propone addirittura di allungare il tracciato fino al Lido.

Adesso la palla ripassa al Comune, che ha tenuto negli ultimi mesi su questo una linea molto prudente. Diverse le opinioni e numerosi i pareri contrari. ma c’è chi spinge per il «fare», a cominciare dalla Camera di commercio, da Forza Italia e dall’ex sindaco Paolo Costa, che aveva inserito la sublagunare nel 2002 tra le opere di pubblica utilità e conferito l’incarico per il progetto.

Intanto le perplessità sull’effettiva utilità dell’opera crescono. «Non ha senso, meglio migliorare i trasporti via acqua», sostiene Vittorio Gregotti, uno dei più grandi progettisti italiani nel mondo. Per collegare con il tubo sotto la laguna Tessera all’Arsenale si dovranno spendere almeno 350 milioni di euro, per metà anticipati dai privati. La grande opera servirà per risparmiare qualche minuto sull’attuale percorrenza via acqua. Un taxi veloce impiega da Tessera a Fondamente Nuove dai 20 ai 25 minuti, la sublaguinare ne impiegherà 14. Ma si dovranno costruire sei stazioni con piazzali in cemento e uscite di sicurezza in mezzo alla laguna., nuove stazioni di treni a Murano, Fondamente Nuove e San Giovanni e Paolo che stravolgeranno lo skyline e l’equilibrio socio economico dell’area, destinata ad essere invasa da nuove molttidudini di pendolari mordi e fuggi. Osservazione inviata alla Regione da un privato, la signora Chiara Rossi e condivisa da molti. «La sua osservazione trova riscontro all’interno del parere e delle integrazioni prodotte sull’argomento», gli ha risposto la commissione regionale. Che invita a verificare se nel sottosuolo lagunare «ci siano sacche di metano» e se «le stazioni siano in contrasto con il Palav». Ma intanto il progetto va avanti. (a.v.)

Molti altri articoli in questa cartella

«La sublagunare? Non risolverebbe niente e porterebbe solo altri turisti. E poi non regge dal punto di vista economico». Vittorio Gregotti (foto sopra), architetto con studio a Milano, ma veneziano d’adozione, famoso in tutto il mondo per i suoi progetti, boccia senza appello il treno sotto la laguna. «Non ho cambiato idea, è uno strumento inadatto a risolvere i problemi di traffico per una città come Venezia», dice, «mi pare che molti esperti trasportistici abbiano espresso questa opinione».

Più che andare sotto terra e sott’acqua, insomma, secondo il grande architetto occorre semmai «valorizzare e modernizzare il trasporto acqueo esistente».

«A Venezia il trasporto acqueo è una grandissima opportunità, non certo un impedimento», aveva detto nell’ottobre del 2001, alla vigilia dell’approvazione da parte della giunta Costa (assessore Roberto D’Agostino) del Piano Strategico con dentro proprio il Prusst e il progetto di sublagunare, «bisogna valorizzare la specificità di Venezia». Oggi non ha cambiato idea. Anzi. «Anche dal punto di vista culturale ho qualche difficoltà ad accettare l’idea di una sublagunare a Venezia. Meglio investire in ricerca sul trasporto acqueo. I nostri vaporetti sono bellissimi, ma sono gli stessi dal 1930». Un’idea che era stata a un certo punto raccolta dall’ammnistrazione comunale. «Faremo una gara internazionale per trovare un mezzo veloce che colleghi via acqua Tessera a Venezia facendo meno onde possibile», aveva annunciato il vicesindaco Michele Vianello lo scorso anno. Il problema è infatti quello di collegare in modo «rapido» l’aeroporto alle Fondamente Nuove. Oggi un taxi acqueo ci impiega in media 20-25 minuti, la sublagunare (del costo di 450 milioni di euro) ne impiegherebbe 14. Da qualche mese il dibattito sul futuristico progetto, già bocciato nel 1990 dalla cultura mondiale, si è riacceso. Nonostante le molte critiche, l’iter non è stato bloccato.

E non è soltanto una questione di minuti. Ma di impatti ambientali e socioeconomici di un nuovo flusso di arrivi che molto difficilmente, sostengono i critici al progetto, interesserebbe veneziani e pendolari. Ma porterebbe in città altre migliaia di turisti in aggiunta agli attuali.

«Un vero disastro», dice Vittorio Gregotti, «perché già oggi questa città è invasa dal turismo. E il grande errore, negli ultimi anni, è stato quello di non mettere un freno al proliferare selvaggio di alberghetti, affittacamere e bed and breakfast. In questo modo i residenti se ne sono andati per lasciare il posto ai turisti. Su questo bisogna riflettere per ripartire.» (a.v.)

Sull'argomento e sulle ragioni della critica si vedano i numerosi documenti in questa stessa cartella, interamente dedicata alla questione

Alla vigilia della riunione della Commissione regionale di valutazione ambientale - chiamata domani a un parere tecnico sul progetto di Metro aeroporto-Arsenale, aggiornato e rivisto alla luce delle 28 prescrizioni (alcune molto pesanti) date ai progettisti dalla stessa commissione - Comune e Provincia firmano un comunicato congiunto che, di fatto, vede oramai aperta la strada al contrastato progetto. A due condizioni: Via e danaro statale. In una nota congiunta, il sindaco Cacciari e il presidente della Provincia Davide Zoggia precisano che in base a una delibera di giunta del 2003 («Sindaco prof. Paolo Costa, assessore ai Lavori pubblici avv. Marco Corsini, assessore all’Ambiente dr. Paolo Cacciari», tanto per dare nome e cognome a scelte e responsabilità) veniva dichiarata di pubblico interesse la proposta presentata dalla cordata Actv, Sacaim, Studio Altieri, Impresa di Costruzioni Mantovani, Arsenale Venezia, Save Engeenering, Metropolitana Milanese, Net Engeenering, Banca Nazionale del Lavoro: «In base a tale delibera si sono avviate le procedure conseguenti, fino alla presentazione del progetto preliminare da parte dell’Ati». Come dire: la partita è stata iniziata da altri. «Le attuali amministrazioni provinciali e comunali, con la Camera di Commercio», proseguono Cacciari e Zoggia, «hanno proceduto nell’esame di tale progetto, riscontrandone puntualmente alcuni limiti di natura tecnica e ambientale e richiedendo integrazioni e modifiche. Il documento, frutto del lavoro di un comitato tecnico costituito dagli enti sopracitati, è stato inviato all’Ati, che risulta aver proceduto alla revisione del progetto preliminare». Superato l’iter regionale sarà necessario, poiché la sublagunare «rientra nella Legge obiettivo nazionale, procedere ad una Valutazione di impatto ambientale; occorrerà altresì, parallelamente, ottenere garanzia formale per l’inserimento del progetto tra quelli realmente finanziati (e non solo finanziabili!) della Legge Obiettivo», atti che «non rientrano nei compiti e responsabilità degli enti locali».

I soldi? Cacciari e Zoggia sono lapidari: «Ribadiamo che il finanziamento degli interventi per lavori pubblici interessanti il nostro territorio deve essere assunto come priorità nazionale». Poi in una nota successiva precisano: «Il riferimento è a salvaguardia, manutenzione della città, rivitalizzazione e sviluppo sociale».

Mentre l’assessore regionale ai Lavori pubblici, Renato Chisso, assicura che «per quanto riguarda la Regione, la commissione Via completerà la sua valutazione entro metà luglio», in città si riorganizzano i No-Metro. «Questo progetto è letale per Venezia», commenta Albert Gardin, «perché altererebbe i connotati della laguna e il delicato equilibrio ecologico, incrementando il turismo mordi e fuggi. Evidentemente, sopravvive il “comitato degli affari”». Appuntamento per i No-Metro alle 11.30, alla taverna da Baffo a Sant’Agostin. (r.d.r.)

Notizie e commenti sulla "metropolitana sublagunare" in questa cartella

ROMA. La lista è lunga, lunghissima. E molto costosa: 60 miliardi di euro in 5 anni. Ma il ministro alle Infrastrutture Di Pietro non sembra curarsene. Eccolo, dunque, il «master plan» delle grandi opere ritenute prioritarie dal governo Prodi. Riecheggia l’elenco infinito della Legge obiettivo che fu di Berlusconi. Infatti, per la provincia di Venezia non manca nulla: ecco il Passante («in avanzata fase di realizzazione») e le sue opere complementari, la terza corsia sull’A4 tra Quarto d’Altino e Villesse, l’Alta velocità, i collegamenti ferroviari tra Corridoio 5 e aeroporto Marco Polo, la nuova Romea. Poi, per Venezia, la sistemazione del nodo ferroviario tra centro storico e Mestre e la Sublagunare, «opera indispensabile». Infine, per togliere ogni residuo dubbio, pure il Mose.

VENEZIA. Mose, Nogara mare, Grande Raccordo Anulare di Padova, Terza corsia della Venezia Trieste, Pedemontana veneta, e, ovviamente, Passante di Mestre con le sue opere complementari e anche la Sublagunare: sono queste alcune delle principali opere che il nuovo piano delle priorità presentato ieri dal ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro indica per il Veneto. È il frutto della lunga rivisitazione del programma delle opere di Berlusconiana memoria che Di Pietro ha fatto sulla base di alcune priorità: disegnare una rete di collegamenti infrastrutturali strategici.

E ancora completare le opere avviate e che sono già a buon punto di realizzazione, mettere in cantiere quelle che sono condivise da tutti i livelli regionali, subregionali e nazionale. Si tratta di un lavoro di scrematura che ha il pregio di stabilire delle priorità ma che è solo un primo passo: perché non indica quali sono le fonti di finanziamento e cioè dove si troveranno i soldi per metterle in cantiere o mandarle in porto. È però una prima indicazione su che cosa ha intenzione di fare il governo dell’Unione quanto a infrastrutture. Ecco le priorità per il Veneto individuate per il prossimo quinquennio.

Mose. Il documento descrive a lungo i lavori previsti dal programma di difesa dalle acque alte e gli interventi alle bocche di porto per costruire le conche di navigazione. Alla fine indica che l’intervento è inserito in legge Obbiettivo per un costo stimato di 4 miliardi e 271 milioni. Le risorse assegnate sono 1.579 miliardi. Ne mancano 2.691.

Passante di Mestre e opere complementari. L’opera viene messa a pieno titolo nel nuovo piano. Nel documento si dice quel che ormai si sa da tempo e che cioè l’Anas deve risolvere il problema del mutuo da contrarre per finanziarlo. Quanto alle opere complementari, invece, si dovrebbe essere a posto perché il bilancio regionale e quello statale hanno già stanziato 106 milioni di interventi.

Nogara Mare. L’intervento è oggetto di finanza di progetto e la quota di contributi pubblici è già inserita nel bilancio regionale. La Regione chiede però che l’opera venga inserita in legge Obiettivo solo per procedure.

Grande Raccordo anulare di Padova. Il costo dell’intervento è di 600 milioni, le risorse assegnate pari a 560 e gli altri 40 milioni sono stati già stanziati dalla Regione.

Terza corsia Venezia-Trieste. È anche essa inserita in legge Obiettivo con finanziamenti approvati dal Cipe per un costo stimato di 373 milioni risorse assegnate per 78 milioni e un fabbisogno residuo di 295 milioni che tiene conto degli extracosti derivanti delle interferenze con la linea Tav.

Pedemontana veneta. Inserita nella legge Obbiettivo con finanziamenti approvati dal Cipe per un costo stimato di 1.989 milioni con risorse che sono interamente assegnate.

Tangenziali venete. Sono le opere complementari e parallele all’A4 tra Verona, Vicenza e Padova. È in corso di presentazione alla Regione Veneto una proposta di finanza di progetto per un importo complessivo di 1.250 milioni senza richiesta di contributo pubblico. È necessario mettere l’opera in legge Obiettivo solo per le procedure.

Valdastico Nord. Il costo dell’intervento che decongestiona il nodo autostradale di Verona e l’autostrada del Brennero fino a Rovereto è previsto in 1.350 milioni e la Regione chiede che venga messo in legge Obiettivo.

Oltre alle opere autostradali, che contemplano anche la Nuova Romea, sono elencate quelle necessarie a completare l’alta velocità ferroviaria. Una luna lunga serie di finanziamenti che per ora non si sa dove trovare.

Il ponte ferroviario austriaco del 1846 aveva risolto solo in parte la "noiosa condizione" degli abitanti di Venezia i quali, oltre che in barca, non potevano recarsi in terraferma e tornare in città se non in treno, essendo il ponte precluso a carrozze e a pedoni.

Nel 1880, il comune autonomo di Murano, che contava 4000 abitanti ed era in fase di rilancio come centro vetrario artistico ed industriale, era collegato a Venezia con un servizio pubblico di due traghetti: quello delle gondole (in numero di 36, con tariffa di 30 centesimi per una persona sola e lo centesimo a testa se più di tre) e quello dei due barconi "omnibus" a remi, da e per Rialto, che costava 10 centesimi a persona, di giorno e venticinque di notte.

Lo stesso Cimitero Comunale, nell’isola di S. Cristoforo, era accessibile ai veneziani che non possedevano un natante soltanto per mezzo di trasporto a remi a pagamento.

Negli ultimi decenni dell’800, ad opera di alcune personalità cittadine (Carlo Pisani, direttore di "Rinnovamento"; contrammiraglio Fincati; Giuseppe Barbaro, sen. Antonio Fornoni, sindaco di Venezia, ecc.) prendeva forma l’ idea di una seconda via di comunicazione "libera, continua e stabile" tra la città insulare e la terraferma.

Da alcuni muranesi, in primis dal sindaco di quel Comune, cav. Colleoni, fu in particolare sostenuta la necessità che una nuova via per carrozze e pedoni dovesse seguire un percorso tale da rendere raggiungibili a tutti gli abitanti di Venezia, pedibus calcantibus e gratis, sia l’isola del Cimitero, sia l’isola di Murano.

Uno dei principali fautori di quest’ultima idea fu l’ abate Vincenzo Zanetti (1824-1883) sacerdote, cavaliere ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e della Legion d’onore, storico, studioso di tradizioni, scrittore prolifico, fondatore del Civico Museo Vetrario, economista concreto: poliedrica figura di murane se fremente d’amor patrio e di passione cittadina, risuscitatore, nell’isola, dell’antica arte del vetro, che leggeva nel nuovo collegamento con la terraferma il salto di qualità nello sviluppo socio-econornico del suo Comune.

Non volendo arrendersi all’opinione che già correva a quei tempi, cioè: "che a Venezia, ormai ridotta alla condizione di Museo d’arte monumentale, non rimarrà in breve altra vita che quella che le può derivare dalla frequenza degli stranieri che s’invogliano di visitarla" egli vedeva nell’auspicato legame carraio con la terraferma anche il mezzo per ridare slancio all’intera città insulare che, pur potendo contare (seconda la Statistica Municipale del 1879) su un capitale umano di 131.276 residenti - cioè il triplo di quello dei nostri giorni! - era in stato di grave declino: con la nuova strada, secondo Zanetti "Venezia, in una parola, cesserà di essere una città fuori del mondo e i suoi cittadini... saranno liberi di muoversi, di partire e di ritornare quanto loro interessa e aggrada".

L’abate Zanetti s’incaricò quindi di far conoscere e di sostenere, attraverso l’opuscolo: "La nuova strada tra Venezia e la Terraferma -Sul Progetto del cav. Antonio Baffo -Cenni ed apprezzamenti del cavo prof. Vincenzo Zanetti -Pubblicato per cura del Progettista, Venezia, Tip. Del Commercio di Marco Visentini, 1880" i vantaggi e le convenienze di un disegno di collegamento che rispondeva appieno a queste sue attese.

Il progetto dell’ing. Baffo prevedeva un ponte di attraversamento della laguna "per vetture, tramways e pedoni" lungo 6480 metri, alto sul medio mare così da consentire il passaggio di barche piccole o ad albero mobile (le più grandi e quelle ad albero fisso sarebbero passate attraverso una sezione girevole), costruito integralmente in ferro e poggiante su pali abbastanza sottili da opporre insignificanti resistenze alle correnti di marea, al fine di evitare interrimenti o di alterare il regime idrodinamico della laguna.

Partendo dal margine nord della città (Fondamente Nove) il ponte avrebbe toccato l’isola del Cimitero, puntando verso Murano, da dove dirigendosi con un angolo retto verso nordovest avrebbe traversato - parallelamente al ponte austriaco, ma più a nord – lo specchio lagunare, atterrando nei pressi di Campalto, in un punto fin d’allora snodo di vie di traffico verso un gran numero di paesi contermini, e luogo della costruenda ferrovia Mestre-Portogruaro.

Aspetto di particolare interesse è che il percorso progettato dall’ing. Baffo non si sarebbe fermato, dalla parte di Venezia, al margine della città, ma sarebbe penetrato, con una allee di 430 metri di nuova costruzione, fino al suo baricentro urbanistico, che lo stesso progettista identificava nel campo SS. Apostoli, incrocio di tre sestieri, a un passo da Rialto, dove allora si concentrava tutta la vita commerciale.

Chi conosce Venezia sa che questo campo, da cui si diparte Strada Nova, non è poi così vasto, ne geometricamente così felice da poter essere pensato come punto d’arrivo intermodale di un nuovo accesso, alla grande, di gente e merci, senza dolorosi adattamenti che probabilmente non avrebbero potuto risparmiare la Chiesa dei SS. Apostoli (particolarmente cara a chi scrive) alla stregua di come non fu rispettata la cattedrale gotica nel centro storico di Bratislava, toccata a metà della sua altezza dalla circonvallazione urbana, costruita dopo it1968.

Zanetti, invece, pur conscio che "la questione dellallargamento delle strade per Venezia, città eminentemente storica e monumentale. ..è sempre ardua a risolversi..." sul punto non vorrebbe indugiare, in quanto la costruzione della nuova allee "non presenterebbe fortunatamente alcuna difficoltà ne dal punto di vista della espropriazione e conseguenti demolizioni, ne da quello dei riguardi storici, monumentali ed artistici" in quanto "lungo il tracciato della nuova via non esiste alcun monumento, alcun oggetto d’arte, alcuna memoria storica che meritino d’essere conservati".

Il carattere originale di questa parte di Venezia, insomma, non avrebbe subito danno, in quanto i canali esistenti nella zona sarebbero stati rispettati e si sarebbe mantenuto "il duplice vantaggio dell’approdo delle barche per acqua e dell’accesso delle carrozze per terra", anche se prima di congiungersi al ponte, nel suo tratto estremo la nuova allee passerebbe attraverso un’ area libera di oltre 10.000 mq "terreno indispensabile per la costruzione di scuderie, di rimesse, di magazzini di deposito" dove avrebbe potuto tenersi "un settimanale mercato, forse anche un mercato franco...".

Forse il motivo per il quale il ponte lagunare dell’ing. Baffo non fu mai realizzato (benché su di esso convergessero, sempre secondo l’ abate Zanetti, riconoscimenti d’ opportunità, assensi strategico-militari, approvazioni d’ordine idraulico, convenienze economiche e previsioni di vantaggi locali) andrebbe ricercato proprio nell’aspetto che riguarda la parte del percorso che irrompeva nel cuore della città, anziché fermarsi alla sua soglia.

La proposta di convertire il plesso urbanistico dei SS. Apostoli in "terminal" non poteva non apparire infatti, anche allora come una fatale inoculazione di "normalità" - nelle vene di una città che da secoli aveva costruito la sua cifra urbana sul rifiuto della contemporaneità - che avrebbe provocato l’insopportabile ritorno al centro di Venezia di cavalli e carrozze, e il trapianto, nel segmentato e diseguale ordito urbano, di improbabili "Unter den Linden" (come, in realtà, preconizzava lo stesso Zanetti: "lungo la sua linea sorgerebbero nuovi edifici decorosi, e giardini").

La pretesa di poter designare e apparecchiare certi luoghi interiori della città come stazione da e per la terraferma, senza valutare, con la debita circospezione, l’impatto mutageno di questa scelta sul tessuto urbanistico e sociale, si ripropone ancora oggi a Venezia con l’inquietante naivete di un ricorso storico, nel progetto di portare alla luce il tubo esplosivo della "sublagunare" (Aeroporto di Tessera, - Murano -Venezia) nei pressi silenziosi dell’Arsenale, proprio all’interno di una superstite periferia di vivente venezianità. Le ragioni della necessità di quest’ultimo ponte (subacqueo per disponibilità di nuove tecnologie, ma fin da subito oggetto di molte critiche a causa dell’impatto sul sistema geologico del fondo lagunare e delle antiestetiche "uscite di sicurezza" emergenti dalle acque, che lo rivelano) pur ricalcando in qualche modo quelle dell’abate Zanetti, ne differiscono profondamente nel loro senso finale. L’interscambio più diretto, frequente e massivo di gente tra Venezia e il continente attraverso la "sub-lagunare" non è certo inteso, come nel 1880, a risparmiare i costi dei traghetti ai veneziani e alle "donne del latte, che partendosi da Campalto o dai paesi finitimi, e varcando il fiume Osellino, per transitare il quale si paga un pedaggio, si recano a Venezia ogni mattina per tempissimo, colla barca".

Il pensiero dell’abate Zanetti poneva al centro delle sue cure la necessità di invertire i "desolanti presagi" e la "triste condizione economica cui la città nostra è ridotta": cioè salvaguardare e mantenere nel tempo Murano e Venezia come città.

Il fine della "sub-lagunare" appare, invece, quello di facilitare il flusso di un sempre maggior numero di turisti attraverso la diversificazione e la specializzazione degli accessi: l’ opera non riesce a convincere di poter attivare e sostenere una più efficace mobilità urbana, anche perché i punti d’arrivo sulle due sponde (Favaro a Mestre; Fondamente Nove e Arsenale a Venezia) risulterebbero troppo eccentrici per inaugurare un efficiente e complessivo daily urban system di circolazione di persone e merci nell’area metropolitana.

Postilla

Tanto più che il centro della Terraferma mestrina e il centro di Venezia sono già colegati da quattro corsie per i vettori su gomma, quattro bunari ferroviari e una via d'acqua.

VENEZIA. Un patto segreto tra il sindaco Costa e il ministro Lunardi. Per dare il via libera alle grandi opere, al Corridoio 5 e all’Alta Velocità in cambio della sublagunare. E’ questa la tesi del deputato veneziano dei Democratici di sinistra Michele Vianello. Che lancia un appello perché sia avviato un dibattito «trasparente» sulla sublagunare e sul futuro urbanistico della città nei prossimi decenni.

Un sasso nello stagno. Che riaccende la polemica in città sull’utilità delle grandi opere. E apre di fatto la campagna elettorale per il nuovo governo della città. Vianello, 52 anni, ex vicesindaco del ticket «silurato» dal sindaco Costa nella verifica dell’estate del 2001, dice di non voler polemizzare con il primo cittadino. Ma il suo messaggio è chiaro. «Il futuro di questa città non può essere delegato al governo Berlusconi e a qualche suo ministro», scandisce, «e nemmeno deciso nel chiuso di una stanza tra poche persone. Sono scelte che cambiano l’assetto urbanistico di Mestre e Venezia, e vanno discusse in modo democratico con i cittadini e le forze politiche».

Lo scandalo, secondo Vianello, consiste nel fatto che per realizzare il progetto di sublagunare, da sempre cavallo di battaglia del sindaco Costa, il Comune ha avviato procedure e progetti ma non ha i soldi. «Ho scritto una lettera al ministro Lunardi e lui mi ha garantito i finanziamenti, che saranno resi disponibili dal fondo nazionale per le metropolitane», assicura Costa.

Ma a Vianello i conti non tornano. Collegando la sublagunare all’Alta velocità, avverte, si cambia completamente lo sviluppo urbanistico dell’area. L’idea prevalente, sponsorizzata da Lunardi, è quella di scavare un grande tunnel ferroviario sotto Mestre e di far arrivare la stazione dell’alta velocità (Tav) da Lione a Tessera. La sublagunare diverrebbe allora una stazione complementare della Tav, Tessera il nuovo centro economico e strategico con le nuove «aree d’oro». Una trasformazione radicale, con l’abbandono di Fusina e degli altri terminal. «Discutiamone, ma in modo trasparente», avverte il parlamentare.

Cosa prevede quello che Vianello definisce il «patto Costa-Lunardi?». Prima di tutto, il finanziamento statale dell’opera proposta dal Comune. Un’operazione complessa, a cui starebbero lavorano l’assessore Marco Corsini - già avvocato dello Stato e consulente di Costa quando il professore era ministro dei Lavori pubblici - e Ercole Incalza, dirigente del settore economico delle Ferrovie oggi nello staff di Lunardi. Il finanziamento della legge nazionale destinata alle metropolitane prevede anche un contributo per Venezia. Ma il ministero, come ha annunciato a sorpresa lo stesso Costa, ha chiesto adesso la Valutazione di impatto ambientale.

«Questo prevede che l’opera sia approvata dal Cipe», attacca Vianello, «e così rischiamo di delegare ancora una volta a Roma, come si è fatto per il Mose, ogni decisione sul futuro della nostra città». Il secondo scoglio è procedurale. «Se la sublagunare diventa opera di interesse strategico nazionale», continua Vianello, «deve essere inserita del Documento di programmazione economica votato dal Parlamento, poi approvata dal Cipe e finanziata. Ma a quel punto la legge prevede che si debbano fare le gare anche per la scelta dei privati del project financing, il gruppo di imprese scelto da Costa è composto da Actv, Sacaim, Mantovani, Altieri, Arsenale spa, Save Engineering, Metropolitana milanese e Bnl. «Vuol dire che in ogni caso», conclude Vianello, «saranno problemi della prossima amministrazione». La provocazione è lanciata.

Levata di scudi contro le «forzature» della giunta per la sublagunare. «Una scelta già fatta e votata dal Consiglio comunale», ha detto l’assessore ai Lavori pubblici Marco Corsini in una intervista alla Nuova. «Non è affatto vero», lo smentisce la presidente del Consiglo Mara Rumiz, «è ora di smetterla con il gioco delle tre carte. La città non vuole essere espropriata come per la Biennale, il Mose e la Cini».



«Non ho preclusioni a discutere sui nuovi progetti», dice la Rumiz, «ma non si possono forzare le procedure. Quando nel Piano Triennale abbiamo votato il collegamento veloce Tessera-Arsenale era per attivare i fondi statali. E la giunta aveva garantito che non si trattava di un via libera al progetto. Occorrono procedure chiare e trasparenti». Di «forzature evidenti» parla anche il deputato dei Ds Michele Vianello, che annuncia un ricorso alla Corte dei Conti. «Vorrei sapere», attacca, «come mai se l’opera è a carico dello Stato i soci del promotore Actv non siano stati scelti con una gara. Com’è possibile che il pubblico metta i soldi e il privato compartecipi? E’ un regalo per pochi». «In genere io credo nella politica, non mi piace chiedere l’intervento della magistratura. Ma viste le forzature evidenti dell’assessore Corsini, che mi auguro abbia parlato a titolo personale, non resta altra strada che chiedere l’intervento della magistratura».

Dure critiche a Corsini e alla politica della giunta arrivano anche dai Verdi. «Invitiamo l’assessore a portare subito in Consiglio comunale il progetto e soprattutto la comparazione tra il collegamento veloce sublagunare e quello per via acquea», dice il capogruppo Flavio Dal Corso, «non è affatto vero che il Consiglio comunale abia deciso, e non basta attivare procedure per dire che una città ha deciso cambiamenti epocali». Polemico anche Sandro Bergantin, vicepresidente del Consiglio comunale, autore insieme a Dal Corso, Gianfranco Bettin e Pierluigi Gasparini (Ds) di una interrogazione sull’argomento. «Non si può considerare un’opera già approvata con una furbizia procedurale», dice. E a pochi mesi dalle elezioni il dibattitito si infiamma. Il sindaco Paolo Costa e i suoi fedelissimi (tra cui l’assessore Corsini) sono determinati ad accelerare le procedure per portare avanti il progetto di sublagunare. «E’ stato approvato, e poi era nel programma del sindaco», ripete Corsini, Avvocato dello Stato portato a Venezia da Paolo Costa nel 2000. Il tubo da Tessera all’Arsenale (prolungabile al Lido) prevede 7 fermate e 11 grandi piazzole di emergenza in mezzo alla laguna, e un tram che porterebbe dall’aeroporto all’Arsenale 2400 persone l’ora in 14 minuti, la metà di quanto si impiega per via acquea. Costo, 360 milioni di euro, di cui il 60 per cento a carico dello Stato. Un progetto contestato, già bocciato 15 anni fa sull’onda della protesta internazionale.

«Il Consiglio comunale ha già deciso. La sublagunare si deve fare, e io ho il dovere di portare avanti tutte le procedure di legge». E’ un assessore «tecnico», ma di politica se ne intende. Marco Corsini, avvocato dello Stato da quattro anni assessore ai Lavori pubblici chiamato da Paolo Costa, non lascia spazio a dubbi: «Non capisco questo allarme, non ci sono forzature, né viene espropriato il Comune». Due anni dopo, riesplode la polemica sulla grande opera sotto la laguna. La novità è che in questi giorni in Provincia è stato depositato lo Studio di Impatto ambientale, cioè il progetto dettagliato di quello che succederà con i lavori. Un passaggio imprevisto, perché in origine la sublagunare doveva essere finanziata tutta dalle imprese.

Poco importa che siano sempre di più i dubbi e le riserve sulla grande opera, già proposta da Gianni De Michelis 15 anni fa e bocciata sull’onda della protesta internazionale. Non conta che molti consiglieri abbiano chiesto un dibattito urgente. L’iter va avanti, e Corsini lo difende. Il suo obiettivo, dice, «è quello di mantenere le promesse e realizzare le opere ferme da anni».

Dunque hanno torto i consiglieri che denunciano la mancanza di un dibattito in Consiglio comunale?

«La programmazione dei lavori pubblici è di competenza del Consiglio comunale, e questa è stata esercitata nel 2002, quando è stato apprrvato l’inserimento nei programmi della sublagunare, che peraltro era già un punto del programma elettorale del sindaco».

Una righetta in un documento basta per decidere una trasformazione epocale?

«Non è una righetta, è il passaggio previsto dalla legge. Non posso accettare che si riduca a cavillo una procedura di legge. Se qualcuno per convenienza politica ha fatto finta di non vedere non so che farci. Si fanno dibattiti di ore per un marciapiedi...»

Forse la sublagunare è opera un po’ più complessa.

«Il principio non cambia. Se il Consiglio comunale vota sì, io ho il dovere di portarla avanti. Ma ora il Consiglio comunale ha esaurito il suo compito. Chi decide deve assumersi la responsabilità, non si può sempre tornare indietro: ci sono impegni presi e contratti firmati».

Una procedura forzata che ricorda un po’ quella del Mose. I lavori sono cominciati, eppure la città aveva espresso forti dubbi, il Consiglio comunale aveva addirittura votato no al progetto definitivo.

«Qui è più semplice, perché quest’opera non è stata concepita a Roma, ma a Venezia»

Lei è sicuro che Venezia la voglia, questa sublagunare?

«Ammetto che il dibattito finora non c’è stato, in una città dove si passano mesi a dibattere sulle opere finite, come la scala della torre di Mestre. Ma si farà, la procedura di Via lo prevede».

Non sarà tardi, magari con i contratti già firmati?

«Se il Consiglio comunale viuole può fare una mozione e chiedere che tutto si fermi. Ma è una scelta politica».

I saggi nominati dal Comune avevano bocciato il progetto, due anni fa.

«Avevano dato un parere articolato e molte prescrizioni. Il nostro responsabile del procedimento Roberto Scibilia ha ritenuto accolte tutte le prescrizioni».

Secondo lei il tram sott’acqua è una priorità per questa città e ne risolve i problemi?

«Da solo non basta, è evidente. Ma comunque se si va sotto è meglio. Si riduce anche il moto ondoso, e si rivitalizza l’Arsenale».

Val la pena fare tutto questo lavoro per risparmiare un quarto d’ora? Perché non provate con un vaporetto, magari studiato per correre di più e fare meno onde?

«Perché la scelta è già stata fatta. E io ho l’incarico di portarla a termine».

I soldi ci sono tutti?

«Il 60 per cento li metterà a disposizione lo Stato, i privati da soli non ce la facevano».

Come mai le imprese in corsa sono le stesse del Mose, della Fenice, di Insula, del Parco di San Giuliano?

«Questo non lo so. Io faccio sempre le gare e chi vince vince. Anche per il progetto si farà una gara, e vincerà il migliore. In ogni caso sono imprese che i lavori li finiscono. La Holzmann e la Ferrovial le abbiamo dovute cacciare».

Sulla Sublagunare si veda anche:

Salzano, Vogliono bucare Venezia

Vitucci, Sublagunare, domani il verdetto

Erbani, Se la Laguna si trasforma in un Club Mediterannée

Vitucci, La politica degli annunci

È una polemica tutta interna ai Ds quella sulla sublagunare e sui finanziamenti (veri o presunti, a seconda dei punti di vista) che il governo ha annunciato per l'opera nel Documento di programmazione economica e finanziaria: 290 milioni di euro, anziché i 220 previsti. Una "pioggia" di soldi che ha dato il "la" al sindaco Paolo Costa e al presidente Actv, Walter Vanni, per annunciare il prolungamento fino al Lido. Ma è proprio su Vanni, ex consigliere regionale diessino e uomo del partito di lungo corso, che calano le critiche di Michele Vianello, deputato della Quercia che invece è molto scettico sulla possibilità che i soldi inseriti dal governo nel Dpef ci siano veramente.

Vianello attacca Vanni sul piano politico dopo che il presidente di Actv, a capo della cordata di imprese che deve realizzare la sublagunare, aveva definito indispensabile una intesa tra la maggioranza del centrodestra e la maggioranza del centrosinistra per realizzare le grandi opere.

«Eh no - sbotta Vianello rivolto al "compagno" Vanni - non ci siamo proprio, niente trucchi. È diseducativo verso una città continuare a illuderla, costringerla a una spasmodica ricerca di denaro pubblico anche quando non c'è. Per la costruzione della sublagunare non c'è un euro pubblico stanziato e non sono disponibile a litigare per realizzate opere non finanziate. Così si fa del male al centrosinistra».

«No, caro Vanni - scrive il deputato veneziano - non sono disponibile ad andare a pietire da Lunardi, come da Galan. A questo si riduce il rapporto con l'Italia berlusconiana. Il rapporto con il centrodestra, seguendo le procedure e la filosofia della legge obiettivo, vuol dire meno mercato, meno trasparenza, meno risorse per l'imprenditoria sana veneziana, meno rispetto per la città e il suo ambiente lagunare. Quanto alla sublagunare, ha senso la richiesta di attivazione di finanziamenti pubblici e privati, a una condizione: che l'oggetto dell'investimento sia la riqualificazione di un'area che comprenda l'Arsenale, l'Idroscalo, Sant'Andrea e una parte del Lido. In questo contesto è necessario un trasporto veloce, anche sublagunare. Così si mantiene la gestione di una qualsiasi linea di trasporto, viceversa pagherebbero le già esigue casse dell'Actv».

«Infine, caro Vanni - conclude Vianello - ti dice niente il fatto che Lunardi per poter proseguire la realizzazione delle "grandi opere" sia costretto ad annunciare l'introduzione del pedaggio, che graverà sulle tasche di milioni di famiglie italiane, di 4.200 chilometri di strade Anas?».

Ma sulla sublagunare il confronto non è solo politico. Anche il mondo economico non resta a guardare. Il presidente della Camera di commercio, Massimo Albonetti, ricorda come il progetto di cui si sta discutendo sia nato proprio sotto l'egida dell'ente camerale. «A partire dal 1998 - spiega - la Camera di commercio si è impegnata nella realizzazione di infrastrutture con gli studi di fattibilità della Romea commerciale e del Passante e il progetto preliminare della Sublagunare, con un investimento di 4 miliardi di vecchie lire. Questo ci ha permesso, senza protagonismi, di cedere al Comune lo strumento necessario per il project financing, così che l'opera potesse diventare realtà». Un percorso che parallelamente ha dato risultati anche sul piano della mediazione fra categorie e politica. «Con anni di anticipo sulla legge Merloni, che solo nel 2000 riconosce alla Camera di commercio un ruolo nelle infrastrutture - aggiunge Albonetti - abbiamo cercato di costruire intorno ai progetti il consenso di tutti, con l'obiettivo di mettere in rete coloro che possono decidere per portare risorse a Venezia. Così come va riconosciuto alla Camera di commercio di Venezia l'impegno nel facilitare i rapporti sia con il ministero, sia con la Regione».

«Per la sublagunare non c’è una lira» Da Roma Michele Vianello nega l’esistenza di un finanziamento

I soldi non ci sono. Il deputato Ds Michele Vianello ha in mano il Documento di programmazione economica e finanziaria varato dal governo e gela chi afferma che il governo ha trovato 290 milioni di euro per la metropolitana lagunare. E l’esponente diessino non risparmia battute polemiche nei confronti del sindaco e del presidente dell’Actv, che hanno diffuso la notizia ed espresso soddisfazione.

«Mi spiace che il sindaco Paolo Costa e Valter Vanni si siano lasciati trarre in inganno dal ministro Pietro Lunardi, bastava fare una verifica con i parlamentari dell’Ulivo per comprendere come la metropolitana lagunare di Venezia non sia finanziata» afferma Vianello. Sfoglia l’atto governativo tanto discusso e spiega: «Innanzitutto il Documento di programmazione economica e finanziaria detta solo gli indirizzi, non è un documento contabile, in secondo luogo non c’è traccia di metropolitana lagunare».

Ci sono però gli allegati e nel documento presentato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dal titolo «Programmare il territorio, le infrastrutture, le risorse», si trova traccia della infrastruttura veneziana: «A pagina 126-127 - legge Vianello - c’è una tabella, la 2.1 intitolata Aggiornamenti e proposte, con la voce metropolitana lagunare dove si nominano altre grandi opere, a fianco due colonne, nella prima sono segnalati i costi degli interventi, nella seconda le disponibilità finanziaria. Orbene, per la metropolitana di Venezia il costo segnalato è di 290 milioni di euro e sotto la voce disponibilità si legge: verifica-ricorso a forme di partnerariato pubblico e privato».

A questo punto il deputato diessino trae le sue considerazioni: «Il centro-sinistra oggi (ieri per chi legge: ndr) ha votato contro il Dpef anche perchè proprio tra le promesse e le cifre esiste una differenza sostanziale. Vorrei ricordare al duo Costa-Vanni che il ministro Lunardi, per grattare il fondo del barile, è costretto a far pagare ai cittadini italiani il pedaggio su 420 chilometri di strade dell’Anas». Insomma i soldi non ci sono e non solo per la metropolitana lagnare, «e allora perchè litigare su cose inesistenti?» chiede polemicamente Vianello.

E’ noto che il deputato veneziano è critico non tanto sulla necessità della metropolitana, ma sulle procedure scelte dal Comune per arrivarci. Sostiene che con il sistema previsto ogni decisione verrebbe sottratta alla città passando in mano allo Stato

Costa: «Opera fondamentale» Vanni: «Collegamento col Lido»

296 milioni di euro per la sublagunare. E’ questa la cifra stanziata nel Dpef secondo le informazioni in possesso del presidente di Actv Valter Vanni. Che spiega: «Con altri 50 milioni di euro reperiti dal raggruppamento di imprese, si puo’ prevedere grazie ai 70 milioni di euro in più concessi dallo Stato alla sublagunare di realizzare anche il collegamento da Arsenale al Lido, che costerà 120 milioni euro in più dei 340 milioni già stabiliti per il primo tratto di sublagunare. E’ una opportunità straordinaria da cogliere, nell’interesse di 17 mila persone che vivono nell’isola ma lavorano in centro storico o in terraferma». L’annuncio del finanziamento per la sublagunare insomma riapre immancabilmente la discussione sul prolungamento fino al Lido della linea veloce di collegamento. Vanni invita la giunta comunale a decidere e sostenere la necessità di allungare la tratta finora ipotizzata da Tessera alla Fondamenta Nuove. Ma nella maggioranza di centrosinistra sulla Sublagunare non c’è ancora un consenso dichiarato. Anzi, i Verdi continuano a dire di No. «Siamo contrari, l’abbiamo ribadito anche nel documento di discussione nella maggioranza in vista delle prossime elezioni e chiediamo prima di tutto una valutazione di impatto ambientale ma anche una analisi socio-economica e sulle alternative», spiega il prosindaco Gianfranco Bettin. E la parlamentera Luana Zanella: «L’impegno del governo sulla Sublagunare è frutto di un accordo che ha travalicato le sedi istituzionali, in particolare il Consiglio comunale». Valter Vanni assicura che la valutazione di impatto ambientale si farà. «Per avere i finanziamenti serve la valutazione di impatto ambientale. Bisognerà ora produrre uno studio di impatto ambientale e poi ottenere la valutazione dalla Provincia». Stessa conferma arriva dall’assessore ai Lavori Pubblici Marco Corsini. «La legge obiettivo non cancella la valutazione di impatto ambientale ma la anticipa alla progettazione preliminare», spiega l’assessore.

«La sublagunare è una opera fondamentale: lo certifica anche l’impegno economico del Governo» dice invece il sindaco di Venezia Paolo Costa. «I fondi stanziati nel Dpef per la sublagunare e la dimensione dell’intervento economico - spiega Paolo Costa - non devono sorprendere. Anzi: il fatto che l’impegno dello Stato sia superiore a quello atteso, pur in un periodo non facile, certifica l’importanza del progetto. Si dimostra che la sublagunare è un’opera fondamentale. Se già oggi la sublagunare risponde all’assoluta necessità di collegamento tra Venezia e l’aeroporto, domani costituirà l’indispensabile collegamento tra Venezia e l’alta velocità della rete europea, che avrà un suo snodo - come il casello di un’autostrada - proprio nella zona di Tessera. Anche gli stanziamenti del Governo, quindi, confermano la validità e l’utilità di un progetto che affronta il problema dell’adduzione a Tessera nel rispetto dell’ambiente lagunare, su cui risulta non impattante». L’iter comunque non cambia. «Andiamo avanti con l’iter stabilito, che prevede da una parte lo Studio di Impatto ambientale, e dall’altra un’ampia consultazione, perché la città sia pienamente consapevole della validità e della centralità del progetto». (m.ch.)

Troppa grazia, Sant'Antonio! Nel Dpf 2005 - 2008 approvato l'altra sera dal consiglio dei ministri sono previsti interventi infrastrutturali per 5 mila 387 miliardi di euro, tra i quali 290 milioni per il metrò sublagunare. La cordata capitanata dall'Actv che ha presentato il progetto Tessera - Arsenale, però, aveva chiesto un finanziamento pubblico di "soli" 220 milioni di euro, e dunque ora si apre uno scenario nuovo. «Certo - afferma il presidente dell'Actv, Valter Vanni -: si può andare fino al Lido»!

Come si ricorderà, il ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, all'inaugurazione della Fenice aveva promesso di portare a Venezia gran parte dei contributi statali necessari per la costruzione del metrò, ma è andato oltre ogni aspettativa, assegnando a Venezia perfino più di quanto richiesto. Molto probabilmente, Lunardi ha stanziato per la sublagunare l'intero budget veneto per i collegamenti aeroportuali, sui quali anche Verona aveva delle aspettative.

Il progetto presentato dall'Actv e dai suoi partner in finanza di progetto costerà 350 milioni di euro, di cui, si diceva, 220 di contributo pubblico e 130 sborsati direttamente dai proponenti, ma ora Venezia si trova ad avere 70 milioni di euro in più del previsto. «Se con 220 milioni di euro - osserva Vanni - lo Stato cofinanziava la tratta Tessera - Arsenale, ora, con questo stanziamento in più, e con altri 48 - 50 milioni di euro che dovremmo stanziare noi mantenendo la stessa proporzione, potremmo arrivare al Lido». Per la cordata, aggiunge Vanni, si tratta di un bel tema di riflessione. «Con la prosecuzione al Lido del metrò il miglioramento qualitativo e funzionale del progetto è alto - sottolinea il presidente dell'Actv - e tutto l'equilibrio economico e finanziario dell'operazione si regge meglio».

Ad ogni buon conto, ora il progetto del metrò sublagunare entra in una fase veramente operativa. «Noi - dice Vanni - abbiamo tutte le carte che ci servono, e siccome ci sono i soldi andiamo a prenderceli». L'Actv, insomma, non si ferma per le polemiche politiche che circondano il progetto del metrò sublagunare, e che da oggi sono immancabilmente destinate a rinfocolarsi, specie dopo che il Polo Rossoverde ha deciso di fare di Mose, Chimica e appunto sublagunare le discriminanti per rinnovare la coalizione di Centrosinistra in vista delle amministrative dell'anno prossimo.

Anche i Ds, cioé il partito di Vanni, sono molto critici verso il progetto, e il segretario regionale della Quercia, Cesare De Piccoli, ha già anticipato che i temi posti dal Polo Rossoverde meritano una riflessione forte. «Ma noi siamo un'azienda - replica il presidente dell'Actv - mentre il resto del mondo è altro. Certo - aggiunge - ora il Comune può rinunciare al finanziamento, ma voglio vedere»!

Sullo stesso argomento:

un mio articolo su l'Unità (1992)

due articoli di Alberto Vitucci su la Nuova Venezia (2003)

VENEZIA. «Il sindaco ha detto una bugìa. Non è vero che la giunta Cacciari aveva approvato il progetto di sublagunare. Le carte lo dimostrano». Il consigliere comunale dei Ds Pierluigi Gasparini sventola la delibera approvata nel 1999. Nel progetto Prusst si parla della nuova darsena di Tessera, dei Terminal, del nuovo polo della ricerca all’Arsenale. Ma la parola sublagunare non compare. Si chiede alla Camera di commercio di studiare le ipotesi per un «collegamento rapido fra Tessera e l’Arsenale». Costa sostiene invece che il progetto è già stato approvato, nel bilancio di 2 anni fa, e dalla giunta il 13 novembre scorso. Una tesi che ha scatenato la durissima protesta della maggioranza, trovando consensi solo nel centrodestra.

«Si è passato il segno», sbotta il capogruppo di Rifondazione Pietrangelo Pettenò, «Costa e Vanni si fermino. Vogliamo sapere come mai l’Actv che non ha soldi per far andare i vaporetti si mette a spendere miliardi insieme ai privati per un progetto del genere. Basta con il gioco delle tre carte». Rifondazione ha convocato per il 14 maggio un’assemblea cittadina e annuncia la nascita di un comitato «Contro la sublagunare per migliorare i trasporti sull’acqua», dice Pettenò. Una frenata clamorosa, che vede stavolta unita tutta la maggioranza.

«Non esiste che il Consiglio comunale sia espropriato di questa materia», frena il vicesindaco Michele Mognato, «dobbiamo discutere del futuro di questa città cominciando dall’Sfmr, dall’Alta Velocità, dallo stadio. E valutare con attenzione le ricadute del progetto di sublagunare. Bisogna ridurre i tempi di percorrenza, questo è certo».

Dei dissidi in maggioranza si fanno beffe intanto i consiglieri di opposizione. «Situazione intollerabile», scrive Paolo Dall’Agnola, «si faccia un Consiglio comunale straordinario. Se quelle posizioni saranno confermato il sindaco si dimetta». «Preso atto che diversi consiglieri Ds e di Rifondazione non riescono a comprendere l’iter della sublagunare», scrive Renato Boraso, «preso atto che finalmente la giunta ha approvato la scelta di avviare la progettazione, si chiede al vicesindaco Mognato e all’assessore Paolo Cacciari di illustrare ai colleghi la sua posizione, dato che la giunta del 23 novembre non era composta solo dal sindaco». La deliberain cui su proposta dell’assessore ai Lavori puibblici Marco Corsini si dichiarava la sublagunmare «progetto di pubblico interesse», era stata approvata da otto assessori su 12. Aseenti Loredana Celegato (Sdi), Paolo Cacciari (Rifondazione), Beppe Caccia (Verdi) e Luciano De Gaspari (Ds).

Un’accelerazione che alla gran parte dei consiglieri di maggioranza proprio non piace. Il sindaco Costa non fa mistero di voler affrettare i tempi, e vuole presentare il progetto alla città. «Finalmente si è smesso il tempo delle chiacchiere», dice, «quel progetto è strategico per la Venezia del futuro, a maggior ragione oggi che l’Europa ha approvato il Corridoio 5». Costa, che è anche presidente della commissione europea trasporti, sostiene che oggi «ci si deve collegare rapidamente con Tessera, per raggiungere la nuova stazione dell’Alta Velocità che arriva da Lione». Per questo ha già chiesto al ministro Lunardi il finanziamento statale con le proceedure della Legge Obiettivo. Una strada «pericolosa» secondo il deputato dei Ds Michele Vianello. «Perché significherebbe espropriare la città anche dalle scelte urbanistiche». La battaglia, con la campagna elettorale alle porte, è appena cominciata.

L'immagiune qui sotto è tratta da http://www.beniculturali-patrimoni.it/grandiopere/immagini/venezia1.jpg


VENEZIA. Il sindaco Costa forza i tempi sulla sublagunare. Ma trova alleati solo nell’opposizione. La maggioranza di centrosinistra gli ha infatti imposto ieri un clamoroso stop, proprio durante la seduta di commissione che avrebbe dovuto sancire il via libera all’iter della contestata grande opera. «Lei fa il gioco delle tre carte», gli ha gridato senza mezzi termini il capogruppo di Rifondazione Pietrangelo Pettenò prima di abbandonare l’aula. E un brusco altolà è arrivato anche dai Ds.

«C’è un problema politico rilevante su questo progetto», ha scandito il capogruppo Livio Marini, in genere portato alla prudenza, «prima di parlare di sublagunare vanno valutate anche le alternative». A pochi giorni di distanza dalla burrascosa riunione di maggioranza vanno dunque deteriorandosi i rapporti tra il sindaco Costa e i partiti che lo sostengono. «Ho chiesto questa riunione per informare il Consiglio», ha spiegato Costa, «dato che tra qualche giorno la proposta sarà presentata alla città. Il Consiglio comunale ha già autorizzato l’avvio delle procedure di project financing quando ha approvato il bilancio di due anni fa. Nel novembre scorso la giunta utilizzando i suoi poteri ha approvato una delibera che definisce il progetto di pubblica utilità». Procedure a posto, secondo il sindaco. Quanto ai finanziamenti, Costa ha ripetuto di aver chiesto al ministro Lunardi l’inserimento della sublagunare tra le grandi opere della Legge Obiettivo.

Apriti cielo. Sandro Bergantin (Città Nuova, vicepresidente del Consiglio comunale), ha espresso «parere negativo». «E’ una forzatura, si vuole far passare un progetto condizionandolo ai finanziamenti. Non sempre i progetti finanziati sono buoni, basta pensare al Mose». «Con queste procedure la città sarebbe espropriata anche sul Piano regolatore», gli ha fatto eco il diessino Pierluigi Gasparini. Imbarazzato anche il presidenter della commissione, il verde Flavio Dal Corso, che ha ricordato come si debba prima fare la Valutazione di impatto ambientale e considerare le alternative. «Se la sublagunare ci mette 18 minuti, quanto ci metterebbe una motonave?». Una mano al sindaco è arrivata dal centrodestra: «La sublagunare va fatta», ha detto Paolo Bonafè (Udc). Luca Rizzi (Forza Italia) ha chiesto di passare al progetto. «Il resto», ha detto sono problemi della maggioranza. Se li risolvano tra loro». Al coro degli arrabbiati si sono aggiunti anche Danilo Rosan (Gruppo Misto) e Renato Darsiè (Pdci). «Perché non ci dicono quale impatto anche sociale avrà questa grande opera sulla città? Alla fine, l’assessore Marco Corsini ha ammesso che con le procedure della Legge Obiettivo la parte urbanistica non sarebbe più di competenza del Comune. «La città sarà espropriata», protesta Marini. Pettenò annuncia sfracelli: «Non finisce qui», ha detto, abbandonando l’aula per protesta. Ma il sindaco, che cominciato la sua campagna elettorale per l’Europarlamento, è deciso ad andare avanti. E la sua maggioranza scricchiola.

Sullo stesso argomento ho scritto:

Su l'Unità del 21.4.1992

Su Eddyburg il 26.7.2003 (in margine a un articolo di A. Vitucci)

Un progetto devastante. Perché infrange il duro strato di argilla consolidato da millenni (il “caranto”) che è la base geologica dell’intero sistema delle isole della Laguna. Perché introduce ulteriori pesanti elementi di degrado del lieve paesaggio lagunare. Perché apre la strada a ulteriori speculazioni immobiliari.

E soprattutto, perché è finalizzato a obiettivi in radicale contrasto con i valori di Venezia e del patrimonio universale che essa costituisce: l’accentuazione del turismo di massa (ben più devastante dalle acque alte); l’omologazione a una “modernità” che ai tempi di Marinetti poteva sedurre, oggi è ovunque in crisi profonda; la negazione di una delle qualità essenziali di Venezia, la lentezza dei tempi dei percorsi nella città, condizione per l’atteggiamento contemplativo, e obiettivo (insieme alle bellezza dei percorsi) per una città a misura d’uomo.

Due articoli di Alberto Vitucci, su la Nuova del 23 e del 25 luglio 2003, informano sulla minaccia in atto.

P. S. – Sull’edizione online dello stasso giornale c’è un sondaggio sulla sublagunare. Truccato. Infatti: la domanda è: “La metropolitana sublagunare serve a risolvere i problemi di trasporto tra Venezia e Mestre?”. Se il lettore pensa che la metropolitana colleghi Venezia e Mestre, è facile che risponda si, perché il quesito pone solo il tema del trasporto tra le due città: non pone il problema del turismo, né quelli dell’ambiente. Ma il bello è che la Sublagunare proposta non collega Venezia con Mestre, ma solo con l’aeroporto di Tessera e il sistema autostradale: serve ai turisti, non ai mestrini.

Sublagunare, domani il verdetto

Tre stazioni e un terminal in mezzo alla laguna per il metrò

VENEZIA. Gli esperti esterni hanno bocciato il progetto. Ora il Comune si affida a una commissione interna. Il futuro della sublagunare è affidato a un pool di direttori centrali che si riunisce domani per esprimere il parere sull’opera. Anche tra gli «interni» emergono perplessità.

Riguardano l’aspetto geologico dell’intervento e il suo impatto ambientale (soprattutto per le quattro stazioni in laguna), i suoi costi, le modalità di smaltimento dei milioni di tonnellate di materiale che dovrebbe essere scavati per far posto al tunnel lungo cinque chilometri. E poi i rapporti costi benefici. La sublagunare è un progetto a cui il sindaco Costa tiene molto, inserito tra le priorità della sua amministrazione nonostante l’opposizione manifestata da molte forze ambientaliste e della cultura. Si tratta di un collegamento subacqueo fra Tessera e l’Arsenale, per trasportare «passeggeri e merci», con fermate intermedie a Murano e Fondamente Nuove, e un terminal in mezzo alla laguna per l’interscambio tra treno e vaporetti. Un progetto del costo di circa 300 milioni di euro, presentato in Project financing dall’Actv. I costi dovrebbero essere per il 40 per cento (120 milioni di euro) a carico di Actv, il resto finanziati dal Comune. Secondo i proponenti, la sublagunare consentirà di «rivitalizzare l’area di nord est della città», a cominciare dall’Arsenale. Secondo i critici, a parte gli aspetti di natura culturale e ambientale, è un progetto che non si regge in piedi economicamente. E che porterà nuove masse di turisti.

Qualche mese fa la commissione di esperti incaricata dal sindaco Paolo Costa («Saranno i migliori al mondo», aveva promesso) aveva bocciato il progetto. Era composta da Ennio Cascetta, docente all’Università di Napoli, Virginio Bettini (docente Iuav), Alberto Burghignoli (La Sapienza), Dino Rizzi (Ca’ Foscari), Pier Vettor Grimani, Silvio Pancheri e Antonio Stefanon. Numerose le obiezioni mosse dagli esperti, anche sul piano trasportisico. «Sulla base di quelle la commissione proverà a fornire alla giunta proposte di modifica», dice l’ingegnere Roberto Scibilia, responsabile del procedimento. «E noi sulla base dell’una e dell’altra relazione decideremo se accogliere la proposta del’Actv», dice l’assessore ai Lavori pubblici Marco Corsini. Entro settembre, una decisione dovrà essere presa. Tra l’imbarazzo della componente ambientalista della giunta e di una parte dei Ds da sempre contrari al treno. E tra i dubbi espressi dagli esperti del Comune. Per costruire la sublagunare, che dovrebbe ospitare per la prima volta sotto la laguna il sogno futurista, si dovranno sbancare milioni di metri cubi di laguna. Le stazioni saranno costruite in parte sott’acqua, con una piattaforma e grandi camini di sfiato in superficie. La stazione più grande sarà quella di Murano - dove è previsto anche un interscambio per le merci, e quella di Fondamente Nuove, dove da anni si discute - naturalmente a vuoto - di introdurre un collegamento acqueo frequente con Tessera, magari con motonavi.

Sublagunare, corsa a ostacoli Un tunnel ferroviario sotto la laguna lungo sette chilometri ALBERTO VITUCCI

VENEZIA. Corsa ad ostacoli per la sublagunare. La commissione interna incaricata dalla giunta ha concluso ieri i suoi lavori, consegnando le relazioni dei direttori di settore al responsabile del procedimento Roberto Scibilia. Le perplessità sul progetto aumentano, e vanno ad aggiungersi a quelle degli esperti esterni che avevano bocciato il progetto due mesi fa. Ora toccherà a Scibilia mettere nero su bianco tutte le osservazioni, e consegnarle alla giunta, che dovrà prendere la decisione definitiva.

La riunione finale, presieduta dalla direttrice generale Ilaria Bramezza, ha avuto qualche momento di tensione. Come quando la direttrice ha invitato tutti ad «astenersi dal dare informazioni alla stampa» e a «limitarsi a dare le integrazioni al proponente (l’Actv) perché il progetto possa andare avanti». «Non spetta a noi promuovere o bocciare il progetto», ha detto la Bramezza, «è una decisione politica».

Intanto però le osservazioni tecniche negative si moltiplicano. Ci sono quelle dei trasportisti, che chiedono «approfondimenti» sulle previsioni del movimento di passeggeri. Poi quelle degli economisti, che devono calcolare l’aspetto dei costi benefici e il riflesso sulla struttura socio economica della città. E infine quelle ambientali. Un’opera di grande impatto, anche emotivo, che prevede un tunnel di sette chilometri sotto la laguna, con il treno al di sotto dell’acqua e del caranto. Per fargli posto si dovranno estrarre dai fondali lagunari milioni di metri cubi di materiale. Dove metterli e soprattutto come gestirli, anche in base alla legge nazionale sulle bonifiche? Non basta. Il tracciato del tunnel subacqueo attraversa un’area Sic (Sito di interesse comunitario) e quindi in realtà vincolata dalle norme europee che prevedono soltanto un suo «mantenimento o miglioramento a livello ambientale».

Infine c’è l’impatto ambientale, soprattutto per le stazioni. Saranno quattro, di cui una in mezzo alla laguna per «l’interscambio fra treno e vaporetti». In parte subacquee, ma con gli accessi in superficie. E lunghi camini per gli sfiati ogni seicento metri.

«Il percorso è complicato», ammette l’assessore ai Lavori pubblici Marco Corsini, «ma questa è un’opera di grande impatto, a tutti i livelli, e noi vogliamo fare le cose per bene. Adesso esamineremo la relazione finale che sarà scritta da Scibilia, poi dopo le ferie decideremo». L’intento dell’assessore Corsini e dello staff del sindaco è quello di fornire all’Actv - che ha presentato la proposta di progetto in project financing elementi per modificare il progetto e andare avanti. Un progetto a cui il sindaco Costa tiene molto, avendolo inserito non solo nel suo programma elettorale, ma tra le priorità per il prossimo biennio di governo della città. Una posizione condivisa con imbarazzo dalla componente rossoverde della maggioranza, in testa Rifondazione e Verdi, con dentro buona parte dei Ds. «Si deve approfondire, poi decideremo», hanno detto a più riprese Paolo Cacciari, assessore all’Ambiente di Rifondazione e Gianfranco Bettin, prosindaco dei Verdi. Ma intanto il progetto va avanti. Entro i primi giorni di settembre la giunta deciderà se fare propria la proposta avanzata da Actv, che prevede di realizzare l’opera con un finanziamento di 120 milioni di euro, con 180 milioni di euro di finanziamento pubblico. «Ci affideremo a una commissione di esperti, saranno i migliori del mondo», aveva detto il sindaco Costa. La commissione ha però espresso un giudizio negativo sul progetto, sollevando dubbi di natura economica, ambientale e geologica. Così il Comune ha chiesto auna commissione di interni di formulare nuove osservazioni. «Sulla base delle une e delle altre decideremo», fa sapere l’assessore Corsini. Ma la polemica sul treno sotto la laguna non si placa. Se ne parlerà dopo le ferie estive.

Un mio articolo del 1992:

Vogliono bucare Venezia

VENEZIA. Grandi opere avanti tutta. I privati non partecipano alla finanza di progetto per la sublagunare ritenendola poco conveniente? Ci pensa lo Stato. L’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare nelle prossime ore, ma il Cipe, il Comitato interministeriale per le grandi opere ha già deciso: finanzierà il discusso treno sotto la laguna.

La riunione si è svolta l’altro ieri a Roma, nella sede del ministero delle Infrastrutture. Si è parlato di rifinanziamento del Mose, e di dirottare una parte di quei fondi per la manutenzione richiesta dal Comune. Ma si è parlato anche di infrastrutture e trasporti. Nella parte relativa ai fondi per i collegamenti con gli aeroporti, il ministro Pietro Lunardi ha proposto sia inserita anche la sublagunare. Un progetto da sempre caldeggiato dal sindaco Paolo Costa, che lo ha inserito nel suo programma elettorale e nel programma delle opere pubbliche votato dal Consiglio comunale. Al ministro Lunardi i tunnel sono sempre piaciuti, anche perché la sua azienda di famiglia è la prima in Italia quanto a costruzione di gallerie. Il 21 dicembre, il giorno dell’inaugurazione della Fenice, il ministro aveva fatto la promessa solenne a Costa: i fondi per la sublagunare li darà il governo. Adesso l’ha mantenuta.

Il progetto del futuristico treno sotto la laguna fa dunque un ulteriore passo avanti, a dispetto della contrarietà espressa - come del resto sull’altro grande progetto, il Mose - da gran parte della maggioranza di centrosinisrea, a cominciare dai rossoverdi. L’iter però non si ferma. Secondo Costa si tratta di una «priorità» dell’amministrazione, un’opera definita di «pubblico interesse». E adesso il finanziamnto sembra assicurato. Per varare il contestato progetto di collegamento Tessera-Arsenale, la giunta aveva lanciato la procedura del project financing, la finanza di progetto per cui una cordata di privati concorre per il 46 per cento alla spesa della nuova infrastruttura, in totale circa 400 milioni di euro. Il gruppo comprende l’Actv (capogruppo), Sacaim e Mantovani, le due imprese che fanno parte del Consorzio Venezia Nuova e hanno ricostruito la Fenice, la Save Engineering, la Banca nazionale del Lavoro, l’Arsenale spa, lo Studio Altieri di Vicenza. L’ipotesi, nata in vista dell’Expo, è quella di collegare sott’acqua Tessera all’Arsenale.

Idea non nuova, quella di unire la laguna alla terraferma con i mezzi tradizionali. Avevano cominciato i futuristi, poi negli anni Sessanta si era pensato di prolungare l’autostrada fino alle Vignole. Infine alla fine degli anni Ottanta il progetto di Gianni De Michelis, in vista dell’Expo Duemila, proposto dalla giunta di centrodestra guidata da Ugo Bergamo ma bocciato sull’onda della protesta internazionale. Adesso la giunta Costa ci riprova. Ieri il sindaco ha insediato l’«Osservatorio tecnico» tra Comune e Camera di commercio che dovrà seguire «le fasi di realizzazione della metropolitana sublagunare, monitorare l’avanzamente e se del caso, avanzare proposte». Ne fanno parte Armando Bettiol, Ilaria Brameza, Ambra Dina, Giorgio Miani, Romano Tiozzo e Salvatore Vento. Il sindaco fa sapere che ora «aprirà il confronto nella maggioranza per coinvolgere poi l’intera città».

In un anno l’analisi del progetto preliminare di tram sublagunare, grazie al gruppo di esperti nominato dal Comune, ad alcuni docenti e ricercatori della Facoltà di Pianificazione e alle prime verifiche in Commissione di Salvaguardia, ha evidenziato alcune problematiche qui sintetizzate.

- Il progetto non è solo in contrasto con tutte le norme del Piano ambientale regionale della laguna (PALAV) e del Piano Regolatore comunale (PRG e Varianti della città storica, di Mestre e della Laguna) ma è anche e soprattutto in contrasto con la loro “filosofia” come ha dichiarato lo stesso progettista, il Prof. Benevolo, in Commissione Salvaguardia.

- Il progetto è stato predisposto senza il confronto con le proposte alternative che possono ottenere gli stessi risultati con molto minor tempo, spesa e impatti ambientali. La scelta del sistema di trasporto è stata fatta dall’ACTV con logica e interesse aziendali miopi. Si vuole infilare in un tubo sott’acqua il tram di Mestre, dopo averlo fatto proseguire per 4 km in mezzo alla campagna da Favaro a Tessera (in concorrenza con il futuro collegamento all’aereoporto del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (S.F.M.R.), per ridurre gli investimenti e i costi di gestione dell’azienda.

- Si ipotizza di trasportare nelle giornate più cariche circa 8.000 persone complessive per senso di marcia (stime tutte da verificare). I circa 2500 cittadini viaggiatori pendolari ci metterebbero almeno 1 ora e 50 minuti (con tram pienissimi: 4 persone a mq), cui va aggiunta parte dei circa 5500 turisti giornalieri (caratterizzati da tempi rigorosamente contingentati e concentrati negli arrivi e partenze); se si aggiunge tra le 7 e le 9 qualche volo capace di portare 3-400 passeggeri per Venezia il disastro sarebbe completo.

Per andare da Tessera a F.te Nuove si risparmierebbero circa 10 minuti rispetto ai mezzi acquei ma poi occorre risalire di 22m (da – 20 a + 2 m. sul medio mare per evitare il rischio di invasione di un’acqua alta eccezionale) lungo un tunnel obliquo di circa 60 metri.

Invece di valutare comparativamente le diverse opzioni (tecnologie differenti e servizi acquei) si è scelto un sistema profondamente inadatto alle quantità (pur modeste) e alle qualità della domanda ipotizzata.

Con il paradosso che la linea Favaro-Tessera (dove non c’è domanda) viene realizzata con doppio binario e una frequenza di 30 minuti mentre la linea Tessera-Venezia (con domanda stimata fortemente concentrata) viene realizzata a binario unico e avendo una frequenza ogni sei minuti non trova connessione .

Se le stime si rivelassero errate e i ricavi netti scendessero sotto al 90 % di quelli attesi il Comune sarebbe tenuto a compensare le passività di esercizio.

Per quanto riguarda la compatibilità ambientale i proponenti sanno pochissimo degli aspetti idrogeologici, geologici, stratigrafici e geotecnici del sottosuolo e non sono in grado di escludere che la costruzione del tubo alla profondità di -20 m (con spostamenti e assestamenti di materiali, vibrazioni, peso, stabilità, ecc) modificando la struttura dei sedimenti e i flussi di acqua e di gas sotterranei sconvolga gli equilibri del sottosuolo (e i cicli biochimici e l’inquinamento della laguna in sinergia con i lavori per la realizzazione del Mose). Ciò mentre l’interconnessione degli equilibri è tale che “nelle falde acquifere si riproducono, con ritardi di qualche ora, le variazioni di pressione e di livelli dell’acqua dovute alle corrispondenti fasi di marea che si verificano in superficie” e “Venezia, in una particolarissima e precaria condizione galleggia sugli strati di caranto … come su una membrana elastica” (Ing. Rusconi Montedison, Arch. Giuseppe Rosa Salva, 1992).

Altri problemi sono stati evidenziati quali l’insostenibilità della rumorosità a F.te Nuove e la non sopportabilità di questi flussi di persone nelle strette calli retrostanti, l’aumento dei flussi turistici indotti e il grande aumento dei prezzi delle residenze nelle zone nord della città, la non accettabilità che i molti materiali di scavo del tunnel vengano scaricati in laguna a realizzare finte barene artificiali (mai esistite) lungo il lato est del canale di Tessera quasi a realizzare un argine trasversale alla Laguna a collegamento tra Tessera e Murano.

LE ALTERNATIVE

Nonostante tutto ciò sino ad oggi non è stata fatta la valutazione comparata delle alternative anche se le norme della Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) in vigore dal luglio scorso la prescrivono e anche se almeno alcune di queste alternative sono state prospettate sin dal 1990.

Sin da allora con la giunta Casellati si sono arretrati i più consistenti flussi turistici giornalieri dal P.le Roma al Tronchetto e si sono predisposti i Piani Particolareggiati per l’avvio dei Terminali acquei di Fusina e di Tessera. Per i turisti un servizio per l’arrivo a Venezia in circa 20 minuti lungo un percorso acqueo era ed è un modo ottimale per entrare da subito in sintonia con la città d’acqua e per non incentivare un approccio di massa “mordi e fuggi”. Ma il terminale di Tessera non è mai stato avviato e recentemente il Piano Particolareggiato è stato modificato per realizzare nell’area insediamenti commerciali, di uffici e alberghieri senza garantire la sua funzione primaria: manca la connessione da un lato con il sistema della mobilità su strada e dall’altro con la darsena per i servizi acquei.

Il sindaco Casellati chiese all’ACTV di avviare da subito il trasporto pubblico acqueo Tessera-F.te Nuove con vaporini o motonavi “piccole” (con circa 300 passeggeri e pescaggio limitato a 1,5 m) ipotizzando la realizzazione di un prototipo con carena “mangia-onde”. Nulla da allora si è mai realizzato nonostante che nel 2000, in occasione del Giubileo, siano stati concessi finanziamenti statali per l’avvio di questa linea.

Ma fin dal 1990 un altro progetto era stato inserito nel Piano Regolatore e prospettato alle Ferrovie per quanto di competenza. La realizzazione di un servizio ferroviario continuo (“navetta”) tra Mestre e Venezia (sui quattro binari del ponte sotto-utilizzati) per servire ampia parte dei cittadini pendolari (lavoratori e studenti) che tutti i giorni entrano a Venezia dalla terraferma (complessivamente circa 65.000).

Erano state previste due uscite laterali dalla stazione ferroviaria connesse a due pontili per i mezzi acquei (lato nord a S.Giobbe e lato sud prospicente il canale Scomenzera) per la connessione con un trasporto acqueo esterno alla città per ridurre la congestione del Canal Grande e del rio di Cannaregio (in dieci minuti si può arrivare a F.te Nuove e con poco più all’Arsenale).

Era stata verificata anche la possibilità di un trasporto meccanico di connessione rapida verso i pontili interno alla stazione ferroviaria (sotterraneo, trasversale ai binari e molto arretrato rispetto alla loro testata; con la possibilità di avviare anche un piccolo rialzo dei binari e una leggera salita verso la laguna con una pendenza del 2 per mille, per realizzare in una fase successiva anche l’innalzamento del ponte ferroviario con strutture sottili ma resistenti per consentire la realizzazione di un sistema acqueo circolare continuo esterno alla città).

La Ferrovia non collaborò alle proposte, ancor oggi è interessata solo alla valorizzazione immobiliare dell’area; quando pochi anni fa fu insediato un pontile sul lato sud della stazione prospicente il canale Scomenzera boicottò l’esperimento impedendo il transito dei passeggeri. Anche il finanziamento stanziato per realizzare la fondamenta e il nuovo ponte delle Vacche sul lato nord verso S.Giobbe non è stato speso.

Nel frattempo però, sia pur con grande ritardo dai primi progetti del 1992, sta per arrivare alla stazione S.Lucia il S.F.M.R. che connetterà la città storica con tutto il territorio della terraferma veneziana e del Veneto. E’ un’occasione strategica importantissima sino ad oggi ignorata e sottovalutata.

La nuova giunta Comunale ha una opportunità straordinaria per avviare operativamente una connessione del S.F.M.R. con i mezzi acquei che consenta l’accessibilità rapida dei pendolari a gran parte della città dall’esterno, fornendo un servizio rapido ai pendolari e decongestionando così anche il traffico acqueo lungo il Canal Grande e il rio di Cannaregio.

Titolo originale dell'HeraldTribune: A Venice Subway? Mayor hops aboard, e del New York Times: Venice Underground, traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini. In corsivo le parti pubblicate solo dal NYT

VENEZIA – Per un turista, il fascino di Venezia sta anche nel fatto che l’unico modo di muoversi per la città è a piedi, o in barca. Per il sindaco Paolo Costa, uno dei limiti della città è che l’unico modo di spostarsi è a piedi o in barca. Ed è per questo, dice, che ha proposto di costruire una metropolitana, che vada dalla terraferma al centro della città: la parte visitata da milioni di turisti all’anno. Il sindaco sostiene che una metropolitana potrà infondere nuova vita alla città, che secondo l’ufficio municipale di statistica ha una popolazione di 64.000 abitanti, contro i 175.000 di mezzo secolo fa.

”Venezia perde popolazione e posti di lavoro, e la cosa è destinata a continuare se non miglioriamo i collegamenti pubblici con la terra” ha sostenuto in una recente intervista Costa, veneziano di nascita. ”Naturalmente non sappiamo con esattezza come cambieranno le cose, con questo progetto, ma sicuramente manterrà posti di lavoro, e sarà un incentivo perché la gente continui ad abitare qui. È un atto per evitare che Venezia diventi un museo, frequentato solo dai turisti”.

Una commissione regionale di impatto ambientale deve decidere entro la metà di aprile se la linea metropolitana possa danneggiare la città o l’ambiente. Il progetto prevede una linea di otto chilometri (5 miglia) in sotterranea dall’aeroporto di Venezia sotto la laguna, l’isola di Murano, e fino al centro storico, dove la galleria scorre parallela alle rive del canale per finire nei pressi dei vecchi cantieri navali della città.

Per evitare di scavare sotto il centro, le stazioni della metropolitana saranno sotterranee, ma a circa 45 metri (150 piedi) dalle rive del canale. I passeggeri scenderanno in ascensore o scale mobili fino a una galleria che conduce alle stazioni. I treni scorreranno su ruote di gomma ad evitare vibrazioni che possano danneggiare la città. Per contenere i costi e ridurre l’impatto ambientale, ci sarà un binario unico utilizzato dai treni in entrambe le direzioni. I convogli potranno incrociarsi solo nelle stazioni.

La metropolitana, i cui sostenitori affermano possa essere pronta entro il 2009, sarà collegata con un tram per Mestre, il cuore commerciale di Venezia in terraferma, e alla stazione, da realizzarsi, della linea ad alta velocità in corso di costruzione fra Torino e Trieste. La metropolitana percorrerà gli otto chilometri dall’aeroporto ai vecchi cantieri navali in 14 minuti, meno della metà del tempo che si impiega con una imbarcazione, a un costo stimato di 2 Euro (2.65 dollari) per i residenti, e di 6 per i visitatori, contro quello di 5 Euro (10 per i visitatori) del vaporetto. È ancora troppo presto per dire se la metropolitana otterrà tutte le necessarie autorizzazioni.

Un precedente sindaco, Ugo Bergamo, aveva tentato senza successo nel 1992 di far costruire una metropolitana a Venezia. Ma il nuovo progetto presenta qualche differenza. Il primo era per una metropolitana tradizionale a due binari, con varie linee.

Il governo italiano si è impegnato a contribuire per il 56% ai 343 milioni di Euro preventivati dai promotori come costo dell’opera. Il resto sarà finanziato da investitori privati, che otterranno in cambio la gestione della metropolitana per 40 anni. Esiste un gruppo di investitori che intende finanziare il progetto, ma se esso sarà approvato, il comune afferma che la gara sarà aperta da altri concorrenti.

Molti veneziani si oppongono alla realizzazione della metropolitana, sostenendo che chi si trasferisce in terraferma non lo fa a causa dei trasporti pubblici, ma per i prezzi delle abitazioni in centro storico. In un sondaggio informale su 15 veneziani, 12 mi hanno risposto che la città non ha bisogno della metropolitana. Un’opinione condivisa da Paolo Cacciari, responsabile comunale per l’ambiente.

”Per mantenere gli abitanti ne centro della città, si deve fare qualcosa per tenere bassi gli affitti” dice Cacciari. “La metropolitana porterà più speculazione immobiliare, e questo renderà ancora più difficile permettersi di abitare qui”.

Entrambi gli schieramenti si stanno organizzando ora perché, sostengono, è il momento in cui si decideranno le sorti della battaglia.

Il meccanismo del project financing, dove alcuni investitori si fanno carico di parte dei costi di costruzione per trarre profitto dalla gestione dell’opera una volta conclusa, è stato sostenuto dal primo ministro italiano Silvio Berlusconi, nel tentativo di migliorare le infrastrutture nazionali in un momento di crescita economica limitata, e col paese caricato dal più pesante debito pubblico in Europa. Una legge del 2001, approvata su sollecitazione di Berlusconi, ha reso più facile agli investitori privati partecipare ai progetti pubblici.

Edoardo Salzano, professore fuori ruolo e già responsabile cittadino per l’urbanistica dal 1975 al 1985, non è a favore della metropolitana: “Costi da sostenere o meno, si tratta di un progetto di cui Venezia non ha bisogno” dice, “Una metropolitana aumenterebbe solo il numero dei turisti”. Costa e altri respingono questa affermazione.

Dalla parte dei critici, Roberto D’Agostino, responsabile cittadino per l’urbanistica, dice “Nessuno, da Tokyo o da New York, decide di Venire a Venezia perché c’è un modo più rapido per arrivare dall’aeroporto fino in centro”. I turisti continuano a voler prendere il vaporetto. Non vengono a Venezia per entrare in un tunnel”.

Postilla

Nella ridda dei candidati per il centrosinistra alla carica di futuro sindaco di Venezia non si riesce a comprendere qual'è l'atteggiamento della formazione (o delle formazioni) su alcune questioni nodali della città. La coalizione che fa capo ai DS e alla Margherita sembra cedere alla lunga pressione di Massimo Cacciari per il candidato Alessio Vianello (un giovane avvocato mestrino, membro della giunta Cacciari), ma sono candidati anche Mara Rumiz (DS, presidente del Consiglio comunale, che gode di un vasto consenso ma ha dinmostrato una certa autonomia dagli apparati, e poi...è donna), Michele Vianello (deputato, avversario del MoSE e critico sulla Metropolitana), Roberto D'Agostino (promotore delle discusse strategie urbanistiche iperliberiste, poste in essere dalle ultime giunte Cacciari-Costa), Gianfranco Bettin (Verde, ma tenacissimo supporter del sindaco Costa e suo difensore a oltranza nei momenti critici).

Un'alleanza tra Costa, Bettin e D'Agostino ha rovesciato qualche giorno fa il tavolo programmatico per bloccare la candidatura di Alessio Vianello. Fatto sta che, se sembra che si sia vicini all'individuazione del candidato sindaco, sulle cose da fare la nebbia è fittissima. L'accordo si sarebbe trovato solo su formulazioni evanescenti,così "politichesi" che, come nel passato per gli 11 punti del MoSE, andrebbero bene a tutti i poteri forti: al potente Consorzio Venezia Nuova, alla holding pronta ad accogliere i finanziamenti statali per la Metropolitana, alla proprietà immobiliare, ai padroni della chimica a Porto Marghera.

Per quanto squalificati (al limite della presentabilità) siano i candidati della destra, è presumibile che molti elettori di sinistra, delusi dei metodi arcaici adottati per scegliere il candidato e per la trasparente ambiguità dell'intravisto programma, voteranno scheda bianca.(es)

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