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Dopo il “rito ambrosiano”, “la pratica meneghina di piegare le norme al variare delle circostanze” (per dirla con De Lucia) e il “pianificar facendo” romano, “sinonimo eufemistico dell’urbanistica contrattata alla milanese” (sempre Vezio De Lucia nel “Giornale dell’Architettura”, maggio 2003) potrebbe essere il “centro-sinistra “moderno”“ a determinare il nuovo modo di fare urbanistica.

Così infatti, a domanda specifica, sembra essersi definito il gruppo dirigente del Comune di Campo nell’Elba, impegnato a prospettare, con Piano di Edilizia Economica e Popolare, Piano Spiagge e Piano Strutturale, linee e strategie di intervento sul territorio Campese.

Questa Amministrazione è la riconferma pressoché integrale del precedente Centro-Sinistra, a meno del Sindaco, evidentemente poco “moderno” perché non più ripresentato, nonostante si dovesse proprio alla sua immagine il clamoroso successo elettorale di allora (1995), dopo 20 anni di balena bianca, e l’apertura, a fronte di un lungo periodo di mancata Pianificazione (il Comune era dotato di un semplice Programma di Fabbricazione primi anni ‘70), di una nuova significativa stagione urbanistica. Coincideva, quella elezione, con l’emanazione della nuova Legge Regionale Toscana (la n° 5 del gennaio ’95) una Legge che promuove una grande apertura di credito (non sempre ben corrisposta) nei confronti degli Enti Locali nella determinazione pressochè autonoma dei propri strumenti urbanistici.

La coincidenza favorì indubbiamente, non solo come stimolo, l’interesse amministrativo ad assegnare significato ad indirizzi programmatici, obiettivi, finalità da perseguire e indicazioni strategiche per il governo del territorio, un orientamento finalizzato, dopo tanti anni di silenzio urbanistico, alla determinazione degli strumenti propedeutici di sostegno per la nuova pianificazione.

Lo studio fondamentale di questa linea di sostegno propedeutico, peraltro previsto dalla Legge 5 per la valutazione degli effetti sull’ambiente delle scelte di Piano, è il “Progetto Ambientale” che si è sviluppato tramite l’analisi storica dell’uso del suolo delle classi interessate (aree boscate e a macchia, aree agricole, aree a vigna, terrazzamenti, muri a secco, sorgenti, fossi) e delle loro variazioni relazionate alla cartografia di riferimento (1955) con visualizzazione delle trasformazioni all’inizio degli anni ’70, a metà degli anni ’80, a metà degli anni ’90.

La finalità dichiarata era la definizione dei Sistemi Ambientali Invarianti da sottoporre alla Pianificazione per l’organizzazione delle direttive di tutela, dei programmi di valorizzazione ambientale, degli interventi di riqualificazione territoriale e di rilancio dell’attività agricola, nella linea di un intervento di tutela dei valori ambientali attivato con il ripristino funzionale, anche sulla base delle agevolazioni CEE che prevedevano un regime di aiuti finanziari alle colture agricole a condizione che gli interventi avessero “effetti positivi per l’ambiente e lo spazio naturale” e che l’attività impiegasse metodi di produzione compatibili con le esigenze dell’ambiente, delle risorse naturali e del paesaggio. Lo studio interagiva con un complementare “Progetto di recupero delle Sorgenti Montane” e prospettava pure una metodologia di approccio alle Verifiche Ambientali da attuarsi da parte del Piano Strutturale tramite “Matrici” predisposte per mettere in relazione gli interventi provocabili sul Territorio dalle destinazioni funzionali delle diverse aree rispetto alle caratteristiche dell’ambiente naturale. Operativamente, nel rapporto col Piano Strutturale in elaborazione, il Progetto Ambientale prospettava momenti di reciproca verifica per permettere al Piano di utilizzare progettualmente le informazioni che derivavano dall’analisi dell’ambiente e, contemporaneamente, al programma di ricognizione dell’ambiente di verificare la rispondenza delle soluzioni ipotizzate rispetto alle esigenze ambientali.

La scadenza del mandato amministrativo e il conseguente rimando del Piano Strutturale alla prossima Amministrazione non parve problema per nessuno, vista, tra l’altro, la continuità tecnica e l’avanzata elaborazione interattiva col Progetto Ambientale (già approvato) che lo sosteneva. D’altra parte sarebbe stata proprio la pubblicazione delle “linee programmatiche” della successiva Amministrazione (giugno’99) a rendere merito alla precedente Amministrazione “caratterizzata dalla necessità – quasi emergenza – di intervenire su una realtà disaggregata che sembrava aver dimenticato ogni attenzione alla qualità del territorio e dei servizi”, riconoscendo anche che “l’eredità della Amministrazione degli ultimi quattro anni è importante e orientativa”, e soprattutto ricordando come il “Progetto Ambientale” che ha guidato la prima stesura del Piano Strutturale e il “Progetto di recupero delle Sorgenti Montane” abbiano realizzato “una lettura storica del territorio capace di recuperare la cultura antica pur rifuggendo da un immobilismo nostalgico”. Sulla base di queste lusinghiere argomentazioni e a commento di un documento regionale di “Istruzioni” per l’analisi degli effetti ambientali, pubblicato in inizio d’anno (Bollettino Regionale n° 6 del febbraio ’99), dopo un primo momento di assestamento amministrativo, viene presentata sull’argomento alla nuova Giunta una.specifica relazione che, indipendentemente dall’ovvia disponibilità ad operare le eventuali integrazioni, segnala l’omogeneità di analisi e contenuti ecocompatibili svolti sul territorio campese dal Progetto Ambientale a supporto del Piano Strutturale con le menzionale istruzioni tecniche della Regione, peraltro emanate successivamente all’approvazione Consiliare del menzionato Progetto. La disponibilità per un incontro operativo in proposito, pur dichiarata, non viene mai confermata. Per contro il 20 giugno 2000, esattamente un anno dopo le elezioni amministrative, con Deliberazione di Consiglio Comunale il Progetto Ambientale viene accantonato.

Delle aree salvaguardate per qualità ambientale, rilancio dell’agricoltura, tutela dei terrazzamenti e delle vigne, recupero del paesaggio e delle sorgenti montane, un anno prima indicate come capaci di esaltare “la cultura antica pur rifuggendo da un immobilismo nostalgico” non si parla più. Una squisitezza il dispositivo di Delibera che giustifica la riserva di annullamento del Progetto Ambientale con la finalità di “non costituire in alcun modo vincolo allo studio” del nuovo tecnico incaricato.

E’ sostanzialmente questo l’incipit della nuova politica territoriale. Gli eventi successivi, che portarono persino l’estensore del Piano Strutturale ad uscire dall’incarico, avrebbero in qualche misura reso più comprensibili (come si vedrà) le ragioni di quell’accantonamento, non potendo certamente esserci spazio nella nuova urbanistica “moderna” per quel lavoro mirato alla “definizione di un continuo ambientale chiamato a caratterizzare l’area periurbana, proponendosi alla Pianificazione con le finalità di tutela dell’Ambiente, di ricostruzione del Paesaggio, di incentivo al ripristino funzionale, di riconnessione della campagna con l’ambiente urbano”. Intanto l’Amministrazione trova subito un buon alleato nel DUPIM (Documento Unico Programmatico Isole Minori) che propone 10 nuovi porti turistici all’Elba, in aggiunta a quelli già esistenti, “un inno alla cementificazione del mare” come afferma Lega Ambiente. Il cronista del “Tirreno” (20 agosto 2000) informa: “Un impatto ambientale all’interno di un’area simbolo dell’ambiente nazionale (tanto da essere inserita nei Parchi Italiani) che è riuscita a fatica a sopportare le colate di cemento, le violenze urbanistiche lungo le coste dove raramente sono stati applicati i vincoli della legge Galasso. Ora tocca al mare…Nel dettaglio il documento in questione prevede un nuovo porto turistico a Marina di Campo per 750 imbarcazioni, adiacente al porto attuale”. “E’ molto probabile –sostiene Lega Ambiente- che il porto sia previsto sulla costa di Galenzana, un’area protetta dal Parco nazionale e non raggiungibile se non attraverso la realizzazione di nuove strade”.

Accantonate al momento le ambizioni portuali (ma il problema “Galenzana” ritornerà col Piano Strutturale) circa un anno dopo è il Piano di Edilizia Economica e Popolare (PEEP) la nuova prospettiva per l’Amministrazione di Campo. L’istituto delle “Osservazioni”, l’unico strumento di partecipazione dei cittadini, assume in Aula aspetti farseschi: l’Amministrazione si presenta in Consiglio Comunale senza avere elaborato le relative “Controdeduzioni”, sostenendo meravigliata che queste sarebbero dovute emergere dalla discussione consiliare; messa di fronte alle sconosciute disposizioni di Legge, l’Amministrazione improvvisa alcune rapide risposte incaricando della cosa il tecnico estensore del Piano. Molte comunque le Osservazioni dichiarate pervenute fuori tempo; respinte quelle del WWF, è invece la Provincia a dichiarare il proprio parere favorevole, peraltro piuttosto strano considerando la scarsa aderenza del lavoro al Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) che dovrebbe costituire il quadro di riferimento primario per la programmazione sul territorio degli Enti Locali.

Commento nell’Osservazione (anch’essa dichiarata fuori termine) che una analisi non troppo superficiale rivela “adesioni piuttosto scarse rispetto agli obiettivi fondamentali del PTC, sia in ordine alle indicazioni mirate alla riqualificazione dei centri minori, sia in ordine alla necessità di contenimento delle espansioni residenziali e commerciali, sia in ordine alla tutela delle risorse ambientali, sia ancora nel merito dei problemi finalizzati al recupero del patrimonio edilizio esistente, sia relativamente alla salvaguardia delle aree e delle colture agricole”. In particolare, pur non entrando in modo specifico nel merito dei numerosi insediamenti previsti, segnalo che “specialmente quelli adiacenti alle Frazioni di montagna e in particolare a S. Ilario, presentano davvero tali errori di valutazione dei rapporti di scala e di immagine con gli insediamenti esistenti da rendere evidente la loro posizione antagonista, specialmente per Carraie e Campotondo (gli insediamenti previsti ai due lati di S. Ilario) nei confronti della morfologia urbana cui si contrappongono nella linea di una totale non considerazione di ogni valore ambientale e paesaggistico. In sostanza per questi, ed anche per gli altri interventi, il dato che sembra emergere in maniera più vistosa…è il disinteresse nei confronti dell’ambiente cui si relazionano, tanto da collocare persino alcuni insediamenti all’interno dello stesso Parco, o sull’estremo limite, una scelta, questa, davvero improponibile e che snatura da sola ogni corretta intenzione iniziale”.

Nello stesso autunno si apre l’incredibile caso dell’abbattimento dei pini. Una breve nota del “Tirreno” (20 nov. 2001) annuncia nel titolo: “Saranno abbattuti i pini di Campo”. Si tratta delle alberature, più che trentennali (qualcosa come oltre 100 piante) messe a dimora nelle vie centrali, Mascagni, Roma, Pietri interessate dal programma di ristrutturazione e di rifacimento delle.pavimentazioni che sarebbe ostacolato dalla presenza di questi alberi, le cui radici affioranti provocano sollevamento di marciapiedi e manto stradale. Nel menzionato articolo un irritato Assessore ai Lavori Pubblici dichiara: “Delle due l’una: o si cerca di rendere praticabile il centro storico anche alle persone che usano le carrozzelle o ci teniamo questi alberi”. Immediata la presa di posizione del WWF (“Una città senza gli alberi è una città senz’anima”), e pesantissime le reazioni contro l’Esecutivo Galli per “un paesaggio che verrà cancellato per sempre”. Il titolare di un noto negozio di abbigliamento sportivo, l’ambientalista “verde” Paolo Franceschetti, è, come pubblica “lisola” (L’informazione dell’Arcipelago Toscano), il “coraggioso responsabile della catena di Sant’Antonio avviata per Internet contro la malaugurata ipotesi di sopprimere la “galleria di pini” di Marina di Campo che, insieme alla lunghissima spiaggia di rena chiara, è uno dei pochi tesori che il paese è ancora in grado di offrire”.

Centinaia le lettere di protesta giunte da ogni parte d’Italia, e tantissime dall’estero. Da Milano scrivono: “Siamo tutti pini campesi…Quindi risparmiateci, grazie infinite”. Durissima l’invettiva di Lodovico Meneghetti, Ordinario di Urbanistica a Milano, con il Preside Antonio Monestiroli e altri 25 Docenti del Dipartimento di progettazione dell’architettura del Politecnico di Milano: “…Uno stravolgimento dell’ambiente inammissibile. Nessuna giustificazione, tantomeno quelle di tipo ipocritamente “sociale”, può rendere plausibile la distruzione di un bene che non potrà ricostituirsi se non in decenni, ammesso che lo si voglia fare…Ciò che rende veramente appagante il percorso verso il centro è la straordinaria sequenza del doppio filare d’alberi, che riesce persino a riscattare la sostanziale mediocrità dell’architettura. L’autentica architettura di alta qualità sono per l’appunto i pini…” Personalmente svolgo qualche riflessione su “lisola”, richiamando, innanzi tutto, una relazione del Dr. Francesco Ferrini, Docente alla Facoltà di Agraria a Milano, che, per ovviare all’inconveniente dovuto al sollevamento delle pavimentazioni da parte delle radici, indica il principio base di “migliorare le caratteristiche del terreno, aerandolo e, al contempo, aumentare il volume a disposizione delle radici” ed affermando anche, come ulteriore prescrizione, che “la creazione di uno strato isolante costituito da sabbia e pietrisco risolve il problema” al punto che ricerche effettuate a distanza di diversi anni dall’intervento “anche su piante di oltre 30 anni non presentano segni sulla pavimentazione dovuti al sollevamento da parte delle radici”. E certamente non risultano superflue anche alcune considerazioni di merito, nella linea tracciata dal “documento Meneghetti”: non si può infatti non rilevare che nell’obiettivo, assai condivisibile, di un consolidamento dell’uso pubblico dell’area urbana questo “sistema verde” rappresenta un elemento imprescindibile. La giusta preoccupazione di assegnare maggiore vivibilità all’insediamento verrebbe di fatto contraddetta nella prassi ove l’abbattimento dichiarato venisse davvero portato a termine, a fronte di abbellimenti sovrastrutturali di pavimentazioni, cordoli, fioriere, panchine e quant’altro proposto in fatto di attrezzature dello spazio pubblico in uno sforzo davvero inutile e secondario, ove tale spazio fosse poi privato dell’unico elemento di significato che lo sostiene, come d’altra parte si annota quando, provenendo dall’alberata via Marconi, (opera della precedente Amministrazione, pavimentazione nuova e alberi antichi) ci si affaccia sul primo tratto di via Roma orfana dei primi pini già abbattuti.

La durezza del paesaggio è solo mitigata dal sospiro di sollievo che suscita la lontana, bellissima visione della successiva galleria alberata. Un elemento di sostegno alla salvaguardia del viale viene a metà gennaio 2002 da Oliviero Beha che, in trenta minuti di trasmissione, porta i “pini di Campo” in diretta a Radiouno Rai.

Il Comune di Campo non interviene ma categorica appare l’affermazione del Sovrintendente di Pisa in conclusione di trasmissione: “I pini di Marina di Campo non devono essere tagliati, se sono malati potranno essere sostituiti con altri pini, ma non deve essere cancellato il viale, non si può tagliare nulla”. La situazione si trascinerà con alterne posizioni anche nei prossimi mesi, con attenta vigilanza, anche legale, del WWF, nessun intervento sul viale nonostante alcune reiterate velleità di abbattimento e qualche speranza, considerando che nella primavera del successivo 2003 la riasfaltatura di via Pietri (una delle strade coinvolte nel piano di abbattimento) sarà realizzata salvaguardando i pini esistenti col solo taglio delle radici affioranti. Cresce invece la tensione al Pian di Mezzo, un’area precollinare caratterizzata da insediamenti residenziali contigui ad una lottizzazione artigianale nella quale, per quanto le Norme del P.di F. vigente (e che saranno richiamate anche nel successivo Piano Strutturale) ne prescrivano l’assoluta incompatibilità con “insediamenti di industrie nocive di qualsiasi genere e natura”, risulta invece occupata, a ridosso delle abitazioni esistenti, da una “stazione di betonaggio”, ovviamente al centro di numerose lamentele da parte degli abitanti della zona, in gran parte costretti a specifiche cure mediche per le conseguenze delle gravi irritazioni agli occhi e alla gola. La lunga e dura protesta del “Comitato del Pian di Mezzo” inascoltato dall’Amministrazione è invece accolta dal Giudice Civile che, con sentenza clamorosa, rispettosa anche dei pareri dell’ARPAT di Piombino e del Consulente Tecnico del Tribunale che ne avevano dichiarata l’insalubrità e l’inammissibilità dell’insediamento.in vicinanza di abitazioni civili, afferma che la stazione di betonaggio costituisce “fonte di pregiudizio imminente e irripetibile quale impianto idoneo a cagionare danno alla salute”.

La sentenza costituisce un punto fermo ma la vicenda sembra comunque lontana dal considerarsi risolta, tanto più che l’Amministrazione, dopo aver deliberato lo spostamento dell’impianto di alcune decine di metri, (provvedimento già di per sé inefficace a sanare la situazione) aggiunge nell’area l’insediamento di una “Stazione Ecologica Comunale”, tra l’altro oggetto anche di “previsione di futuri ampliamenti”, senza che siano specificati, almeno in linea di massima, quali interventi si sarebbe ritenuto di operare in ordine alla indispensabile eliminazione di inquinanti e di altri nocivi riflussi sull’ambiente. La risposta arriverà a settembre, nel Piano Strutturale, quando, non solo si dovrà verificare l’assoluta mancanza di indicazioni finalizzate ad affrontare la questione della ricollocazione in area idonea degli insediamenti insalubri del Pian di Mezzo, ma anche l’assenza di qualsiasi cenno probante in ordine all’analisi delle loro ricadute sull’ambiente, valutazione per la quale la Legge Regionale 5/95 individua 7 categorie di analisi per le valutazioni di merito, l’ultima delle quali è sicuramente riferibile al Pian di Mezzo laddove prescrive espressamente “l’accertamento del rispetto delle norme igienico-sanitarie”, accertamento per il quale il Piano Strutturale si limiterà ad annotare che “la qualità dell’aria è sostanzialmente buona per l’intero territorio comunale”, affermazione di certo non sufficientemente confortata dalla successiva annotazione circa l’opportunità di intervenire sulle “emissioni di tipo industriale e artigianale con impianti di depurazione specifici”.

Analoghe considerazioni devono essere avanzate anche per quanto riguarda l’Ecocentro, ovvero la Stazione Ecologica del Comune. Alla voce “Rifiuti” non si troverà traccia di “analisi” o di specifici “provvedimenti”, né all’interno del capitolo che tratta in modo specifico della ”Raccolta Differenziata”, né tanto meno in quelli successivi (“indicatori di “stato”” e “indicatori delle politiche”), nonostante la dichiarata “consapevolezza” che i problemi riguardino, in generale, “un territorio di altissimo valore ambientale”. Siamo all’inizio d’estate 2002 e l’Amministrazione rivela qui tutta la sua “modernità” nel Piano Spiagge, uno strumento di organizzazione e uso degli arenili, un tempo emanazione delle capitanerie, ora affidato alle Amministrazioni Comunali, secondo provvedimento anche condivisibile per l’evidente maggiore conoscenza delle realtà locali, e che il Comune di Campo sembra intenzionato ad utilizzare nella definizione interattiva delle spiagge col primo urbano.

“Ma l’intenzione iniziale – commento nella “Osservazione” - certamente interessante di prendere in esame l’immediato retroterra per quel tanto di interazione che le spiagge debbono avere con l’intorno più prossimo, sembra essere clamorosamente sfuggita di mano all’Amministrazione Comunale, trasformando un Piano per la “fruizione degli arenili” in uno strumento di variante generalizzata del Programma di Fabbricazione vigente, nel quale l’organizzazione dell’accesso al mare e del suo uso (dove per improvvida dimenticanza non figura mai l’aggettivo “pubblico”) sembrano assunti solo come occasioni per incrementare ulteriormente l’uso privato del Territorio”. Sulla dichiarazione dell’Assessore all’Urbanistica, che sintetizzando in Consiglio Comunale le linee guida del Piano, aveva informato di avere ricevuto “grandi consensi da parte della Regione” che lo avrebbe addirittura assunto “come modello per tutti gli altri che saranno adottati in tutta la Toscana” (“lisola” 4 giugno 2002), annoto nella stessa Osservazione: “Si può capire, certo, che la Regione, informata circa l’intenzione di elaborare un Piano Spiagge interattivo col proprio retroterra, abbia potuto esprimere su questa affermazioni “grandi consensi”…Sarebbe peraltro interessante sapere poi quali potrebbero essere le valutazioni conclusive a fronte della pressochè totale privatizzazione dell’intera spiaggia di Campo, della riduzione del vincolo pubblico sulle pinete, della alienazione della esistente Scuola Media, della trasformazione di quel vincolo scolastico in residenziale privato, della definizione di nuove ed estese aree per la ricettività alberghiera, delle varianti, anche consistenti, alla Viabilità Urbana ed Extraurbana senza la prioritaria definizione di un Piano del Traffico, né tanto meno di specifiche preliminari analisi dei flussi di circolazione veicolare. Né si può, d’altra parte fare tanto torto all’intelligenza dei cittadini pensando che tutto questo possa essere compensato dalla ricostruzione delle cosiddette “dune”, una specie di museo del finto, ignorando che le dune erano un sistema naturale interattivo col mare e col proprio intorno, e che la loro ricostruzione museale senza alcun riferimento possibile con la condizione ambientale al contorno, ora assolutamente non riproponibile (ed anzi peggiorata dalle nuove conurbazioni previste dal Piano), svuota l’iniziativa di qualsiasi senso logico, annunciandosi, se mai, quale evidente esempio di come la natura non accetti contraffazioni, e rendendo esplicita la considerazione che essa va salvata nelle sue condizioni originarie e non contrabbandata poi con le mistificazioni del finto naturale”. Sull’adozione del Piano Spiagge come “Variante del P.di F.”,resa possibile, anche prima dell’adozione del Piano Strutturale, dalle Norme transitorie della Legge 5/95 purchè relativa a “varianti necessarie per apportare rettifiche di minima entità alle perimetrazioni di zona, e che complessivamente non comportino incremento di volume o di superficie utile degli edifici”, annoto nella menzionata Osservazione che “sarebbe utile alla comprensione del Progetto che l’Amministrazione precisasse come intende conciliare con la norma richiamata.le varianti volumetriche e il nuovo carico urbanistico determinati sul territorio dai numerosi insediamenti di residenzialità ricettiva, alcuni dei quali svolti, tra l’altro, con variazioni delle destinazioni da pubbliche a private”.

Per il WWF che annuncia “Osservazione” complementare all’Osservazione Rizzi, nella linea di una reciproca collaborazione tecnica mirata all’analisi dei problemi ambientali connessi con la Pianificazione del Territorio, “il Piano Spiagge adottato dal Comune di Campo risulta connotato da uno smodato incremento di antropizzazione e di svilimento commerciale a vantaggio di pochi esercenti. Quest’ultimo poi risulterebbe irreversibile nelle previsioni di costruire sugli arenili nuovi stabilimenti balneari, in localizzazioni spesso di rilevanza paesaggistica ove non addirittura interne al Parco Nazionale. Una connotazione che nessun recupero di finte dune può stemperare…” E ancora: “il Piano Spiagge di Campo nell’Elba è tutto teso a spingere verso la fruizione non tanto pubblica quanto economicamente privata di una offerta di servizi già presente ed adeguata, fino ad imporla di fatto a chi non la desidera…anche a causa della totale assenza di confronto, sia nella fase preparatoria che dopo, con le altre forze politiche, le associazioni, le categorie economiche…” Ed infine, la riduzione delle spiagge libere, sempre richiamando l’Osservazione WWF, “…è particolarmente da criticare per la spiaggia di Marina di Campo, anche tenuto conto che l’esercizio della attività di noleggio degli ombrelloni sconfina quasi sempre nell’abuso di impegnare con ingombranti attrezzature l’arenile, teoricamente di libero uso, anche in assenza di clienti…Della proposta per la pineta di un’area di ripristino per finte dune nel fronte mare, la nostra opinione è che in realtà si voglia individuare un retroterra di parcheggi e di accessi carrabili più che a vantaggio dei frequentatori di una spiaggia finora facilmente accessibile da chiunque, quanto a vantaggio degli appetibili nuovi esercizi commerciali che verrebbero edificati sull’arenile…Particolarmente esecrabile è soprattutto la proposta di compensare gli espropri di pineta agli attuali proprietari con la possibilità di concedere l’edificazione di nuove volumetrie, a compenso, nella fascia più interna della pineta stessa. La possibilità di costruire nuovi volumi sul fronte mare, anche se fossero solamente stabilimenti balneari, è un errore del passato che non va ripetuto…”

Un argomento cui l’Osservazione WWF riserva una particolare attenzione è l’alienazione della esistente Scuola Media, sostituita da destinazione alberghiera, nonostante “la buona collocazione funzionale e baricentrica dell’attuale complesso scolastico, con altrettanto buone possibilità di completamento e di arricchimento dell’offerta di servizi culturali erogabili…”, annotando ancora, relativamente al concetto, contrastato dal PTC, dell’antropizzazione del territorio, che “questo Piano Spiagge, in materia scolastica ed in materia alberghiera innova solo nel senso che lascia in sospeso la localizzazione della nuova scuola media…” localizzando peraltro “un albergo da subito, salvo dislocare una scuola media chi sa dove…”. Sulla questione non è superfluo annotare il Progetto prodotto dalla precedente Amministrazione (livello definitivo della Legge Merloni per le opere pubbliche) che aggregava alla esistente (e funzionante) Scuola Media, già servita da refettorio e palestra-auditorium, una Scuola Elementare, con aule anche all’aperto, laboratori e campi gioco, all’interno di uno studio complessivo di “Polo Scolastico Unitario” comprendente appunto Materna, Elementare, Media e biblioteca Comunale. In ordine ai tempi ravvicinati col “Piano Strutturale” (adottato un mese dopo il “Piano Spiagge”) molto puntuale nell’Osservazione di Lega Ambiente la premessa introduttiva: “E’ singolare che il Comune di Campo nell’Elba presenti una Variante al Piano di Fabbricazione nei giorni precedenti alla presentazione del Piano Strutturale che tende a superare quel P.di F.; è evidente che la variante, dato l’ampiezza e l’impatto urbanistico ed ambientale delle proposte contenute per un territorio così vasto, delicato e strategico per lo sviluppo urbanistico, economico e sociale del Comune avrebbe dovuto far parte integrante del Piano Strutturale, ed è altrettanto evidente che l’Amministrazione Comunale ha scelto la strada della Variante (che è molto più di un cosiddetto “ Piano Spiagge” per la “Definizione dei criteri di utilizzazione degli arenili”…) per intervenire con più libertà e rapidità sull’intera fascia costiera e su buona parte dell’abitato costiero. Le condivisibili premesse contenute nella Relazione di “riduzione della pressione sulla costa” ci paiono ampiamente contraddette dalle previsioni della Variante…L’impressione netta è che, partendo da promesse e dati condivisibili, si approdi a scelte che niente hanno a che fare con il riequilibrio economico ed il recupero di errori e ritardi nell’uso sostenibile del territorio e delle risorse…”

Nel merito Lega Ambiente annota ancora: “La spiaggia di Marina di Campo ha perso, dal dopoguerra ad oggi, quasi per intero il suo sistema dunale, e lo stesso arenile è stato devastato ed eroso da strade sulla spiaggia, da opere portuali e da costruzioni a ridosso del mare e delle attrezzature balneari, un grandissimo patrimonio ambientale e paesaggistico di cui rimangono alcune tracce nelle pinete private (certamente più “naturali” e salvaguardate del tratto di pineta pubblico); è singolare che l’Amministrazione Comunale chieda di rendere pubblica una fascia di pineta, mentre concede ai privati nuove aree della spiaggia, ed offra in cambio nuove edificazioni ed ampliamenti in un’area da salvaguardare assolutamente.” Significativa la notazione circa il tentativo di ampliare surrettiziamente la quantità di costa balenabile a sostegno dei parametri del Piano Spiagge-Variante P.di F.: “…a questo fine si usano anche le spiagge e il mare di Pianosa, inserite dal DPR istitutivo del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano in Zona 1 di massima salvaguardia, forma di protezione (Zona A) che il Piano del Parco Nazionale conferma con l’esclusione di Cala.Giovanna…”, peraltro limitata alle visite organizzate e contingentate, e con limitata deroga del Ministero rispetto al Decreto. Naturalmente la stessa Cala Giovanna (è sempre Lega Ambiente ad annotare) “…ha grandissimi valori ambientali e paesaggistici e non può certamente essere trasformata e banalizzata con uno stabilimento balneare…”. Ed ancora: “Per quanto riguarda l’utilizzazione per la balneazione di Cala del Bruciato e Porto Romano si tratta di una vera e propria follia dal punto di vista ambientale: le due zone sono tra le aree più delicate dell’isola…e un uso balneare di aree tanto delicate produrrebbe un impatto umano continuato che stravolgerebbe un equilibrio naturale che non può essere sacrificato alla semplice balneazione, al traffico ed al disturbo che ne deriverebbero; tutto questo sarebbe devastante per rare presenze faunistiche a mare e a terra, per la qualità dell’ambiente e del paesaggio”.

La “follia”, richiamata da Lega Ambiente per la balneazione, sarà poi ulteriormente rafforzata nel Piano Strutturale con la previsione di un aeroporto a Pianosa, prendendo a pretesto il ripristino di una vecchia pista, una striscia utilizzata nell’ultima guerra dalle “cicogne” tedesche. Vincenzo Tessandori, inviato de “LA STAMPA” di Torino, il 26 agosto 2002, intrecciando “follia a follia”, commenterà: “Fantasia, delirio o speculazione? C’è una pista in mezzo al mare, in terra battuta, semisepolta dai rovi e seminata di buche. E’ lì, in quel luogo disabitato e remoto, per quanto possa essere remoto un posto nel Mediterraneo, quasi su quell’isola del giorno prima chiamata Pianosa. Vorrebbero farne un aeroporto. Poi, questa storia, che suggerisce pensieri un po’ gotici e un po’ gaglioffi, si sposta di 26 chilometri, sull’Elba, e va avanti con 118 pini condannati alla pena capitale, otto nel braccio della morte. Il quadro si chiude, o si apre fate voi, con una colata di cemento che rischia uno sfregio indelebile…” Ventiquattro ore prima, il 25 agosto, Lega Ambiente aveva promosso sulla spiaggia di Marina di Campo una grande manifestazione di protesta, “liberi sulla spiaggia…liberi dal cemento”, contro l’annunciata grande privatizzazione degli arenili, con una altissima adesione, tanto che in pochissimo tempo erano state raccolte oltre 600 firme di adesione a “Sos Elba” (“il Tirreno” 26-8-’02) il movimento di Lega Ambiente “per la difesa dell’Elba e dell’Arcipelago Toscano” che accoglie dal 21 luglio consensi e adesioni trasversali in tutta l’isola.

Nel frattempo l’Amministrazione di Campo ha adottato, due mesi prima, il 28 giugno, il Piano Strutturale, ed è proprio Sos Elba (ormai a tremila adesioni) ad organizzare alla Linguella di Portoferraio, alla fine di agosto, un dibattito con l’Onorevole Fabio Mussi, parlamentare della circoscrizione. L’incontro si è soprattutto incentrato sul Piano di Campo, piuttosto criticato dallo stesso Mussi per l’eccesso previsionale di crescita urbana a fronte di “un ambiente meno gradevole, spremuto oltre ogni limite delle risorse naturali che non sono infinite”, ma prospettando anche la necessità di pervenire ad un “Piano unitario di sviluppo coinvolgendo Comuni, Provincia, Regione ed anche intelligenze scientifiche e culturali”. Ugualmente critico l’intervento di Campos Venuti, Presidente Onorario dell’INU, che ha posto in evidenza le contraddizioni del Piano di Campo a fronte delle Leggi Regionali sugli Arenili e sui Piani Regolatori, finalizzate a contenere le eccessive concessioni sui litorali e a prevenire processi speculativi a danno dell’ambiente e delle risorse, a fronte del Piano Strutturale di Campo che riduce le spiagge libere e opera previsioni urbanistiche “trentennali” favorendo speculazioni e rendite di posizione.

“Porti, case, alberghi, spiagge, Parco, tutto il cemento prossimo venturo” è il titolo di un “Dossier” di Sos Elba uscito nello stesso mese di agosto, un’analisi critica delle iniziative proposte su tutta l’isola. Il quadro di Campo conferma tutte le preoccupazioni. Sul PEEP: “E’ un Piano di Edilizia Economica e Popolare strano e preoccupante quello del Comune di Campo nell’Elba. Le previsioni sono esagerate per una realtà in stasi demografica e dove le seconde, terze e quarte case sono la stragrande maggioranza del patrimonio edilizio…Le esigenze di prima abitazione previste dal PEEP appaiono esagerate e non corrispondono certamente alla reale situazione del Comune di Campo nell’Elba, un territorio già pesantemente provato dalla speculazione edilizia e nel quale le emergenze abitative si limitano a pochissimi casi…Non si può usare il PEEP per favorire una nuova indiscriminata espansione urbanistica…” Sul Piano Strutturale: “…previste fino a 1500 nuove abitazioni, un aeroporto a Pianosa, un interporto alla Bonalaccia…una vera e propria cementificazione della piana di Campo, una saturazione di tutte le frazioni collinari e costiere con previsioni edificatorie che si spingono fin dentro il Parco…” Sul Porto: “Il Piano dei Porti regionale prevede un piccolo approdo (meno di 100 barche) dentro l’attuale Porto; il Comune chiede di realizzare un nuovo Porto per 750 imbarcazioni “in adiacenza a sud del Porto attuale”. L’unica “adiacenza” a sud è la costa di Galenzana, protetta dal Parco Nazionale e non raggiungibile se non con nuove strade o tunnel di accesso…”

Al dibattito richiamo dalla mia Osservazione : “Galenzana descrive la contrapposizione naturale alla filosofia del tutto costruibile di questo Piano, al proliferare dei residences, degli alberghi, delle spiagge privatizzate. Naturalmente, nella linea scarsamente descrittiva delle interazioni tra scelte e territori, nulla che spieghi il luogo, niente che descriva il rapporto tra l’area urbana e la baia, la frequentazione della spiaggia e dei salandri, l’assoluta pedonalità da sempre dell’accesso, le modificazioni che un sistema carrabile di viabilità potrebbe determinare sul territorio..Non sentire la responsabilità di tutela assoluta per questi luoghi significa disattendere il primo fondamentale compito che la Legge Regionale affida agli Enti Locali in ordine alla difesa delle risorse e del territorio”. Settembre registra sostanzialmente l’inoltro delle prime Osservazioni, anche se un ritardo nel segnalare al BURT l’avvenuto deposito da parte dell’Ammnistrazione (28.8.’02), consentirà, di fatto, il prolungamento dei termini di presentazione o la riserva di successiva integrazione. Rilevante, per chiarezza di analisi e di intenti, l’Osservazione del WWF, anche in ordine ad alcune significative annotazioni: “E’ da tener presente la novità, ufficializzata anche alla Soprintendenza, che secondo alcune fonti vi sarebbero gallerie che partono dalla zona del carcere duro (il Cardon) dove doveva esserci il Palazzo romano principale dell’isola: qui non sono mai state fatte ricerche per ovvi motivi legati alla sicurezza del carcere e sicuramente saranno stati danneggiati i resti archeologici, ma devono essere condotte ricerche sia su quello che può restare del Palazzo sia sulle gallerie che vi si dipartono. Quanto sopra appare incompatibile, almeno quanto l’essere Pianosa un’isola del Parco Nazionale e pressoché disabitata, con la previsione del Piano Strutturale di una destinazione aeroportuale dell’area da Punta Brigantina a Cala della Ruta, a sud del Cardon, al di fuori di ogni previsione del PTC oltre che del buon senso. Inoltre il problema isola-parco va visto nell’insieme e non frammentario:c’è tutto il discorso della protezione marina nell’insieme e di ecosistemi particolarmente ben mantenuti come la prateria di posidonia, come i “marciapiedi” corallini: porti e turismo tradizionale non possono essere altro che nefasti…” Sui fondali di Pianosa che “ospitano numerosi reperti di epoche diverse e dislocati diversamente attorno all’isola” il WWF richiama gli Atti di un importante e significativo Convegno di Studi svolto a Pianosa nel 1997 col sostegno della precedente Amministrazione Campese, (“Pianosa: Passato, Presente e Futuro”) finalizzato a promuovere per l’isola un grande centro studi internazionale di biologia marina, di analisi ambientale, di ricerca archeologica, di tutela dei “beni storici” aggiungendo “che è probabilmente del tutto indispensabile e non più procrastinabile insediare una entità gestionale e di controllo culturale a tutto campo e senza interferenze turistiche-economiche-carcerarie tradizionali” Ed ancora: “La storia offre ricchezze ulteriori di eccezionale importanza che in parte rimangono inspiegate: il periodo romano trova il massimo splendore con l’esilio di Postumo Agrippa connesso alle congiure di palazzo nel periodo imperiale di Ottaviano Augusto. La situazione carceraria legata alla gestione di massima sicurezza ha per ora impedito di accertare quanto rimane del palazzo principale, citato dagli storici e da altre testimonianze. Il Cristianesimo si specchia nel vasto complesso catacombale ancora in fase di studio e considerato il secondo per importanza a nord di Roma e l’unico su un’isola.(ved.studi di Bartolozzi Casti).

La conclusione del WWF è decisa e senza incertezze, come si deve in tali situazioni: “E’ del tutto impensabile che, a fronte di un patrimonio così vasto ed importante, non ancora del tutto studiato e con la possibilità di ulteriori nuove individuazioni e ritrovamenti di vecchi siti, l’Isola venga interamente lasciata alla libera frequentazione di possibili aspiranti residenti e turisti…”

La ritardata pubblicazione sul Bollettino Regionale circa l’avvenuto deposito del Piano Strutturale ha consentito anche a noi (Giuliano Banfi, Marco Carcano, Marco Ponti, Sergio Rizzi) di svolgere l’Osservazione in due sezioni, con un primo documento, ai primi di stettembre, finalizzato all’analisi generale di significati, strategie, sistemi territoriali, infrastrutture, previsioni demografiche, e una successiva integrazione, a ottobre, maggiormente indirizzata a valutare nello specifico alcune scelte progettuali e la collocazione dimensionale del Piano di Edilizia Popolare a fronte del dimensionamento complessivo del Piano Strutturale. L’analisi si origina dalla indicazione normativa della Legge 5/95 la quale dispone che “i Comuni entro 10 anni dall’approvazione dello Strumento Urbanistico Generale…sono tenuti a provvedere all’approvazione del Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico”, norma chiaramente prescrittiva particolarmente per la regolarizzazione di condizioni urbanistiche inadeguate nella linea di un riordino di strumenti urbanistici obsoleti o costruiti su legislazioni superate e rimpiazzate dal gennaio ’95 dalla nuova Legge Regionale, la prima in Italia ad assegnare dignità di Legge alla ricerca di una metodologia in grado di verificare la compatibilità ambientale degli strumenti di Piano. A fronte di questa inequivocabile indicazione il Comune di Campo costruisce invece il proprio Piano Regolatore “decennale” “ancorando tutte le previsioni della programmazione urbanistica ad un dimensionamento demografico trentennale di 900 abitanti, incrementati da un fabbisogno arretrato di 659 alloggi per un intervento pianificatorio commisurato ad un conseguente fabbisogno complessivo di 1.500 alloggi per un corrispettivo di 480.000 metri cubi. Si dovrebbe ritenere, per quanto Relazioni e Norme non ne facciano mai cenno, che lo scenario elaborato dalla “Relazione sulla evoluzione demografica e sulla domanda abitativa” sia stato assunto a supporto di una prospettiva a lunga scadenza, acquisita dal Piano Strutturale che, in quanto Strumento che definisce le “indicazioni per il governo del territorio comunale”, accomuna alle prescrizioni del Piano Territoriale di Coordinamento gli “indirizzi di sviluppo espressi dalla comunità locale”…Tuttavia le Norme Tecniche di Attuazione, che correttamente ricordano, in ognuna delle Aree dei diversi Sistemi, che le indicazioni puntuali degli interventi saranno descritte dal successivo Regolamento Urbanistico, non annunciano mai, neppure superficialmente, che lo “scenario trentennale” elaborato troverà poi applicazione, nello stesso Regolamento Urbanistico, con dimensionamento connesso ad una soglia decennale sostanzialmente riferibile ad un terzo circa della quantificazione desunta dalla Relazione Demografica estesa al trentennio”.Ora, rispetto ad altre Legislazioni Urbanistiche che assegnano già al primo momento progettuale, pur se preliminare, la funzione di determinare il panorama generale delle scelte di pianificazione, con l’indicazione di infrastrutture e servizi, ma anche con la localizzazione puntuale delle aree di intervento private e pubbliche, la Toscana (e qui sta l’innovazione) “assegna al primo momento progettuale (il Piano Strutturale) un significato anche più determinante rispetto alla pianificazione, ma “esclusivamente” per quanto concerne indirizzi programmatici, obiettivi, finalità da perseguire e indicazioni strategiche per il governo del Territorio comunale”, con l’evidente e qualificante obiettivo di affidare ai Comuni la possibilità concreta di “promuovere la pianificazione del proprio Territorio nella linea di una gestione più diretta e discrezionale nella quale il Piano Strutturale assume il ruolo fondamentale di strumento strategico della programmazione pianificatoria. Ma questa opportunità, davvero significativa, sembra non essere stata colta per nulla dall’Amministrazione Comunale di Campo che ha operato nel Piano Strutturale, al di là del rispetto formale della nomenclatura espressa dalla Legge, negli stessi termini, in sostanza, di un Piano Regolatore tradizionale, oltre tutto sopradimensionato”. “Proposizione ugualmente abnorme si ritrova nella rete infrastrutturale viabilistica, sia in ordine alla Grande Viabilità sia in ordine alla Viabilità Urbana, dove il livello degli interventi non è sostenuto, non solo da nessuna analisi della “mobilità”, ma neppure da qualche argomentazione nel merito che ne giustifichi almeno la credibilità e il significato”.

Un esempio per il livello urbano, già richiamato nella menzionata Assemblea Popolare sul Piano Spiagge, è il caso, piccolo ma probante per la sua condizione davvero impensabile, di quei 60 metri della centralissima e pedonale via Roma, dall’angolo di via Pietri all’angolo di via Venezia, nei quali una strada del centro storico, superattrezzata nella pavimentazione, che vorrebbe segnalare e favorire la bellezza dell’accedere pedonale al centro, dall’inizio della via alla Piazza centrale, deve subire, in quel breve tratto, la circolazione veicolare motorizzata in quanto unico accesso al paese di tali mezzi.

Un altro esempio, assai più grave, nell’ambito della viabilità minore e in particolare nel reticolo individuato nel Piano a servizio di aree di nuova edificazione “sembra convergere su una nuova viabilità che, con un andamento per linee di massima pendenza e attraversando aree naturali di alto pregio ambientale e vegetazionale, senza presenza di abitazioni, s’inerpica, con un itinerario tortuoso che sale fino alle Coste Grandi, per poi precipitare, con pendenze ripidissime, alla spiaggia di Galenzana…L’’itinerario risulta assolutamente immotivato dal punto di vista viabilistico e legittima il sospetto di essere preordinato ad altri obiettivi non dichiarati dal Piano Strutturale che ha, invece, il compito di rendere trasparenti le scelte portanti e di quadro della strategia urbanistica di una Amministrazione. La delicatezza del contesto territoriale e paesistico richiede l’immediato stralcio e la cancellazione di questo intervento perché manifestamente immotivato”. Nell’ambito invece delle previsioni viabilistiche della Grande Viabilità l’infrastruttura più significativa e di maggiore evidenza è indubbiamente la “Pedemontana” che partendo dall’incrocio della nuova strada di evitamento di Pila “con giacitura ovest rimonta le ultime pendici collinari, lambisce l’area industriale esistente, per piegare in direzione sud, connettendosi e scambiandosi con l’attuale strada cha dalla Pila arriva a Sant’Ilario, ridiscende, per un tratto, sull’attuale strada che attraversa il Pian di Mezzo dove si sbina per raggiungere la Provinciale con un nuovo ramo di strada che sembra preordinato a consentire il traffico pesante per raggiungere il cosiddetto “ecocentro” e la stazione di betonaggio…attraversa il Vallone (zona di elevata qualità ambientale e consistentemente piantumata con alberi d’alto fusto) prosegue in modo tortuoso e spezzato, con repentini cambiamenti di direzione non giustificati e corrispondenti alla giacitura delle curve di livello, sempre verso sud, per innestarsi sulla strada attuale per Cavoli e l’anello occidentale in prossimità della Chiesina degli Aiali… La Pedemontana risulta un’opera di grande impatto territoriale con grandi opere d’arte impattanti e costose; la sua giacitura sembra dettata più dall’obiettivo di delimitare le nuove aree fabbricabili…piuttosto che dalla ricerca di un assetto di minimo impatto visivo ed ambientale coniugato ad efficacia automobilistica.” In ogni caso, anche condividendo la necessità di evitare i punti di congestione nell’attraversamento di Marina di Campo la soluzione proposta, “non suffragata da adeguati studi dei volumi di traffico, delle loro caratteristiche di stagionalità e da un coerente Piano Urbano del Traffico…risulta assolutamente fuori scala rispetto ai problemi che dichiara di voler affrontare e risolvere, assai onerosa di realizzazione, gravemente impattante sotto il profilo territoriale e ambientale” e sollecita, in conformità ad un corretto Piano del Traffico, rivisitazioni progettuali per l’individuazione di soluzioni meno impattanti e probabilmente anche più efficaci nella rimozione dei punti di crisi.

Sull’ Aeroporto della Pila rileviamo l’indicazione tecnica di esperti del settore, secondo cui “per migliorare il servizio aeroportuale, non sarebbe tanto necessario allungare la pista attuale quanto ruotarla di 15/20 gradi nella direzione dell’asse nord est - sud ovest…operazione che consentirebbe di ottenere maggiore sicurezza e garantirebbe la possibilità di far atterrare aeromobili di maggior peso e dimensione, su percorsi e provenienze anche estere, elevando il servizio commerciale e lo stesso uso di aviazione generale”..Su questo problema potrebbe pure essere accettato che gli interventi di sviluppo dello scalo siano rimandati, come dispone la Relazione del Piano, “alla redazione del Regolamento Urbanistico” con la finalità di valutarne il possibile sviluppo con le “esigenze della popolazione residente”, anche se, per la verità, questa analisi dovrebbe appartenere proprio al Piano Strutturale. “Certamente meno accettabile, ed anzi piuttosto sconcertante, che, contestualmente a questo rimando decisionale, si prospettino due insediamenti di “attrezzature logistico-produttive” lateralmente all’attuale pista, la cui collocazione, l’una all’inizio della pista a nord-est, l’altra pressoché alla fine a sud-ovest, ne impediscono di fatto ogni possibile rotazione.

A fronte di questa indicazione inibitiva sull’esistente aeroporto della Pila e della contestuale proposta di uno “scalo aeroportuale a Pianosa” (dove non è mai esistita una vera pista di atterraggio) è lecito chiedersi quale relazione intercorra tra le due determinazioni, per le quali la Relazione di Piano non offre nessuna motivazione di merito, neppure di massima, in ordine al significato di queste scelte ed alle strategie di programmazione su cui sono fondate”. Anche per quanto attiene alle reti tecnologiche si ripresenta il consueto problema perché “il Piano Strutturale prevede un dimensionamento abnorme di aree rese edificabili con quantità insediative elevate ma non ci si preoccupa di predisporre una rete di smaltimento fognario e di depurazione conseguente e opportunamente dimensionata per assicurare la salvaguardia e la salubrità del mare che costituisce la risorsa più importante per l’economia di Campo”, né di prevedere i necessari interventi per “assicurare adeguate risorse idriche corrispondenti ai fabbisogni della popolazione e delle attività”, problema ulteriormente aggravato dal fatto che “le U.T.O.E. (Unità Territoriali Organiche Elementari), indiscriminatamente estese non consentono una programmazione per interventi prioritari e gerarchicamente strutturati, con condotte principali e ramificazioni secondarie vista la compromissione indifferenziata del territorio”.

Ugualmente sconcertante l’analisi delle previsioni demografiche che in un quadro incerto e scarsamente rigoroso, raffrontato anche con altre realtà piuttosto diverse, come le località turistiche della riviera ligure o della costa azzurra, e affermazioni singolari circa la “perdita di affidabilità delle previsioni demografiche man mano che ci si spinge dal breve al medio, al lungo periodo” propone infine, con conclusione altrettanto singolare, una proiezione trentennale. Esaminando i dati riportati in “Evoluzione e Proiezione della popolazione di Campo nell’Elba 1962 – 2030” annotiamo nell’Osservazione: “Dai 4043 abitanti residenti nel 1962 si passa ai 4070 del 1972, ai 4445 del 1982, ai 4248 del 1992, ed infine, oscillando con modestissime fluttuazioni in incremento o in diminuizione, in un quadro di sostanziale stabilità, ai 4335 abitanti nel 2001. Da quest’ultimo dato rilevato di 4335 abitanti scatta una impennata demografica “cui annettiamo (sostiene l’analista, n.d.r.) la massima probabilità di verificarsi” di un aumento della popolazione “di un po’ di più del 20% nei prossimi 30 anni”. Riteniamo questa proiezione, vista la serie storica dei 40 anni che risalgono al 1962, manifestamente infondata ed illogica, non suffragata da argomentazioni disciplinarmente rigorose, solo strumentali e subalterne, tesa a fornire giustificazioni ad un dimensionamento abnorme di fabbisogno edilizio…” Direttamente conseguente a questa previsione trentennale il dimensionamento dell’incremento urbanistico determinato dagli azzonamenti del Piano Strutturale che, “pur detraendo i metri cubi di previsione PEEP e la volumetria per ampliamenti e ristrutturazioni”, è quantificato, di massima, in 300.000 metri cubi. In una prima analisi, poi approfondita nella successiva “integrazione di osservazione”, rileviamo che “esaminando soltanto l’UTOE 5C, area di frangia nella piana di Campo a ridosso del centro ed estesa fin oltre la Pila e delimitata a monte dalla futura strada “pedemontana”, ne risulta un’estensione continua e compatta, con una misurazione speditiva e sommaria, di oltre 200 ettari, pur avendo detratto le aree impegnate a varia densità da insediamenti esistenti, dall’aeroporto e le previsioni logistiche-produttive espresse dal Piano. Assegnando una volumetria presunta assai estensiva (infatti la definizione degli indici di edificabilità è correttamente rinviata al Regolamento Urbanistico) e tenendo conto che “le nuove edificazioni potranno essere autorizzate solo previa stipula di apposita convenzione con l’Amministrazione Comunale” con la cessione “di norma” del 50% del territorio impegnato, nell’ipotesi, da considerare minimale in rapporto a situazioni analoghe, di costruire 4 unità immobiliari per ettaro, per una volumetria per ciascuna di 500 metri cubi, pari ad una superficie lorda di pavimento di 170 mq., su uno o due piani, con un lotto minimo di 2.500 mq., ne consegue una capacità insediativa di 400.000 metri cubi, eccedente di oltre 100.000 metri cubi le quantità necessarie a soddisfare il fabbisogno dichiarato dal Piano Strutturale. Le volumetrie assegnate, sempre e soltanto nelle “aree di frangia”, a sud di Marina di Campo, di Sant’Ilario, S. Piero, Bonalaccia, Seccheto, Cavoli, Fetovaia, etc. risultano pertanto aggiuntive rispetto al fabbisogno di lungo periodo dichiarato dal Piano”. L’ambigua prescrizione che prevede “di norma” la cessione del 50% dell’area prospetta inoltre “rapporti negoziati impropri con l’Amministrazione Comunale non suffragati da una previsione puntuale e precisa.indicazione delle aree da destinare ad infrastrutture (viabilità, parcheggi, verde pubblico, etc.) e ad urbanizzazione secondaria” e rafforza ulteriormente la considerazione primaria secondo la quale “l’estensione abnorme delle aree edificabili ingenera il sospetto di aver voluto promuovere a opportunità edificatoria un eccesso di superfici e di aree non strettamente utili, un vestito di taglia superiore al necessario, che apre preoccupanti elementi di discrezionalità da parte dell’Amministrazione Comunale, di disparità di trattamento dei singoli proprietari, e soprattutto da cui non si può tornare indietro perché si configurano come diritti acquisiti fin da subito”.

Intanto, ai primi di settembre del 2002, un violento nubifragio lascia profonde ferite all’Isola. Il “Corriere della Sera” del 5 settembre commenta: “ In poche ore acqua e fango hanno ridotto il paradiso dei villeggianti in una palude. Non era mai accaduto fino ad oggi e forse non è solo colpa del maltempo, ma anche degli scempi urbanistici perpetrati da decenni”. Anche più esplicito il WWF della Toscana che, in una dichiarazione di Egisto Gimelli riportata da “il Tirreno” dello stesso 5 settembre, lancia un appello al Presidente della Regione Toscana Claudio Martini affinchè faccia in modo che i Sindaci dell’Isola d’Elba “non portino avanti politiche urbanistiche basate su ulteriore cemento prima di aver risolto i problemi idrogeologici esistenti sul territorio. Come si può immaginare di costruire, anche dentro i confini del Parco Nazionale dell’arcipelago toscano, oltre 1.500 abitazioni, come vorrebbe fare il Comune di Campo nell’Elba, che conta appena 4.400 abitanti, senza prima aver risolto almeno il problema delle fognature, dei depuratori e degli argini dei torrenti già stravolti dal caotico sviluppo urbanistico degli anni passati?”

Sullo stesso “Tirreno”, Fabio Roggiolani, capogruppo dei Verdi nel Consiglio Regionale Toscano, aggiunge: “Le notizie provenienti dall’Elba dimostrano l’estrema vulnerabilità idrogeologica di questo ambiente e quindi confermano l’esigenza di non cementificare gli spazi disponibili, come andiamo predicando (purtroppo con scarsi risultati) da molti anni”. A Campo, è Vincenzo Tessandori de “La Stampa” (“Pioggia e Vento flagellano l’Elba”) a riferire il disastro: “Il paese è allagato, senza luce né acqua potabile, 350 le persone evacuate da campeggi, alberghi e case riunite nella scuola Media, quella che secondo il contestatissimo Piano Strutturale dovrebbe diventare un grande albergo…”. Ma sarà un precedente servizio dello stesso Tessandori, svolto il 2 settembre, prima di allagamenti, frane, strade interrotte, auto in mare ed evacuazioni di massa, che acquisterà particolare significato ed evidenza: ““Utilità e cultura, se esaminate con larghezza di vedute, sono molto, molto incompatibili”, sosteneva Bertrand Russel. Cultura è: rispetto del territorio, della tradizione , del buon gusto, della logica non legata al solo interesse; utilità è: un aeroporto su un’isola deserta come Pianosa, una cascata di cemento all’Elba, un safari contro il pino marittimo, una pineta violentata, un porto turistico.”

Uno scomposto e piuttosto ingenereso commento dell’Esecutivo Campese (“Ambientalisti quelli? Ma per carità, piuttosto cannibali della politica alleati con i potenti locali”. - La Repubblica, 6 settembre 2002) ci induce a formulare, in conseguenza dell’allungamento dei tempi di presentazione, una integrazione all’Osservazione già presentata esponendo ulteriori considerazioni sulle iniziative di Pianificazione adottate ed anche sul Piano di Edilizia Economica e Popolare che, nella precedente, avevamo volutamente tralasciato, nonostante le insufficienze, per molti aspetti palesi, nella considerazione che l’iniziativa, certamente condivisibile, pur con le carenze riscontrate, sostanzialmente promuoveva nel sociale. Anche il PEEP infatti, per quella singolare connotazione che caratterizza la generale caduta nella progettazione dei buoni principi enunciati in epigrafe, presenta non poche contraddizioni rispetto al quadro generale della Pianificazione: “Il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare si articola nelle frazioni di Marina di Campo, La Pila, S. Piero, Sant’Ilario in Campo, Seccheto ed interessa una superficie totale di mq. 177.032 per una previsione di mc.93.330 di abitazioni, oltre a mc. 13.700 di strutture commerciali e mc. 4.000 di servizi di uso pubblico per un totale complessivo di circa 111.000 metri cubi. Consente quindi, con una utilizzazione completa delle aree previste e programmate, l’insediamento di oltre 1.000 abitanti cittadini residenti in condizioni di reddito per accedere legittimamente alle agevolazioni che sono proprie degli alloggi di edilizia economica e popolare. In sostanza risulta che l’incremento demografico previsto per il dimensionamento del Piano Strutturale può essere assorbito quasi completamente con l’utilizzazione delle aree destinate al PEEP.” Ora ad una analisi non troppo superficiale sembra evidente che, “o l’incremento demografico previsto e il fabbisogno pregresso trovano soddisfazione nelle aree PEEP, e conseguentemente le aree di espansione del Piano Strutturale (le UTOE 5A, 5B e soprattutto 5C) sono una previsione abnorme riferita prevalentemente a.seconde e terze case, rivolte ad incrementare il mercato edilizio di provenienza esterna, o le stesse aree di edilizia popolare sono eccessivamente estese per una programmazione corretta e correlata all’effettivo fabbisogno di questa tipologia di abitazioni e della disponibilità di risorse pubbliche e private per la loro concreta realizzazione”.

Una corretta e sostanziale revisione del fabbisogno PEEP nel processo complessivo di ridimensionamento del Piano Strutturale appare suggerimento opportuno, anche in ordine alla possibilità di adottare “una strumentazione più flessibile ed articolata che consenta una programmazione più sensibile al contesto territoriale ed ambientale fragile, delicato e critico che caratterizza le localizzazioni proposte” D’altra parte, a fronte di intransigenti conferme delle decisioni già assunte, l’istituto delle “Osservazioni” che, nel caso, ha come obiettivo quello di “consentire comunque la realizzazione di alloggi di prima casa a chi ne ha bisogno e necessità, ma in un contesto di qualità all’altezza della bellezza dei borghi storici, della tradizione e dell’ambiente che è la prima ricchezza di Campo, rischia di risultare un metodo inadeguato”. Su questa ultima notazione e, soprattutto, sul significato della partecipazione popolare alle scelte urbanistiche, intervenendo a Portoferraio in occasione della “Conferenza sulle politiche territoriali ed ambientali per l’Isola d’Elba”, il 15 e 16 novembre 2002, ho richiamato la proposta avanzata con grande senso di responsabilità politica dall’Onorevole Fabio Mussi che, nel suo intervento alla fine di agosto introdusse la nozione di una verifica popolare sulle scelte Comunali di Governo del Territorio, verifica intesa da Mussi, secondo sua definizione, come un vero e proprio “controllo dal basso”. “Il riscontro nella prassi della considerazione di Mussi sta tutto nella necessità che gli adempimenti conseguenti all’iter procedurale previsto per gli Atti di Pianificazione trovino corrispondente pubblicizzazione nei momenti preliminari della loro definizione, affinchè le scelte strategiche individuate non siano competenza esclusiva del Palazzo ma possano invece essere discusse, meditate e dibattute nelle sedi opportune in incontri coi Cittadini, con le Forze Politiche e Sociali, con Enti e Associazioni, per assegnare significato e qualità a quelle strategie, promuovendone il dibattito e rendendo esplicita la definizione di momenti operativi di urbanistica partecipata. Mi auguro che la stessa costruzione del “Piano Guida” degli obiettivi e delle scelte strategiche da adottare per l’Elba, conseguente a questa Conferenza, possa avvenire in questa linea di partecipazione , assegnando significato ed entusiasmo alla sollecitazione di Fabio Mussi”.

Siamo alla fine di agosto 2003: del “Piano Guida”, prospettiva progettuale dell’autunno scorso, non si parla più.

Legambiente ha inviato il documento con le osservazioni al Piano Strutturale di Campo nell’Elba al Sindaco di Campo, al Presidente della Regione, al Presidente della Provincia ed al PNAT.

Un lungo documento, ben quattordici pagine, ricco di note puntuali, com’è nello stile dell’Associazione. Il risultato di queste osservazioni conforta purtroppo le anticipazioni date nei mesi precedenti la stagione estiva e le proteste che si levarono da più parti ad opera di cittadini e di comitati. Legambiente infatti, al termine della disamina, boccia senza appello le previsioni dell’Amministrazione campese.

Il Piano Strutturale del Comune di Campo nell’Elba pare in netta contraddizione con il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Livorno e con la Legge Regionale 5/95, Norme per il governo del territorio, infatti, il Piano si sviluppa con previsioni di massiccia cementificazione del territorio che ignorano l’art.5 della suddetta legge ed in particolare il comma 5 che prescrive: “Nuovi impegni del suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono di norma consentiti quando non sussistono alternative al riuso e riorganizzazione degli insediamenti e infrastrutture esistenti. Devono comunque concorrere alla riqualificazione dei sistemi insediativi e degli assetti territoriali nel loro insieme ed alla prevenzione e recupero del degrado ambientale”

Il Piano Strutturale è costruito sulla base di una previsione di crescita trentennale della popolazione valutata in 900 abitanti e con una presunto fabbisogno di alloggi odierno di 659 alloggi. Il Piano Strutturale prevede una massiccia edificazione di 480.000 metri cubi per un numero di 1500 nuove abitazioni.

Formare le previsioni del Piano sulla base di un enorme sviluppo demografico (circa il 20% di crescita prevista), che non trova riscontro nella realtà del Comune di Campo nell’Elba, dell’Elba, della Provincia di Livorno, della Toscana, e dell’Italia, pare un escamotage per giustificare una massiccia cementificazione del territorio. Infatti la popolazione del Comune di Campo nell’Elba dal 1951 al 2001 ha avuto un incremento di soli 98 abitanti ma un calo di 110 abitanti rispetto al 1982.

Ma anche questo molto più contenuto ed oscillante incremento della popolazione non giustificherebbe le previsioni del Piano in merito alle prime case: infatti la crescita della popolazione è il frutto non di un reale incremento della natalità ma delle residenze di comodo (causa agevolazioni ICI, tariffe, tasse, ecc.) di coloro che risiedono a Campo nell’Elba per pochi mesi all’anno o di immigrazione per lavoro da parte di persone che hanno in grandissima parte già soddisfatto le loro esigenze abitative.

L’esigenze di prima casa sono del resto grandemente soddisfatte da un Piano di Edilizia Economica e Popolare già fortemente sovradimensionato che prevede la costruzione di ben 100 mila metri cubi di nuovi appartamenti. Ben 264 case sparse in tutto il territorio, una cementificazione che, con servizi e parcheggi raggiungerebbe circa 170.000 metri quadrati.

Le esigenze di prima abitazione previste dal PEEP appaiono esagerate e non corrispondono certamente alla reale situazione del Comune di Campo nell’Elba, un territorio già pesantemente provato dalla speculazione edilizia, dalla presenza massiccia e prevalente di seconde, terze e quarte case e nel quale le emergenze abitative sono limitate e facilmente individuabili.

Non si può usare anche il PEEP per favorire una nuova ed indiscriminata espansione urbanistica, occorre un’attenta analisi del PEEP per individuare le giuste esigenze di prima casa da soddisfare.

E’ evidente che l’ emergenza abitativa esistente nel comune è costituita realmente da persone con scarse disponibilità economiche o da giovani coppie che, comunque, non sono quasi mai i proprietari dei terreni interessati dalle previsioni del Piano Strutturale e che non avrebbero le risorse per costruirsi una casa agli altissimi costi di acquisto del terreno e di costruzione correnti, il Piano Strutturale rischia di non dare soddisfazione proprio a questi limitati casi che hanno realmente bisogno della prima casa e sembra molto più verosimilmente rivolgersi a famiglie e componenti di famiglie che hanno già case di proprietà ed a volte ne dispongono di più di una e le utilizzano per il mercato estivo degli alloggi per turisti.

In particolare sono preoccupanti le previsioni per l’U.T.O.E. 5 C, un’area di oltre 200 Ha tra la piana di Campo e la Pila e delimitata a monte dalla strada “pedemontana” che si vorrebbe realizzare.

Se si prevede una volumetria presunta assai estensiva e che “le nuove edificazioni potranno essere autorizzate solo previa stipula dì apposita convenzione con l’Amministrazione Comunale .” con la cessione “di norma” deI 50% del territorio impegnato, nell’ipotesi, minima di 4 nuove unità immobiliari di 170 mq per Ha., su uno o due piani, con lotto minimo di 2500 mq., si ha una capacità insediativa di 400.000. mc eccedente di oltre 100.000. mc. le quantità necessarie a soddisfare il fabbisogno dichiarato dal Piano Strutturale.

Le volumetrie previste nelle rimanenti “aree di frangia” risultano aggiuntive rispetto al fabbisogno dichiarato dal Piano.

Il Piano Strutturale prevede una crescita enorme ed ingiustificata delle aree edificabili con un eccesso di superfici e di aree non strettamente utili, che consentirebbe una cementificazione del territorio comunale insostenibile.

Inoltre, la prescrizione che prevede “di norma” la cessione del 50% dell’area, è preoccupante per la discrezionalità che introduce nei rapporti tra i cittadini e l’Amministrazione Comunale.

Il Piano Strutturale prevede indiscriminatamente nuovi volumi e edificazioni in terreni oggi classificati agricoli, proponendo la distruzione del paesaggio agrario residuo, mentre lo sviluppo sostenibile e duraturo viene genericamente citato nel Piano ma mai realisticamente posto in essere con misure precise.

Al contrario, il Piano Strutturale appare come uno strumento urbanistico superato che ripropone un vecchio modello di sviluppo che mostra evidenti segni di crisi, in contrasto con quanto previsto dal più moderno e meditato Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Livorno, con il Piano dei Porti e degli Approdi Turistici della Regione Toscana, con le norme sulle Aree a Pericolo elevato di Frana e di esondazione, ma le sue previsioni collidono anche in maniera fortissima con la presenza del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e con la legge 394/91 e il Decreto del Presidente della Repubblica che istituisce il Parco Nazionale e fissa le norme di salvaguardia.

Un Piano Strutturale che non tiene conto della adozione in itinere del Piano del Parco e del Piano Pluriennale Economico e Sociale e che, anzi, tende a vanificare con le sue previsioni un corretto uso del territorio dell’Area Protetta del SIC Monte Capanne-Enfola e della ZPS di Pianosa,.

Un Piano Strutturale che va quindi radicalmente rivisto, abbassando drasticamente indici e previsioni urbanistiche esagerati ed azzerando opere inutili, dannose e di insostenibile impatto economico e ambientale.

Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano,

Il Piano sembra ignorare e sminuire la presenza su gran parte del territorio del Comune di Campo nell’Elba del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, ignorandone spesso i vincoli e il Piano del Parco in via di approvazione, ma soprattutto quella del sito di Interesse Comunitario (SIC) di ” Monte Capanne e promontorio dell’Enfola” (SIR 58 IT5150012) che occupa tutto il versante sud occidentale del Comune e dalla Zona di Protezione Speciale (ZPS) dell’Isola di Pianosa, che è anche un SIC (SIR 59 IT5150013) le due aree sono comprese nella Rete Natura 2000.

Per questo invitiamo l’Amministrazione Comunale a soprassedere da qualsiasi previsione relativa alle aree protette dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano contenuta nel PEEP, nel cosiddetto Piano Spiagge e nel Piano Strutturale, e riteniamo “utile stabilire una salvaguardia generale che limiti la possibilità di intervenire su immobili esistenti con le metodologie del restauro, della manutenzione ordinaria e straordinaria, della ristrutturazione edilizia D1 o leggera, rinviando al Parco la specifica normativa di intervento su tali aree” in attesa dell’approvazione del Piano del Parco, così come indicato dalla Provincia di Livorno nella Delibera 130 del 1/10/2001 e dallo stesso Ente Parco nelle prescrizioni al Piano Strutturale di Portoferraio che il Comune di Portoferraio (e successivamente quelli di Marciana Marina e Marciana che hanno accolto le osservazioni in tal senso di LEGAMBIENTE) ha recepito.

Questo vale ancor più per l’Isola di Pianosa protetta, oltre che dal Parco Nazionale e dal D.M. che istituisce l’area marina protetta, anche da una Zona di Protezione Speciale e dove addirittura il Piano Strutturale propone di creare un aeroporto, un porto (vedi attrezzature sovracomunali) non previsto dal Piano dei Porti e degli approdi turistici della Regione Toscana, uno stabilimento balneare e punti blu; ipotesi che vanno nettamente respinte per il loro fortissimo impatto ambientale su un ambiente unico e delicatissimo e che contrastano con i vincoli imposti dal Decreto del Presidente della Repubblica che istituisce il Parco Nazionale, con la legge 393/91 e successive modifiche, con le direttive europee per la salvaguardia di SIC e ZPS.

In relazione a quanto sopra scritto si evidenziano alcune incongruenze e previsioni inaccettabili riscontrate nel Piano Strutturale:

Fetovaia

In questa UTOE sono previste aree di insediamento intensivo, esterne ai centri storici dotate di adeguate infrastrutture.

Non è chiaro se il Regolamento Edilizio potrà prevedere una saturazione edilizia. Il Piano Strutturale non definisce le unità abitative previste, i metri cubi per nuove edificazioni e recupero del patrimonio edilizio.

Fetovaia ha già subito una notevole cementificazione, fatta di seconde case o strutture alberghiere, già fortemente eccedente rispetto all’esiguo numero di residenti.

Vi è comunque un equilibri paesaggistico che va salvaguardato non aggiungendo nuove costruzioni o ampliamenti da immettere sul mercato delle seconde case.

Si richiede di trasformare l’area come UTOE 5 B, ovvero area di insediamento diffuso.

- E’ previsto un ambito UTOE 5 C di frangia oltre il Fosso del Canaletto e lungo la strada provinciale per Pomonte.

L’area è in parte compresa nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, il cui perimetro intorno a Fetovaia non è rintracciabile sulla Tavola 1 dei sistemi territoriali.

La possibilità di nuove edificazioni in questa zona destinando il 50% ad opere di urbanizzazione ed infrastrutture porterebbe il perimetro dell’abitato in una zona attualmente a vincolo paesistico-ambientale in gran parte compresa nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano,.

Anche l’impianto di depurazione fognario è previsto in un’area ricadente nel perimetro del PNAT.

Si invita l’Amministrazione Comunale a rinunciare ad ogni previsione che riguardi il territorio del Parco Nazionale

Seccheto, Vallebuia, Cavoli, Colle Palombaia

Anche in queste località si prevedono aree di frangia che consentirebbero una massiccia cementificazione del territorio intorno agli abitati.

A Seccheto è prevista un’ampia zona di frangia in una zona ad elevata pendenza, ad est del Fosso di Vallebuia e compresa nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, dove le nuove costruzioni sarebbero realizzabili solo con grandi sbancamenti. Tutto questo in aperta violazione dei vincoli del PNAT, della legge 394/91 e del DPR istitutivo del Parco.

Le stesse osservazioni valgono per l’ UTOE 5 B tra la strada provinciale e il campo sportivo in una zona interamente compresa nel perimetro del PNAT. per il suo elevato valore ambientale e paesaggistico sul crinale tra il golfo di Seccheto e quello di Cavoli.

Anche in località Vallebuia l’UTOE 5 B si estende almeno per il 50% in una zona compresa nel PNAT.

Non è pensabile un’ulteriore edificazione in Vallebuia, valle a destinazione eminentemente agricola.

Queste previsioni contrastano nettamente anche con quanto previsto dal Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano in via di adozione.

SIC, ZPS, IBA

Lo stesso criterio di salvaguardia precauzionale pensiamo debba essere tenuto per il territorio comunale incluso nel Sito di Interesse Comunitario Monte Capanne Promontorio dell’Enfola (anche in relazione alle ipotesi di nuove costruzioni nelle UTOE che sono in gran parte ricompresse nel SIC), se non si andrà immediatamente ad una puntuale definizione del SIC nel Piano Strutturale ed all’accoglimento dei vincoli nelle norme tecniche.

Si ricorda che l’individuazione del SIC è stata effettuata nel progetto Bioitaly; successivamente, con la L.R. 56/2000, è stato individuato come Sito di Importanza Regionale (SIR 58 IT5150012): L’elenco dei siti individuati nel progetto Bioitaly è stato approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 342/1997. E’ evidente, per le precise misure di salvaguardia relative ai Siti di Interesse Comunitario, che occorre definire con certezza nel Piano Strutturale i confini del SIC nel territori comunale. Va ricordato che l’Unione Europea ha avviato numerosi procedimenti di infrazione Amministrazioni Comunali e Governi che hanno posto in atto strumenti che non rispettavano i vincoli imposti dalla presenza di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale, quindi ogni intervento andrà commisurato ai vincoli del SIC e della ZPS imposti dall’Unione Europea.

Infatti, la Direzione per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio scrive nel documento NATURA 2000 ITALIA:

“Natura 2000 è una rete di aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio de/l’Unione Europea. istituita dall’art. 3 della direttiva 92/43/CEE de l2l maggio 1992 per “la conservazione degli hababit naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (direttiva Habitat).

Tali aree denominate ZSC (Zone Speciali di Conservazione e ZPS (Zone di Protezione Speciale) nel loro complesso garantiscono la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie del continente europeo, particolarmente minacciati di frammentazione e di estinzione. in particolare le ZPS sono definite dalla precedente direttiva 79/409/CEE per la conservazione di aree destinate alla tutela degli habitat delle specie di avifauna minacciate, denominata “direttiva Uccelli”

Al di là del numero e della tipologia degli organismi protetti. la rete Natura 2000 permette agli Stati membri di applicare il concetto innovativo di tutela della biodiversità riconoscendo l’interdipendenza di elementi biotici, abiotici e antropici nel garantire l‘equilibrio naturale in tutte le sue componenti.

La rete Natura 2000 è attualmente costituita dalle Zone di Protezione Speciale (Pianosa n.d.r.) e dall’insieme dei Siti di Interesse Comunitario proposti (pSIC) alla Commissione Europea dagli Stati membri (Massiccio del Capanne n.d.r.).

I due tipi di aree, SIC e ZPS, possono essere distinte o sovrapposte a seconda dei casi. Sulla base di

Sulla base di sentenze della Corte di Giustizia europea contro alcuni stati membri (Spagna, Francia e Regno Unito), i Sic debbono essere tutelati anche prima della loro designazione come ZCS, almeno impedendone il degrado. Infatti, secondo i principi del Trattato dell’Unione non è possibile che uno stato proponga da una parte dei siti per l’inclusione in Natura 2000 e dall’altra attività che danneggiano i valori naturalistici per i quali i siti sono stati identificati.

L’art. 10 del Trattato afferma che ogni Stato membro è tenuto ad adottare tutte le misure di carattere generale e particolare volte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Anche in assenza di misure di trasposizione o di applicazione di specifici obblighi posti da una direttiva, le autorità nazionali devono adottare tutte le misure possibili per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla direttiva. Essi devono astenersi dal prendere misure suscettibili di compromettere gravemente la realizzazione del risultato che la direttiva prescrive, pena l’apertura di procedure a carico degli Stati membri e, per il principio della sussidiarietà, delle singole Amministrazioni regionali”.

Inoltre, si ricorda che l’intero territorio elbano e Pianosa sono identificate come IBA (Important Bird Area) per le quali l’Unione Europea ha stabilito che si applichino gli obblighi previsti dalla Direttiva “Uccelli”.

Valutazione di incidenza per SIC, ZPS e IBA

Tutto quanto sopra scritto è in evidente contrasto con le previsioni del Piano Strutturale di Campo nell’Elba che non tiene alcun conto di SIC, ZPS e IBA. Eppure queste misure di tutela del territorio dovrebbero incidere fortemente sulla stesura di un Piano Urbanistico e sulla sua futura applicazione.

“L’art 6 della direttiva “Habitat” e l’art. 5 del D.P.R. di attuazione 0.357 prevedono che ogni piano o progetto che possa avere incidenze significative su un Sito di Interesse Comunitario debba formare oggetto di una opportuna valutazione d’incidenza che tenga conto delle specifiche caratteristiche e degli obiettivi di conservazione del sito stesso.

Riguardo al campo geografico di applicazione, la necessità di redigere una valutazione d’incidenza non è limitata ai piani e ai progetti ricadenti esclusivamente nei territori proposti come siti Natura 2000, ma anche alle opere che, pur sviluppandosi al di fuori ditali aree, possono comunque avere incidenze significative su di esse. La valutazione infatti deve essere interpretata come uno strumento di prevenzione che analizzi gli effetti di interventi localizzati non solo in modo puntuale ma soprattutto, in un contesto ecologico dinamico, considerando le correlazioni esistenti fra i vari sui ed il contributo che ognuno di essi apporta alla coerenza globale della struttura e delle funzione ecologica della rete Natura 2000.

Inoltre, l’art. 6 prevede che un piano o un progetto possa essere realizzato per i siti caratterizzati da habitat e specie non prioritari, nonostante conclusioni negative della valutazione d’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, solo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica: in questo caso lo Stato Membro deve adottare ogni misura compensativa necessaria per garantire la tute la della coerenza globale della rete Natura 2000. Se il sito in causa è un sito in cui si trovano un tipo di habitat o di specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente o, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

La valutazione d’incidenza deve essere realizzata dal proponente del progetto o del piano e presentata alla Regione interessata; essa ha lo scopo di identificare le possibili incidenze negative per il sito riguardo agli obiettivi di conservazione del medesimo. tentando, in applicazione del principio di prevenzione, di limitare l’eventuale degrado degli habitat dell’allegato 1 e la perturbazione delle specie dell’allegato 2 per cui il sito in esame è stato designato; ciò anche al fine di evitare l’apertura di procedure d’infrazione da parte della Commissione Europea. Nel caso si tratti di progetti di carattere interregionale, o nel caso in cui la Regione è il soggetto proponente, l’Autorità competente a valutare la relazione d’incidenza è quella nazionale.

Essa deve inoltre essere opportunamente documentata e motivata così da costituire un riferimento di base per la successiva fase decisionale: l’analisi attenta delle in formazioni riportate nel formulano di identificazione del sito rappresenta il primo passaggio sostanziale per la comprensione degli obiettivi di conservazione e consente il mantenimento della coerenza ecologica della rete Natura 2000.

Un’adeguata valutazione d’incidenza richiede che si considerino eventuali effetti congiunti di altri piani o progetti per valutare gli impatti cumulativi che spesso si manifestano nel tempo. Inoltre è opportuno considerare le possibili misure di attenuazione e le soluzioni alternative per limitare le incidenze che il progetto può avere sul sito in esame compromettendone l’integrità strutturale e funzionale. La valutazione d’incidenza, se corretta mente realizzata ed interpretata, diviene quindi uno strumento finalizzato alla sicurezza procedurale e sostanziale che con sente di raggiungere un rapporto equilibrato tra conservazione soddisfacente de gli habitat e delle specie ed uso del territorio: essa, incoraggiando a gestire in maniera sostenibile i siti Natura 2000, rappresenta un elemento chiave di attuazione del principio dell’integrazione dei fattori ambientali nella pianificazione e nell’esecuzione delle azioni previste per numerosi settori economici e sociali, Nel caso in cui l’opera in esame, ricadente in un sito Natura 2000, rientri nella categoria di interventi che debbono essere assoggettati alla Valutazione d’Impatto Ambientale, tale procedura può essere esaustiva, e quindi può non essere necessaria la valutazione d’incidenza, solo se comprende gli elementi specifici che identificano le possibili incidenze negati ve per le specie e gli habitat per le quali il sito è stato designato riguardo agli obiettivi di conservazione degli stessi: se invece tali elementi non sono valutati nell’analisi di VIA,, è necessario redigere ex novo una appropriata valutazione d’incidenza”.

Si invita il Comune a recepire nel Piano Strutturale e nel Regolamento Urbanistico quanto sopra scritto dalla Direzione per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio nel documento NATURA 2000 ITALIA .

Le indicazioni sulla metodologia procedurale e sui contenuti per la corretta realizzazione della valutazione d’incidenza sono riportati nel sito Internet della Commissione Europea, DG Ambiente all’indirizzo http://europa.eu.int/comm/environment/eia/home.htm, più esattamente nel documento “LA VALUTAZIONE DI PIANI E PROGETTI CHE POSSONO AVERE INCIDENZE SIGNIFICATIVE SUI SITI NATU:RA 2000- Guida metodologica alle indicazioni dell’art.6 commi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE.”

Aree Naturali Protette di Interesse Locale

Il Piano Strutturale propone la realizzazione di tre Aree Naturali Protette di Interesse Locale (A.N.P.I.L): Punta do Fetovaia, Monte Capanne Fascia sistema SIB e Monte Tambone.

Due delle A.N.P.I.L. non sono realizzabili in quanto inserite nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e le previsioni del Comune non paiono ben meditate. Infatti, la legge 394/91 prevede addirittura il contrario: All’articolo 22 comma 5 è scritto: “Non si possono istituire aree protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale”, quindi non certamente A.N.P.I.L. che sono aree protette riconosciute dalla Regione su proposta degli Enti Locali.

Anche per quanto riguarda l’ANPIL di Monte Tambone che verrebbe realizzata ai confini del Parco Nazionale (si fa notare nelle tavole del P-S. un perimetro errato del PNAT, che comprenderebbe tutto il territorio dell’ANPIL)

sarebbe meglio che il Comune trasformasse questa previsione in una richiesta alla Regione di istituzione di un’Area Contigua al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano così come contemplata dall’articolo 32 della legge 393/91, si otterrebbero così gli stessi risultati previsti dal Comune (caccia solo per i residenti) e non si aggiungerebbe alla presenza del Parco Nazionale e di un SIC, con una forma di protezione minore che troverebbe scarsa giustificazione dal punto di vista ambientale e sarebbe difficilmente gestibile.

Aree esondate ed a pericolosità idraulica elevata

La stessa disattenzione viene posta dal piano per le aree a pericolosità di inondazione elevata e molto elevata che il Comitato Tecnico di Bacino “Toscana Costa” della Regione Toscana ha individuato, nell’ambito dell’applicazione della Legge n.167 del 3/8/1998. Tali aree sono localizzate in corrispondenza alla “Pianura di Marina di Campo: area ad elevata pericolosità di esondazione che interessa parte del centro abitato di Marina di Campo nonché l’area del campeggio, in sinistra idrografica del Fosso Alzi. Estesa area ad elevata pericolosità idraulica compresa fra Fossi della Galea e della Pila, con limitate condizioni di rischio connesse con la scarsità di elementi antropici esposti” (fonte: Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano) e che sono puntualmente sondate il 4 settembre 2002 provocando gravi danni; a queste vanno aggiunte le aree di Seccheto e Fetovaia esondate nell’estate 2002.

Il Capoluogo del Comune, Marina di Campo, si è sviluppato nel dopoguerra occupando una zona paludosa e un’area dunale. E si vede: frequentissimi allagamenti, anche il 4 settembre con lo straripamento del fosso Votabotte e l’allagamento di Via Vespucci.

Nell’estate 2001 LEGAMBIENTE aveva denunciato con forza il restringimento dell’alveo e della foce del fosso della Galea che sbocca in una zona con una forte concentrazione di campeggi. Nel tratto terminale del fosso, oltre a lavori di rettifica, era stato anche realizzato un parcheggio che si spingeva dentro l’alveo.

Nella primavera 2002 avevamo contrastato l’autorizzazione del Comune di Campo nell’Elba a far costruire, in un’area ad elevato rischio idraulico, un impianto per Go Kart.

Il 4 settembre 2002 il fosso della Galea è straripato e si è portato via il parcheggio e danneggiato la pista e le strutture del Go Kart.

Ma è l’intera piana tra la Pila e la Foce, una antica zona umida almeno fino agli anni 50/60, (che ospita anche l’aeroporto) ad essere stata occupata da strade, mega-antenne per la telefonia, svincoli, parcheggi costruiti in aree paludose…

E' d'altra parte sorprendente come sia stato trattato tutto l'argomento riguardante le problematiche geologiche e idrologico-idrauliche, indagini che non si traducono in Tavole rappresentanti i luoghi da salvaguardare per pericolosità rilevate, e di precauzioni da prendere luogo per luogo, espresse attraverso Norme. Non sono indicate le precauzioni che (con indicazioni cartografiche) dalle indagini avrebbero dovuto esser suggerite lungo e a lato di tutti i corsi d'acqua, nonché in corrispondenza e sull'intorno di frane in atto e quiescenti, di fratture, ecc. Poiché tutto il territorio dell'Elba è una rarità ben nota anche per l'alta complessità geologica e idrogeologica (che è alla base della unicità e del valore dei paesaggi e dell'ambiente elbano) le indagini fin qui svolte avrebbero dovuto dar luogo, già in sede di Piano Strutturale, a vere Norme, precisanti tra l'altro (in funzione degli Atti di pianificazione successivi) i criteri e metodi da adottare sia nelle ulteriori, particolareggiate indagini da svolgere, sia nella definizione di più particolareggiate Norme.Pertanto, parti essenziali del Piano Strutturale devono essere rivedute, anche alla luce di quanto recentemente successo, tutte le previsioni contenute nel Piano Strutturale che riguardano nuove edificazioni e realizzazioni di infrastrutture in queste aree ad elevata pericolosità e di nuove e recente esondazione ed a rischio di frana.





Interporto

Invece, è proprio qui e nelle zone limitrofe (UTOE 4 Attrezzature logistico Produttive) che il Piano strutturale prevede un inutile interporto con migliaia di metri quadri di asfalto, nuove opere stradali, un’area adibita a sosta camper, e nuova edificazione diffusa che prevede circa 10.000 mq di superficie coperta per impianti produttivi che non comprendono “le volumetrie da assegnare alla struttura dell’interporto, per la quale ogni tipo di previsione è rinviata al R.U.”.

In particolare la realizzazione di un interporto per camion non ha nessuna validità per un piccolo paese come Marina di Campo, si rivolge (come del resto quasi tutte le infrastrutture previste) alla risoluzione di problemi di traffico che esistono davvero solo per 15 giorni all’anno e propone una soluzione “autarchica”, che avvicinerebbe ugualmente il traffico pesante al paese ed aumenterebbe in maniera esponenziale il piccolo traffico tra l’interporto e le frazioni, creando ulteriori disagi alla circolazione esattamente nel tratto che si vorrebbe decongestionare.

Forse un interporto avrebbe senso a livello elbano, magari a Portoferraio, non certo come servizio per un solo Comune ed a ridosso di uno dei centri turistici maggiori.

Viabilità

Il Piano Strutturale prevede una nuova strada “pedemontana” che dovrebbe partire dall’incrocio della nuova tangenziale della Pila, lambire l’area industriale, piegare verso sud connettendosi e scambiandosi con una rotonda con l’attuale strada che dalla Pila arriva a Sant’llario e prosegue per un tortuoso itinerario fino ad innestarsi sulla strada per Cavoli e l’anello occidentale.

Se realizzata, la “pedemontana risulterebbe un’opera con un fortissimo impatto ambientale e paesaggistico; il suo percorso sembra dettato più dall’obiettivo di raggiungere nuove aree edificabili che dalla ricerca di una minimizzazione dell’ impatto sul territorio, il percorso non garantisce nemmeno efficacia dal punto di vista della viabilità.

L’ipotesi di percorso della “pedemontana” non è sostenuta da studi dei volumi di traffico e da un Piano Urbano del Traffico serio; è un’altra delle opere che serve esclusivamente a risolvere un problema che si presenta solo in agosto; risulta sovradimensionata rispetto ai problemi che si dice di voler affrontare e con costi di realizzazione elevatissimi.

Si invita l’Amministrazione Comunale ad individuare soluzioni meno impattanti sull’ambiente ed il paesaggio, meno lunghe e tortuose, meno costose da realizzare e più efficaci per lo smaltimento del traffico estivo ed il suo allontanamento da centro abitato di Marina di Campo.

La viabilità minore viene identificata da una tavola del piano strutturale, prevede una ragnatela di strade nel comparto territoriale di Marina di Campo.

La rete di nuove strade è pensata a servizio di aree di nuova edificazione e sembra convergere su una nuova viabilità che s’inerpica in fortissima pendenza attraverso aree di elevato valore ambientale e praticamente disabitate, un itinerario tortuoso che sale fino alle Coste Grandi, per poi dirigersi, con pendenze ripidissime, alla spiaggia di Galenzana, spingendosi fin dentro il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ed interferendo pesantemente con il SIC Monte Capanne.

L’impatto ambientale su una costa di altissimo pregio ambientale e paesaggistico sarebbe devastante ed ingiustificabile.

L’itinerario proposto per raggiungere da sud Galenzana, tortuoso, prolungato immotivatamente fino a Coste Grandi e con fortissime pendenze appare assolutamente immotivato dal punto di vista della viabilità e dell’impatto ambientale, in netto contrasto con la tutela prevista dal Piano del Parco per Galenzana.

Una previsione inutile e dannosa che va stralciata e cancellata dalle previsioni del Piano Strutturale.

Porto Turistico di Marina di Campo

Il Piano Strutturale prevede un porto turistico all’esterno dell’attuale porto, con costruzione di nuove strade, si dice anche in galleria.

L’ipotesi di un porto da 750 barche è inaccettabile dal punto di vista ambientale e paesaggistico e devasterebbe irrimediabilmente una costa fragilissima.

Questo porto sorgerebbe esattamente di fronte alla magnifica spiaggia di Galenzana ed ai confini del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e del SIC di Monte Capanne-Enfola.

Contro questa disastrosa ipotesi negli anni passati si sono espressi i cittadini di Marina di Campo, le Associazioni ambientaliste ed alcune forze politiche che oggi fanno parte della maggioranza e della minoranza del Comune di Campo nell’Elba.

Infatti, il Porto non è contemplato nel Piano Regionale dei Porti e degli Approdi Turistici della Regione Toscana; la stessa Regione ha respinto negli anni passati questa ipotesi, indicando nel recupero dell’area portuale di Marina di Campo e nella realizzazione al suo interno di un approdo turistico la soluzione che ci trova completamente d’accordo.

Tutela dei beni archeologici

Il Comune di Campo nell’Elba ha un patrimonio storico-culturale enorme, con circa 30 emergenze censite, molte delle quali all’interno o nelle immediate vicinanze dei centri abitati di Marina di Campo, San Piero, Sant’Ilario, Seccheto, Cavoli, Pomonte, (vedi cartografia allegata al Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano), alcune sono comprese in UTOE dove il Piano Strutturale prevede nuove costruzioni ed ampliamenti, si invita ad inserire nel Piano Strutturale norme di salvaguardia e tutela per i beni archeologici e storici del Comune ben più efficaci e puntuali di quanto genericamente contenuto nelle Norme Tecniche, noi suggeriamo di inserire nel Piano Strutturale e nel Regolamento Urbanistico le seguenti frasi: “Chiunque, pubblico o privato, in regime di DIA o autorizzazione o concessione, debba incidere il sottosuolo dei centri storici o delle aree censite quali emergenze archeologiche, onde evitare la possibile dispersione o distruzione di dati storico-archeologici importanti o determinanti per la ricostruzione della storia di Marciana, è tenuto a incaricare un archeologo di sua fiducia e di comprovata esperienza con la qualifica di docente universitario o ricercatore CNR o direttore di scavo su concessione ministeriale o professionista con specializzazione post laurea o professionista laureato con almeno 3 anni di tirocinio presso Istituti scientifici o professionista laureato operante presso cooperativa archeologica riconosciuta da Soprintendenza per i Beni Archeologici. L’archeologo incaricato si assumerà la responsabilità del controllo degli scavi. Ove da questi ultimi emergano cose di interesse storico-archeologico di cui all’art. 2 del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, l’archeologo incaricato dovrà farne denuncia entro ventiquattro ore al Soprintendente o al Sindaco ovvero all’Autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 87, 1 del suddetto D. Lgs., per i provvedimenti del caso”.

Definizione dei criteri di utilizzazione degli arenili con formazione di punti di ormeggio e modifica del P.D.F. vigente nel rispetto della “Direttiva Regionale per la Fascia Costiera” n° 47/90

Le condivisibili premesse contenute nella Relazione di “riduzione della pressione sulla costa” ci paiono ampiamente contraddette dalle previsioni della Variante, così come quanto proposto non ci pare confermare “gli indirizzi generali del PIT per la riqualificazione complessiva dei valori della Toscana turistico. agricola e per il riequilibrio costa-entroterra”.

L’impressione netta è che, partendo da promesse e dati condivisibili, si approdi a scelte che niente hanno a che fare con il riequilibrio economico ed il recupero di errori e ritardi nell’uso sostenibile del territorio e delle risorse, anzi si ripropone il modello di sviluppo turistico ormai in crisi e basato sullo sfruttamento intensivo di territorio e risorse. Il tutto sottacendo che, rispetto ai dati della Variante, la situazione attuale risponde bene non solo alle notevoli presenze estive “ufficiali” ma anche alle esigenze ulteriori di un turismo “sommerso” (quantificabile in presenze in circa il 50% di quello ufficialmente censito e riconosciuto) che la Variante non valuta, mentre propone una inesistente crescita demografica .

La Variante non propone e non raggiunge affatto la declamata “riduzione della pressione sulla costa”, anzi, la aggrava con previsioni urbanistiche e di intervento sulle spiagge, particolarmente a Marina di Campo.

Marina di Campo

E’ soprattutto qui che la Variante va ben oltre il “Piano Spiagge” ed assume un vero e proprio connotato di “pre-Piano Strutturale”: vendita e spostamento delle scuole, previsione di nuove strutture alberghiere (Sottozzona H2 Alberghi, la dove si dice: “per gli alberghi di nuova previsione su terreni non edificati si applicheranno i seguenti indici: If. = 0,50. Rapporto di copertura 30%. Altezza Massima 3,50); ampliamento delle strutture esistenti fino ad un massimo del 20%; interventi edilizi sulle cosiddette “dune pinetate” in cambio di un uso pubblico della fascia di Pineta a ridosso della spiaggia; nuova concessione balneare privata nel tratto di spiaggia libera più affollato e tradizionalmente usata dai cittadini di Marina di Campo; concessioni di specchio acqueo per l’ormeggio di piccole imbarcazioni con la possibilità di ricavare altre aree di ormeggio in futuro.

Nelle schede del quadro conoscitivo si fornisce una fotografia dell’esistente che sottovaluta la reale percentuale di spiaggia occupata dalle concessioni attuali, limitando a pochi metri quadrati l’utilizzo dell’arenile da parte di noleggi e “scuole surf” che in realtà occupano necessariamente una superficie molto più ampia (la scheda allegata alla Variante indica un 37,55% che è sicuramente il dato “ufficiale”, mentre già oggi le strutture private oltrepassano di molto il 40% di utilizzo “reale” della superficie della spiaggia).

La spiaggia di Marina di Campo appare quindi già oggi fortemente privatizzata, attrezzata, sorvegliata (almeno 20 bagnini), con 6 stabilimenti balneari e con una decina di strutture di ristoro tra la spiaggia e nelle immediate vicinanze, con altre strutture di noleggio barche e ombrelloni e scuole surf; l’arenile non necessita di nuovi stabilimenti o “punti blu”, ma di una riqualificazione dell’esistente ed di una attenzione maggiore alla spiaggia libera ed ai diritti di bagnanti, mentre la variante propone una serie di concessioni private intervallate da piccoli corridoi di spiaggia libera.

La spiaggia di Marina di Campo ha perso, dal dopoguerra ad oggi, quasi per intero il suo sistema dunale, e lo stesso arenile è stato devastato ed eroso da strade sulla spiaggia, da opere portuali e da costruzioni a ridosso del mare e dalle attrezzature balneari, I ripascimenti degli ultimi tempi e le strutture a mare hanno solo alleviato il fenomeno erosivo, con avanzamenti della battigia di breve periodo e di scarsa importanza.

Un grandissimo patrimonio ambientale e paesaggistico di cui rimangono alcune tracce nelle pinete private (certamente più “naturali” e salvaguardate del tratto di pineta pubblico), è singolare che l’Amministrazione Comunale chieda di rendere pubblica una fascia di pineta, mentre concede ai privati nuove aree della spiaggia, ed offra in cambio nuove edificazioni ed ampliamenti in un’area da salvaguardare assolutamente. Un grandissimo patrimonio ambientale e paesaggistico di cui rimangono alcune tracce nelle pinete private (certamente più “naturali” e salvaguardate del tratto di pineta pubblico).

Si tratta delle pinete oggi private dell’area tra Via Giannutri e La Foce, quelle pinete che fin dal Pdf del ‘77 furono assurdamente destinate a verde pubblico e per i 5 anni successivi rischiarono - come di nuovo oggi - di essere espropriate. Per essere poi certamente degradate e sfruttate commercialmente, come è capitato alla porzione che fu donata al Comune.

Non si vede alcuna necessità di un provvedimento del genere, che con il pretesto di un improbabile ripristino di “finte dune” vuole in realtà “risolvere” il grave problema dell’erosione con l’arretramento della spiaggia, per poi creare nuove opportunità di sfruttamento commerciale,

Un tale provvedimento appare in contrasto con le prescrizioni della DR 47/90 che con l’ordinamento generale (l’arenile, essendo “demanio naturale”, non può essere oggetto di pianificazione innovativa, bensì solo di ricognizione e descrizione grafica).

Si vorrebbe addirittura porre sotto tutela AST (area di ripristino ambientale) un’area della pineta privata in condizioni naturali eccellenti e ben migliori di quelle della porzione pubblica della pineta stessa, ormai in stato di quasi abbandono, con ben tre concessioni commerciali.

Nella stessa pineta che si vuole sottrarre al privato per “tutelarla” si consentirebbe invece la costruzione di un residence, in ossequio all’assurdo proposito “pinete in cambio di volumi”, proposito inattuabile nelle zone dunali e retrodunali secondo il dettato della 47/90.

Ma si introduce anche una discriminazione tra privati “normali” e privati imprenditori.

Mentre i primi verrebbero espropriati di quote di proprietà fino all’80%, le attività economiche non verrebbero toccate. Pertanto, chi in qualche modo sfrutta commercialmente la pineta se la può tenere, mentre la dovrebbe cedere chi semplicemente e onerosamente la cura e la valorizza con beneficio per tutti.

E’ evidente che si intende rendere sfruttabile una nuova fetta dell’arenile, non riconoscendo alcun valore al fatto che nessuno dei proprietari ha mai pensato di sfruttare economicamente le proprie pinete in questi 40/50 anni, da ben prima, cioè, che venissero posti vincoli da parte dell’amministrazione comunale.

Lo stesso nubifragio del 4 settembre scorso, dimostra che l’aver mantenuto privata la pineta e intatta la natura ha contribuito non poco al contenimento dei danni. Se invece di pini e macchia mediterranea vi fossero stati manufatti, o se fossero stati fatti sbancamenti, i danni sarebbero stati ben più gravi.

L’unico danno in pineta si è verificato, non a caso, nella proprietà adiacente al camping La Foce. La piena è “rimbalzata” sulle strutture del campeggio, sorte sul vecchio letto, ed ha scavato un nuovo solco largo una decina di metri nella parte anteriore della proprietà, sino ad oggi mantenuta intatta come quelle degli altri proprietari. Se il letto del torrente non fosse stato stravolto negli ultimi decenni la piena non avrebbe avuto effetti così devastanti.

La cementificazione, quindi, non è solo quella dei nuovi alberghi o delle seconde e terze case, ma anche quella dei corsi d’acqua, che sono stati deviati, riempiti di detriti, di parcheggi, di costruzioni di ogni tipo.

Nel piano spiagge (recepito dal Piano Strutturale) nessuna previsione è fatta per risolvere il drammatico e urgente problema dell’arretramento del mare al centro del golfo di Campo, che ben risulta anche dai rilievi batimetrici della tavola 3 presentata dagli stessi progettisti. Da essa si apprende che in 30 anni la profondità della spiaggia centrale si è ridotta di 2/3. in alcuni punti di 3/4

Prima di ogni altra iniziativa, occorre assicurare che l’erosione non aumenti, e che anzi sia riconquistata la spiaggia creata in millenni dal mare e persa in pochi anni di follia amministrativa.

Per questo chiediamo all’Amministrazione comunale:

1. l’adozione di provvedimenti finalizzati a bloccare l’erosione della spiaggia centrale e ripristinarne le dimensioni ore-1971 ovvero precedenti all’allungamento del molo maggiore, come prescritto dalla Dir. Reg. 47/90;

2. I’eliminazione del vincolo pubblico sulle pinete private per poter assicurare al golfo di Campo il suo unico fascino, la protezione dagli incendi, la cura delle pinete.

Per quanto riguarda il nuovo stabilimento balneare (scheda 8) è anche da rimarcare che sorgerebbe in un punto in cui la spiaggia è poco profonda, tanto che le mareggiate invernali interessano anche la strada litoranea, lo stesso vale per alcuni ampliamenti di altri stabilimenti e per il posizionamento di alcune strutture di ristoro (zona Iselba, scheda 6), ci pare che non si sia ben valutata la profondità della spiaggia in alcuni punti (oppure non si è tenuto conto della fascia di spiaggia a ridosso del mare che deve essere comunque libera da concessioni), forse sarebbe necessario un nuovo sopralluogo e nuove misurazioni durante la stagione estiva per verificare la possibilità di ampliamenti rispetto alla situazione reale di un’arenile che ha subito forti regressioni in alcuni punti e garantire la sicurezza delle nuove strutture e l’integrità della spiaggia.

Chiediamo che l’Amministrazione Comunale riveda le sue previsioni e si indirizzi verso una riqualificazione delle concessione e dei soli servizi esistenti.

Fonza

Siamo nettamente contrari alla realizzazione dello stabilimento balneare a Fonza previsto dalla Variante.

La piccola spiaggia è compresa nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ed è lontana dal turismo di massa, un oasi di tranquillità che verrebbe irrimediabilmente modificata da una struttura che, vista la necessità di un tornaconto economico, sarebbe costretta ad attirare nuove presenze con un aumento di traffico automobilistico che provocherebbe un forte impatto su un’area di così grande valore ambientale e paesaggistico che il Piano del Parco la inserisce in zona B di Riserva Generale Orientata, difficilmente compatibile con le proposte della Variante.

Galenzana

La spiaggia è in fortissima erosione ed anche qui il sistema dunale è ridotto a rari brandelli da opere murarie che impediscono il naturale ripascimento della spiaggia, la strada pubblica di accesso è crollata e una staccionata impedisce l’accesso alle spiaggette dei Salandri che la Variante non prende neppure in considerazione. La scheda del quadro conoscitivo da una visione non corretta della realtà di Galenzana: ben 18 metri di larghezza media (mentre la spiaggia è ridotta al massimo a 4/5 metri nei tratti più ampi ed è ormai scomparsa in buona parte dei 370 metri di costa occupata un tempo), così come sono note le presenze di manufatti edilizi e di residui di dune e di vegetazione costiera che la scheda nega.

La Variante dovrebbe essere meglio indirizzata al recupero dell’intera costa tra il Porto e Galenzana, all’abbattimento di strutture che impediscono il naturale ripascimento, alla salvaguardia della prateria di posidonia presente, fattore determinante contro l’erosione, messa in pericolo dalla presenza dell’alga Caulerpa Taxifolia. Invitiamo l’Amministrazione Comunale a concordare con l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (che nel Piano del Parco propone per Galenzana una zonizzazione B) iniziative e progetti volti al recupero naturalistico e paesaggistico di Galenzana.

Colle Palombaia

Le proposte dell’Amministrazione Comunale hanno il sapore di una sanatoria di una situazione abusiva che si trascina da anni e più volte denunciata da LEGAMBIENTE.

La spiaggia è compresa nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (proposta come zona B dal Piano del Parco) ed è frequentata da un turismo appartato e “spartano” e da una presenza di bagnanti provenienti dalla frazione di San Piero, l’accesso è consentito dalla scalinata detta dei 200 scalini che effettua una ulteriore selezione allontanando i frequentatori più pigri che cercano proprio le spiagge attrezzate che si vorrebbero ricreare a Colle Palombaia.

Non si comprende la contemporanea creazione di uno stabilimento balneare e di un punto azzurro in una spiaggia di limitate proporzioni e con frequenze abbastanza contenute.

Seccheto, Cavoli, Fetovaia

Pur concordando con le proposte di valorizzazione e salvaguardia, si invita l’Amministrazione Comunale a non permettere che le attrezzature per il miglioramento igienico-funzionale siano realizzate a ridosso delle spiagge e che vengano allontanati dalle aree di balneazione i campi boe per l’ormeggio e lo stazionamento delle imbarcazioni. . Si esprimono perplessità per l’intenzione di espropriare parte della pineta di Fetovaia per costruire aree di picnic e servizi rintracciabili anche nelle immediate vicinanze.

Inoltre si invita l’Amministrazione a non consentire in tutto il territorio comunale nuove autorizzazioni per il noleggio di moto d’acqua e similari.

Pianosa

E’ evidente il tentativo dell’Amministrazione Comunale di ampliare surrettiziamente la quantità di costa balenabile per giustificare alcuni parametri della Variante, a questo fine si usano anche le spiagge ed il mare di Pianosa, inserite dal DPR istitutivo del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano in zona 1 di massima salvaguardia, forma di protezione (zona A) che il Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano conferma con l’esclusione di Cala Giovanna, inoltre il mare di Pianosa è sottoposto ai vincoli del Decreto del Ministero dell’Ambiente 13/12/1997 che affida all’Ente Parco la tutela di un’Area Marina Protetta nella quale è vietata la balneazione .

Infatti, per poter consentire la balneazione a Cala Giovanna ai visitatori che raggiungono l’isola con le visite organizzate e contingentate, il Consiglio Direttivo dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ha dovuto provvedere con apposita delibera a consentire la balneazione richiedendo al Ministero una precisa e limitata deroga rispetto al Decreto stesso .

La stessa Cala Giovanna, che noi crediamo possa mantenere la possibilità di balneazione limitata e contingentata, ha grandissimi valori ambientali e paesaggistici e non può certamente essere trasformata e banalizzata con uno stabilimento balneare. Anzi, le brutte strutture (che il Comune vorrebbe riutilizzare per improbabili sevizi igienici e cabine) ed i muri che sono stati costruiti a ridosso della spiaggia vanno abbattuti per consentire una rinaturalizzazione di un arenile unico al mondo e che l’intervento dell’uomo ha già troppo compromesso, così come bisogna intervenire sulla vegetazione costiera per eliminare l’ailanto e sulla costante manutenzione e salvaguardia dei beni archeologici costieri e sottomarini presenti.

Per quanto riguarda l’utilizzazione per la balneazione di Cala del Bruciato e Porto Romano si tratta di una vera e propria follia dal punto di vista ambientale: le due zone sono tra l’aree più delicate dell’isola, tanto da essere indicate come zone A (Riserva integrale) nel Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e un uso balneare di aree tanto delicate produrrebbe un impatto umano continuato che stravolgerebbe un equilibrio naturale che non può essere sacrificato alla semplice balneazione, al traffico ed al disturbo che ne deriverebbero, tutto questo sarebbe devastante per rare presenze faunistiche a mare e a terra, per la qualità dell’ambiente e del paesaggio.

Comunque, per quanto riguarda le spiagge ricadenti nelle aree del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si ricorda che ogni utilizzo della costa ed ogni nuova attività economica debbono essere contemplate dai Piani dell’Ente Parco e ricevere dallo stesso il relativo nullaosta per la realizzazione.

A causa dell'assenza o grave insufficienza, nel Piano Strutturale, di chiarimenti e impegni convincenti per ciò che attiene a quelle precauzioni e salvaguardie da prendere in difesa del paesaggio e dell'ambiente, di indicazioni riguardanti i fatti, i fenomeni e i problemi indicati nelle nostre osservazioni, che pongono seri dubbi sui criteri in base ai quali saranno redatti i successivi strumenti di pianificazione e saranno poi rilasciate licenze e autorizzazioni non solo per nuova edilizia, ma anche per nuove infrastrutture e nuovi impianti; con conseguenti, non evitabili modificazioni da apportare a morfologia, a corsi d'acqua, a caratteri naturalistici dei luoghi su cui si interverrà, è necessario un accurato completamento del Piano Strutturale, prima della sua definitiva approvazione.

E’ necessaria una nuova stesura del Piano Strutturale del Comune di Campo nell’Elba che lo renda compatibile col PTC della Provincia di Livorno e con la legge Regionale 5/95, ma anche con il Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.

Quindi, occorre ridurre fortemente il numero delle nuove abitazioni previste e rinunciare alle infrastrutture di grande impatto ambientale, e rivedere le previsioni anche alla luce del recente nubifragio che ha colpito l’Elba ed in particolare il Comune di Campo nell’Elba

E’ evidente che questo potrà avvenire solo attraverso una concertazione con Regione Toscana e Provincia di Livorno che ha già dato frutti positivi in altre realtà amministrative.

Quindi, per tutto quanto sopra scritto, si richiede una radicale revisione delle previsioni contenute nel Piano Strutturale sulla base delle nostre osservazioni,

Come già da tempo preannunciato, Legambiente ha presentato ricorso al TAR avverso il Regolamento Urbanistico di Portoferraio. È la prima volta nella sua storia che Legambiente Toscana ricorre contro uno strumento urbanistico ed è la prima volta che il TAR della Toscana dovrà valutare i ricorsi presentati da una pluralità di soggetti - associazioni, comitati di cittadini ed Enti Locali - contro il medesimo provvedimento amministrativo. Legambiente, di fronte ad un Piano privo di presupposti logici, si è limitata a focalizzare l'attenzione su quelle norme palesemente illegittime che contraddicono i principi dell'urbanistica e che fanno sorridere tutti coloro, che da piu' parti ci telefonano, per avere conferma di quanto è apparso sui mezzi di informazione. In sintesi il ricorso attiene all'insieme delle norme ed al loro contrasto con il Piano Strutturale ma è focalizzato in particolare:

1) per interventi diretti che interessano aree molto estese che potrebbero consentire di realizzare Superfici notevolmente maggiori rispetto a quanto previsto dal R.U. per ogni singola zona, non è stabilito il criterio con il quale si potranno rilasciare i permessi di costruzione, fino alla concorrenza massima stabilita;

2) gli articoli nei quali si fa riferimento alla cosiddetta "prima casa" perchè volti a creare situazioni di disparità di trattamento tra i vari proprietari dei terreni, in violazione del principio generale che attribuisce alle norme urbanistiche natura di atti normativi, aventi pari efficacia delle leggi, anche se di natura secondaria rispetto alle norme primarie, in quanto costituiscono un'ulteriore specificazione ed integrazione della legislazione che disciplina l'intera materia;

3) nelle zone dove è ammesso l'intervento diretto l'ampliamento delle abitazioni esistenti e le nuove costruzioni non possono essere riferite alla composizione dei nuclei familiari. La dimensione degli edifici, di qualsiasi tipo, non possono che essere riferite che al lotto di pertinenza, essendo il R.U. lo strumento che conforma il diritto di proprietà, quindi ad ogni terreno deve essere associato un potenziale di edificabilità ed una determinazione funzionale;

4) la norma che consente di demolire, ricostruite anche con traslazioni delle strutture accessorie per il raggiungimento della dimensione minima di cui al D.M. del 1975 è irrazionale, in quanto consente, di fatto, di trasformare le numerose baracche in legno, lamiera ecc, sparse sul territorio in appartamenti di mq. 28;

5) la sottozona Cimitero - Villaggio scolastico poichè la previsione è difforme dalle prescrizioni regionali, frutto di una carente analisi ed individuazione del concreto quadro conoscitivo, tesa a congestionare ulteriormente l'abitato Consumella - Padulella, dove già attualmente, anche nel periodo invernale, esistono gravi rischi per l'incolumità dei pedoni e degli automobilisti. La viabilità esistente, priva di marciapiedi e che non puo' essere ampliata per la presenza di numerosi edifici a filo strada, a cui deve necessariamente collegarsi la viabilità interna al lotto, non puo' sopportare un deciso incremento del traffico indotto dalle scuole ma soprattutto dalle residente. In ultimo ci permettiamo di rinnovare l'invito ai cittadini di non avvalersi delle norme oggetto dei ricorsi ed attendere le decisioni del TAR, facendo rilevare che un immobile realizzato o ampliato in base ad una norma annullata dal TAR diviene illegittimo con tutte le conseguenze che ne derivano. Ci prendiamo inoltre la libertà di dare un suggerimento agli amministratori di Portoferraio: non aggiungete danno al danno, sospendete il rilascio dei permessi di costruzione basati sulle norme oggetto dei ricorsi, potreste essere chiamati a rifondere personalmente i danni prodotti dal vostro comportamento.

Antonio Nicoletti, Direzione nazionale Legambiente, Coordinatore nazionale aree protette e territorio, Via Salaria,403 - 00199 Roma, Tel 06.86268354; Fax 06.86268397; Cell. 349.4597990

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