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la Repubblica, Napoli, 28 aprile 2018. Ricordando un vigoroso "Partigiano dell'ambiente", combattivo precursore di quanti da allora combattono per difendere storia e natura del mondo in cui abitiamo. Uno dei fratelli e maestri dei fondatori di eddyburg. Con postilla

«Amici e studiosi ricordano l’urbanista che difese la bellezza e guidò Italia Nostra»

L’incontro è promosso da Istituto italiano per gli studi filosofici, Assise Città di Napoli e Italia Nostra. Partecipano Franco Barbagallo, Alessandra Caputi, Rosanna Cioffi, Vezio De Lucia, Guido Donatone, Francesco Erbani, Marta Herling, Massimiliano Marotta e Giuliana Tocco.Vent’anni fa moriva Antonio Iannello, architetto, presidente di Italia Nostra a Napoli, poi segretario generale dell’associazione. È stato un tecnico, un militante, un intellettuale, un politico. Ma non è semplice identificare un tratto prevalente: la fondatezza delle sue osservazioni ai piani di recupero dei paesi dell’Irpinia dopo il terremoto oppure la lettura degli idealisti napoletani, di Benedetto Croce, dei classici del meridionalismo – più Fortunato di Salvemini – che lo facevano poi riflettere sulla forma dello Stato repubblicano e maturare un’avversione verso “l’inganno federalista”?
Iannello è stato certamente un ambientalista. Ma neanche questa definizione coglie gli aspetti della sua personalità e della sua storia.

Forse l’incrocio fra la dimensione militante e quella intellettuale rende non solo la complessità del personaggio, ma spiega le forme in cui la sua presenza, per tanti aspetti dirompente, agisce sulla scena napoletana e campana e poi su quella nazionale per oltre un trentennio. Contro il Grand Hotel Amalfitana, il mostro di Fuenti, studia accuratamente le norme paesaggistiche, usa le denunce penali, gli esposti amministrativi, le campagne di stampa; prova a convincere amministratori locali, parlamentari e dirigenti politici; tallona un ricco signore che vive accanto all’albergo, trascina nell’agone intellettuali come Elena Croce. E quando si accorge che le vie percorse non bastano, durante un’assemblea minaccia di indossare una cintura carica di dinamite e di farsi saltare davanti all’albergo.

Ha condotto tantissime battaglie per l’integrità del centro storico napoletano e nelle stanze del ministero dei Lavori pubblici ha riscritto, d’accordo il direttore generale dell’urbanistica, Michele Martuscelli, il piano regolatore – siamo nel 1972 – che prevedeva demolizioni e ricostruzioni nei Quartieri Spagnoli, attraversati poi da una strada che sarebbe corsa parallela a via Toledo. Fra le modifiche imposte quella per cui i confini del centro storico sono allargati “a tutto l’organismo urbano realizzato fino ai primi anni del Novecento”.

Negli ultimi anni di vita riprenderà questi temi lavorando a una proposta di legge, promossa da Walter Veltroni, per una tutela ope legis dei centri storici nella loro interezza. Della legge non si è fatto più nulla.

Si è impegnato affinché l’arenile di Bagnoli si liberasse dall’Italsider, e poi, da funzionario della Soprintendenza, ha scritto il vincolo sull’area. Ha messo sotto accusa l’abusivismo, ha battuto alcune delle zone più pregiate di Napoli e della Campania afflitte da questa piaga, ha fotografato gli illeciti, ha sfidato energumeni minacciosi. E quando è diventato segretario generale di Italia Nostra ha sfidato le coperture politiche degli abusivi, ha attaccato i dirigenti comunisti che offrivano alibi a chi costruiva illegalmente. Difficile sintetizzare in poche righe le iniziative svolte sul piano nazionale. Basti segnalare che si deve a lui gran parte del lavoro che porta al decreto e alla legge Galasso.

Merita invece segnalare lo stile di Iannello, la sua etica radicale, lontana però da ogni forma di estremismo, una professione di fede laica che lo porta a coltivare un profondo ideale repubblicano. Dall’etica alla morale: Iannello combatte, alterna tattiche legali e pratiche più militanti, ma non scade mai nel protagonismo, al presenzialismo preferisce l’elaborazione dietro le quinte.

Questo atteggiamento è una delle conseguenze dell’assoluto disinteresse di sé, dell’incapacità di formulare un pensiero, di praticare un’azione badando a un tornaconto personale. Iannello ha fama di irregolare, e questa gli costa l’isolamento persino dentro Italia Nostra, difeso però da Antonio Cederna (ma la condotta scapigliata è anche un pretesto: non convincono la sua opposizione alle operazioni immobiliari della Piana di Castello e dell’area di Novoli a Firenze e all’insediamento turistico di Baia Sistiana, vicino a Trieste).

Niente meglio di una lettera del 1983 fornisce la misura dello stile di Iannello. A Pozzuoli, dopo un episodio di bradisismo, l’allora ministro Vincenzo Scotti promuove la realizzazione di un nuovo quartiere, a Monteruscello. A Iannello il ministro propone un incarico come collaudatore. Non accetto, risponde Iannello. Che aggiunge: «Gli inderogabili doveri che un professionista ha verso la collettività mi inducono però ad offrirLe la mia consulenza assolutamente disinteressata e a titolo gratuito per collaborare con Lei al fine di scongiurare un errore storico contro l’incomparabile patrimonio culturale dei Campi Flegrei».

postilla

Voglio ricordare qualche episodio delle battaglie di Antonio Iannello, che ho vissuto con lui. Vi accenna Francesco Erbani nel suo libro
Uno strano italiano. Antonio Iannello e lo scempio dell’ambiente (Laterza, Roma-Bari 2002). Antonio era povero in canna, sempre sovraffaccendato e fuggitivo con mille battaglie da condurre contemporaneamente. Ed era una miniera di informazioni utili alla lotta per la buona causa. All’epoca mi occupavo delle riviste dell’Inu (Istituto nazionale di urbanistica). Stava scrivendo per la rivista Urbanistica un articolo nel quale svelava le torbide vicende di un piano regolatore di Napoli. Doveva finirlo, ma passavano i giorni e lui non concludeva mai l’articolo. Per fortuna in quei giorni era mio ospite. Una mattina uscii di casa mentre lui ancora dormiva, portai via con me con me le sue scarpe. Non potette uscire, nel suo borsone stracolmo di carte non aveva neppure le ciabatte. Gli toccò rimanere a casa e concludere, finalmente, l’articolo.

Qualche anno dopo esplode a Firenze lo scandalo delle aree di proprietà della Fiat e della Fondiaria, che la giunta di sinistra vuole rendere edificabile in deroga al Prg vigente (che destina l’area a parco pubblico). Un nostro amico, Manlio Marchetta, aveva appena pubblicato un articolo sulla rivista Edilizia popolare nel quale denunciava il fatto. Parlo della cosa con Antonio e chiedo, con lui, un incontro al responsabile dell’urbanistica della direzione del Pci, cui porto l’articolo con la critica di Marchetta. Intanto a Firenze l’assemblea cittadina del Pci sta discutendo della questione, con una forte propensione all’accordo. Mentre stiamo raccontando la vicenda al responsabile degli enti locali per ottenere il suo intervento Antonio, per nulla tranquillizzato dall’atteggiamento del funzionario del Pci si precipita nello studio di Achille Occhetto, allora segretario nazionale del Pci, lo convince e lo induce a telefonare al Pci fiorentino e a bloccare la decisione.

Così era Antonio Iannello, il Partigiano dell’ambiente. Del tutto privo di “rispetto umano” quando si trattava di far rispettare una buona causa, pronto a mettere in gioco la sua faccia, le sue povere risorse finanziarie e le sue ricchissimo risorse dialettiche quando si trattava di far prevalere, contro la forza degli interessi privati, quelle della tutela degli interessi pubblici e dei beni comuni

Tra i tanti "no" detti da Antonio Iannello, difensore strenuo del paesaggio campano c’è quello a collaudare i 25 mila vani di Monterusciello. È il 1983, da sette anni l’architetto è presidente regionale di Italia Nostra. Il nuovo insediamento varato con un provvedimento straordinario dell’allora ministro della Protezione civile Vincenzo Scotti, per Iannello è "un errore urbanistico", per scongiurare il quale si offre volontario, a collaborare gratuitamente con il ministro. Niente consulenze strapagate, solo dovere civile. In quest’epoca in cui tutto è merce e ogni cosa ha un prezzo, l’esempio di quell’urbanista ambientalista ha il sapore dell’irripetibile.

Antonio Iannello è morto povero, a 68 anni, il 2 maggio del 1998. Tredici anni dopo il Comune di Napoli, su proposta di Italia Nostra, gli intitola un belvedere a Posillipo, in via Manzoni. La cerimonia si svolgerà domani alle 12, presente il sindaco Iervolino, all’angolo con via Orazio, a cento metri dalla funicolare all’altezza del civico 122. L’assessore comunale Alfredo Ponticelli e il presidente della Municipalità di Chiaia, Fabio Chiosi, scopriranno la targa alla presenza della famiglia Iannello, della famiglia Croce e di Gerardo Marotta.

Lui avrebbe forse declinato, aduso alla modestia com’era e amante dell’essenziale, ma altrettanto sicuramente l’idea di un belvedere a suo nome gli sarebbe piaciuta, non tanto per osservare da lì la Napoli per la quale aveva combattuto, ma per continuare a sognare quella che avrebbe voluto lasciare intatta.

Architetto, urbanista, per cinque anni, dal 1985 al 1990, è stato segretario generale di Italia Nostra, dopo aver fatto parte, dal ‘67 al ‘73, del Consiglio direttivo della sezione dei Campi Flegrei, e aver ricoperto dal ‘73 all’85 la carica di presidente della sezione napoletana e dal ‘76 di quella dell’intera Campania. Non è mai abbastanza ricordare come Iannello si oppose alla fine degli anni ottanta agli ipotizzati sventramenti del "Regno del possibile". Se i Campi Flegrei ricevettero il riconoscimento dell’interesse paesaggistico dal ministero, è merito del testo scritto da Iannello a tal fine. Le sue idee sul centro storico e la salvaguardia del patrimonio rurale vennero recepite nel piano regolatore di Vezio De Lucia, e suoi, in collaborazione con Giuseppe Galasso, sono anche i piani paesaggistici che sono i veri guardiani del territorio, «ma che l’attuale governo regionale - scrive il segretario del Comitato regionale Campania di Italia Nostra, Luigi De Falco - sensibile all’istanza proveniente da migliaia di abusivi del cemento, sta provvedendo a scardinare per favorire nuovi condoni». «La città - prosegue De Falco - diventa sempre più inconsapevole che la salvezza delle sue ricchezze è dovuta a una intera vita spesa da Antonio Iannello a sostegno dell’intangibilità del centro storico e delle sue bellezze naturali». La testimonianza di Guido Donatone è quella di chi è succeduto a Iannello nel sempre più difficile compito di tutela e salvaguardia del nostro patrimonio ambientale e culturale: «Abbiamo trascorso insieme anni indimenticabili. Passavamo nottate a scrivere denunce e documenti in cui Antonio esprimeva con argomentazioni stringenti, circostanziate, lo sdegno e l’ira che pervadevano il nostro stato d’animo di fronte all’inerzia delle amministrazioni, ma soprattutto - conclude Donatone - alla protervia di quegli ambienti politici, accademici e professionali che hanno continuato a perseguire il disegno scellerato della cementificazione della città».

Martedi 12 aprile alle ore 12,00 su proposta di Italia Nostra, sezione di Napoli e CR Campania, il Sindaco di Napoli inaugura il “belvedere Antonio Iannello” a Posillipo, in via Manzoni. Italia Nostra aveva chiesto al Sindaco di Napoli di intitolare una strada al compianto architetto Iannello, ineguagliabile tutore del patrimonio storico e naturalistico della città di Napoli, da lui difesa in anni di battaglie, troppo spesso solitarie, frequentemente perdute. La sua azione ha tuttavia ottenuto importantissimi successi.

Solo riferiti alla città di Napoli, ricordiamo la battaglia sostenuta e vinta da Iannello contro il “Regno del possibile” a salvaguardia del centro storico della città, contro le proposte di sventramento, nella città storica, dei Quartieri spagnoli sostenute dai costruttori edili e dalle forze politiche del tempo, secondo un disegno politico trasversale che rimase travolto dal sostegno che Iannello ottenne dalla società civile e dalla cultura internazionale, unanimamente indignata.

Strenua la sua difesa della costa di Bagnoli, contro l’ampliamento e per la dislocazione dell’Italsider: espressione sublime dell’amore di Iannello per l’area flegrea il testo da lui scritto a motivazione del riconoscimento dell’interesse paesaggistico approvato dal Ministero per i beni culturali per l’area. Sintesi della sua visione del valore costituzione dei beni comuni il suo testo pubblicato postumo, “L’inganno federalista”, nel quale Iannello scrive la sua solida solida testimonianza politica a sostegno dei valori intangibili della Costituzione italiana.

Le idee di Iannello per il centro storico di Napoli e la salvaguardia del patrimonio rurale della città sono integralmente assorbite nel piano regolatore che Vezio De Lucia ha con tenacia disegnato e di cui Napoli può oggi farsi vanto.

Di Iannello sono pure i piani paesaggistici tuttora vigenti sul territorio che ancora rigorosamente garantiscano la tutela dell’integrità fisica e culturale del paesaggio, ma che l’attuale governo regionale, sensibile all’istanza proveniente da migliaia di abusivi del cemento, sta provvedendo a scardinare per favorire nuovi condoni.

E’ dovere di Italia Nostra, della società civile e della seria politica ostacolare qualsiasi nuovo disegno del territorio teso a legittimare le illegalità diffuse attraverso l’azione della camorra concretizzata nel cemento e l’apertura a nuovo consumo del suolo a scapito delle risorse rurali e dei centri storici.

La città diventa sempre più inconsapevole che la salvezza delle sue ricchezze è dovuta a una intera vita spesa da Antonio Iannello a sostegno dell’intangibilità del centro storico e delle sue bellezze naturali.

Ad Antonio Iannello è dovuto, oggi, il riconoscimento di una vita di impegno, e ancor più alla sua memoria è dovuto, sempre, l’impegno nostro e delle generazioni future a perseguire il suo disegno per una Nazione che guardi al valore dei beni comuni come principio irrinunciabile della democrazia.

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