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Alberto Vitucci
Mo.SE: storia infinita di un grande inganno
7 Settembre 2017
MoSE
La gestione commissariale è solo l'ultimo grande abbaglio, riportare la legalità, per completare un'opera sbagliata, dannosa e pericolosa: quando? sempre più tardi.
La gestione commissariale è solo l'ultimo grande abbaglio, riportare la legalità, per completare un'opera sbagliata, dannosa e pericolosa: quando? sempre più tardi. la Nuova Venezia, 7 settembre 2017 (m.p.r.)


MUFFE E DEGRADO

PARATOIE BLOCCATE
Corrosione in aumento, vernici già vecchie. E senza impianti non si possono sollevare le dighe. L'opera finirà in ritardo

Venezia. Corrosione in aumento. Paratoie che non si alzano, muffe e degrado nei corridoi dei cassoni sotto la laguna. E anche paratoie, da sei mesi esposte alle intemperie e alla salsedine a Santa Maria del Mare, da ridipingere. I problemi del Mose non finiscono mai. E adesso quelli riscontrati da tecnici e ingegneri delle imprese e del Consorzio rischiano di rimettere la grande opera al centro delle polemiche. E di ritardarne ancora la conclusione. Dopo il grande scandalo, le tangenti e gli arresti (giugno 2014) il treno del Mose che correva spedito è deragliato. Per farlo ripartire non basta la gestione straordinaria dei commissari anticorruzione, creata dal Raffaele Cantone per riportare la legalità. Occorre risolvere i tanti problemi emersi e trovare soluzioni.

Gli impianti.
L'ultimo è il ritardo nella costruzione degli impianti elettrici per il sollevamento delle paratoie. Come noto, il sistema Mose ha bisogno di energia per sollevare la schiera delle dighe, e non sfrutta in questo caso l'energia naturale delle onde e del mare. A Treporti, dove la prima schiera di paratoie verso Punta Sabbioni è stata posata nel 2013, è stata costruita una centrale elettrica nella vicina isola articiale del bacàn. Non così a Malamocco, dove si è deciso di posare le paratoie sul fondo prima che la centrale fosse realizzata. Risultato: da qualche mese il sistema è adagiato sul fondo ma non è possibile fare le prove di sollevamento.
Corrosione e fouling.
Le prime ispezioni hanno già verificato l'esistenza di corrosione di problemi di fouling. Secondo problema: la mancanza di energia impedisce la corretta d ventilazione dei corridoi di collegamento sotto la laguna. Dove passano i cavi e i sistemi, e i tecnici addetti all'ispezione del sistema. Sulle pareti e sugli impianti si è depositato uno strato di 5 centimetri di muffa. Il Mose è un sistema concepito per stare sempre sott'acqua. E senza vigilanza e manutenzione i problemi si moltiplicano. Come la corrosione dei alcune parti delle cerniere, già denunciata qualche mese fa. Che si fa? Il Consorzio Venezia Nuova, retto dai commissari Raffaele Fiengo e Francesco Ossola, ha deciso di bandire la gara per la costruzione degli impianti. Vinta da due gruppi di mpres, la Abb Comes di Taranto e la Abb Idf di Brindisi. Non è stata accolta la proposta di realizzare nel frattempo impianti provvisori per movimentare le paratoie. Sarebbero costati 14 milioni di euro.
Le vernici.
Ma adesso i problemi si intrecciano. Le paratoie che dovrebbero essere affondate nella bocca di porto sono da mesi in attesa sulla piarda di Santa Maria del Mare, il cantiere dei cassoni del Mose. Il ritardo nella posa è dovuto alla rottura del jack-up, la nave da 52 milioni di euro che doveva servire per il loro trasporto che non ha mai preso il largo. Costruita quattro anni fa e mai funzionante. Ma anche per la decisione di fare la gara per gli impianti (pochi milioni di euro) alla fine, dopo che le paratoie sono state costruite da cantiere croato Brodosplit di Spalato. Da mesi gli operai della Comar combattono contro gli agenti atmosferici e i gabbiani, che hanno scelto le paratoie come loro nido. Il loro guano - anche questo non era previsto - corrode le vernici. tanto che a Malamocco si sentono colpi di cannone diffusi con l'altoparlante in cantiere per cercare di allontanare i pennuti. Tutto inutile: i mesi di esposizione e il mancato affondamento in acqua hanno provocato un deterioramento delle vernici anticorrosione. Adesso bisognerà intervenire.
I tempi.
In conclusione i tempi annunciati dal governo per la conclusione de l progetto Mose potrebbero slittare ancora. L'atto firmato solo pochi mesi fa dal Provveditorato alle Opere pubbliche con il Consorzio Venezia Nuova prevede che i lavori siano consegnati alla fine del 2021, dopo tre anni di prove e di «conclusione lavori impianti». Una tabella di marcia aggiornata per l'ennesima volta. Dopo che la fine lavori era stata modificata dall'annuncio iniziale (2011), prima al 2014, poi al 2017, infine al 2018 con la clasuola però che l'opera non sarà consegnata prima della fine del 2021. Ma la mancata soluzione delle criticità e l'insorgere di nuovi problemi rischia adesso di modificare ancora l'obiettivo. Ci vorranno almeno altri quattro anni per vedere le dighe finite


CONSORZIO, LE NUBI SUL FUTURO

E INTANTO LE BANCHE NON PAGANO
Tre anni dopo l'inchiesta i commissari sono rimasti due. I contrasti tecnici e le incognite, i rapporti con le imprese

Venezia. Tre anni dopo lo scandalo, il Mose è ancora in alto mare. I ritardi dovuti all'inchiesta, la scoperta di aspetti illegali e l'opera di "bonifica" di quello che era diventato un grande buco nero e una macchina per creare fondi neri e distribuire tangenti si riflettono adesso sul futuro dell'opera.Si finirà mai il Mose? Situazione delicata dopo le dimissioni, qualche mese fa, del commissario Luigi Magistro, il primo nominato da Cantone.

A guidare il Consorzio, una volta "regno" assoluto di Giovanni Mazzacurati, sono adesso due commissari. L'avvocato dello Stato napoletano Giuseppe Fiengo e l'ingegnere torinese Francesco Ossola. I rapporti tra i due sono formali e non troppo cordiali. Il primo si occupa di bilanci e aspetti legali, il secondo dell'aspetto tecnico. Ossola, già consulente del Consorzio negli anni Ottanta per le rive dei Tolentini, docente al Politecnico di Torino e progettista dello Juventus Stadium, ha nominato tre suoi consulenti. L'ingegnere Sara Cristina Lovisari per la manutenzione e progetti speciali, le verifiche sui progetti, lavori e forniture del jack-up; i fenomeni di corrosione, i monitoraggi. E poi l'ingegnere Francesco Cefis per i progetti dell'Arsenale e per gli interventi in laguna, e per le opere alle bocche l'ingegnere Mauro Scaccianoce. Uno staff che sta gestendo la fase tecnica in contatto con il provveditorato alle Opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque) presieduto da Roberto Linetti.
Ma molte sono le incognite sul futuro del Consorzio. Che si trova spesso in contrasto con le imprese sue azioniste, Mantovani, Condotte, Fincosit. Che chiedono soldi e lavoro, ma vedono il progetto andare a rilento.Dopo gli arresti e il commissariamento, il meccanismo dei finanziamenti è stato modificato. Non più mutui pagati automaticamente dalle banche, ma fondi che fanno parte del bilancio dello Stato. Che spesso arrivano in ritardo.
Il Consorzio insomma, dopo aver tagliato incarichi e spese - anche alle sue imprese - si trova adesso in difficoltà per la gestione dei pagamenti e della cassa. Le banche rifiutano di finanziare senza garanzie precise. E il nervosismo delle imprese, abituate negli anni passati ad avere lavori per centinaia di milioni di euro l'anno, aumenta.Aumenta anche la conflittualità legale. Pendenti in Tribunale al Tar ricorsi sui bilanci e sugli atti della Convenzione. Richieste di danni da parte del Consorzio alle imprese, delle imprese al Consorzio. Situazione intricata per cui i commissari devono governare una barca costruita e messa in mare da altri. Per il futuro del Consorzio (e dei commissari) si annuncia un autunno molto caldo.
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