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Giuseppe Sedia
Bialowieza è in pericolo
4 Luglio 2017
Clima e risorse
Espropriazione dei beni comuni in Polonia, la destra populista autorizza il disboscamento dell’ultima foresta vergine Europea,

Espropriazione dei beni comuni in Polonia, la destra populista autorizza il disboscamento dell’ultima foresta vergine Europea, il Manifesto, 4 Luglio, (i.b.)

Una parte della Polonia piange i suoi alberi e lancia un appello alla comunità internazionale. La speranza è quella che la Conferenza del Patrimonio mondiale, in programma a Cracovia fino al prossimo 12 luglio, possa sensibilizzare l’Unesco sul disboscamento di Bialowieza, l’unica foresta vergine rimasta sul continente europeo, vittima di un piccolo coleottero, il bostrico e del governo.

Negli ultimi mesi la mobilitazione ha portato diversi attivisti, alcuni dei quali giunti da Romania e Repubblica Ceca, a incatenarsi agli alberi, mentre altri hanno provato a ostacolare le cesoie forestali al lavoro. Adesso sono arrivati anche i primi fermi e multe. C’è ancora una parte del paese capace di indignarsi e che spera in un «Rospuda-bis», quando nel 2009 dopo otto anni di battaglie, il governo fu costretto a deviare il percorso di un’autostrada che sarebbe dovuta passare attraverso l’omonima valle. Le proteste cracoviane culmineranno in un happening previsto nella giornata di oggi. Una mobilitazione che porterà in strada numerose sigle e Ong: Greenpeace, Wwf, ma anche Fundacja Dzika Polska, Greenmind e Pracownia na rzecz Wszystkich Istot.

Il ministro dell’ambiente polacco Jan Szyszko ha dichiarato che l’argomento non è finito in agenda a Cracovia. Ma l’Unesco starebbe valutando proprio in questi giorni l’invio di un’altra missione di monitoraggio a Varsavia.

Quasi la metà della foresta, che si estende per oltre 3.000 km² tra Polonia e Bielorussia, è protetta come parco nazionale. La presenza di zone cuscinetto e di oasi protette all’interno di Bialowieza, contribuisce a disegnare una mappa amministrativa complessa del parco, dove lo sfruttamento per uso commerciale dei boschi, ai margini dell’aree strettamente protette, è comunque consentito. E lì che il governo della destra populista Diritto e giustizia (PiS) ha deciso l’anno scorso di triplicare il limite al volume di legno recuperabile da Bialowieza. Un’iniziativa, che con buona pace anche degli entomologi, mette a repentaglio tutta la biosfera della foresta. La decisione è stata giustificata dalla diffusione incontrollata del bostrico o tipografo dell’abete rosso, che continua a lasciare il segno in tutti i boschi europei. Abbattere gli alberi di Bialowieza «è il male minore», secondo il ministro Szyszko.

A fare il gioco del partito fondato dai fratelli Kaczynski, c’è anche l’allarmismo di una certa stampa locale che tende a presentare la diffusione del bostrico alla stregua di un’epidemia incontrollabile. Eppure, uno studio del 2008 sull’impatto del bostrico nel parco nazionale di Sumava in Repubblica ceca, ha mostrato un maggior impoverimento del sottobosco nelle aree sottoposte a un abbattimento preventivo. Più in generale, buona parte della comunità scientifica concorda sul fatto che gli alberi vittime del bostrico e il legno morto dovrebbero restare al proprio posto: i tronchi vecchi o caduti attaccati dal tipografo infatti trasformano il legno in humus. Ed è proprio questo a preoccupare maggiormente il governo che non intende rinunciare allo sfruttamento della legna. Che finisca nei camini o venga venduta ai mobilifici poco importa.

La strategia perseguita dal PiS a Bialowieza è solo uno dei tasselli nella disastrosa politica ambientale del governo. Un esempio, la cosiddetta lex Szyszko approvata in sordina dalla maggioranza a dicembre scorso. Il provvedimento in vigore nel 2017 ha autorizzato l’abbattimento degli alberi su un suolo privato senza il via libera della autorità locali. Mettendo insieme i dati raccolti sul territorio polacco si stima che le motoseghe abbiamo fatto fuori almeno 300.000 alberi dall’inizio di quest’anno. Una sorta di condono ecologico «a tempo» durato cinque mesi prima che il governo ponesse nuovamente alcune restrizioni in materia. Il maggior beneficiario delle politiche di Szysko è l’Azienda delle foreste statali polacche, Lasy Panstwowe, che gestisce per conto del governo una superficie pari quasi al 30% del paese. L’amministrazione forestale da lavoro a oltre 26.000 persone e garantisce salari di oltre 6.000 zlotych al mese (circa 1.500 euro) ai suoi dipendenti, oltre il doppio dello stipendio medio in Polonia. Compensi lauti paragonabili soltanto a quelli del settore minerario: legno e carbone, appunto. Da un punto di vista giuridico si tratta di un’azienda statale ibrida che autofinanzia le proprie attività, versa alcune tasse agli enti locali ma senza beneficiare del gettito fiscale dei contribuenti. Un giocattolo difficile da smontare, insomma, anche a medio termine. Il direttore dell’azienda, Konrad Tomaszewski, cugino del numero uno del PiS Lech Kaczynski, continua a paragonare in pubblico l’ecologia a una forma di «nazismo verde». Trasportare, piantare nuovi alberi e tagliare tronchi per conto degli enti locali: un circolo vizioso che permette all’autorità forestale di fare e disfare la tela a piacimento per generare profitti.

«Bialowieza è prima di tutto il risultato dell’intervento dell’uomo nel corso della storia», ha ripetuto come un mantra negli ultimi mesi Szyszko. La natura ridotta a merce è fatta per l’uomo e non il contrario: è questo il messaggio che vuole lanciare la Polonia «orbanizzata» ai tempi del PiS. Ma la foresta primaria di Bialowieza non è un hortus conclusus da potare con le cesoie. E con questi argomenti Szyszko non è riuscito a scongiurare l’intervento di Bruxelles visto che la foresta fa parte anche del programma Ue Rete Natura 2000. Intanto la battaglia per un’altra Rospuda è appena cominciata.

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