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Giovanni Bianconi
L'affare Consip. Indagine in corso
2 Marzo 2017
Articoli del 2017
Una nuova tempesta squassa l'edificio di potere eretto dal ragazzo di Rignano. Si tratta di grandi tangenti sugli appalti pubblici. Articoli di Adriana Pollice, Fulvio Fiano e Giovanni Bianconi,
Una nuova tempesta squassa l'edificio di potere eretto dal ragazzo di Rignano. Si tratta di grandi tangenti sugli appalti pubblici. Articoli di Adriana Pollice, Fulvio Fiano e Giovanni Bianconi,

il manifestoCorriere della sera, 2 marzo 2017


il manifesto
COS’È CONSIP

Consip è la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana. La legge prevede che operi nell’esclusivo interesse dello Stato e il suo azionista unico è il ministero dell’economia e delle finanze (Mef) del quale è una società in-house.

Nata nell’agosto del 1997 come Concessionaria servizi informativi pubblici per la gestione dei servizi informatici dell’allora ministero del tesoro, con la legge finanziaria del 2000 le viene affidato il compito della razionalizzazione della spesa pubblica per i beni e servizi, in sostituzione del Provveditorato generale dello Stato. Successivamente il suo compito si amplia e ne viene potenziato il ruolo di centrale di committenza nazionale. Nel 2015 Consip partecipa al programma del governo Renzi – guidato dall’allora commissario alla spending review Yoram Gutgeld – di ridurre a 35 centrali acquisti il numero di stazioni appaltanti deputate a gestire le grandi gare.

Lo scopo principale è quello di rendere «più efficiente e trasparente» l’utilizzo delle risorse pubbliche, fornendo alle amministrazioni gli strumenti per la gestione degli acquisti di beni e servizi. Le singole amministrazioni vengono supportate in tutti gli aspetti del processo di approvigionamento attraverso convenzioni.

Per legge il prezzo di riferimento per l’acquisizione di beni e servizi non può essere superato da un’amministrazione che voglia acquistare quel determinato bene o servizio o un altro di pari caratteristiche.

il manifesto
CONSIP, ARRESTATO ROMEO.
UN MEGA-LOTTO NEL MIRINO
di Adriana Pollice

Giungla d'appalto. L’imprenditore napoletano accusato di corruzione con un funzionario della Spa del ministero del Tesoro. Perquisite le abitazioni dell’ex An Bocchino e di Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi

Carabinieri e polizia tributaria hanno bussato ieri mattina alla porta di Alfredo Romeo: il tribunale di Roma ne ha disposto la custodia in carcere, a Regina Coeli. E’ accusato di corruzione per il mega appalto Consip, la spa del ministero dell’Economia incaricata dell’acquisto di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche. L’arresto si è reso necessario, spiega la procura, perché non sarebbe «in grado di contenere lo stimolo criminale». Nell’inchiesta sono indagati anche molti petali del giglio magico di Matteo Renzi, a cominciare dal padre Tiziano che si professa innocente (traffico di influenze è l’ipotesi di reato), poi l’imprenditore e amico di famiglia Carlo Russo, il ministro dello Sport Luca Lotti (accusato di rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento), fino al comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette e al generale Emanuele Saltalamacchia.

Sono state perquisite abitazioni e uffici di Russo e Italo Bocchino (indagati anche loro per traffico di influenze). Russo e il padre dell’ex premier «sfruttando le relazioni esistenti tra Tiziano Renzi e l’ad di Consip, Luigi Marroni, si facevano promettere somme di denaro mensili come compenso per la loro mediazione verso Marroni» si legge nel decreto di perquisizione a carico di Russo. L’ex parlamentare di An è il braccio destro di Romeo: le intercettazioni ambientali ma, soprattutto, il virus Trojan infiltrato nei cellulari di entrambi hanno portato al disvelamento del «sistema Romeo», già ipotizzato dall’inchiesta Global service della procura di Napoli nel 2008 da cui poi l’imprenditore casertano è stato assolto in Cassazione, dopo due condanne.

Nell’indagine Consip Bocchino (retribuito con 15mila euro al mese) viene definito «consigliere strategico» di Romeo grazie alla sua «capacità di accedere a informazioni riservate grazie al suo trascorso di deputato e membro del Comitato parlamentare sui Servizi segreti». Attraverso Bocchino Romeo avrebbe scoperto di essere indagato già dal settembre 2016. E’ Bocchino che, intercettato nel gennaio 2016, spiega come funzionerebbe il rapporto politica-affari: gli appalti Consip «devono essere gestiti per favorire prevalentemente le cooperative in quanto rappresentano un bacino di voti dal quale poter attingere ed è anche e soprattutto un modo lecito per finanziare il politico di turno». E ancora: «Nelle audizioni il ministro diceva… questo è il motivo per cui non è esplosa Consip, è chiaro che la politica ha il problema del territorio… i mille pulitori sul territorio sono mille persone che danno 5mila euro ciascuno… sono mille persone che fanno un’assunzione ciascuno… sono mille persone che quando voti si chiamano i loro dipendenti… tu i tuoi dipendenti manco sai chi sono». Partecipare agli appalti, a detta degli indagati, «è una competizione criminale a chi corrompe meglio».

Il sistema Romeo si basa su due pilastri: i «prototipatori» e i «facilitatori». Alla prima categoria apparterrebbe il direttore Sourcing Servizi e Utility di Consip, Marco Gasparri: si tratta di un neologismo coniato da Romeo per individuare chi, all’interno della Pa, confeziona bandi di gara ad hoc per favorire un’impresa. Secondo il gip Gaspare Sturzo, Gasparri aveva il ruolo di «prototipatore di bandi Consip al servizio di Romeo». Bocchino invece era «il facilitatore degli interessi illeciti, il lobbista dedicato al traffico illecito di influenze». Gli appoggi politici servivano a «indurre i vertici della Consip ad assecondare le mire degli imprenditori». Se Romeo, Bocchino e Gasparri erano i vertici del sistema, nel mezzo secondo il gip ruotavano le altre pedine, «attivissime nel produrre accordi, veri o falsi, individuare referenti reali o supposti, stabilire tangenti effettive o ipotetiche. Romeo voleva sapere notizie riservate sui bandi in modo da avere un vantaggio competitivo basato sulla propalazione di notizie riservate».

A Gasparri sono stati sequestrati beni per 100mila euro, cioè quanto avrebbe ricevuto da Romeo come compenso dal 2012 al 2016: corruzione per asservimento della funzione è il reato contestato. Romeo, scrive il gip, gli avrebbe proposto «di costruire una comune ipotesi difensiva per impedire il normale corso della giustizia». Racconta Gasparri durante l’interrogatorio: «Tra il 2012 e il 2014 Romeo aveva perso tutte le gare Consip, avvertì così la necessità di avere un soggetto intraneo che con assoluta sistematicità gli fornisse informazioni sia sulle gare sia sulle dinamiche interne». E ancora: «Ho visto l’ultima volta Romeo il 29 novembre 2016. Era sudato e farfugliava, mi disse che gli avevano sequestrato dei foglietti, compreso un foglio dove c’era il mio nome con dei numeri accanto». Dallo scorso dicembre Gasparri ha deciso di collaborare: è lui a raccontare che per incontrare l’ad di Consip, Romeo aveva fatto intervenire «politici ad altissimo livello».

Corriere della sera
INCHIESTA CONSIP, ARRESTATO ROMEO
«C’ERA UNA GUERRA DI TANGENTI»
di Fulvio Fiano

Nel lessico corruttivo della pubblica amministrazione è un neologismo: prototipatore . Definizione coniata per l’alto funzionario Consip, Marco Gasparri, da parte di Alfredo Romeo, l’imprenditore finito ieri in carcere con l’accusa di avergli dato 100 mila euro in «una guerra imprenditoriale a suon di tangenti». La somma è stata sequestrata dai carabinieri del Roni e del Noe e dai finanzieri del comando provinciale di Napoli, che hanno anche perquisito le case e gli uffici dell’ex parlamentare Italo Bocchino e dell’imprenditore fiorentino Carlo Russo, accusati di traffico di influenze assieme a Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo.

Come riportato nel decreto di perquisizione, Russo e Renzi senior, in forza delle relazioni di quest’ultimo con l’ad di Consip, Luigi Marroni, «si facevano promettere da Romeo, che agiva previo concerto con Bocchino, suo consulente, somme di denaro mensili». Romeo ne avrebbe guadagnato l’aggiudicazione di tre lotti del mega bando da 2,7 miliardi, poi non completata. Renzi senior sarà interrogato domani. «Fatti insussistenti», dice il suo legale Federico Bagattini.

Da una parte, dunque, Romeo «intento a progettare una serie di infiltrazioni criminali in appalti pubblici». Dall’altra la sua rete di relazioni. «Mi occupo della documentazione di gara», spiega Gasparri al primo incontro tra i due, nel 2012. «Quindi lei fa progettazioni, prototazioni... un prototipatore», riassume Romeo. Cinquemila euro in contanti a Natale sanciscono l’accordo. Dal 2013 diverranno una «sistematica dazione di denaro».

Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi contestano la corruzione per asservimento e della funzione e quella su specifici episodi, tra cui il mega appalto Facility Management 4. Romeo deve rimettersi su piazza dopo l’arresto del 2008 ma manca dei requisiti tecnici e di competenza per partecipare. Gasparri lo segue passo passo nella presentazione dell’offerta, nella scrittura della proposta, nelle risposte alle obiezioni della commissione di gara. Lo agevola, dicono i pm, con informazioni «sensibili».

Quando poi finiscono sotto inchiesta, Romeo chiede a Gasparri di concordare una difesa comune. Ma questo va dai magistrati ed evita l’arresto (all’interno di Consip non ha più un ruolo «pericoloso»). La confessione trova riscontri nei pedinamenti, negli appuntamenti in agenda e nelle intercettazioni telefoniche e ambientali. In una di queste i due parlano a bassa voce ma si intuisce il rumore di fogli strappati, i «pizzini» poi ritrovati tra i rifiuti.

«L’importante è che tenimm’ la squadra giusta», dice l’imprenditore in un’altra circostanza. E il funzionario, parlando di soldi da avere: «Mi è rimasto di 40 (mila euro, ndr ) indietro. Ce la fa?».

«Ho sempre operato con trasparenza», dice Marroni. Coinvolto anche il suo predecessore, Domenico Casalino. M5S invita Matteo Renzi a rendere pubblici i finanziamenti avuti da Romeo, mentre il ministro Luca Lotti, che avrebbe rivelato le indagini a Romeo, si dice «tranquillissimo».

Corriere della sera
LE ACCUSE DEI PM DI ROMA:
COSÌ RUSSO E TIZIANO RENZI
SI FACEVANO PROMETTERE SOLDI
di Giovanni Bianconi

Il «gravissimo quadro di possibile infiltrazione criminale» nella gara d’appalto «con il più rilevante importo mai indetto in Europa», pari a circa 2 miliardi e 700 milioni di euro, era arrivato al «massimo livello politico». Parola di Alfredo Romeo, l’imprenditore che voleva conquistare a tutti i costi fette rilevanti di quella immensa torta, riferita dal dirigente della Consip Marco Gasparri che lo stesso Romeo aveva assunto «a libro paga». Una corruzione ammessa dal corrotto, che aggiunge: «Romeo non mi disse chi era il politico o i politici presso i quali era intervenuto, ma mi disse che si trattava del “livello politico più alto”; in proposito mi chiese se io avevo registrato, a seguito di tale suo intervento, un cambiamento di atteggiamento dell’amministratore delegato di Consip nei suoi confronti».

In sostanza, per avere un trattamento di favore dalla Centrale d’acquisto per i beni e servizi della pubblica amministrazione, Romeo s’era rivolto alle alte sfere del potere. Il giudice che ieri ne ha ordinato l’arresto precisa che ora gli inquirenti dovranno chiarire il ruolo di altri soggetti che risultano «attivissimi nel proporre accordi, veri o falsi, individuare referenti reali o supposti, stabilire tangenti effettive o ipotetiche», ma i pubblici ministeri sanno già in quale direzione indirizzare le loro verifiche.

Le somme di denaro

È scritto in un passaggio del decreto di perquisizione nei confronti di Carlo Russo, imprenditore trentatreenne di Scandicci e amico della famiglia Renzi, firmato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Mario Palazzi: dagli atti dell’inchiesta emerge come «Alfredo Romeo, previo concerto con Italo Bocchino, si sia accordato con Carlo Russo (a fronte di ingenti somme di denaro promesse) affinché questi, utilizzando le proprie relazioni (di cui vi è prova diretta) e le relazioni di Tiziano Renzi (con il quale lo stesso Russo afferma di aver agito di concerto e al quale parimenti, da un appunto vergato dallo stesso Romeo, appare destinata parte della somma promessa), indebitamente interferisca sui pubblici ufficiali presso la Consip, al fine di agevolare la società di cui Romeo è dominus». Secondo l’ipotesi investigativa, le «somme di denaro mensili» che Russo e Renzi senior «si facevano promettere» erano il «compenso per la mediazione» realizzata «sfruttando relazioni esistenti tra Tiziano Renzi e Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip».

L’alto livello politico

Il sospetto che «il livello politico più alto» raggiunto dall’imprenditore napoletano passasse proprio da Russo e dal suo rapporto con il padre dell’ex presidente del Consiglio è uno dei punti chiave dell’indagine. In virtù delle intercettazioni in cui Russo ne parla, dei pagamenti promessi da Romeo e della conoscenza dello stesso Russo con l’ex sottosegretario a Palazzo Chigi (oggi ministro dello Sport) Luca Lotti che, secondo le dichiarazioni di Michele Emiliano, avrebbe detto al presidente della Puglia che lo poteva incontrare perché «ha un buon giro...». Tra gli appunti stracciati recuperati dai carabinieri nella spazzatura dell’ufficio romano di Romeo ce n’è uno da cui risulta che a novembre 2015 l’imprenditore pagò un soggiorno a Russo e signora da 3.233 euro nell’albergo di Ischia di proprietà di alcuni suo parenti. Una struttura che, si legge in un rapporto degli investigatori dell’Arma, «insieme all’albergo di sua proprietà, viene utilizzata (da Romeo, ndr ) quale contropartita per ricompensare i pubblici ufficiali infedeli dell’opera svolta per suo conto».

La guerra e le tangenti

Nella ricostruzione dell’accusa la corruzione rappresenta una «vera e propria politica d’impresa delle società di Romeo», che l’imprenditore utilizza per provare a vincere «a suon di tangenti» una guerra con altri gruppi dai risvolti politici occulti. Dei quali il corruttore aveva una sorta di «ossessione». Ha raccontato il «funzionario infedele» Marco Gasparri nelle sue confessioni ai pubblici ministeri: «Romeo si riteneva vittima di un complotto all’interno di Consip e di essere discriminato, nel senso che riteneva che i vertici di Consip favorissero la società Cofely, capogruppo di un raggruppamento temporaneo di imprese di cui faceva parte anche una società riconducibile a tale Bigotti, imprenditore che, a suo dire, era legato all’onorevole Verdini. Per tale ragione Romeo diceva di aver operato ultimamente un intervento sull’amministratore delegato Marroni, per il tramite e attraverso “il più alto” livello politico».

È quella che il giudice dell’indagine preliminare Gaspare Sturzo chiama «legittima difesa criminale rispetto alle condotte di altri imprenditori e vertici politici e istituzionali volte all’esclusione dell’imprenditore campano»; in pratica, la corruzione di determinati soggetti per contrastare quella di altri. Quando seppero che a Napoli c’era in corso un’indagine a loro carico, Romeo e Bocchino — intercettati — auspicavano che il fascicolo fosse trasferito rapidamente a Roma, forse nella prospettiva di evitare guai; a poche settimane dalla trasmissione degli atti nella Capitale, si ritrovano uno in carcere e l’altro inquisito e perquisito.

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