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Andrea Palladino
Acqua pubblica, il comune si ribella? La banca (irlandese) lo commissaria
18 Agosto 2016
Clima e risorse
«A Latina e provincia ri-volevano la gestione pubblica del servizio: grazie ad un contratto del 2007, ora decide tutto l’istituto finanziatore.»

«A Latina e provincia ri-volevano la gestione pubblica del servizio: grazie ad un contratto del 2007, ora decide tutto l’istituto finanziatore.»Il Fatto Quotidiano, 18 agosto 2016 (c.m.c.)

Avviare un percorso di pubblicizzazione integrale della società di gestione dell’acqua”. Poche parole e le firme dei principali Comuni del Sud pontino, con in testa l’amministrazione di Latina, guidata da due mesi dal sindaco Damiano Coletta (lista civica). E un appello diretto alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, per fermare l’operazione di acquisizione da parte di Acea di Acqualatina, la spa partecipata per il 49% dalla multinazionale francese Veolia che dal 2002 gestisce il sistema idrico integrato della seconda provincia del Lazio.

Il documento– presentato nel corso dell’ultima assemblea dei soci del gestore degli acquedotti del sud pontino da 19 sindaci – ha un doppio obiettivo: fermare l’espansione di Acea – intenzionata a prendere il controllo degli acquedotti nell’intera regione Lazio – e ripartire dalla gestione pubblica dell’acqua. Tutto cambia dopo lo tsunami elettorale? Non è detto. Soprattutto viste le reazioni del mondo finanziario.

Pochi giorni dopo la presentazione del documento, la banca irlandese (ma con capitale tedesco) Depfa ha bloccato – per ora – il piano delle nuove amministrazioni comunali: l’annuncio dei sindaci è un “evento rilevante” per la società. Due parole prese direttamente dall’accordo di project financing del 2007, quando l’istituto finanziario specializzato in utilities (società che gestiscono servizi) concesse un mutuo di oltre 100 milioni – collegato a prodotti derivati – in cambio di garanzie in grado di incidere sulle scelte strategiche della società: se vi sono cambi di direzione ritenuti “rilevanti” dagli analisti finanziari, la Depfa Bank può sostituirsi nell’assemblea dei soci ai comuni che firmarono il pegno delle quote. Un potere dimezzato, con i sindaci sottoposti alla tutela diretta dei grandi fondi d’investimento.

La lettera della Depfa è partita da Dublino il 5 agosto, due giorni dopo l’approvazione di una delibera della conferenza dei sindaci della provincia di Latina che rimarcava l’intenzione di riprendere il controllo della gestione dell’acqua. «La situazione sopra descritta – si legge nella comunicazione dell’istituto irlandese – (…) può comportare, tra l’altro, la mancata approvazione del bilancio».

Poi, l’accordo firmato a Londra il 23 maggio del 2007: «In ragione di quanto sopra, ritenendo l’Agente (la banca, ndr) che già sussistano i presupposti per dichiarare l’Evento Rilevante Potenziale, (…) richiede alla società di inviare copia del documento denominato ‘Documento dei sindaci dell’Ato 4 sulla società Acqualatina’». Ovvero la decisione dei Comuni di gestire il servizio idrico integrato, fermando l’acquisizione da parte di Acea. Secondo il contratto di mutuo del 2007 ora la Depfa potrà arrivare a sostituirsi ai principali comuni – tra i quali Latina, che detiene la maggioranza delle quote – durante la prossima assemblea dei soci, prevista per settembre.

La lettera della Banca fa riferimento anche al duro scontro tra i privati di Veolia (rappresentati dalla srl Idrolatina) e i comuni più critici durante l’ultima assemblea dei soci, finita con l’abbandono del tavolo da parte dei rappresentanti dei francesi. In quella occasione i comuni avevano apertamente chiesto le dimissioni del management, annunciando il voto contrario all’approvazione del bilancio 2015.

Appena un assaggio di quella che potrebbe essere la prossima battaglia sulle municipalizzate e i gestori locali dei servizi pubblici, dove i cambi di gestione in amministrazioni chiave – come Roma e Torino – potrebbero scontrarsi con il sistema di regole e accordi, anche privati, consolidati nel tempo. Su acqua e rifiuti, prima di tutto. Acqualatina per anni è stata il simbolo della privatizzazione del sistema idrico: aumenti delle tariffe, taglio dei tubi per chi non poteva pagare e la presenza della politica, soprattutto di Forza Italia, rappresentata dal senatore di Fondi Claudio Fazzone. Quattordici anni da incubo per i cittadini, che oggi si trovano sulle spalle una società legata con il sistema bancario internazionale.

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