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Marco Imarisio
La sinistra unita e l’officina Torino
14 Marzo 2016
Torino
«Non nego la speranza che il nostro esperimento possa indicare un metodo esportabile a livello nazionale», dice Airaudo .Altre volte nella storia de secolo scorso, Torino ha aperto strade nuove, non solo per la sinistra. Mai però con persone come Piero Fassino.

«Non nego la speranza che il nostro esperimento possa indicare un metodo esportabile a livello nazionale», dice Airaudo .Altre volte nella storia de secolo scorso, Torino ha aperto strade nuove, non solo per la sinistra. Mai però con persone come Piero Fassino. Corriere della sera, 14 marzo 2016

TORINO Annunciazione, annunciazione. Dopo lunga ed estenuante ricerca fatta in tutta la penisola, pare sia stata rinvenuta una forma di sinistra unita, nata un mese fa in un locale, umile ovviamente, di corso San Maurizio. Quel che finora non è avvenuto in nessuna delle città italiane dove si voterà in tarda primavera accade invece in quel di Torino. Esserci, ci sono proprio tutti. Persino Pippo Civati e la sua Possibile, a riprova dell’eccezionalità dell’evento, oltre a qualche fuoriuscito del Pd che forse si vuole portare avanti con l’utopia scissionista.

«Non nego la speranza che il nostro esperimento possa indicare un metodo esportabile a livello nazionale». L’autore del miracolo fa parte dell’album di famiglia della sinistra cittadina, e già questa potrebbe essere una prima istruzione per l’uso. Anche Giorgio Airaudo, come il suo grande avversario Piero Fassino, è un ex ragazzo di via Chiesa della salute, da intendere come l’indirizzo della storica sede del Pci torinese. Quando l’attuale sindaco era il segretario della federazione provinciale, il candidato della «Izquierda unida» torinese guidava i Giovani comunisti a pochi uffici di distanza. «Abbiamo avuto un percorso comune. Proprio per questo gli rimprovero di lasciare che la sua storia venga usata come copertura del Partito della nazione in via di costruzione qui a Torino, e poi in Italia».

Con tutte le cautele del caso e del tempo che ancora manca alle elezioni, ma sono molti i segnali che indicano Torino, un tempo villaggio di Asterix di un Pd del nord assediato dalle truppe berlusconian-leghiste, come sede della tempesta perfetta per i democratici. E non solo per via delle visite già annunciate ai rispettivi quartier generali di Matteo Renzi e Beppe Grillo, le uniche finora in calendario, e dei sondaggi, che girano ma non vengono resi pubblici per carità di patria democratica. Il sindaco uscente fu l’ultimo segretario dei Ds e uno dei fondatori del Pd. E il suo passato ne fa un bersaglio di notevole importanza. Il Movimento 5 Stelle era così convinto di avere sottomano la persona giusta che ha tagliato corto su comunarie e affini online.

Chiara Appendino è una manager ben conosciuta, figlia e moglie di un imprenditore, che in questi giorni ha giocato d’anticipo presentando le proprie liste. Sta lavorando molto per accreditarsi presso Camera di commercio, Unione industriale e salotti assortiti, dimostrandosi anche disponibile a sacrificare qualcosa della originaria alterità dei Cinque stelle, che a Torino hanno solide radici movimentiste e di sinistra-sinistra. «In realtà stiamo facendo un percorso di ascolto di tutte le parti della città. Ci stiamo presentando come una forza compatta, l’unica ad avere un programma definito dallo scorso settembre. Vogliamo fare le cose per bene. Perché questo voto, inutile negarlo, ha anche valenza nazionale. Non solo per Airaudo o Fassino».

In attesa che le molte anime del centrodestra locale trovino una linea e un progetto comune intorno a Osvaldo Napoli, «battezzato» ieri da Silvio Berlusconi e da FI, l’altra novità che si appresta a fare di Torino il principale campo di battaglia dopo Roma e Milano è l’inopinata presenza di una sinistra unita in ogni suo frammento sotto il simbolo di una Mole rovesciata. A Bologna la ricerca del candidato unico è finita non male ma peggio, con baruffe ed ennesimi strappi. A Milano, Napoli e Roma la litigiosità tra parenti e affini fa da ostacolo alla nascita della «cosa» oltre il Pd.

«Io ho detto che ci stavo solo se tutti rinunciavano alla loro appartenenza. Qui esiste una storia politica e sociale unitaria, è più facile. Ma chissà, magari da qui può nascere una esperienza che potrebbe proseguire anche dopo le elezioni». La Torino in comune di Airaudo si ispira alla Barcellona di Ada Colao. «Che non è Podemos, ma un’altra cosa» tiene a precisare l’attuale parlamentare indipendente di Sel, 55 anni, moglie, tre figli e soprattutto una lunghissima esperienza come responsabile del settore auto della Fiom. L’ultima referenza è quella politicamente più importante, vedi alla voce Maurizio Landini. «Alle ultime europee la lista Tsipras ha preso il 5 per cento. Da lì in su è tutto buono. In doppia cifra, sarebbe una promessa di futuro, non solo per la città».

Quei numeri comportano l’ineluttabilità della resa dei conti. Il grande avversario non sono i Cinque stelle, con i quali Airaudo vanta ottimi rapporti, ricambiati, ma Fassino, il suo vecchio compagno, al quale spera di togliere i voti necessari alla vittoria al primo turno. «Anche se non mi nego il sogno del ballottaggio. E lì allora ci sarebbe davvero da divertirsi». La rassegna stampa inviata dai suoi collaboratori mette bene in chiaro qual è la posta in gioco. Dall’ex governatore forzista Enzo Ghigo che dichiara il suo appoggio a Fassino all’ex vicepresidente del Csm Michele Vietti, area Udc, indica la sua città come futura capitale del partito della Nazione, fino all’arruolamento del meno noto Giovanni Pagliero, ex presidente Pd del quartiere più popoloso. Torino, Italia.

Qui il sito web della lista Torino in comune

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