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Ugo Mattei
Riprendiamoci le Fondazioni Bancarie
9 Febbraio 2016
Critica
«È lecito sostenere che le fondazioni bancarie, vista l’origine pubblica del loro patrimonio, sono dei beni comuni né pubblici né privati? Se ne parlerà in un Convegno all’Università di Torino, con invito ai candidati sindaco, l’11 febbraio».
Il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2016 (m.p.r.)

«Mostri giuridici», le definì Giuliano Amato, con un cinismo non comune, se si pensa che fu lui, insieme al campione del liberismo Guido Carli, a firmare la legge 218 1990, che inaugurò, proprio con gli enti pubblici bancari, la folle stagione delle dismissioni del patrimonio pubblico italiano. Sono le Fondazioni di origine bancaria che Tremonti, vincolandone le erogazioni al territorio per il 90%, rese i più potenti soggetti politici locali.

Questi mostri benefici erogano annualmente centinaia di milioni di euro che determinano le politiche pubbliche locali in proporzione diretta all’impoverimento dei Comuni. Sfuggono qualsiasi controllo democratico e con i loro soldi condizionano i settori “ammessi” come famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili; prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologie e disturbi psichici e mentali; ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale; arte, attività e beni culturali... In agosto, con una lettera pubblicata dal Fatto denunciavo le dinamiche del tutto verticali e segrete con cui vengono scelti organi gestionali che il denaro rende ben più potenti di sindaci e giunte.
Ma di chi sono questi soldi che le Fondazioni generosamente erogano? Sono soldi appartenenti alle ex banche pubbliche e casse di risparmio, privatizzati con meccanismi giuridici solo apparentemente complessi nella stagione del neoliberismo. Sono soldi “nostri” fin dalla legge bancaria del 1936. Amato e Carli iniziarono separando le due funzioni principali delle banche che volevano privatizzare, quelle istituzionali pubbliche da quelle imprenditoriali private, collocando la vera attività creditizia in società per azioni e assegnando le azioni a “Enti pubblici conferenti”. Alla fine del decennio Amato e Ciampi, trasformarono gli “Enti conferenti” in Fondazioni di diritto privato, senza superare l’ambiguità creata dalla necessità di amministrare patrimoni miliardari (con logica privatistica) al fine di erogarne gli utili ad attività pubbliche.
La Corte costituzionale avrebbe potuto discutere della compatibilità di questa privatizzazione con l’articolo 47 della Costituzione, che attribuisce alla Repubblica la disciplina, il coordinamento e il controllo del credito, ma per mancanza di coraggio o di strumenti culturali essa si limitò a constatare l’avvenuto uno-due, capolavoro di privatizzazione (sentenza 300/2003). Poiché nel suo strumentario giuridico l’alternativa era solo fra privato o il pubblico, la Corte dichiarò che le Fondazioni sono soggetti privati che appartengono all’ordinamento civile.
Ma è possibile considerare davvero privati soggetti politici di questa rilevanza? Naturalmente no, ed ecco lo svilupparsi di oscure prassi parapolitiche nella scelta dei vertici. Giuridicamente, la novità più significativa a partire dal 2007 è stata l’elaborazione del concetto di beni comuni, con la sua logica di trasparenza e partecipazione diretta e diffusa, che scardina la vecchia distinzione fra pubblico e privato. È lecito sostenere che le fondazioni bancarie, vista l’origine pubblica del loro patrimonio, sono dei beni comuni né pubblici né privati? È possibile recuperare così un po’ di democrazia diversa dalla aberrata politicizzazione dei vertici? La discussione inizierà in un Convegno all’Università di Torino, con invito ai candidati sindaco, l’11 febbraio.
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