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Serena Giannico
Torna lo spauracchio trivelle
10 Gennaio 2016
In giro per l'Italia
«Niente è chiaro e definitivo nel progetto Ombrina Mare, ora è però la ditta a cercare cavilli, dicono i No Triv». I comitati ancora in piazza a Licata contro i pozzi off-shore. Articoli di Serena Giannico e Andrea Incorvaia,

il manifesto, 10 gennaio 2016

TORNA LO SPAURACCHIO TRIVELLE
di Serena Giannico

Chieti. «Perché questa matassa, in questo Paese?», è la domanda della ricercatrice e docente universitaria Maria Rita D’Orsogna, abruzzese «doc» anche se lavora in California, che segue vicende e scempi legati al petrolio. Il quesito riguarda la piattaforma off shore «Ombrina mare» che la Rockhopper Exploration vuole realizzare in provincia di Chieti a ridosso delle spiagge della decantata Costa dei Trabocchi.

Il governo dopo il colpo di scure inferto prima di Natale, invece di «seppellire» definitivamente il progetto, ha prorogato di un anno la concessione alla multinazionale. Lasciando tutti interdetti, tutti tranne il coordinamento No Triv, che aveva messo in allerta riguardo ad eventuali tranelli. Nel frattempo la battaglia, che sembrava avviarsi a conclusione, prosegue a suon di carta bollata e ricorsi.
Attraverso emendamenti alla legge di Stabilità, il governo a fine 2015 ha ripristinato il limite di 12 miglia dalla costa per nuovi permessi di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare. E la Rockhopper, compagnia con interessi nel bacino delle Falkland e nel Mediterraneo, che sembrava aver incassato tutte le autorizzazioni per avviare la costruzione del contestatissimo impianto, in un’area di 271,25 chilometri quadrati, si è ritrovata improvvisamente bloccata. Così il 30 dicembre scorso si è rivolta alla magistratura, con un ricorso al Tar del Lazio contro il ministero - oltre che nei confronti della Regione Abruzzo, delle Province di Pescara e Chieti e dei comuni interessati dal progetto - , reo di «non aver ancora rilasciato la concessione di coltivazione del giacimento Ombrina mare», «in violazione» - viene fatto presente negli atti - di tutti i termini di legge e per essere «in contrasto col fondamentale principio del buon andamento dell’azione amministrativa».
Però scrive sul proprio sito, ai propri azionisti... «At the same time, Rockhopper has been granted a 12 month extension to the suspension of the Ombrina Mare exploration permit to 31 December 2016». Ossia... «Allo stesso tempo abbiamo ottenuto una proroga della concessione per 12 mesi...». Che significa? «Che per l’Abruzzo non è l’ora di cantare vittoria, io credo”» dichiara Maria Rita D’Orsogna. Prima si fa la legge e poi subito... l’inganno. «I provvedimenti pre festivi sono stati adottati per evitare il referendum? - chiede la ricercatrice - Era solo un’attesa in vista di elezioni future, e quindi inventiamoci uno standby? Era perché i prezzi del petrolio sono bassi e quindi meglio aspettare? C’è dell’altro? E chi lo sa. Sappiamo solo che c’è questo limbo di un anno. È una storia senza fine, in cui, come sempre, a perderci è forse l’unica cosa più importante dell’ambiente italiano, e cioè la democrazia».
Ma ripercorriamo le tappe di Ombrina. «Prima del 2010 - rammenta D’Orsogna - non esistevano fasce di rispetto in mare e infatti si poteva trivellare un po’ dove capitava. Pure a meno di due chilometri dalla riserva naturale di Punta Aderci, nel Vastese, come voleva fare la Petroceltic d’Irlanda. Questo mentre in California, per dirne una, la fascia di rispetto era di 100 chilometri da almeno trent’anni». Nel 2010 anche l’Italia vara la sua fascia di protezione, di 5 miglia, che diventano 12 in caso di aree protette. Ombrina pare defunta, perché a sei chilometri dal litorale. «Nel 2012 arrivano Corrado Passera e i suoi amici a inventarsi il barbatrucco della fascia di rispetto "non retroattiva": non si applica a concessioni esistenti, che poi sono quelle che coprono la stragrande maggioranza delle coste della Penisola». Ombrina resuscita.
Nel 2015 la fascia di rispetto viene ripristinata. «Ombrina muore di nuovo. Anzi, no. È solo in coma». «Non è da Paese normale - tuona la docente universitaria - fare una legge e cambiarla cosi radicalmente ogni due o tre anni. Con questi comportamenti non siamo di fronte a governanti che hanno a cura la Res publica, in modo pulito, chiaro. Abbiamo a che fare con una accozzaglia di decisioni confuse. Tornando ad Ombrina: perché mai aspettare ancora un altro anno? Sono otto anni che si va avanti. A rimpalli. E siamo ancora qui a discutere di un petrol-mostro che nessuno, da nessuna parte del mondo civile, metterebbe così vicino a riva». È evidente - sostiene invece il coordinamento No Ombrina - che la nuova norma ha stoppato il progetto, così come appare chiaro come non sia centrale la questione della sospensione del decorso temporale del permesso di ricerca (che comunque sarebbe scaduto tra anni anche senza la sospensione). «Prima eravamo noi a dover fare ricorso al Tar - dicono gli attivisti - Ora sono loro, in un sentiero molto stretto. Ovviamente interverremo ad opponendum per contrastare tutte le istanze dell’azienda e per evitare qualche scherzo da parte del ministero».

MIGLIAIA A LICATA CONTRO I POZZI OFF-SHORE
di Andrea Incorvaia

Licata. La piazza parla, canta e fa sentire il suo dissenso da Licata, periferia della periferia, in una regione abbandonata a se stessa. Quasi duemila donne e uomini di ogni età hanno partecipato alla manifestazione lanciata dal comitato No Triv di Licata. L’iniziativa è stata abbracciata da un’isola intera, stretta attorno a una comunità che prova con forza a dire no ad un progetto calato dall’alto e privo di ogni logica. Proponendo, per mezzo di un’autentica piattaforma politica, un piano di sviluppo diverso, che guardi al bene reale della collettività.
Le strade della cittadina siciliana hanno visto una buonissima cornice di pubblico: secondo le stime ufficiali il «fiume umano» annoverava più di millecinquecento persone, con una nutrita rappresentanza regionale. Il coro unanime del dissenso ha fatto da eco alle notizie provenienti da Roma: il governo infatti è stato bocciato dalla Cassazione sul capitolo referendario sulle trivellazioni, notizia resa nota proprio il giorno prima della manifestazione. Il quesito sulle operazioni di trivellazioni a mare potrà svolgersi, così hanno deciso i giudici. Ora la battaglia si sposterà sugli altri quesiti in materia di estrazione di idrocarburi.
La manifestazione di Licata ha fatto da cassa di risonanza a tutto quello che è accaduto, tante le voci che hanno voluto testimoniare questo dissenso collettivo. «Il problema delle trivellazioni andrebbe a toccare tre punti pericolosi per la collettività - osserva Fabio, portavoce e direttore del gruppo archeologico locale - anzitutto il danno all’ambiente e all'economia del pescato. Poi un danno di immagine turistico enorme, poiché queste operazioni di trivellazione allontanerebbero sensibilmente il turismo, come già successo per Gela. Infine il danno al potenziale archeologico: queste operazioni invasive andrebbero a ricadere su settori che quasi sicuramente celano resti di quella che fu la grande battaglia del Monte Ecnomo, del 264 a. C. tra Roma e Cartagine».
Rocco, attivista del comitato No Triv, tira le somme della manifestazione: «Le sensazioni sono state molto positive, oltre alla partecipazione dei pescatori è stata importante la presenza in piazza di alcuni pezzi delle istituzioni. Notevole l’intervento del vicesindaco di Noto, un comune da tempo in guerra per le trivellazioni, e di una consigliera comunale di Palermo, che ha letto il messaggio inviato da Leoluca Orlando con la sua solidarietà e vicinanza, sia come sindaco che come presidente dell’Anci siciliana. Assordante invece il silenzio dell’amministrazione locale, è mancato un intervento pubblico con un chiara presa di posizione». Parole precise, che si sposano con quelle di Andrea, attivista No Muos di Gela, città molto interessata da quello che sta accadendo: «Siamo venuti in buon numero dalla nostra città, perché l'intera comunità guarda con apprensione alle vicende del petrolchimico e alla sua paventata "riconversione ecologica".
Dalla fine del 2014 assistiamo ad un ricatto di Eni sulla riconversione e le eventuali trivellazioni. Sono venuti in piazza i dissidenti dell’amministrazione messinese (il sindaco Accorinti ndr), per manifestare la loro contrarietà ai progetti della giunta». Al coro si unisce Antonino, presidente dell’associazione A testa alta, da tempo impegnata nella lotta alle mafie: «È stata una manifestazione vissuta all’insegna dell’unità tra cittadini, associazioni, comitati e movimenti, provenienti da più parti della Sicilia e che, mossi da un obiettivo comune, hanno sfilato per la città in modo civile, rivendicando diritti e valori fondamentali come l’ambiente e la salute.
In una città come Licata dove, addirittura nel silenzio delle istituzioni, si è assistito in tempi recenti a devastanti operazioni speculative immobiliari e commerciali danneggiando il litorale cittadino, mascherate da investimento nel settore turistico e diportistico, quella di oggi è una giornata storica». Non poteva mancare la presenza degli studenti: «Bisogna lottare e combattere contro questo genere di opere - denuncia il liceale classico Davide - che devastano e stuprano il nostro territorio. Bisogna sensibilizzare tutti gli studenti, e tutti gli istituti scolastici della zona».
Riferimenti
Si veda su eddyburg di Cristiana Salvagni Trivelle in mare, stop del governo, Sulle battaglie dei no triv e sul progetto Ombrina numerosi articoli su eddyburg raggiungibili con il "cerca".
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