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Yves Mény
“È uno tsunami sulle istituzioni. La Francia al punto di rottura”
7 Dicembre 2015
Articoli del 2015
Intervista di Anais Ginori al politologo Yves Mény. «Il sistema francese non ha corpi intermedi per esprimere il malcontento. I meccanismi istituzionali che garantiscono la governabilità mostrano oggi tutti i loro limiti, alimentando la diffidenza rispetto alla classe politica».
Intervista di Anais Ginori al politologo Yves Mény. «Il sistema francese non ha corpi intermedi per esprimere il malcontento. I meccanismi istituzionali che garantiscono la governabilità mostrano oggi tutti i loro limiti, alimentando la diffidenza rispetto alla classe politica».

La Repubblica, 7 dicembre 2015 (m.p.r.)

Parigi.«È uno tsunami politico sulla Francia ». Il politologo Yves Mény prevede un’onda lunga del voto di ieri. «Quest’elezione è la spia di una crisi all’interno del nostro sistema elettorale e istituzionale», spiega Mény autore di diversi saggi sul populismo e presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola Sant’Anna di Pisa.

Quali sono i nuovi rapporti di forza nella politica francese?
«C’è un trionfatore, ovvero il Front National che non aveva mai raggiunto un risultato così alto. Poi c’è un mezzo vincitore, Nicolas Sarkozy che ha fatto meno bene del previsto perché ha subito un’emorragia di voti verso il Fn. E infine c’è un mezzo sconfitto, François Hollande: il partito socialista poteva temere risultati ancora peggiori. In alcune regioni, il crollo è meno duro del previsto, soprattutto se si sommano i voti delle altre liste di sinistra».
È l’avvento di un sistema tripolare?
«Il sistema francese è diventato sociologicamente tripolare, ma con meccanismi elettorali che sono ancora quelli del bipolarismo. La stabilità politica della Quinta Repubblica è fatta con artifici elettorali. Ci deve essere sempre un solo vincitore, che ha maggioranza assoluta e tutti i poteri. Lo vediamo con François Hollande che, nonostante la sua popolarità, è saldamente al comando della Francia. Il successo del Fn evidenzia le contraddizioni del sistema: è primo partito per numero di elettori nelle regionali, ma è praticamente assente dal parlamento».
Ci sarà una crisi istituzionale?
«Intanto abbiamo davanti una crisi morale e politica. Il sistema francese non ha corpi intermedi per esprimere il malcontento. I meccanismi istituzionali che garantiscono la governabilità mostrano oggi tutti i loro limiti, alimentando la diffidenza rispetto alla classe politica. Siamo vicini a un punto di rottura».
Per Marine Le Pen è una nuova tappa verso l’Eliseo?
«Le probabilità che Le Pen arrivi al ballottaggio delle elezioni presidenziali sono oggi forti, mentre non possiamo ancora dire quale sarà l’avversario. Ricordiamoci comunque che un elettore su due non ha votato. Gli elettori del Fn sono quelli che sono andati di più alle urne, con un fenomeno di mobilitazione paragonabile a quello del Movimento Cinque Stelle. È soprattutto un voto di esasperazione. Ma tradurre l’esasperazione in governo è difficile. Questa è la sfida che ha davanti Le Pen».
Il Fn è solo un partito populista o sta cambiando pelle?
«È ancora una forza populista nel senso che non si preoccupa della coerenza nel programma. Se il Front National arrivasse al potere, ci sarebbe una grande disillusione nel suo elettorato. Il programma economico è folle, e quello sociale provocherebbe enormi tensioni. Ma c’è un’evoluzione in corso nel Fn: all’inizio era un movimento, come molte forze populiste, ora è un vero partito che sfrutta appieno il sistema».
Il programma economico è il vero punto debole, come ha denunciato la Confindustria francese?
«Il Fn tende a semplificare una realtà molto più complessa. Propone soluzioni facili quanto azzardate sul piano economico, come l’uscita dall’euro o la pensione a 60 anni. Ricorda le promesse del partito comunista di una volta. Molti punti del suo programma riprendono quelli dell’estrema sinistra».
Come mai Sarkozy non è riuscito a fermare l’avanzata di Le Pen?
«Ha subito una fuga di voti da parte di alcune categorie come i commercianti o i piccoli imprenditori. Sarkozy non è amato nell’elettorato della destra moderata. Ora dovrà affrontare i suoi rivali interni per la candidatura alle presidenziali. Comunque vada la destra repubblicana rischia di uscire indebolita dalle primarie».

Nel secondo turno, i candidati della destra moderata possono ancora battere il Fn?

«Si capirà nelle prossime. Se in alcune regioni resteranno tre liste concorrenti, i candidati socialisti sono paradossalmente favoriti anche se sono arrivati in terza posizione. La sinistra ha infatti una riserva di elettori, tra Verdi o Front de Gauche. Sarkozy invece si è già presentato con una lista di coalizione, insieme ai centristi dell’Udi, e dunque non ha altri bacini di voti in cui andare a pescare».
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