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Rita Plantera
Tra faide e miseria il via al Giubileo
28 Novembre 2015
Jorge Mario Bergoglio
«Repubblica centrafricana. Il conflitto in corso da tempo ha costretto più di mezzo milione di persone a cercare asilo nei paesi vicini. E i continui scontri tra bande rischiano di far saltare le elezioni». Il terribile scenario nel quale papa Francesco ha scelto di aprire il Giubileo della misericordia. Il manifesto, 28 novembre 2015

«Repubblica centrafricana. Il conflitto in corso da tempo ha costretto più di mezzo milione di persone a cercare asilo nei paesi vicini. E i continui scontri tra bande rischiano di far saltare le elezioni». Il terribile scenario nel quale papa Francesco ha scelto di aprire il Giubileo della misericordia. Il manifesto, 28 novembre 2015

Sarà Bangui ad aprire domani l’anno santo del Giubileo della misericordia, tra i derelitti del pianeta e non tra i fasti di San Pietro. A dispetto delle allerte dell’intelligence mondiale, il papa a conclusione del suo viaggio in Africa di ritorno dal Kenya e dall’Uganda metterà piede nella Repubblica Centrafricana.

Dove né le forze francesi dell’Operazione Sangaris né quelle regionali africane sono riuscite ad arrestare una spirale di violenza che sta facendo strage di civili almeno dalla débâcle di Bangui nel marzo 2013 a opera della coalizione Seleka (coalizione di fazioni ribelli dissidenti di diversi movimenti politico-militari) in nome dell’accesso alle risorse a favore delle popolazioni del nord, soprattutto di quelle petrolifere nelle mani della China National Petroleum Corporation.

E che vede la contrapposizione tra due bande di combattenti assoldati da burattinai politici che mirano al controllo del territorio e delle risorse minerarie di cui il Paese è ricchissimo.

Da una parte dunque i Seleka (gli stranieri del nord di fede islamica che non parlano né francese né sango, scesi alla conquista delle popolazioni del sud), dall’altra gli Anti-Balaka (in maggioranza giovani analfabeti orfani di famiglie uccise dai ribelli Seleka), cristiani e animisti la cui ala minoritaria — i Combattants pour la libération du peuple centrafricain — sarebbe legata al Front pour le retour à l’ordre constitutionnel en Centrafrique (Froca), il movimento creato in Francia dall’ex presidente della Repubblica Centrafricana François Bozizé.

Un conflitto di cui subiscono le tragiche conseguenze soprattutto le popolazioni civili e che non ha risparmiato neanche Medici Senza Frontiere — l’ong impegnata nella Repubblica Centrafricana dal 1997 — quando fu attaccata nell’aprile del 2014 dai ribelli Seleka (almeno 22 le vittime tra civili e operatori).

Sarebbero più di un milione i bambini nella Repubblica Centrafricana che hanno urgente bisogno di aiuti umanitari, mentre quasi la metà di quelli sotto i cinque anni sono malnutriti. A renderlo noto giorni prima dell’arrivo del Papa è l’agenzia Onu per l’infanzia, l’Unicef.

«La violenza che ha afflitto questo paese ha avuto un impatto devastante sulla vita dei bambini», ha detto Mohamed Fall, rappresentante Unicef nella Repubblica Centrafricana. «Per far fronte ai bisogni umanitari abbiamo bisogno di un maggiore sostegno internazionale».

Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, il conflitto ha costretto circa mezzo milione di persone a cercare asilo nei paesi vicini, mentre i recenti attacchi ai convogli hanno ostacolato le consegne di aiuti e le azioni di soccorso.

Gli scontri tra le milizie dei Seleka e quelle degli Anti — balaka che si pensasse potessero dissuadere il pontefice dal mettervi piede, rischiano però di far slittare ancora una volta le elezioni del prossimo 27 dicembre già rimandate lo scorso ottobre.

L’arrivo di Francesco è previsto per domani: «Siamo fiduciosi che la visita del Papa sarà promuovere la riconciliazione in un paese che ha un disperato bisogno di pace» sostiene Fall.

Quest’anno l’Unicef ha ricevuto 37 milioni di dollari su circa 70 milioni di cui ha bisogno per provvedere a interventi di soccorso urgenti per i bambini più vulnerabili della Repubblica Centrafricana.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite visto in esclusiva dalla Thomson Reuters Foundation i ribelli nella Repubblica Centrafricana avrebbero rapito, bruciato e sepolto vive «streghe» in cerimonie pubbliche, sfruttando superstizioni ampiamente diffuse con l’obiettivo di controllare il territorio.

Il rapporto mostra fotografie delle vittime legate a pali di legno, nonché i torsi carbonizzati di quelli sottoposti al rituale.

Le torture sarebbero avvenute tra dicembre 2014 e l’inizio del 2015 sotto direttive dei leader della milizie Anti-Balaka (a maggioranza cristiana) che da più di due anni combattono in tutto il Paese contro i ribelli (a maggioranza musulmana) dei Seleka.

Secondo ricercatori dell’Onu, mentre la credenza nella stregoneria è comune in tutta l’Africa, in questo caso sembra che i ribelli Anti-Balaka abbiano sfruttato tali superstizioni per intimidire, estorcere denaro e esercitare autorità su aree senza legge.

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