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Serena Giannico
La carica No Triv delle dieci regioni
2 Ottobre 2015
In giro per l'Italia
«Referendum. Depositate alla Corte di Cassazione le richieste di consultazione nazionale contro le trivellazioni delle multinazionali del petrolio nei mari italiani. Contro la politica energetica del governo si chiede l’abolizione dell’art. 38 dello Sblocca Italia. Entro un anno la decisione dei giudici».

Il Manifesto, 1 ottobre 2015 (m.p.r.)

Non vogliamo il Paese delle tri­velle. E così ieri i dele­gati di dieci Con­si­gli regio­nali – Basi­li­cata, come capo­fila; e poi Mar­che, Puglia, Sar­de­gna, Abruzzo, Veneto, Cala­bria, Ligu­ria, Cam­pa­nia e Molise - hanno depo­si­tato in Cas­sa­zione sei que­siti refe­ren­dari con­tro l’invasione delle piat­ta­forme petro­li­fere. Con essi si chiede l’abrogazione dell’articolo 38 dello Sblocca Ita­lia e di vari suoi commi e dell’articolo 35 del Decreto svi­luppo. «Vogliamo che non ci siano pozzi entro le 12 miglia e che siano ripri­sti­nati i poteri delle Regioni e degli enti locali, met­tendo inol­tre i cit­ta­dini al riparo dalla limi­ta­zione del loro diritto di pro­prietà rispetto alle società estrat­trici», spiega il pre­si­dente del Con­si­glio regio­nale della Basi­li­cata, Piero Lacorazza.

Il refe­ren­dum, sulla cui ammis­si­bi­lità dovrà ad anno nuovo pro­nun­ciarsi la Corte Costi­tu­zio­nale, porta la firma e l’intuizione del coor­di­na­mento nazio­nale No Triv e di altre 200 asso­cia­zioni. «Con que­sta con­sul­ta­zione – afferma Enrico Gagliano, No Triv – si resti­tui­sce ai cit­ta­dini il diritto di deci­dere di se stessi e del futuro del pro­prio ter­ri­to­rio. Si tratta di un fatto straor­di­na­rio ed unico nella sto­ria dell’Italia repub­bli­cana, il cui signi­fi­cato va ben oltre la pur impor­tante dimen­sione ener­ge­tica». «Sul piano isti­tu­zio­nale, - aggiunge Enzo Di Sal­va­tore, No Triv - il governo dovrà fare i conti con una mutata realtà e con mutati rap­porti di forza nel Paese. Quanto alle scelte ener­ge­ti­che, l’esercizio dell’opzione refe­ren­da­ria con­sen­tirà di ria­prire una par­tita che sem­brava già persa all’indomani del varo della Stra­te­gia Ener­ge­tica Nazio­nale: i que­siti sull’articolo 38 rimet­tono in discus­sione il sistema di gover­nance che finora ci è stato impo­sto a suon di leggi e decreti (Sblocca Ita­lia su tutti); quello «secco» sull’articolo 35 punta ad inflig­gere un duro colpo alle mire delle com­pa­gnie petro­li­fere, a sal­va­guar­dare i nostri mari e a pre­ve­nire qual­siasi ten­ta­tivo di ritorno al pas­sato (abo­li­zione del limite delle 12 miglia o sua ridu­zione a 5) da parte di un governo aper­ta­mente schie­rato sul fronte delle ener­gie fossili».

Un’iniziativa che viene defi­nita «una delle poche note liete in una lunga e tri­ste sta­gione color nero-petrolio». «E’ la prima volta che dei que­siti refe­ren­dari soste­nuti dai Con­si­gli regio­nali ven­gono pre­sen­tati da dieci Regioni, che rap­pre­sen­tano il dop­pio del quo­rum richie­sto -, riprende Laco­razza -. In Basi­li­cata, una delle realtà più mar­to­riate, con­tiamo già la pre­senza di 70 impianti di tri­vel­la­zione: non siamo affetti dal ’nimby’, ossia non vogliamo non ’spor­care il nostro giar­dino’ e spo­stare il pro­blema in quello degli altri, ma cre­diamo che la poli­tica ener­ge­tica dell’Italia debba rac­cor­darsi con l’Unione euro­pea, che non può sol­tanto occu­parsi di moneta e buro­cra­zia». «Dieci Regioni – evi­den­zia Fabri­zia Arduini, refe­rente Ener­gia Wwf Abruzzo - sono un mes­sag­gio gra­ni­tico a Renzi. I que­siti refe­ren­dari par­lano chiaro e una rile­vante parte del Paese ha capito che l’Italia non può riper­cor­rere gli stessi modelli di svi­luppo che hanno pro­dotto una delle peg­giori crisi eco­no­mi­che mai vis­sute. Un modello di spre­chi e disu­gua­glianze, inso­ste­ni­bile per la nostra fra­gi­lis­sima e bella nazione, ma anche per il pia­neta intero.

Il costo ambien­tale di que­ste atti­vità è davanti gli occhi di tutti: i cam­bia­menti cli­ma­tici sono un vero fla­gello. A Parigi, nella COP21 (Con­fe­renza sul clima) di dicem­bre, gli Stati dovranno con­clu­dere un accordo glo­bale per agire in fretta, in modo effi­cace ed equo per stop­pare le alte­ra­zioni cli­ma­ti­che. Che dirà il pre­mier? Che l’Italia punta sulle sue risi­bili pro­du­zioni di idro­car­buri sino all’ultima goccia?

Nell’attesa che la Cas­sa­zione si pro­nunci sul refe­ren­dum, - con­ti­nua Arduini - con­ti­nue­ranno le azioni di mobi­li­ta­zione per fer­mare pro­getti petro­li­feri off shore recen­te­mente sdo­ga­nati, a comin­ciare da “Ombrina Mare”, la piat­ta­forma con raf­fi­ne­ria gal­leg­giante, che dovrebbe sor­gere a poche miglia dalla costa della pro­vin­cia di Chieti e di cui si discu­terà il pros­simo 14 otto­bre al mini­stero dello Svi­luppo eco­no­mico in una con­fe­renza dei servizi».

«E poi – fa eco Vit­to­rio Cogliati Dezza, pre­si­dente nazio­nale di Legam­biente – biso­gna bloc­care “Vega B, piat­ta­forma pre­vi­sta nel Canale di Sici­lia, al largo del lito­rale ragu­sano, che da poco ha rice­vuto il nulla osta ambien­tale e su cui pen­dono già ricorsi al Tar». «Occorre abban­do­nare il petro­lio – afferma Luzio Nelli, Legam­biente Abruzzo – e ripar­tire dalle fonti rin­no­va­bili e soste­ni­bili, garan­tendo la qua­lità del ter­ri­to­rio e il benes­sere delle popo­la­zioni, non gli inte­ressi delle mul­ti­na­zio­nali del greggio».

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