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Zygmunt Bauman
E' scomparso Ulrich Beck, uno dei più acuti analisti della società d'oggi
4 Gennaio 2015
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All'indomani della scomparsa del grande intellettuale, noto ai nostri lettori, un articolo di Giuseppe Allegri e un ricordo di Zygmunt Bauman, dalle pagine rispettivamente del
All'indomani della scomparsa del grande intellettuale, noto ai nostri lettori, un articolo di Giuseppe Allegri e un ricordo di Zygmunt Bauman, dalle pagine rispettivamente del

manifesto e della Repubblica del 4 gennaio 2015

Il manifesto
Ulrich Beck, visionario europeo
di Giuseppe Allegri


Con Ulrich Beck se ne va uno dei mag­giori stu­diosi dei pro­cessi di glo­ba­liz­za­zione, oltre che un visio­na­rio mili­tante dell’Europa poli­tica e sociale. Il socio­logo tede­sco verrà ricor­dato anche per aver coniato e stu­diato defi­ni­zioni dive­nute di moda nella socio­lo­gia con­tem­po­ra­nea, come nel dibat­tito pub­blico euro­peo e glo­bale: «seconda moder­nità», «moder­niz­za­zione rifles­siva», «società cosmo­po­li­tica» e soprat­tutto «società del rischio» (Risi­ko­ge­sell­schaft – Risk Society).

For­mule, con­cetti, meta­fore di chi ha libe­ra­mente scelto di affron­tare senza timori reve­ren­ziali il tra­monto delle cate­go­rie della prima moder­nità, sfi­dando la son­nac­chiosa e dog­ma­tica acca­de­mica delle scienze poli­ti­che e sociali sul ter­reno più deli­cato: quello del «nazio­na­li­smo meto­do­lo­gico». Altra espres­sione «inven­tata» da Ulrich Beck per com­bat­tere quell’erronea sem­pli­fi­ca­zione che costringe nelle oppri­menti dimen­sioni dello Stato-nazione tanto l’analisi dei feno­meni sociali e giu­ri­dici, quanto i pos­si­bili spazi di azione civica e poli­tica.

Il làscito mag­giore del suo inse­gna­mento sta nel radi­cale rifiuto di ogni pre­giu­di­zio nazio­na­li­sta. Que­sto è il pri­sma attra­verso il quale Beck ha spie­gato la con­nes­sione tra le dina­mi­che della glo­ba­liz­za­zione e i loro esplo­sivi effetti sulla divi­sione del lavoro, sulle forme di vita indi­vi­duali e col­let­tive, sul pre­sente e sul futuro del vec­chio Con­ti­nente. Que­sto approc­cio è inol­tre utile per con­tra­stare la recru­de­scenza dei movi­menti intol­le­ranti e xeno­fobi dei par­titi tra­di­zio­na­li­sti, auto­ri­tari e nazio­na­li­sti (Tan Par­ties) in un’Europa che diventa sem­pre più «tede­sca», stri­to­lata dai dik­tat delle poli­ti­che di auste­rità volute dalla Bun­de­sbank. Lo ha denun­ciato lo stesso Beck in uno dei suoi ultimi saggi (L’Europa tede­sca, Laterza, 2013).

La mili­tanza intel­let­tuale, poli­tica e civile di Ulrich Beck è sem­pre stata dalla parte di un’Europa poli­tica e sociale. Un sog­getto che, a suo parere, doveva supe­rare le nefa­ste ere­dità «sovra­ni­ste» degli Stati-nazione, spesso ridotti a algidi gen­darmi dell’ordine pub­blico locale, e gli incubi mone­ta­ri­sti di un’Eurozona sino­nimo di insi­cu­rezza e povertà per le per­sone. Per que­sta ragione, dal set­tem­bre del 2010, ha ade­rito alle ini­zia­tive dello Spi­nelli Group nel Par­la­mento euro­peo, rilan­ciando lo spi­rito fede­ra­li­sta con­ti­nen­tale che dall’antifascismo di Spi­nelli, Colorni e Rossi oggi può spin­gersi sino al punto da ripen­sare l’Europa poli­tica oltre una dimen­sione mera­mente mone­ta­ria.

Que­sta visione sociale dello spa­zio poli­tico con­ti­nen­tale ha per­messo a Beck di spie­gare l’urgenza di un «red­dito di cit­ta­di­nanza con­ti­nen­tale» utile per affran­care le per­sone dai ricatti del lavoro, o della sua man­canza. La crea­zione di un simile stru­mento è inol­tre essen­ziale per garan­tire l’indipendenza dei cit­ta­dini da un Wel­fare State che sta regre­dendo a Work­fare, cioè ad un sistema di costri­zione al lavoro, con scarsa tutela della dignità della per­sona, né garan­zia della sua con­di­zione lavo­ra­tiva. Per Beck il modello sociale euro­peo è il frutto di un uni­ver­sa­li­smo con­creto, fon­dato sulla tutela dei diritti sociali intesi come diritti fon­da­men­tali di una nuova soli­da­rietà pan-europea. Altri­menti non potrà mai esserci alcuna inte­gra­zione poli­tica con­ti­nen­tale.

«Dob­biamo final­mente porre all’ordine del giorno que­ste que­stioni: come si può con­durre una vita sen­sata anche se non si trova un lavoro? Come saranno pos­si­bili la demo­cra­zia e la libertà al di là della piena occu­pa­zione? Come potranno le per­sone diven­tare cit­ta­dini con­sa­pe­voli, senza un lavoro retri­buito? Abbiamo biso­gno di un red­dito di cit­ta­di­nanza pari a circa 700 euro. Non è una pro­vo­ca­zione, ma un’esigenza poli­tica rea­li­stica».

Que­sto scri­veva Beck sulle colonne de La Repub­blica in due suc­ces­sivi inter­venti del 3 gen­naio 2006 e del 22 marzo 2007. Con­si­de­ra­zioni scritte a ridosso degli scon­tri tra gio­vani e poli­zia nelle ban­lieues fran­cesi in fiamme, men­tre comin­ciava la crisi sta­tu­ni­tense dei mutui sub­prime. Sono pas­sati diversi anni e l’«esigenza poli­tica rea­li­stica» di un red­dito di base sgan­ciato da una pre­sta­zione lavo­ra­tiva, inteso come stru­mento di soli­da­rietà, resta let­tera morta nell’agenda dei movi­menti e delle cit­ta­di­nanze sem­pre più impau­rite ed è com­ple­ta­mente assente in quella delle ina­de­guate classi poli­ti­che e sin­da­cali, nazio­nali e con­ti­nen­tali. Tutto que­sto men­tre milioni di per­sone rischiano di diven­tare ostaggi della mala­vita, nei bas­si­fondi delle metro­poli euro­pee, o schiavi inde­bi­tati del capi­ta­li­smo finan­zia­rio eletto a unico para­me­tro della «società glo­bale del rischio».

Beck è stato il testi­mone del lungo qua­ran­ten­nio neo-liberista euro­peo in cui hanno domi­nato l’individualismo sociale e il «nazio­na­li­smo meto­do­lo­gico». «Spesso la reto­rica domi­nante afferma che non “c’è alter­na­tiva” agli impe­ra­tivi dell’austerità» disse in un’intervista a Bene­detto Vec­chi su Il mani­fe­sto del 29 ago­sto 2013.

In que­sto atroce immo­bi­li­smo pro­spe­ra il Mer­kia­velli, effi­cace neo­lo­gi­smo da lui stesso coniato per descri­vere una poli­tica capace di det­tare in Europa l’agenda dell’austerità (anche in una impos­si­bile fun­zione espan­siva) fun­zio­nale alla difesa del patto social­de­mo­cra­tico in Ger­ma­nia. In que­sta cor­nice gli Stati-nazione, e gli indi­vi­dui, si ripie­gano in se stessi. «L’individualizzazione della dise­gua­glianza sociale», ana­liz­zata quasi trent’anni fa da Beck, oggi fa il paio con le mise­rie nazio­na­li­ste di classi poli­ti­che ina­de­guate e dei nuovi popu­li­smi pre­senti anche nel Par­la­mento euro­peo.

Torna quindi di attua­lità il «biso­gno di una cri­tica dell’Unione Euro­pea da un punto di vista euro­peo e non nazio­nale», per dirla sem­pre con Beck. In un inter­vento sul Guar­dian del 28 novem­bre 2011 sostenne che la crisi euro­pea può essere «un’opportunità per la demo­cra­zia». A patto di avere la forza, intel­let­tuale e poli­tica, per «abban­do­nare l’euro-nazionalismo tede­sco» e far «emer­gere una comu­nità euro­pea di demo­cra­zie» dove la «con­di­vi­sione della sovra­nità divenga un mol­ti­pli­ca­tore di potenza e demo­cra­zia».

Que­ste sono le basi di un fede­ra­li­smo radi­cale che mette in rela­zione i biso­gni delle per­sone con gli spazi poli­tici nei quali vivono. Rileg­gere que­sti inse­gna­menti alla luce di una visione soli­dale della società e dell’Europa atte­nua il senso di vuoto che lascia la sua morte tra chi con­ti­nua a non ras­se­gnarsi all’ordine esi­stente delle cose.

La Repubblica
Ci mancherà il suo contributo alla nostra coscienza
di Zygmunt Bauman

Ulrich Beck, scomparso il 1° gennaio scorso all’età di 70 anni, è stato uno dei maggiori sociologi del nostro tempo. E certamente la sua statura era destinata a crescere ancora, come l’inarrestabile impatto della sua influenza intellettuale. Una figura unica per la sua straordinaria profondità, l’acuta capacità percettiva, l’eccezionale sensibilità ai mutamenti sociali e culturali, l’ineguagliabile originalità del suo pensiero. Per gli studiosi del suo campo è stato una fonte di ispirazione e un fervido richiamo all’azione. Ma il suo impatto intellettuale ha trasceso i limiti del suo ambito professionale. La voce di Ulrich Beck – le sue diagnosi, valutazioni, previsioni e avvertimenti, sono stati ampiamente ascoltati, con viva attenzione.

Assai più che uno studioso ligio ai doveri ristretti di un’attività accademica, per vocazione Beck era la personificazione dell’intellettuale pubblico, in ragione del ruolo e delle posizioni che ha assunto: un modello cui gli studiosi di scienze sociali aspirano ardentemente, anche se a pochi è dato raggiungerlo con tanto vigore, efficacia e dedizione.

È difficile, forse impossibile, immaginare la temperie, il tenore dell’attuale dibattito politico, l’ampiezza e la profondità della nostra consapevolezza collettiva senza i molteplici e vari contributi di Ulrich Beck, la sua insaziabile curiosità nell’esplorare i meandri della vita moderna, la sua capacità di individuare prontamente e mettere a fuoco le sue realtà con osservazioni precise e pregnanti, e la sua predisposizione a quella che gli antichi chiamavano “parresia”: a rendere conto dei risultati delle sue ricerche senza cercare giustificazioni né scendere a compromessi, con libertà, fierezza e candore, attenendosi alla coscienza, giudice supremo dei comportamenti umani e guida sicura nella ricerca di verità dello studioso.

Questa morte prematura ci lascia tutti più poveri.

Traduzione di Elisabetta Horvat
Riferimenti
Su eddyburg, vecchia e nuova edizione, abbiamo inserito moltissimi scritti di e su Ukrich Beck. Potete trovarli tutti digitando il suo nome e cognome nella finestrella a destra della testata del nostro sito

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