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Peter Hetherington
Ripensiamo il nostro modo di vivere
3 Luglio 2013
Il mestiere dell'urbanista
Dice il presidente dell'APA:«Non voglio più ascoltare che l'urbanistica non riesce a fare la differenza: dobbiamo tutti tornare a innamorarcene». Su questa sponda dell'Atlantico, dice il giornale, «pare che invece sia diventata una professione depressa e sulla difensiva, di fronte ad attacchi politici tesi a costruire un sistema sempre più debole».

Dice il presidente dell'APA:«Non voglio più ascoltare che l'urbanistica non riesce a fare la differenza: dobbiamo tutti tornare a innamorarcene». Su questa sponda dell'Atlantico, dice il giornale, «pare che invece sia diventata una professione depressa e sulla difensiva, di fronte ad attacchi politici tesi a costruire un sistema sempre più debole». The Guardian, 2 luglio 2013 (f.b.)

Titolo originale: Redesigning the way we live - Scelto e tradotto da fabrizio Bottini
A metà del suo mandato di presidentedella American Planning Association (APA), Mitchell Silver con la suacapacità di coinvolgere il pubblico ha affascinato una platea di LosAngeles, con un messaggio che può valere anche qui da noi: “Nonvoglio più ascoltare che l'urbanistica non riesce a fare la differenza: dobbiamo tutti tornare a innamorarcene”. Su questasponda dell'Atlantico, pare che invece una professione depressa siasulla difensiva, di fronte ad attacchi politici tesi a costruire unsistema sempre più debole.

Lo scorso mese qui a Londra, alcongresso del centenario della International Federation of Housingand Planning, Silver ha di nuovo ed efficacemente auspicato unarinascita dell'urbanistica col cittadino al proprio centro, e con laparola d'ordine dell'a giustizia. “Tre parole d'ordine, ambienteeconomia e giustizia, ma l'ultima è anche quella che si usa di meno,sta ai margini, a volte si chiama qualità della vita. Ma non è lastessa cosa”. Il cinquantaduenne Silver sostiene appassionatamentele sue idee, cosa piuttosto rara in una professione di solito assaipoco avventurosa e piatta.
L'urbanistica, ribadisce, mira a costruiregiustizia per tutti in città accoglienti. E del resto – domandaretorica - chi altri ha messo le basi per aspirare a acque pure earia pulita, quartieri sani e sicuri, case, posti di lavoro, economielocali stabili, se non l'urbanistica progressista?

E perché allora oggi l'urbanistica, inGran Bretagna e non solo, si è fatta una tale cattiva nomea? Tutticercano un colpevole, ma “vedo che esistono decine di migliaia diprogetti in attesa di realizzazione. E mi chiedo per prima cosa: comemai sono ancora sulla carta? Colpa dell'urbanistica o delleistituzioni? E, seconda questione, sono gli urbanisti a doverdimostrare quanto valgono, a doversi esprimere in modi diversi sullapropria capacità anche di creare posti di lavoro, di stimolarel'economia, non concentrarsi solo su leggi e norme”.
Comeresponsabile per le politiche urbane di Raleigh, in North Carolina –che gestisce anche lo sviluppo locale, e poi la casa, i quartieri emolto altro – Silver, originario di New York, è convinto che lasua città, 420.000 abitanti, possa indicare la via. Ha avutodall'amministrazione carta bianca – a “pensare in grande”secondo le sue parole – in tutto e per tutto.

Certo aiuta il fatto che Raleigh (53%bianchi, 29% neri, 11% ispanici, il resto di origine asiatica ealtri) sia mediamente abbastanza benestante, con un reddito familiaredi 65.000 dollari. “Non c'è particolare segregazione. C'è laparticolarità di non avere scuole autonome di zona, e cosìcomprando una casa non si sceglie il quartiere esclusivo perché hauna buona scuola per i figli: l'assegnazione dei posti avviene perraggio, il che tende a riequilibrare i quartieri”.
Silver ha appenaterminato il mandato biennale di presidente APA, e ammette che leamministrazioni non consentono spesso agli urbanisti di essereinnovativi. “Ci stanno sempre in testa: faiquello che ti viene detto, stai al tuo posto. E bisogna invecerispondere che volete da noi? Volete darci la possibilità comesettore di avere visioni di largo respiro, innovative, osemplicemente di rilasciare autorizzazioni? Se la risposta è laseconda, vuol dire che si sono create istituzioni chiuse, con limitiinvalicabili che non consentono di fare gran che” Non si puònegare che qui da noi l'urbanistica sia sovraccaricata volente onolente di funzioni legate all'autorizzazione e controllo delletrasformazioni edilizie. E che di conseguenza tutti gli ideali dicostruzione di spazio alla base della legge urbanistica fondamentaledel 1947, Town and Country Planning Act, che ha istituito il sistemamoderno, siano stati accantonati.
Oggi la professione è sulla difensiva,pochi i pensatori innovativi, e certo non aiuta il livellosproporzionato dei tagli subiti, che anche secondo la Commissione dicontrollo governativa sono stati molto superiori a quelli di altrisettori delle amministrazioni. Secondo ricerche effettuate da questo,fra il 2012 e il 2014 i comuni dovrebbero tagliare sino al 58% deibilanci dell'urbanistica. Ed è davvero curioso che Silver abbiatratto ispirazione proprio dagli ideali del movimento inglese dellacittà giardino – fondato dal pioniere delle riforme sociali eterritoriali Ebenezer Howard nel secolo scorso – e dal principiodella fascia verde attorno alle città. Idee che hanno in gran partecontribuito al contenimento dello sprawl che caratterizza molte zonedegli Usa. “Valutiamo molto le vostre idee, la green belt, le cittàgiardino. Che via via abbiamo adottato. Ma la vera sfida resta quelladel vostro sistema di controllo a scala nazionale, che a noi manca.Abbiamo solo quelli statale e locale”.
Prosegue indicando altre importantidifferenze fra sistemi, come la maggiore divisione, in Inghilterra,fra la pianificazione spaziale e gli aspetti sociali: “Negli Usac'è maggiore integrazione, il processo democratico poi consente piùpartecipazione dal basso”. Silver si autodefinisce un “sanguemisto” metà nero e metà bianco, ed è fermamente convinto chel'urbanistica debba guidare non solo quartieri più etnicamenteintegrati, dal punto di vista razziale e di classe, ma rispondereanche ai nuovi problemi dell'invecchiamento e dell'immigrazione. “Incittà come la mia, Raleigh, ci riusciamo abbastanza. C'è unadifferenza fra ciò che a volte percepisce la gente e la realtà. Ecerto non si può impedire di avere particolari convinzioni einclinazioni. Ma l'urbanista sta in prima linea, deve porsi ilproblema e affrontarlo, non è più possibile evitarlo”.

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