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Gian Antonio Stella
Ad Asolo le industrie chiudono ma si progettano capannoni
9 Aprile 2013
Veneto
Assume giustamente rilevanza nazionale da prima pagina questa (ennesima) manifestazione di sprawl padano senza cervello.

Ma diciamola qualcosa di più. Corriere della Sera, 9 aprile 2013. Con postilla.
«A chi appartiene Asolo?». Cominciava così, anni fa, un grande reportage di Sergio Saviane. A tutti i cittadini del mondo che amano la bellezza, è la risposta. Per questo l'aggressione cementizia contro uno dei borghi più belli del pianeta va fermata: non è coi capannoni tra le ville palladiane che si esce dalla crisi. Fosse ancora vivo, Indro Montanelli che nel '72 scatenò l'iradiddio contro lo scellerato piano regolatore della cittadina trevisana, incenerirebbe gli autori del nuovo Pat, il piano di assetto territoriale. Piano che, in cambio del versamento nelle casse comunali d'un milione scarso di euro (a rate) concede a un pugno di immobiliaristi di tirar su oltre un milione di metri cubi di cemento, in larga parte capannoni.

Cosa sia Asolo è presto detto. Un gioiello urbanistico adagiato sulle colline care al Giorgione, dominato da un'antichissima Rocca e dal castello che ospitò la regina di Cipro Caterina Cornaro e la sua corte rinascimentale. Un borgo che ha preso il cuore di mitiche attrici come Eleonora Duse (che sospirava sul «bello e tranquillo paesetto di merletti e di poesia» e riposa nel cimitero di Sant'Anna), poeti come Robert Browning (che scrisse «Asolando») e la moglie Elizabeth Barrett, esploratrici eccentriche come Freya Stark, amica di Churchill, Gandhi e della Regina Madre, architetti come Carlo Scarpa che sulla colata di cemento degli anni Settanta tuonò: «Mi batterò con la mitraglia».

Amatissima dai nobili veneziani, Asolo ospita 29 ville venete una più bella dell'altra. Da villa Contarini a Ca' Zen, dalla Malombra a villa Falier, dove durante un banchetto un «fanciulletto» parente di un tagliapietra scolpì in un pane di burro un leone di San Marco e l'opera impressionò a tal punto gli ospiti che vollero conoscere l'«artigianello»: era Antonio Canova.

C'è tutto, ad Asolo. L'intera nostra storia dalle fortificazioni romaniche alla violenza di Ezzelino, da Gli Asolani di Pietro Bembo al fascino delle culture che si sovrappongono: «Ogni edificio pubblico ha un suo garbo», scrisse Paolo Monelli, «e i palazzotti dei patrizi si intonano alle modeste case vicine, Medioevo e Seicento, Rinascimento e Settecento si alternano senza urto». Dedicò due intere terze pagine sul Corriere, il grande giornalista, alla guerra contro il piano regolatore di Asolo del 1972. E con lui scese in campo Montanelli, chiedendo «perché il tecnico o l'operaio di Sesto San Giovanni dovrebbero scomodarsi a venire fino ad Asolo per ritrovarvi le stesse colate di cemento, lo stesso frastuono, gli stessi puzzi, la stessa nuvolaglia di gas?». Nel nome di Asolo il pioniere dell'ecologia Franz Weber convocò gli amanti dell'arte a Parigi esordendo con una frustata: «Era bella, un tempo, l'Italia…».

Quarant'anni dopo, miracolosamente scampato agli scempi più osceni grazie a quella campagna, il paese trevigiano adorato da quelle donne straordinarie corre oggi, dicevamo, nuovi rischi. Ed è uno strano destino che li corra con un sindaco donna, la giovane e bella Loredana Baldisser, che guida una giunta leghista bollata da Vittorio Sgarbi come «barbarica». Nei guai finanziari come quasi tutti i Comuni italiani, la giunta del Carroccio ha accettato mesi fa la richiesta della Srl «Agribox» (spuntata dal nulla con un capitale minimo e l'«attività prevalente: coltivazione di cereali, legumi da gramella e semi oleosi») di trasformare 57 mila metri quadri di un grande terreno agricolo lungo la strada che porta verso Bassano del Grappa, a ridosso dell'area vincolata, davanti a villa Rinaldi Barbini in una nuova area industriale in cambio d'un versamento al Comune di 960 mila euro dei quali 300 mila entro il 31 dicembre 2012 per consentirgli di chiudere il bilancio senza violare il patto di Stabilità.

Ma è solo l'inizio. La settimana scorsa, con un blitz, la giunta presenta un nuovo piano. Tutto moltiplicato. Tra la zona collinare e la pianura è previsto il via libera a 285 mila metri cubi di nuovi insediamenti residenziali (l'equivalente di settecento villette da 400 metri cubi l'una o un migliaio di appartamenti) e una nuova area industriale di 30 ettari tolti all'agricoltura. Un'enormità. I capannoni esistenti occupano già 62 ettari, uno su cinque porta il cartello «affittasi» o «vendesi» e quell'aumento del 50% appare senza senso. Sono già 1.077, stando ai dati regionali, le aree industriali nella provincia di Treviso: 14 a Comune. Tanto che lo stesso governatore leghista Luca Zaia ha riconosciuto: «Nel Veneto si è costruito troppo, non possiamo continuare così. È necessario fermarsi». Di più: «Quanti capannoni dismessi vanno all'asta e le aste deserte? Che destino avranno queste cubature? Se fossi un sindaco vincolerei ogni nuova concessione a un preciso piano industriale: vuoi costruire un nuovo capannone? Spiegami per farci cosa, per quanto tempo, con quante persone. È vero, la terra è tua. Ma l'ambiente è un patrimonio della comunità».

Stando all'anagrafe, spiega l'urbanista Tiziano Tempesta, non solo gli abitanti di Asolo sono in calo dal 2010 ma «il trend demografico è in flessione dal 2003». Eppure se i residenti dal 2002 al 2010 sono cresciuti del 17% (in larga parte stranieri), le case lo sono del 32%. Che senso c'è, oggi, con molti immigrati che se ne vanno, prevederne 1.900 in più? Fatto sta che nonostante sia quel gioiello che è, il paese tra zone produttive, residenziali, servizi, ha oggi il 18,4% del territorio «artificializzato». Una percentuale del 4% più alta di quella già altissima del resto del Veneto. Assurdo.

«È un saccheggio deciso da un manipolo di persone senza storia e senza scrupoli di coscienza», accusa Daniele Ferrazza, già sindaco di una lista civica vicina al centrosinistra. «Sono pazzi — accusa Gino Gregoris, già candidato sindaco di una lista vicina al Pdl — e sono sempre più isolati». Vittoriosi grazie alla spaccature degli avversari, i leghisti conquistarono il Comune con appena il 36% dei voti. Ma via via hanno perso per strada non solo elettori (alle ultime Politiche il Carroccio è crollato al 17% dal 42% del 2008) ma vari consiglieri col risultato che oggi il consiglio è spaccato: 9 contro 8. Votano domani. La prospettiva di campi e vigneti davanti alla villa Rinaldi Barbini, una vista meravigliosa che potrebbe essere stravolta dai capannoni, è appesa a un voto.

Postilla

Tutto vero, tutto giusto. E siamo particolarmente lieti che l'allarme di Daniele Ferrazza sia rimbalzato da eddyburg fino ad approdare con evidenza sulle pagine principali dei media nazionali. Abbiamo conosciuto Ferrazza come valoroso sindaco di Asolo anni or sono, quando abbiamo organizzato con lui due belle edizioni della Scuola di eddyburg e un interessante convegno sui centri storici. Il fatto che un ex sindaco sia sceso in campo per rivendicare le ragioni della bellezza e della ragione in una fase nella quale i sindaci appaiono troppo spesso complici, o ignavi succubi, del saccheggio dei beni comuni ci sembra significativo, così come ci appare significativa la capacità di denuncia e di protesta subito emersa dagli abitanti di Asolo. Speriamo che lo scempio di Asolo sia evitato, grazie anche alla lucida e argomentata invettiva di Gian Antonio Stella. Bisogna ricordare però che di casi come quello di Asolo ve ne sono a decine, tutte le settimane, in ogni parte d'Italia, il più delle volte con la vittoria dei saccheggiatori. Ciò anche per due ragioni che ai giornalisti attenti non dovrebbero sfuggire: che per il pensiero corrente (e per l'ideologia dominante) il territorio è considerato come una merce da sfruttare per l'arricchimento dei suoi proprietari (quella che chiamiamo "la città della rendita"), e perchè sono state abbandonate le regole della buona pianificazione territoriale e urbanistiche. Ci piacerebbe molto leggere, e riprendere su questo sito, servizi giornalistici che analizzassero e divulgassero la conoscenza su queste radici dei mille episodi di degrado che sfigurano, giorno per giorno, il volto dell'Italia.

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