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Paolo Berdini
Una breccia 
nel muro di cemento
26 Marzo 2013
Roma
Novità nelle elezioni per il Campidoglio: il teatrino nel Palazzo, la politica in piazza.

Novità nelle elezioni per il Campidoglio: il teatrino nel Palazzo, la politica in piazza. Il manifesto, 26 marzo 2013
Da alcuni mesi un vasto numero di comitati e di associazioni ambientaliste presidia il consiglio comunale di Roma per scongiurare l’ennesimo diluvio di cemento che si vuole infliggere ad una città sull’orlo del disastro urbanistico. Salviamo il paesaggio, Italia nostra, i comitati no pup, i 5 stelle, Carte in regola e i tanti comitati che in questi anni hanno tentato di affermare un’altra idea di città nell’indifferenza delle politica politicante, insieme agli unici consiglieri che si oppongono allo scempio (Alzetta e Azuni) stanno tentando di bloccare la prepotenza della giunta Alemanno che pur in scadenza e travolta da continui scandali ieri è stato arrestato il fedelissimo Mancini vuole infliggere il colpo definitivo al riscatto della città.

Ma ieri in piazza del Campidoglio e poi in una sala del Carroccio gremita è andata in scena una rilevante novità. Il gruppo Liberare Roma e la confederazione dei comitati metropolitani (co.co.me.ro) hanno dato un appuntamento per sensibilizzare l’opinione pubblica. A provocare l’allarme è stata anche la sconcertante vicenda del dibattito sulle prossime elezioni comunali. Sia l’attuale maggioranza che l’opposizione del Pd stanno accuratamente censurando ogni discussione sui veri problemi della città, ad iniziare dal buco di bilancio che ammonta a 11, 5 miliardi che arrivano a 15 per l’allegra gestione delle aziende comunali. Il governo Monti ha recentemente dichiarato fallita Alessandria per un deficit di 200 milioni: circa 2 mila euro per ciascun abitante. La capitale ne ha circa 6.000 per ogni romano. Il fatto è che la capitale è troppo grande per fallire e così si va avanti nella commedia degli equivoci. Proprio ieri i candidato a sindaco dei 5 stelle ha chiesto accesso agli atti per conoscere l’ammontare del debito in finanza creativa e sembra che esso ammonti a 7 miliardi di euro.

Ma di questo non si parla. Assistiamo soltanto ad una sconcertante passerella di vuoti slogan e di educati endorsement che tentano ancora una volta di addormentare la città. Il debito ha invece origine nel dissennato modello di sviluppo urbanistico che da venti anni è stato imposto alla città: un’espansione inaudita che arricchisce pochi proprietari di aree e impoverisce fino al fallimento un’intera città. Di più, alcuni pseudo comitati che pensano più al cemento che al benessere delle periferie producono incredibili documenti in cui si afferma che questo processo distruttivo non può aver fine perché esistono i «diritti edificatori». Una menzogna inesistente sul piano giuridico di chi cerca soltanto di perpetuare un modello distruttivo di crescita infinita.

Quanto è avvenuto ieri dice però che la misura è colma e chi ha governato la città per 15 anni (centro sinistra) e 5 (centro destra) deve assumersi pubblicamente la responsabilità del fallimento e bloccare per sempre l’espansione urbana. Non è più soltanto un tema urbanistico: ne va della stessa sopravvivenza della rete dei servizi pubblici, ad iniziare da sanità e scuola, e del welfare urbano.

I tanti comitati presenti ieri in Campidoglio vogliono una sola cosa: cambiare l’agenda del futuro della città, aprire una speranza per i giovani che, se possono, se ne vanno all’estero o sono altrimenti condannati a vivere nella più disumana periferia dell’Europa occidentale.

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