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Piero Bevilacqua
Se il centro sinistra non ha un messaggio
19 Dicembre 2012
Piero Bevilacqua
Indovinare se Berlusconi si presenterà o meno, quale leader del centro-destra, alle prossime elezioni rappresenta uno dei ...

Indovinare se Berlusconi si presenterà o meno, quale leader del centro-destra, alle prossime elezioni rappresenta uno deiIndovinare se Berlusconi si presenterà o meno, quale leader del centro-destra, alle prossime elezioni rappresenta uno dei misteri gloriosi del momento politico italiano, visto che chi racchiude l'arcano non sa egli stesso che cosa farà domani. Incertezze della squallida scena nostrana, che dopo momenti di ripresa e addirittura di entusiasmo popolare per le vicende della politica (primarie del centro-sinistra ), ripiomba nel solito confuso tran tran. Naturalmente non ci tormenta più di tanto il ritorno in scena del vecchio e torbido padrone della vita politica italiana. Certi miracoli non sono più replicabili. Gran parte della borghesia italiana e quel frammento di potere-ombra che ha sede entro le mura del Vaticano hanno dovuto ormai da tempo voltargli le spalle. Senza dire che un po' di senso della decenza si è fatto strada anche nelle coscienze di chi, per odio contro la sinistra, per superficialità, per antica abiezione morale lo aveva sin qui osannato. Ma il breve ritorno in scena di Berlusconi, le sue apparizioni televisive, sono bastate per anticiparci i lineamenti di uno scenario possibile: per farci comprendere la potenza eversiva del programma che oggi potrebbe mettere in campo la destra in Italia. Alla trasmissione televisiva Servizio Pubblico del 13 dicembre, l' ex ministro Giulio Tremonti, senza scadere nello sguaiato antioeuropeismo della Lega, ha completato il quadro, mostrando quale nuova miscela potrebbe creare una alleanza di quel che resta del PdL e dintorni con il partito di Maroni. Intanto, si deve far notare come gli uomini che stanno al governo da quasi un paio di decenni sono già in grado di collocarsi perfettamente nel ruolo degli oppositori. Mentre Monti ha messo in atto una delle più feroci manovre antipopolari della storia repubblicana, i suoi stessi sostenitori, coloro che in Parlamento hanno approvato e talora ispirato le sue leggi, ora lo accusano di avere affamato il popolo. Sono già passati dall'altra parte della barricata. Salvo pentirsi il giorno dopo, chiedendo all'accusato di mettersi a capo delle loro schiere. Ma questo a riprova della spregiudicatezza con cui queste figure, senza ideali e senza fedi, sanno muoversi in una situazione di grande confusione.

C'è tuttavia un punto dei motivi programmatici fatti balenare dal centro-destra che genera allarme: la rivendicazione della autonomia e della dignità nazionale di fronte alla proterva configurazione oligarchica dell'Unione Europea. Tale tema è infatti destinato a un grande successo popolare nei prossimi mesi e anni. Perché, come dovrebbe essere evidente, il progetto europeo ha perso tutte le seducenti idealità da cui era stato accompagnato alla sua nascita, e oggi – come ha mostrato Barbara Spinelli in un perfetto articolo su Repubblica del 12 dicembre – appare responsabile dei più gravi problemi che gravano sul Vecchio Continente. L'Unione è diventata una gabbia di ferro, un ristretto ufficio di ragioneria, che tiranneggia con le sue manovre finanziarie gran parte delle popolazioni dei vari stati.

Ebbene, allo stato attuale non credo che il centro-destra sia nelle condizioni di imbastire in poco tempo una campagna elettorale di tipo nazional-populista in grado di condurlo alla vittoria elettorale. Questo pericolo non è immediato, ma può assumere ben altre dimensioni e forza più avanti, una volta che un governo di centro-sinistra si sia insediato al potere. A fare temere l'evolversi di una tale disastrosa prospettiva sono molti elementi del quadro presente. Intanto la situazione economica. E' davvero singolare come i fenomeni economici, a partire dal 2008, si siano svolti sotto i nostri occhi secondo le sequenze che Marx aveva descritto nelle crisi del suo tempo. «La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione». E infatti è occorso del tempo prima che dal disordine finanziario si passasse alla vita delle imprese, dalle imprese alla società e ai lavoratori. Ma ai meccanismi per così dire spontanei della crisi si aggiunge oggi la politica di austerità, che replica le cause profonde della crisi stessa e continua ad alimentarla. Così non stupisce che ormai da anni quasi ogni mese ci riserva una “rivelazione”. Un giorno è la notizia del calo del Pil , un altro ci annunzia la riduzione della produzione industriale, un altro ancora il crollo dei consumi. In questi giorni, oltre il record del debito pubblico, che ha sfondato il muro storico dei duemila miliardi (chi dà un premio a Mario Monti, salvatore della patria, per tale risultato?) l'Istat ci ha informato che la disoccupazione ufficiale ha superato l' 11%, la Banca d'Italia ci comunica che la disuguaglianza dei redditi familiari è ancora cresciuta e che un 10% delle famiglie si gode il 45% della ricchezza nazionale. Purtroppo, chi crede che le rivelazioni finiscano qui si sbaglia. Perché nei prossimi mesi noi avremo le notizie quotidiane delle migliaia di cassiintegrati che diventano disoccupati, dei lavoratori precari che perdono anche l'occupazione provvisoria, delle famiglie indebitate che non possono pagare più il debito, delle imprese che chiudono perchè non ricevono credito e non sanno a chi vendere i loro prodotti. Il tempo prossimo che ci attende peggiorerà una situazione già pessima, perché esso non lavora per noi, ma per dispiegare interamente i meccanismi di distruzione della crisi e della politica di austerità. Solo chi mente dice che l'uscita dal tunnel è prossima. E ricordo che la storia di queste menzogne, raccontata con ridicola protervia da schiere di economisti e uomini politici, inizia già a un anno dall'esplosione della crisi, nel 2009. Si potrebbe scrivere un'antologia di queste fandonie, che segnano un'apoteosi di profezie fallimentari dell'analisi economica neoliberista.

Ebbene, è difficile immaginare che il vento del disagio sociale che spazza l'Italia si placherà nel 2013. Se il centro-sinistra, com' è probabile, vincerà le elezioni, si troverà a dover fronteggiare una situazione economica e sociale di inedita gravità. Di fronte a tale realistico scenario, a parte la debolezza e la confusione che regna nel campo della sinistra radicale, sgomenta ( ma non stupisce) il traccheggio del PD dopo l'indubbio successo delle primarie. Certo, onestà vuole che si riconosca la difficoltà della situazione in cui si trova questo partito e soprattutto Bersani. Chi fa analisi politica dovrebbe praticare l' esercizio di modestia di immaginare le proprie capacità di manovra calandosi nella posizione del soggetto giudicato. Bersani è oggi tirato dall' alto, dal basso, dal centro, da dentro e da fuori e la sua stessa resistenza è un piccolo miracolo. Ammetto anche che costituisca una saggia pratica politica non lasciarsi andare in astratti proclami rivoluzionari e realizzare poi nei fatti un'opera di giustizia sociale e di redistribuzione della ricchezza. La vera “manovra finanziaria” che il centro sinistra dovrebbe varare. Ma non si può non ricordare che la politica è fatta anche di cose dette, di messaggi, di parole nuove, di visioni che creano consenso ed energia di mobilitazione. Il centro-sinistra è stato premiato con le primarie al di là dei suoi meriti, perché in questo momento le masse popolari democratiche non hanno altro fronte politico-istituzionale in cui esprimere la propria testarda volontà di “prender parte”. In Italia un indomito popolo di sinistra continua a tenere alte le insegne della lotta come in pochi altri paesi del mondo. Ma questo patrimonio di consenso e di fiducia rischia di essere disperso, di trasformarsi in delusione e abbandono se esso non avrà la risposta che si attende: una decisa politica di riduzione delle iniquità che lacerano il paese, di difesa dei beni comuni, del welfare, della scuola e dell'Università, di orgogliosa rivendicazione della sovranità politica del nostro Paese di fronte ai poteri vessatori della finanza e delle istituzioni non elettive della UE. Ebbene, è difficile vedere oggi una tale nettezza di visione, di determinazione politica nel maggiore partito del centro-sinistra. Non scorgiamo la volontà di un raccordo con i popoli e i governi dei Paesi d'Europa messi in ginocchio dagli interessi e dalla superstizione finanziaria della Troika. Sentiamo solo toni dimessi e soprattutto la scarsa rivendicazione della dignità del Paese, dei suoi istituti democratici, che tanti, in Italia e in Europa, vorrebbero sotto la tutela di un uomo, Mario Monti, deputato a rassicurare i poteri finanziari.

Quanta miseria di pensiero c'è in questo universale osanna di un uomo che ha fallito tutti gli obiettivi economici del suo programma! Ma se questo dimesso profilo dovesse diventare anche la sostanza della politica governativa del centro-sinistra, diventa altamente probabile il fallimento dell'alleanza e di tutto il progetto. Un paese che da anni ormai precipita all'indietro sul piano delle conquiste materiali e dei diritti, non si accontenterà di qualche pannicello caldo per lenire le ferite più recenti. Se non si danno segnali significativi di svolta, non solo verrà meno quella spinta di popolo senza la quale non si realizzano gli spostamenti di ricchezza e di potere con cui si esce dalla crisi. Ma il centro-destra avrà a sua disposizione praterie per organizzare la sua riscossa. I risultati elettorali in Giappone sono un ammonimento per tutta la sinistra. Mettere sotto accusa l'ottusità dei dirigenti della UE, rivendicare l'autonomia e la dignità offesa dell'Italia e dei popoli europei, rivendicare meno tasse, darà nuova dignità e linfa vitale al populismo della destra. E' del resto un fenomeno già in atto. Da tempo i dirigenti dell'Unione stanno gettando legna sui mille focolai del populismo accesi in ogni angolo del continente. Ma se il populismo dovesse vincere in Italia, sulla sconfitta del centro-sinistra, contro l'europeismo democratico e progressista, l'edificio della UE rischia il suo definitivo disfacimento.

www.amigi.org. l'articolo è inviato contemporaneamente a il manifesto

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