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Eduardo Di Blasi
Relitti urbani, dopo il piano casa Roma chiede altro cemento
28 Gennaio 2012
Roma
Per fare affari col territorio le inventano tutte; perfino di costruire più cubatura sulle aree “degradate”, anche se “verdi”. Il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2012

I palazzinari romani la regola l’hanno imparata negli anni ‘50, prima ancora del piano regolatore della Capitale: inizia a costruire, difendi tutto il cemento che hai messo in piedi, poi qualcosa succederà. È una regola aurea, che, unita a molte altre di bassa cucina di uffici, è quasi sempre vincente. Una regola che è diventata tanto più vincente quando i costruttori, finanziariamente molto liquidi, hanno iniziato a contrattare con un Comune sempre più povero, avendo in tasca una serie di condoni sempre più fantasiosi e una quantità di scheletri di cemento sempre più elevata da far adottare ai piani urbani. Lunedì prossimo il Comune di Roma riprenderà la discussione sull’attuazione del Piano Casa che la Regione Lazio ha approvato dopo una lunga battaglia consiliare nell’agosto scorso. In teoria il Comune dovrebbe porre dei paletti all’enorme deregolamentazione che la maggioranza di centrodestra alla Regione (Polverini, Pdl e anche Udc, che in Campidoglio siede invece all’opposizione) ha messo in pista. In verità, però, con il Piano Casa, si dà il via a un’ulteriore ampliamento delle cubature, ben oltre le previsione del Piano Regolatore Generale, il documento cardine che dovrebbe guidare le politiche urbane dell’amministrazione, tanto più perché approvato appena un paio d’anni fa dalla stessa aula consiliare.

E invece dopo aver ammesso tutta una serie di deroghe al Prg per venire incontro al Piano Casa regionale, la Giunta ha scritto un emendamento, il 5.3, per cui si lascia un’altra strada per sanare altri metri cubi di cemento. La strada passa attraverso i “relitti urbani”. Cosa sono i “relitti urbani”? Sono quei fabbricati spontanei abbandonati e degradati che, all’interno della città, avranno adesso la possibilità di essere “riqualificati”. Il bando, le cui domande sono scadute lo scorso ottobre, prevede che, “limitatamente ai soli edifici esistenti, dismessi o degradati” sia possibile proporre interventi anche “sulle aree agricole, a verde o a servizi pubblici”. Vale a dire che se un costruttore ha edificato un manufatto su un’area sulla quale non doveva esserci e che per via di quello stesso manufatto è andata con il tempo degradandosi, adesso riceverà un premio. Quale? Quello di poter ristrutturare l’immobile, oppure abbatterlo e ricostruirlo, o, ancora “rilocalizzare” i volumi eventualmente demoliti in altre aree che abbiano le medesime caratteristiche di degrado richieste dal bando. Una pacchia.

Questa ulteriore deroga al piano regolatore, i consiglieri capitolini si troveranno a votarla per l’appunto lunedì, quando, con il Piano Casa, si troveranno a certificare che “gli interventi sono comunque applicabili, senza eccezioni, negli ambiti oggetto di proposte di interventi di attuazione dei Bandi di recupero dei Relitti urbani qualora le stesse risultino ammissibili a seguito dal processo valutativo da quelli previsto”. Ma quali sono le proposte che il Campidoglio ha ricevuto su quel bando ormai tre mesi fa? E dove sono? I consiglieri comunali che hanno posto la questione hanno ottenuto per risposta che gli uffici sono ancora in una fase istruttoria, e che quindi a questa domanda non c’è risposta. Vale a dire che il Comune non dice chi ha fatto domanda né dove. Al quartiere Prenestino, sul tema, c’è una certa agitazione. L’area dell’ex Snia Viscosa, che si trova per l’appunto sulla Prenestina, tra il fascio di binari che dalla stazione Termini porta a Tiburtina, pare infatti rientrare a pieno titolo in quel bando. Non è l’unica (e nessuno sa se il proprietario ha chiesto di accedere al bando), ma forse può spiegare più di ogni altra di cosa parliamo.

Negli anni ‘80, il costruttore Antonio Pulcini (quello che anni dopo darà vita alla grande lottizzazione delle Terrazze del Presidente di Acilia), ottiene di poter costruire un palazzo in quell’area che, abbandonata dalla fabbrica chimica, era destinata - già all’epoca - a verde pubblico e servizi.

Qualcuno, al Comune, aveva combinato un marchiano “errore”, se così lo si vuol chiamare, tratteggiando un’area verde con i colori del terreno edificabile. Pulcini, legittimato dalla nuova colorazione, costruisce, trova prima nel sottosuolo la fogna della Marranella, poi, addirittura una fonte d’acqua che sommerge i primi tre piani dell’edificio dando vita a un bizzarro laghetto urbano con vista sui capannoni di fabbrica. Dal lago esce l’ecomostro, altri quattro piani di scheletro di cemento. Fu solo allora che l’assessore all’Urbanistica bloccò la concessione, cassò l’errore (che stranamente compariva solo sul piano regolatore depositato in Campidoglio), e, con apposita ordinanza, nel 1993, ne sancì la demolizione.

Tra un ricorso e l’altro passano diversi anni, fino a quando, nel luglio 2010, il Tar del Lazio, vista la scarsa opposizione del Comune di Roma e della Regione Lazio (la sentenza recita: “l’Amministrazione tace sul punto, avendo omesso ogni utile accertamento al riguardo”), accoglie parzialmente la richiesta del costruttore di annullare quell’ordinanza. È il primo passo per il quale, in caso di esproprio dell’area, il soggetto pubblico dovrà farsi carico non solo del terreno, ma anche dell’edificio abusivo.

In questi anni, quell’area, che nei piani del Comune aveva una vocazione universitaria non lontana dalla sede de La Sapienza - è rimasta bloccata tra un progetto di riqualificazione che prevedeva la costruzione di aule e residenze per studenti, e la difficoltà di trovare una soluzione che mettesse d’accordo università, costruttore, Comune e comitati di quartiere.

In questo limbo, l’area non ha trovato una destinazione e adesso ospita un parco pubblico di modeste dimensioni, una serie di corpi di fabbrica in uno stato di conservazione più o meno decente e uno scheletro di piscina mai finito, regalo degli appalti degli ultimi mondiali di nuoto a Roma, ancora sotto inchiesta. Ora, in questo che è già uno dei quartieri con più abitanti nella Capitale, potrebbero arrivare nuove abitazioni.

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