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Vittorio Emiliani
Zitti, zitti, piano , piano stiamo distruggendo la tutela. A partire da Roma
2 Dicembre 2011
Roma
Una chiamata alle armi contro il Decreto per Roma Capitale, grave attacco al sistema delle tutele, malridotto, ma tuttora vigente. Bisogna fare presto. Scritto per eddyburg, 2 dicembre 2011 (m.p.g.)

Confesso di essere rimasto piuttosto trasecolato, dazed and confused (Led Zeppelin n. 5? O Yardbyrds ?), di fronte al fragoroso silenzio che ha accompagnato e accompagna il Decreto Monti per Roma Capitale. Gli articoli e le prese di posizione critiche si possono contare sulle dita di una mano e, come diceva un mio professore di ginnasio, mi posso pure amputare qualche dito. Silenzio di molti, di quasi tutti. Associazioni incluse.

Vedremo ora che succederà nelle commissioni deputate. Ma - senza pressioni affinché la sostanza del Decreto cambi - temo che rimarrà quello che è: un primo sostanziale gravissimo rattrappimento del ruolo del Ministero e delle sue Soprintendenze, un abbassamento al livello del nuovo ente Roma Capitale che diventa così controllore e controllato insieme, o meglio assai più controllore senza controlli superiori, tecnici, specifici, controllore "concorrente" (con quel che succede nel superstite Agro Romano e in un centro storico vincolato a macchia di leopardo, stiamo freschi!).

Del resto è già successo quando si è delegata alle Regioni la tutela paesaggistica e queste l'hanno sub-delegata ai Comuni i quali, avendo a disposizione il freno della tutela e l'acceleratore dell'edilizia purchessia, hanno premuto quest'ultimo sperando così di incrementare, nell'immediato, la quota di entrate provenienti dagli oneri di urbanizzazione. Operazione resa possibile dopo la cancellazione, operata dal ministro Franco Bassanini nel 2000, dell'articolo 12 della legge n.10/77 che vietava l'uso degli oneri di urbanizzazione come spesa corrente vincolandoli alle sole spese di investimento.

Perché tanto fragoroso silenzio? Risponderò come faceva un giorno con me al telefono il grande disegnatore e incisore satirico Mino Maccari, cioè con versi tratti da libretti d'opera. "Ardon gl'incensi" (Lucia), "Oh, patria oppressa" (Macbeth), "Zitti zitti, piano piano, senza far tanto baccano, presto andiamo via di qua" (Barbiere), "Questa o quella per me pari sono" (Rigoletto). "All'idea di quel metallo" (Barbiere).

Quanto alla tutela, essa è, come Violetta, "sola, perduta, abbandonata in questo rumoroso deserto che chiamano...Roma".(Traviata).

E per parte nostra, che diremo? "La mente mia non osa pensar ch'io vidi il vero" (Otello di Verdi). A meno di non pensare sconsolati che "la fatal pietra sovra noi si chiuse..." (Aida) rinunciando al "Suoni la tromba e intrepido" (Puritani). Giammai. Ma è sempre più dura fra cecchi e cecchini.

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