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Mauro Lissia
Il Consiglio di Stato blinda Tuvixeddu
4 Marzo 2011
Sardegna
«Accolto il ricorso della giunta Soru e delle associazioni, Coimpresa non può costruire». Una sentenza di grande valore (in calce), premia una campagna cui eddyburg ha concorso. La Nuova Sardegna, 4 marzo 2011

CAGLIARI. Hanno vinto Renato Soru e il suo governo regionale: il vincolo da 50 ettari su Tuvixeddu e Tuvumannu è pienamente giustificato dall’obbiettivo di tutelare non solo un bene culturale come la necropoli punico-romana ma un paesaggio storico arricchito dalla presenza di un’area archeologica.

L’ha stabilito con la sentenza depositata ieri il Consiglio di Stato. I giudici della sesta sezione - presidente Giuseppe Severino - hanno accolto integralmente il ricorso presentato dalla Regione, da Italia Nostra e da Sardegna Democratica contro la decisione del Tar Sardegna, che tre anni fa aveva dato ragione alla Nuova Iniziative Coimpresa del gruppo Cualbu e al Comune di Cagliari, annullando il divieto di costruire imposto dalla Regione con l’applicazione del piano paesaggistico. Allo stato delle cose, all’interno dell’area circoscitta a suo tempo dall’amministrazione Soru non potrà essere messo in piedi un solo mattone. Sarà un’intesa tra Comune e Regione - scrivono i giudici - a concordare una nuova disciplina di salvaguardia. Ma il Consiglio di Stato ricorda come «all’interno dell’area individuata è prevista una zona di tutela integrale, dove non è consentito alcun intervento di modificazione dello stato dei luoghi e una fascia di tutela condizionata».

Per la seconda volta dopo il caso Cala Giunco i giudici amministrativi supremi affermano che il Codice Urbani, interamente recepito dal Ppr, prevale su qualsiasi altro strumento di pianificazione locale e per la prima volta stabiliscono che la tutela del paesaggio inteso come un insieme storico-ambientale - prevista dalla Costituzione - deve venire prima di ogni altro interesse per quanto legittimo. Le trentadue pagine della sentenza confermano riga per riga, concetto per concetto, quanto la direzione regionale dei beni culturali retta da Elio Garzillo e le associazioni culturali ed ecologiste come Italia Nostra e Gruppo di Intervento Giuridico hanno sostenuto in ogni sede: il vincolo imposto su Tuvixeddu col Ppr, in linea con il Codice Urbani, è giustificato dalle emergenze archeologiche e dal contesto. La presenza di «opere preesistenti - scrivono i giudici - anziche impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non deturpino ulteriormente l’ambito protetto».

Ma al di là del linguaggio proprio del diritto amministrativo, i dati centrali che emergono dalla sentenza sono due: il primo è che dal 2000, quando venne firmato l’accordo di programma tra Regione, Comune di Cagliari e Coimpresa, si sono verificati nuovi ritrovamenti archeologici. Un elemento sempre negato dai legali del gruppo Cualbu ma accertato dalle indagini del nucleo investigativo della Guardia Forestale e confermato dalla Procura della Repubblica. L’altro è che da allora ad oggi è cambiato il quadro legislativo, perchè il Codice Urbani - come i giudici confermano con grande chiarezza - è uno strumento di tutela del paesaggio come contesto storico-ambientale. Quindi non ha alcuna rilevanza che tra un quartiere da costruire - come nel caso di Tuvixeddu - e l’area archeologica scavata esista una qualche distanza: è l’insieme che dev’essere difeso, al di là di ciò che sta dentro il compendio e persino di quanto vi è stato costruito attorno in passato.

Scrivono i giudici: «La cura dell’interesse pubbico paesaggistico, diversamente da quello culturale-archeologico, concerne la forma del paese circostante non le strette cose infisse o rinvenibili nel terreno con futuri scavi». Di conseguenza ha fatto benissimo la Regione a imporre col Ppr un «vincolo ricognitivo» molto più ampio dell’area storica («un vincolo di pertinenza psichiatrica» l’avevano definito nella memoria depositata in giudizio i legali di Coimpresa) perchè quello che conta, al di là degli interessi privati, è la tutela del bene pubblico nel suo complesso.

Ma c’è dell’altro. Coimpresa ha contestato alla Regione la carenza di istruttoria, vale a dire il fatto di aver imposto i vincoli senza motivarli e senza dimostrarne a sufficienza la necessità. I giudici di palazzo Spada smentiscono Coimpresa e il Comune di Cagliari anche su questo: fin dal 16 ottobre 1997 la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali di Cagliari aveva chiesto l’imposizione sull’area di Tuvixeddu di un vincolo paesaggistico. Ed è su quell’istanza che l’amministrazione Soru nel 2006 cercò di imporre il vincolo per notevole interesse pubblico, poi bocciato dai giudici amministrativi per l’illegittimità della commissione. Comunque qualcuno s’era mosso fin dal 1997, tre anni prima che venisse firmato l’accordo di programma ora travolto dalla sentenza del Consiglio di Stato.

Qui potete raggiungere la sentenza del Consiglio di Stato, di grande rilievo non solo per Tuvixeddu.

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