loader
menu
© 2024 Eddyburg
Paolo Conti
Lo sfregio del «secondo porto» sulla costa di Siracusa
8 Luglio 2010
In giro per l'Italia
La vicenda dei porti turistici si presenta come una minaccia devastante per le nostre coste. Per uno scampato pericolo (Trieste), molti altri scempi si annunciano. Sul Corriere della Sera, 7 luglio 2010, con una postilla (m.p.g.)

Trieste e Siracusa, due modi opposti di coniugare la tutela con lo sviluppo economico legato al mare. Soprattutto di intendere il rapporto tra istituzioni e associazioni ambientaliste. Per esempio Italia Nostra. Dice Alessandra Mottola Molfino, presidente nazionale dell’associazione: «Non abbiamo ideologie, non siamo contrari per principio a quegli interventi necessari per il nostro futuro. Ma ci opponiamo all’avidità e alla speculazione, al disprezzo dei vincoli. Che invece proteggono un bene collettivo, cioè il nostro patrimonio storico e paesaggistico».

Dunque, Trieste e Siracusa. A Trieste, tra pochi giorni, il complesso ottocentesco del Porto Vecchio verrà affidato a un nuovo concessionario (ancora da indicare) che non lo abbatterà, come si era immaginato fino a dieci anni fa, ma lo riqualificherà sul modello dello «Speicherstadt» di Amburgo, dove le strutture del vecchio porto sono state riutilizzate e dialogano con fantasia e creatività con interventi contemporanei di ottima qualità. Dice Antonella Caroli, ex segretario dell’autorità portuale di Trieste e ora impegnata in Italia Nostra: «Si voleva abbattere. Poi, grazie a noi, è arrivato il vincolo nel 2001. E ora gli imprenditori sono soddisfatti, ormai convinti della validità di un’operazione di riuso che porterà benefici senza distruggere».

Discorso diametralmente opposto per Siracusa, per quel secondo porto turistico che diventerà uno dei casi-simbolo della campagna 2010 di Italia Nostra sui Paesaggi Sensibili, quest’anno interamente dedicata alle coste. I fatti. A Siracusa sono a buon punto i lavori per il primo porto turistico, ratificato dal 18 gennaio 2007, proposto dalla società «Marina di Archimede Spa», progetto poi acquistato dalla Acqua Pia Antica Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone: 500 posti barca, negozi, ristorante, caffetteria, centro benessere. Italia Nostra ha avuto le sue perplessità ma ormai lo considera un dato acquisito. Ciò che invece allarma è il progetto del secondo porto turistico, estremamente a ridosso del primo, presentato nel novembre 2008 dalla società locale «Spero srl»: altri 350 posti barca, altri edifici, ulteriori 50.000 metri quadrati di interramento del mare, soprattutto un braccio particolarmente lungo proteso verso il largo.

Il progetto è ora sul tavolo del sindaco ed è sottoposto alla valutazione ambientale strategica e alla valutazione di incidenza. Il 13 luglio scadranno i termini entro i quali gli enti competenti potranno presentare osservazioni e perplessità per la valutazione ambientale, poi si passerà al gradino successivo.

Protesta Enzo Maiorca, siracusano, uomo-record dell’immersione in apnea: «Avrei da ridire anche sul primo porto ma capisco che non ci si può schierare sempre contro tutto e tutti. Invece sul secondo non se ne parla neppure. Mi pare solo sporco business. Siracusa meriterebbe maggior rispetto anche perché non è mai stata realizzata una vera campagna di esplorazione del fondo: qui, nel 412 avanti Cristo, Siracusa sconfisse Atene nella grandiosa battaglia navale. Lì sotto chissà quanti resti di navi si potrebbero trovare». Per questa ragione Alessandra Mottola Molfino ha pronto un esposto all’Unesco, visto che dal 2005 Siracusa fa parte della lista dei bei considerati Patrimonio culturale dell’umanità: «Quel secondo porto sembra fatto apposta per far attraccare le navi da crociera da centinaia di passeggeri. Un turismo mordi e fuggi che non porta ricchezza ma allontana quello pregiato».

Gli ambientalisti locali sono in fermento. Lucia Acerra, presidente di Italia Nostra-Siracusa: «L’impatto di questa seconda struttura portuale altererà irrimediabilmente l’armonica linea del bacino portuale. Ricordo che sul porto c’è il vincolo paesaggistico del 1988». Un vincolo studiato ai tempi dal funzionario della soprintendenza architetto Antonio Pavone e poi firmato dall’allora soprintendente Giuseppe Voza, creatore del museo archeologico cittadino «Paolo Orsi». Il quale assicura: «Nessuno vuole musealizzare Siracusa né bloccare uno sviluppo intelligente capace di confrontarsi col nostro retaggio culturale. Ma non siamo Singapore, non c’è bisogno di due porti turistici». Aggiunge Amedeo Tullia, anche lui archeologo: «Quell’opera altererebbe sostanzialmente l’aspetto storico del porto e lo renderebbe illeggibile. Per non dire del contraccolpo sulle correnti marine e sulla stessa pesca».

Il progetto del secondo porto ha impensierito anche i responsabili del primo del Gruppo Acqua Pia Antica Marcia, che tengono a precisare di aver «sempre manifestato la più ampia apertura sul progetto della Spero a condizione che non vengano lesi i diritti consolidati» del primo porto. Comunque le dimensioni e la collocazione del molo centrale di sopraflutto comprometterebbero l'accesso al primo porto turistico e la fruibilità dei servizi. Dice Oreste Braga, amministratore del settore portuale della Società di Caltagirone: «Abbiamo formulato alcune osservazioni alle autorità amministrative competenti e lo stesso Assessorato regionale Territorio e Ambiente ha ritenuto di dettare alcune prescrizioni la cui legittimità è stata confermata da una pronuncia cautelare del Tribunale amministrativo regionale di Catania».

Invece il sindaco Paolo Visentin, centrodestra, ribatte con decisione: «Il secondo porto turistico sta seguendo tutte le procedure ed è stato ammesso alla seconda fase delle valutazioni di legge. Navi da crociera? Italia Nostra sbaglia, quel porto ospiterà solo barche da diporto, i natanti più grandi attraccheranno al Porto Grande e non vedo alcuno scandalo, anche quel turismo serve. Capienza sovradimensionata? Il porto di Caltagirone ospiterà solo nautica di alta qualità, qui le condizioni saranno diverse». E l’impatto con la storia del porto? «Possiamo benissimo mummificare tutto. Ma a un prezzo sociale enorme. Noi dobbiamo portare turismo a Siracusa, trasformare il nostro patrimonio in occasione anche economica. Siracusa ha fame di occupazione, il porto può offrirne. Non vedo perché non si possa fare, nel pieno rispetto delle regole».

Postilla

Nel consueto stile cerchiobottista tipico del Corrierone, ed ancor più dell’articolista, la sacrosanta denuncia (ma l’ultima parola, come si noterà, è lasciata al sindaco cementificatore) del devastante progetto del secondo porto turistico a Siracusa, eclissa e anzi finisce per giustificare lo scempio che si sta per abbattere sul bacino portuale della città siciliana.

Il cosiddetto primo porto turistico in corso di costruzione ad opera della società di Francesco Bellavista Caltagirone è infatti altrettanto devastante di quello ora contestato: prevede l'interramento di un'area di grande importanza archeologica con annessa costruzione, sopra l'interramento, di alberghi del medesimo Caltagirone, oltre a dragaggi, moli ecc.

Il progetto fu approvato in spregio a vincoli e pronunciamenti (fra cui uno del consiglio regionale dei BBCC) nel silenzio quasi generale degli organi di tutela e delle associazioni ambientaliste. Il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, potenziale oppositore, fu escluso illegittimamente dalla conferenza dei servizi e addirittura un provvidenziale provvedimento ad hoc tolse, per l’occasione, alla Soprintendenza del Mare, la competenza sui porti della Sicilia, per poi decadere: ma ormai il danno era fatto e la conferenza dei servizi aveva approvato il porto di Caltagirone.

L’avidità di speculatori e amministratori è però tale che i progetti sono raddoppiati, in nome del consueto paradigma, secondo il quale le risorse del nostro patrimonio culturale e paesaggistico vanno spremute a fini turistici quanto più possibile, anche se ciò, come inevitabilmente succederà anche in questo caso, ne provoca il degrado e la perdita in tempi sempre più accellerati.

La vicenda dei due porti di Siracusa, oltre a sottolineare ancora una volta l’insensatezza della frenesia cementificatoria che si sta abbattendo sulle nostre coste, evidenzia una preoccupante schizofrenia presente anche in chi dovrebbe tutelare e denunciare – senza distinzioni- chi sta deturpando, ad esclusivo scopo speculativo, uno dei porti storicamente più famosi di tutto il Mediterraneo.(m.p.g.)

ARTICOLI CORRELATI
30 Ottobre 2018

© 2024 Eddyburg