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Piero Ottone
Come far tornare una politica normale
23 Dicembre 2009
Articoli del 2009
Magari qualcuno lo accuserà di demonizzare il Cavaliere, perché dice, con parole chiare, come stanno le cose. La Repubblica, 23 dicembre 2009

Un po´ di populismo, a mio parere, affiora anche in paesi diversi dal nostro. Sono tramontate le ideologie, si sono indeboliti i partiti, e personaggi come Blair in Inghilterra, Sarkozy in Francia hanno raccolto i voti per la loro personalità piuttosto che per i loro programmi. Per le sue doti personali Barack Obama, un afro-americano privo di un retroterra politico o sociale, è diventato presidente degli Stati Uniti. La straordinaria carriera di Silvio Berlusconi nella vita pubblica, senza un partito vero e proprio alle spalle, non è pertanto un fenomeno unico al mondo.

È vero, tuttavia, che ogni paese foggia il populismo (se così vogliamo chiamarlo) a modo suo, e noi stiamo vivendo da ormai quindici anni un populismo all´italiana. Un leader come Berlusconi sarebbe inconcepibile in qualsiasi altra democrazia occidentale. Le sue frasi, il suo comportamento, le sue ostentazioni sono state descritte tante volte in articoli e libri, in Italia e fuori, e si è attribuita la grande ostilità che ha suscitato in metà del paese alle cause più disparate: si è tirata in ballo, scioccamente, un´invidia atavica degli italiani verso i ricchi, o l´insofferenza, attribuita al retaggio comunista, verso le regole liberali, che prevedono l´alternanza al governo di destra e sinistra. Alexander Stille, in un articolo pubblicato di recente in queste pagine, è stato l´ultimo, in ordine di tempo, a dimostrare che il comportamento e il linguaggio di Berlusconi, oltre al suo passato e alla sua spregiudicatezza, hanno contribuito a radicalizzare la vita politica italiana. Quali che siano le cause della radicalizzazione, comunque, sono sempre più frequenti gli appelli a spegnere il fuoco, ad attenuare i toni. Tutto giusto: l´Italia ha bisogno di un governo che governi, e di un´opposizione costruttiva. Ma temo che gli appelli siano destinati a cadere nel vuoto.

C´è infatti un ostacolo insormontabile: la giustizia. Il populismo potrà anche essere, come io credo, una tendenza visibile in altri paesi occidentali; ma il protagonista del populismo all´italiana ha un passato burrascoso, e molti conti aperti con la giustizia. È proprio per difendersi dai processi, dalle "toghe rosse", dai "comunisti" delle procure che Silvio Berlusconi ha deciso quindici anni fa di fare politica. Adesso i giudici, sia pure a lento passo, col loro passo, avanzano inesorabili, e sempre più si avvicinano. Ormai incombono. La fuga dalla giustizia, dopo la cancellazione del lodo Alfano, è diventata pertanto l´ossessione di Berlusconi: gli impedisce di governare, sembra quasi che gli impedisca di ragionare. Non pensa ad altro. Per sciogliere il nodo c´è una sola strada: qualche legge ad personam, che metà del paese, se non più, giudicherebbe una grande ingiustizia, un´infamia. Singoli uomini politici di vocazione pragmatica potrebbero scendere a compromessi. Ma di fronte a nuovi abusi il paese più che mai sarebbe diviso in due; la turbolenza, invece di placarsi, sarebbe destinata a crescere.

Certo l´Italia ha bisogno di tranquillità, ha bisogno di un governo efficiente; di governanti che non siano distratti dalla guerra continua, in Parlamento e fuori. Gli appelli alla pacificazione fra un centro-destra che ha pieno diritto di governare fino al termine del suo mandato, e un´opposizione costruttiva, sono sacrosanti. Ma il ritorno a una vita politica normale sarebbe possibile, come hanno scritto negli ultimi tempi autorevoli giornali stranieri, solo se Berlusconi decidesse di uscire di scena.

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