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Rita Paris
La tutela della Via Appia: note d'archivio
19 Novembre 2009
Pagine di storia
Analisi puntuale della documentazione d’archivio sull’Appia dal 1816 al 1910: i problemi di oggi hanno radici antiche. Dal volume Vie Romane del Lazio a cura di C.Belardelli, L.De Maris, F.Fei, A.Toro, Roma, Regione Lazio, 2004 (m.p.g.)

Abstract

La storia della tutela della Via Appia attraverso una selezione dei documenti dell'Archivio di Stato di Roma e dell'Archivio Centrale di Stato ( 1816-1910) che contengono provvedimenti per la salvaguardia, gli scavi, i restauri e ogni altra azione e iniziativa indirizzate al recupero e alla valorizzazione del complesso archeologico.

I documenti illustrano chiaramente il destino della più celebre delle strade pubbliche romane, restaurata e destinata a passeggiata archeologica nella metà dell'800, ad opera di Luigi Canina, durante il Governo Pontificio, che richiamò visitatori e studiosi di ogni parte del mondo, e le difficoltà della Amministrazione dello Stato per preservare questo complesso archeologico, esteso per chilometri, solo nella sua prima parte di pertinenza della città. Gli interessi dei privati e la mancanza delle risorse necessarie, già dalla fine dell'800, hanno segnato le sorti dell'Appia, vanificando l'impegno di illustri personaggi dell'Amministrazione pubblica, preparandola agli scempi perpetrati nel corso del secolo successivo.

Dopo i programmi per le sistemazioni urbanistiche della città a seguito della presa di possesso dello Stato Pontificio da parte di Napoleone e il sogno per la realizzazione di un grande parco archeologico dal Campidoglio alla Via Appia, la più celebre delle strade pubbliche romane, sempre al centro dell'attenzione di studiosi e artisti di ogni epoca, attese ancora alcuni decenni per vedere realizzati i primi importanti interventi di restauro.

I documenti prodotti dal Camerlengato per gli anni dal 1816 al 1854, dal Ministero del Commercio, Belle Arti, Industria, Agricoltura e Lavori Pubblici per gli anni 1855-1870 e dalla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione per gli anni 1870-1907, descrivono la storia della Via Appia, attraverso i provvedimenti per la tutela, gli scavi, i restauri e ogni altra azione e iniziativa indirizzata al recupero e alla valorizzazione del complesso archeologico.

In questa storia i documenti sottolineano i momenti diversi che hanno accompagnato il destino dell'Appia, in una alternanza di denunce, provvedimenti, iniziative, che sempre, e ancora oggi, hanno caratterizzato il destino di questo monumento.

Una lunga lettera del 8 settembre 1816 del Commissario alle Antichità e Belle Arti Carlo Fea al Camerlengo illustra lo stato di abbandono della strada, esposta ad atti di vandalismo e ruberie.

" E' cosa ben nota anche agli ignoranti, che la osservazione alle strade pubbliche è una delle Regalie, dei diritti del Sovrano, che devono gelosamente custodirsi. In Roma e nello Stato Ecclesiastico vanno sotto la stessa regola, e come strade, e come antichità, le selciate antiche di grandi selci, che oltre la conservazione e l'uso della via, si sono sempre riguardate come monumenti, che interessano la storia delle strade antiche celebri in tanti libri, e presso tutti gli eruditi che se ne sono occupati. Fra le strade antiche di simile natura la Via Appia è sempre stata la più famosa e meritevole di gelosa conservazione: illustrata con rami e con libri da tanti scrittori più d'ogni altra. Ne esistono grandi porzioni conservate a maraviglia coi loro grandi selci, particolarmente da Capo di Bove fino a Genzano. Ma da qualche anno in qua è venuta la moda negli Appaltatori delle Strade, che devastano barbaramente tutto, senza veruna autorizzazione, per profittare dei selci, riducendoli piccoli per servirsene a loro vantaggio o in nuove selciate o ad altri usi. ... In particolare si reclama contro l'Appaltatore Vitelli, il quale da due anni in qua devasta la strada nei contorni della Valle Riccia e di Genzano.... sulla grandiosa sostruzione di grandi massi di peperino quadrati, a guisa di un grande, e lungo ponte, per raddolcire la salita, che toltane la selciata, dopo duemila , e più anni dal fondatore Appio Claudio, anderà man mano in rovina, e il Pubblico resterà senza strada. ... E' da notarsi che Pio VII, trovandosi a villeggiare in Genzano,, essendosi incontrato a vedere uno precisamente che devastava i selci di quella strada, lo sgridò severamente, e disse al Principe Colonna , padrone di Genzano, che badasse bene, che mai più alcuno la guastasse..."[1]

Nel 1824 Carlo Fea sente la necessità di chiedere di far cancellare il nome "Via Appia" dai miliari che indicano la strada che esce da Porta S. Giovanni: " ... Vengo avvisato che fuori Porta S. Giovanni sulla strada di Albano rinnovandosi le pietre milliarie, alla prima è stato scritto Via Appia. Chi ha veduta questa goffaggine ne ha riso e deriso. Per mostrare che la Commissione invigila anche alle piccole cose di antichità, sarebbe bene scrivere a Monsig. Presidente delle Strade, che faccia subito cassare quella falsità ridicola. Pur Monsignore più volte ha sentito dallo scrivente, che la via Appia da riaprirsi, passava da S. Sebastiano". [2]

L’opera di restauro della Via Appia e di parte dei suoi monumenti, nel tratto tra il mausoleo di Cecilia Metella e Frattocchie, fu realizzata da Luigi Canina in veste di Commissario alle Antichità di Roma negli anni 1853-1855 [3]. Precedentemente, tra il 1777 e il 1784, per volere del pontefice Pio VI, fu restaurato il tratto di strada nella Pianura Pontina, riportando alla luce le grandi opere antiche, tra lo stupore degli abitanti che si gloriavano di passeggiare sopra le rovine di una delle più belle opere della magnificenza romana.

Un documento di 12 pagine, del mese di settembre 1858, contiene un rapporto sui lavori svolti: " Nell'anno 1851 sotto il Ministero della Ch. M. Camillo Iacobini ebbero principio i lavori della nuova apertura dell'Appia antica. I medesimi si eseguivano sotto la direzione dei Sig. Com. Canina e Cav. Grifi e colla sorveglianza dell'Architetto Ingegnere di questo Ministero in allora Luigi Rossini, oggi Francesco Fontana. ... I lavori principali, cioè di escavazioni, macere e sistemazione della via si compiono definitivamente nel 1855; e quelli di riattamento de' Monumenti sepolcrali, che di mano in mano si scuoprirono, vennero anche essi eseguiti collo stesso e di anno in anno. Perché poi la strada fosse conservata e non guasta dal passaggio dei circonvicini possidenti, fu chiusa alle due estremità, mediante cancelli, lasciando in diversi punti della medesima alcuni passi pel sol transito e comodo dei suddetti possidenti, e a tale effetto vi si destinò un guardiano a soldo fisso, anche per vigilare non solo che tal disposizione ministeriale fosse onninamente osservata, ma anche non venissero manomessi, specialmente nell'inverno, che dagli esteri vien continuamente frequentata, tutti quei frammenti che lungo la via si trovavano depositati, o danneggiati quei monumenti riedificati con tanta cura e impegno dei due sud. Sig. Canina e Grifi. Portatosi a termine, come si è detto di sopra, lo scuoprimento totale della Via, che importa la maggior spesa, come vien dimostrato nell'unito prospetto, il Ministero non ha mai tralasciato in seguito di portarvi la sua attenzione col mantenere e proseguire la riedificazione di quelli Monumenti più rilevanti, come in questo anno si è fatto per quello della famiglia Aurelia dei Cotta celebre nell'istoria. Nell'anno 1854 in seguito di autorizzazione Sovrana, e dopo che giunsero in Roma gli strumenti acquistati a Parigi il R.do P. Secchi della Compagnia di Gesù dette incominciamento alla misura e livellazione di questa monumentale via, la quale operazione fu portata a termine nell'anno seguente 1855, e che ora mercè le cure dello stesso R. Padre e la benigna annuenza della E.V.R.ma sarà per essere pubblicata... (seguono elenchi spese per tipologie di lavori, escavazioni, costruzioni macerie, sistemazioni della strada, riedificazione dei monumenti, oltre a spese per alberi, espropri, spese per operai e di vario genere) [4]

Il lavoro fu ben eseguito e mantenuto per anni con una cura che trovava apprezzamento presso studiosi e visitatori italiani e stranieri. La via Appia è considerata un monumento unitario con i resti di pertinenza; ogni forma di alterazione e manomissione veniva repressa con sanzioni, compreso il transito di greggi non autorizzato. La relazione del segretario generale Luigi Grifi al Ministero del giugno 1869 descrive con orgoglio lo stato della strada: " ...Il piano stradale dal cancello non lontano dal sepolcro dal Cecilia Metella, fino all'altro cancello delle Frattocchie, è mantenuto benissimo e pulito in tutta la sua larghezza da una crepidine all'altra per la lunghezza di circa nove miglia. Lo stesso dicasi della maceria nei due lati della via, che è ottimamente mantenuta. ... Fra le moltissime opere che con Sovrana provvidenza sono state ordinate dalla Santità di N.S. in benefizio delle memorie antiche, vi dee stare a capo la riapertura della via Appia. Non più i suoi monumenti e le sue moli sepolcrali sono in balia dei coltivatori, non più sono inaccessibili per disagiato terreno senza via. Ma sono tutte visibili e la strada riaperta e ben tenuta vi chiama nell'inverno migliaia di stranieri, che lodano tutti la Sovrana Munificenza di Sua Santità che ha tratto fuori dalla terra e conservato ai luoghi loro tante memorie storiche e le ha rese di facilissimo accesso e custodia diligentemente. E' grato al mio dovere il dire che da diciotto anni, da che è stata aperta l'Appia Antica agli studi e alle investigazioni degli eruditi vi siano mancati né oggetti né cure, e che essendone affidata a me la immediata custodia e direzione, l'abbia sempre tenuta in modo che il Sovrano, cui si dee sì bell'opera, ne abbia riscosso continui elogi. Avendo fatto tenere un conto approssimativo delle carrozze dei forestieri, dalle quali in questo anno 1868-1869 è stata percorsa, torna una media di circa sessanta al giorno dal mese di Novembre 1868 al mese di giugno 1869....La custodia dell'Appia è tenuta da un guardiano, che non l'abbandona mai..." [5]

Solo alcuni anni dopo le cure per il monumento della via Appia, così egregiamente recuperato, sono sostituite da episodi ineluttabili, quali la costruzione dei Forti Militari e della Strada Militare che li collegava (l'attuale via di Cecilia Metella), negli anni 1877-1878. Rodolfo Lanciani fu incaricato di sorvegliare i cantieri per conto del Ministero della Pubblica Istruzione e per la parte che riguardava le antichità.

Di fronte alla necessità, considerata irrinunciabile, di difesa della città, nessuno si oppose alla realizzazione dell'opera (per questo e altri casi) e quando fu necessario, per esigenze della fortificazione, demolire parte della macera ottocentesca e un sepolcro, ciò fu fatto con la motivazione che si trattava di un rudere senza "forma" né "memoria" né "importanza" [6]. Nel frattempo gli scavi nell'area del Forte rivelavano scoperte interessanti, in particolare testimonianze epigrafiche pertinenti a una vasta necropoli di epoca romana. [7]

Le numerose iscrizioni recuperate, per la distribuzione sul terreno e le indicazioni delle misure nei cippi consentirono al Lanciani di definire l'estensione dell'area funeraria e la distribuzione dei lotti di terreno delle sepolture. Del materiale della necropoli, cippi, are, urne, sarcofagi, di un arco cronologico tra l'epoca augustea e il III sec. d. C., una parte è stata raccolta nel complesso del mausoleo di Cecilia Metella e del Palazzo Caetani.

Merita di essere ricordata la incredibile richiesta di realizzare binari per un tramway lungo la via Appia da parte della società di Tramways Roma-Milano-Bologna, inoltrata nel 1880 al Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, Giuseppe Fiorelli per " congiungere la città di Albano colla Capitale mediante un tram a vapore come già fece per Tivoli ed aspirando ad auspicare all'interesse industriale della nuova via quello caratteristico della plaga che deve attraversare...". La proposta è sostenuta dalle seguenti considerazioni: "La via Appia, nel tratto fra Capo di Bove e le Frattocchie, essendo chiusa al pubblico transito, è solo percorsa dagli studiosi di sue antichità e sufficientemente larga per accogliere il tramway, senza che questo tocchi o danneggi menomamente i sepolcri che la fiancheggiano e senza che il pavimento antico ne sia punto danneggiato e possa dar motivo a quegli inconvenienti che si verificano talvolta sulle vie frequentate. Il Tramway faciliterebbe assai la visita, lo studio e l'illustrazione degl'insigni monumenti di questa Regina Viarum. Essa sarebbe maggiormente sorvegliata e conservata affidandone la custodia ai numerosi cantonieri della Società...". Il Ministero non sarebbe stato alieno dal concedere il permesso, a determinate condizioni, se il Lanciani non avesse formulato circostanziate osservazioni sulla inattuabilità del progetto.

Lo spirito che aveva sostenuto la grande opera di recupero della strada destinandola a monumento di interesse universale e luogo di attrazione per turisti e studiosi cede il posto all'incombenza gravosa di doverla mantenere, così che quasi appare un soluzione la proposta per quella che sarebbe stata la più esclusiva infrastruttura per la mobilità, realizzata a danno della grandiosa via di comunicazione dell'antichità.

Pochi anni dopo infatti, tra il 1884 e il 1887, R. Lanciani, preposto all'Ufficio degli Scavi di Antichità di Roma, inizia a presentare relazioni e richieste alla Direzione Generale, con elenchi dettagliati di lavori e preventivi, per la conservazione della via Appia che, dopo i lavori di scavo e restauro di Canina e Iacobini, non aveva più ricevuto alcuna cura: " La via Appia Antica della quale è possessore lo Stato (a partire dal IV chilometro fuori di Porta S. Sebastiano fino al casale delle Frattocchie) trovasi in istato di assoluto abbandono.... La partita stradale dal cancello di ingresso alla traversa di Fiorano è difficilmente praticabile; massime nel tronco più vicino alla città; dalla traversa di Fiorano alle Frattocchie è assolutamente impraticabile. Le macerie di confine sono cadute in molti punti, i cancelli di legno sono andati a male; iscrizioni, monumenti di sepolcri, scolture figurate etc., sono state mosse di posto ed altrimenti danneggiate" (1884) [8]

Il 17 agosto 1886 il quotidiano L'Opinione pubblica un articolo, indirizzato al Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, Giuseppe Fiorelli, nel quale si critica lo stato di abbandono della strada riscontrato da un gruppo di ammiratori " degli avanzi dell'antica civiltà romana", nel corso di una escursione serale. La strada era completamente invasa da erbe e spine, come pure i margini dei marciapiedi; dominavano l'incuria e l'abbandono mentre " le vaccine", raggruppate in mezzo alla strada, fra i monumenti e ovunque, facevano da " padrone assolute e dispotiche dell'antica regina viarum" [9].

Alla tempestiva richiesta di chiarimenti in merito da parte del Direttore Generale Fiorelli, [10] di fronte a un simile attacco della stampa, il Lanciani ricorda di aver denunciato, un anno prima, alla Direzione lo stato vergognoso di abbandono dell'Appia, senza ricevere alcuna risposta [11].

Solo nel 1888, dopo intensa corrispondenza tra il Direttore Generale e il Lanciani, si approvarono e quindi iniziarono i primi lavori di riparazione delle macere, che delimitavano la proprietà pubblica da quella privata, mentre continuavano i guasti alla strada e alle macere causati dal transito dell'artiglieria e dei carri delle cave.

Altre lettere di denuncia sullo stato deplorevole della via Appia giungono al Direttore Generale e al Ministro della Pubblica Istruzione P. Boselli, come quella del 12 gennaio 1891: " ...Questa via, la più celebre del mondo e che gli stessi antichi chiamavano Regina Viarum, la quale dopo gli scavi del Canova nel 1808 e del Canina dal Sepolcro di M. Servilio Quarto a un miglio circa dalle rovine di Bovillae negli anni 1850, 1851, 1852, ebbe dal cessato governo pontificio una manutenzione diligentissima, fa pena a vederla abbandonata ora a tutte le vicende del tempo, degli animal e degli uomini, o di questi al ludibrio e al vandalismo dei trafugatori, in ispecie forestieri e di guastatori... Le distruzioni dei monumenti, di resti d'ogni genere e fino alle piante presso di essi, come del trafugamento di marmi, statue, di buste, e fino di staccate dai bassorilievi, come dal Sepolcro di Seneca in tre anni fa, sono cresciuti a dismisura!"[12]

Il Direttore Generale sollecita interventi dell'Ufficio speciale per le antichità e monumenti di Roma e Suburbio, nella persona del direttore Angelo Contigliozzi, ricordando il grave danno al magnifico blocco di marmo a segmento di edicola con l'iscrizione del sepolcro vicino, con nucleo di forma rotonda, "Sergio Demetrio, mercante di vino al Velabro"

Fra l'altro si ricordano alcuni crolli di mura e di una volta medievali nella Villa dei Quintili, gravi lesioni a Casal Rotondo, di proprietà del Principe Torlonia, su cui è stata costruita una casa colonica e ancora lo stato sconfortante di manutenzione dell'intera Via Appia a causa della scarsezza del personale.

Nei rapporti redatti per il Ministro allo scopo di definire il problema dell'Appia si individuano le soluzioni, ponendo in evidenza che le cause dei danni sono da ricondursi a due fatti: " non sorveglianza, non opere di conservazione" [13]

Un corposo fascicolo raccoglie documenti sui varchi e i passaggi sulla via Appia avviato dal Direttore Generale Fiorelli, con l'esame dei documenti del tempo del Canina, al fine di trovare una soluzione ai sempre più numerosi contenziosi e conoscere le relazioni giuridiche tra la proprietà ministeriale della strada e i proprietari "frontisti" dei terreni. Già il 16 ottobre 1882 R. Lanciani aveva inviato una relazione al Direttore Fiorelli: " Quando il Governo Pontificio, a partire dal 1852 intraprese le espropriazioni, lo scavo e il restauro dell'Appia, tra capo di Bove e le Frattocchie, ciascheduna delle tenute che confinavano con detta via, e che sono da essa attraversate, aveva la propria strada di accesso, a partire sia dall'Appia Nuova, sia dall'Ardeatina, sia dalla strada detta del Divino Amore. Aperta a tutte le spese del governo, la nuova linea, destinata a scopo puramente archeologico, e chiusa con macerie e cancelli da ambo i lati, i frontisti ebbero naturalmente il diritto di accedere ai propri fondi con vetture: ma il transito dei carri, delle barozze e degli armenti fu rigorosamente vietato per più ragioni. In primo luogo perché tale transito è dannoso ai monumenti e al selciato antico. In secondo luogo perchè avrebbe richiesto un spesa annua pi mantenimento della partita stradale, a tutto carico del Ministero. In terzo luogo perché la strada ha soltanto m. 3,80 di larghezza, in modo che nemmeno due carrozza di lusso vi trovano lo scambio in senso diverso. In quarto luogo perché ogni tenuta trovavasi già munita delle propria strada. Però, come suole avvenire in simili casi, sia per impegni, influenze e relazioni personali dei frontisti con le autorità, sia per altre cause urgenti e temporanee, la maggior parte di essi ottennero concessioni di passaggio, ma dentro limiti ristrettissimi e senza pericolo di danno ai monumenti o di aggravio alle spese di manutenzione. Queste limitate concessioni sono ora consacrate dall'uso, benché non mi sia riuscito di trovare in archivio documenti in proposito. Negli ultimi anni le domande di transito si sono centuplicate. In generale quando l'Ufficio ha creduto di negarle, i frontisti se le sono accordate di proprio arbitrio. Per persuadersi quanto sia urgente di regolare la questione basta percorrere l'Appia e vedere a quale stato di rovina è ridotta... Il partito più semplice per togliersi l'imbarazzo sarebbe quello di costituire un consorzio tra i frontisti, per il mantenimento della strada, delle macerie e dei cancelli. Ma tale partito non può ammettersi primieramente perché il Ministero verrebbe in tal guisa ad alienare la propria esclusiva dello stato sull'Appia antica; in secondo luogo perché appena fosse reso libero il passaggio, tutti i frammenti scritti e scolpiti sarebbero derubati, i mosaici e i sepolcri danneggiati; senza calcolare che ogni cella sepolcrale diverrebbe un nascondiglio o una latrina. Il partito che suggerisce rispettosamente alla S.V. sarebbe il seguente. I. Raccolte tutte le informazioni che è possibile raccogliere intorno i diritti di transito che competono ai frontisti, se non de iure, almeno de facto, farne soggetto di una convenzione (coi singoli interessati) con tutte le più solenni formule legali. II. Stabilite coteste convenzioni coi frontisti, adottare, come massima a legge rigorosa, che nessun'altra concessione, sia anche temporanea ed eccezionale, possa essere rilasciata sotto qualsiasi pretesto." [14]

Nel 1889 il Fiorelli chiede ad direttore dell'Ufficio Speciale per le Antichità e Monumenti di Roma e Suburbio (A. Contigliozzi) di affrontare il tema dei transiti sulla via Appia "... La questione è molto importante, perché dai continui passaggi su questa via che da monumento è divenuto luogo di pubblico transito, dipende in parte il cattivo stato di manutenzione in cui si trova e la difficile custodia della via stessa e dei monumenti che la circondano..." Si rinnovano le raccomandazioni sulla vigilanza affinché non si verifichino passaggi di carri o bestiame occasionali e si dispone che alla domande di passaggio si risponda sempre negativamente; nei casi di fondato diritto di passaggio questo comporterà l'obbligo di contribuire alle spese di manutenzione della via.

La ricerca del Direttore Fiorelli dei carteggi relativi agli scavi del Canina e agli espropri del Governo Pontificio è intensa, anche presso la Sovrintendenza agli Archivi nelle Province Romane e il Ministero dei Lavori Pubblici e viene interessato anche il senatore Pietro Rosa, Ispettore Generale dei Musei e degli Scavi d'Antichità. Le varie ricerche non danno risultati e l'unico documento che il Sovrintendente agli Archivi riesce a trovare è il rapporto del 14 settembre 1858 sui lavori della nuova apertura della via Appia, sopra in parte riportato.

Intanto su incarico del Direttore Generale si esegue il lucido delle Mappe Catastali della via Appia, fino al confine della giurisdizione dell'Agenzia delle Imposte di Roma, e si effettuano ispezioni sui passi esistenti e sulle proprietà, sempre con la grave lacuna del carteggio relativo agli espropri del Governo Pontificio e si elaborano una pianta, l'elenco dei proprietari, l'elenco dei varchi. In data 13 novembre 1889 il professionista incaricato scrive al Direttore Fiorelli una relazione e allega gli elaborati grafici. Tale documento è di fondamentale importanza in quanto per la prima volta si indica in una planimetria tutti i dati relativi alle proprietà private e demaniale, nonostante continui ad essere mancante il carteggio sugli espropri degli anni 1851 e seguenti. Sulla pianta è tinteggiata in rosso la proprietà demaniale, limitata dalle macere, inclusi appezzamenti che sporgono dalla fascia rettilinea e le sporgenze dei monumenti considerati all'epoca meritevoli di appartenere al patrimonio artistico dello Stato, quindi racchiusi entro le macere. Si specifica che alcune aree o monumenti, come ad esempio il mausoleo di Casal Rotondo, pur essendo nel recinto della macera (" via riservata"), sono occupati da privati che vi depositano attrezzi e vi tengono persone ad abitare. Nel rapporto si forniscono suggerimenti utili per la gestione della via Appia, nella condizione alquanto diversa dall'epoca del Canina, soprattutto in assenza di "convenzioni" quali furono definite in origine in pieno accordo con i proprietari: il ripristino dei cancelli ai due estremi della via con tessere agli aventi diritto; introduzione di una tassa d'ingresso, per coloro che non hanno permessi, al fine di custodire la proprietà demaniale, minima per i pedoni, elevata per le carrozze, i proventi della quale potrebbe essere utilizzati per la manutenzione della strada stessa. [15]

Fra cause giudiziali e problemi giuridici sempre connessi con il passaggio e i varchi sulla via Appia viene interpellata anche la Regia Avvocatura Erariale Generale che esprime il proprio parere in forma definitiva con la lettera del 29 gennaio 1891.

I fatti sono i seguenti: " Il Governo Pontificio verso il 1852 intraprese l'espropriazione, lo scavo e il restauro dell'Appia e prima di tale scavo le tenute confinanti erano tutte provvedute di strada d'accesso a partire dalla via Appia Nuova, sia dall'Ardeatina, sia dalla strada del Divino Amore. La nuova via fu aperta a solo scopo archeologico e i proprietari finitimi ebbero solo in via di concessione il permesso di transitare con vetture". Essendo la via Appia dello Stato e trattandosi di un monumento non si sarebbero pertanto potuti acquisire diritti di passaggio. Alcuni privati tuttavia si opposero ai provvedimenti di divieto emanati dal Ministero rendendo necessaria la definizione della questione degli espropri. Poiché gli atti di esproprio non erano più reperibili, il Direttore Fiorelli interpella l'ispettore Pietro Rosa nella speranza che la memoria di colui che aveva lavorato affianco al Canina e aveva redatto la pianta della strada con i monumenti possa chiarire i dubbi ancora esistenti in merito agli espropri e ai diritti di passaggio [16].

La risposta del Rosa fu immediata e chiarificatrice sull'intera questione: dopo i lavori e gli espropri il Governo Pontificio recintò la via Appia con due cancelli e le macere; all'epoca del raccolto del frumento e della tagliatura dei fieni venivano rilasciati permessi di transito ai proprietari dei terreni limitrofi. " Tale fatto prova evidentemente chei proprietari dei terreni laterali alla via Appia Antica non avevano alcun diritto di passaggio sulla antica via monumentale...scopo precipuo dell'espropriazione si fu di impedire il libero transito sull'antica via monumentale per conservarla, siccome ne fan fede e le macerie costruite ai lati della zona monumentale e i cancelli apposti a capo ed a piedi della zona medesima". [17]

Il parere definitivo dell'Avvocatura, sopra citato, si fonda dunque su elementi di verità che possono ricavarsi dal fatto che la strada fu recintata e chiusa, dal rapporto del Rosa e dagli scritti del Canina, sufficienti per dimostrare che l'espropriazione ebbe luogo. "... E c'è abbastanza per giustificare il divieto formale da parte del Governo a che i carri e le barozze, segnatamente se cariche di selce, continuino la loro opera di distruzione. Si faccia dunque il divieto. Avremo causa. O gli avversari riusciranno a provare il loro diritto e il Governo saprà quale via gli resta per tutelare la storia e l'arte in uno dei suoi più mirabili monumenti, o non riescono, e allora saremo noi ad avere causa vinta..." [18]

Continuando la ricerca del carteggio sui lavori dell'epoca di Canina si rintracciano alcuni documenti che vengono trasmessi, il 31 marzo 1892, dal Sovrintendente agli Archivi alla direzione generale relativi al transito sulla via Appia dal 1855 al 1866. Fra le varie istanze è una richiesta del 1856 di far pascolare alcune cavalle sull'Appia che viene respinta con la motivazione che " la via Appia è stata aperta per uso de' dotti e non per ritornarla pascolo d'animali". Il resto dei documenti riguarda multe per passaggi non autorizzati e per danni ai monumenti [19].

Il 27 maggio 1893 il Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, Carlo Fiorilli, risponde all'onorevole ing. Severino Casana in merito alla chiusura del passaggio per i carri su tutta la via Appia: " La S.V. Onor.le desidera sapere se sia vero che il Ministero della P. I. abbia interdetto il passaggio ai veicoli lungo la via Appia demaniale monumentale. Questo Ministero per salvaguardare e rivendicare i diritti demaniali e tutelare la conservazione di quella antica Via e monumenti laterali, dopo sentita reiteratamente l'Avvocatura Generale erariale che vagliò lo stato diretto e le circostanze di fatto; ha ora presi energici provvedimenti perché a datare dal 1 luglio venturo siano assolutamente proibiti i passaggi longitudinalmente alla detta via, ed anche trasversalmente,ove non esista la servitù formalmente costituita, alle barozze e ad altri carri presenti, che specialmente trasportano materiale siliceo e che in diversi tratti abusivamente transitando, hanno arrecato guasti alla via. Ma non si è mai avuto in mente di impedire il passaggio ai pedoni ed alle carrozze che trasportano visitatori e passeggeri, anzi è stato esplicitamente dato ordine che a questi sia libero l'andare per quella via.." [20].

L'impegno della Direzione Generale a far rispettare il divieto appare anche dalla corrispondenza intercorsa tra il Direttore Generale e il Direttore dell'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti delle Province di Aquila Roma Chieti, G. Calderini, quando quest'ultimo propone di riaprire un varco abusivo e informa su lavori che si stanno eseguendo di risistemazione della strada e di lati riordinando i massi e le lapidi. E' severo il rimprovero rivolto dalla Direzione all'Ufficio territoriale sia per la riapertura del varco abusivo, sia per i lavori di spostamento dei vari elementi lapidei, che invece dovevano rimanere al loro posto [21].

Le controversie sui passaggi sulla via Appia attraverso varchi abusivi continuano per alcuni anni, in particolare per le zone di Fiorano e Frattocchie dove si svolgevano attività estrattive di selce, con la conseguente necessità di trasporto del materiale. Le cause si risolvono con esito favorevole per il Ministero, ritenendo i Tribunali abusivo il transito dei carri di selce. Una sentenza del 2 luglio 1894 sancisce che il Ministero ha il dovere di tutela della strada monumentale e la via Appia è riconosciuta a tutti gli effetti un monumento nazionale. Le denunce e le sanzioni penali e civili nei confronti dei trasgressori fanno riferimento all'articolo 56 e 57 dell'Editto del 7 aprile 1820 sopra le Antichità e Scavi del Cardinal Pacca: " Siccome ancora resta assolutamente vietato di guastare gli avanzi qualunque delle antiche celebri Strade, interessando sommamente la loro conservazione.." .(art.57) e " Le contravvenzioni agli Art. 51 e seguenti saranno punite con una multa di Scudi Cencinquanta e colla refezione dei danni" [22].

Tra la fine del 1894 e il maggio del 1896 si definiscono, attraverso una fitta corrispondenza tra la Direzione Generale Antichità e Belle Arti e l'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti delle province di Aquila Roma Chieti, i modi e la spesa per la risanamento dei danni e della buche al fondo stradale della strada dal IV al X chilometro con pietrisco misto a terra ben ribattuto, non senza le consuete polemiche con alcuni dei privati che utilizzando la strada per il transito avrebbero dovuto concorrere alla spesa da sostenere per i lavori.

Il problema di una manutenzione periodica della strada è evidente dal carteggio anche per gli anni successivi, dal 1898 [23], sotto la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti di Felice Barnabei, Ministro Guido Baccelli.

Non si trovano riferimenti a particolari interventi e azioni di tutela sulla via Appia fino al 1910 [24] e si conclude questa scelta di note con la proposta del Direttore degli Scavi al Palatino e Foro Romano, Giacomo Boni al Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, Corrado Ricci, di piantumazione di alcune alberature: " Alcuni frequentatori della via Appia antica mi raccomandano di ottenere che si freni l'invasione delle brutte piante esotiche che danneggiano i ruderi degli antichi sepolcri e sopprimono ogni vestigio della flora più caratteristica della Regina Viarum. Le nuove piantagioni dovrebbero farsi nel prossimo novembre e sarei disposto a offrire un centinaio di pinus pinea e ad acquistare un altro centinaio di cupressus pyramidalis, perchè codesto On. Ministero volesse far estirpare le robilie e gli ailanti, risparmiando altrettanta legna per le stufe della R. Soprintendenza dei monumenti di Roma e provincia". [25]

In un momento in cui l'Appia con il suo territorio è in bilico tra noncuranza, inosservanza di regole che si davano per scontate e soluzioni solo apparentemente accattivanti, la storia della sua tutela assume un valore sostanziale. Quando si mira a cancellare la memoria, in modo che risulti più facile intervenire per trasformare, e il rischio che questo accada è quasi una dato di fatto, allora è opportuno riflettere volgendosi indietro, per conoscere e far conoscere cosa è stato, cosa si è fatto.

E non è poco.

La ricerca d'archivio sul territorio dell'Appia è stata eseguita, in modo completo, da Mauro De Filippis per la Soprintendenza Archeologica di Roma. Chi scrive e Mauro De Filippis hanno in corso la pubblicazione di tutti i documenti.

Bibliografia principale di riferimento

C. Fea, Osservazioni critiche sul ristabilimento della via Appia da Roma a Brindisi per il viaggio ad Atene, Roma 1833; A. Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della Carta de’ Dintorni di Roma, 2a ed. I-III Roma 1848-49; A. Iacobini, Lo scavo della Via Appia fatto nel 1851, in “Giornale Arcadico” CXXIII (1851); P. Rosa, Monumenti inediti pubblicati dall’Istituto, V, Roma 1849-53; L. Canina, La prima parte della Via Appia dalla Porta Capena a Bovillae, Roma 1853; A. Muñoz, Restauri e nuove indagini su alcuni monumenti della Via Appia, in “Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma” XLI, (1913); G. Tomassetti, La campagna romana antica, medievale e moderna. Nuova edizione aggiornata a cura di L. Chiumenti e F. Bilancia, II: Via Appia, Via Ardeatina, Via Aurelia, Firenze 1975; F. Coarelli, Dintorni di Roma, Bari 1981; AA.VV., Piano per il Parco dell’Appia Antica, Italia Nostra – Sezione Romana, Roma 1984; L. Quilici, Via Appia da Porta Capena ai colli Albani, Roma 1989; AA.VV., Via Appia, Sulle Ruine della magnificenza antica, cat. mostra, Roma 1997; Paolo Fancelli, Antonio Canova tra archeologia e restauro: il monumento di M. Servilio Quarto sulla Via Appia, in Studi in onore di Renato Cevese, 2000; Via Appia. La Villa dei Quintili, a cura di R. Paris, Roma 2000; Via Appia. Il Mausoleo di Cecilia Metella e il Castrum Castani, a cura di R. Paris, Roma 2000; M.G. Filetici, S. Pasquali, Via Appia antica in Roma, 1850-1999: un percorso tra documenti d’archivio e monumenti attraverso la rappresentazione in 3D, in Centro di Ricerche Informatiche per i beni Culturali, quaderni 10, a cura di G.Beltramini e M.Gaiani, Scuola Normale Superiore, Pisa, 2000, pagg183-188; R.Paris, Via Appia. Nota introduttiva sui lavori., in Archeologia e Giubileo, Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del 2000,, Vol. I, Electa, Napoli, 2000; R.Paris, Mausoleo di Cecilia Metella e Castrum Castani, in Archeologia e Giubileo, Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del 2000,, Vol. I, Electa, Napoli, 2000; R.Paris, Villa dei Quintili, in Archeologia e Giubileo, Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del 2000,, Vol. I, Electa, Napoli, 2000; P.Meogrossi, Supporti documentari dell’Appia Antica:il Castello Castani e la cartografiageoriferita della Villa dei Quintili, in Archeologia e Giubileo, Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del 2000,, Vol. I, Electa, Napoli, 2000; M.G.Filetici, Conservazione di otto piccoli sepolcri e ritrovamento di un colombario, in Archeologia e Giubileo, Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del 2000,, Vol. I, Electa, Napoli, 2000; D.Cirone, Valle della Caffarella. Scavi della Torre Valca, al Colombario Costantiniano e al Ninfeo di Egeria, in Archeologia e Giubileo, Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del 2000,, Vol. I, Electa, Napoli, 2000; Adriano La Regina, Lexicon Topographicum Urbis Romae. Suburbium, I, Roma 2001, voce " Appia via"(S. Bruni, S. Mineo, R. Paris); AA. VV. La Via Appia. Iniziative e interventi per la conoscenza e la valorizzazione da Roma a Capua, a cura di L. Quilici e S. Quilici Gigli, Roma 2002.

[1] ASR, Camerlengato. Parte I. Titolo IV. Antichità e Belle Arti (1816-1823), B.38 f. 25

[2] ASR, Camerlengato. Parte II. Titolo IV. Antichità e Belle Arti (1824-1854), B.150 f.112

[3] I lavori sono descritti nella prefazione dell'opera di L. Canina, La prima parte della Via Appia....; R. Paris, Luigi Canina e il museo all'aperto della via Appia, in Tusculum. Luigi Canina e la riscoperta di un'antica città, Roma 2002, a cura di G. Cappelli e S. Pasquali, pp. 221-224

[4] Rapporto del capo contabile al Ministero, ASR, Ministero del Commercio, Belle Arti, Industria, Agricoltura e Lavori Pubblici. Sezione V. Titolo I, Articolo I. Monumenti (1855-1870), B349 f.59. Il lavoro di misurazione della Via Appia è stato pubblicato nell'opera di Padre Secchi, Secchi A. Misura della base trigonometrica eseguita sulla via Appia per ordine del governo Pontificio nel 1854-55, Roma, Tipografia della Camera Apostolica 1858.

In occasione dei lavori di restauro della strada eseguiti nell'ambito dei programmi del Giubileo 2000, è stato rinvenuto il caposaldo materializzato nei pressi del mausoleo di Cecilia Metella (caposaldo A), nel centro della carreggiata stradale; un secondo caposaldo era presso un monumento in località Frattocchie (caposaldo B); cfr. E. Borchi-A. Cantile, La nuova base geodetica dell'Appia antica, estratto dal volume Eventi e documenti diacrinici delle principali attività geotopocartografiche in Roma, a cura di A. Cantile, Suppl. al N. 6/2000 (a. LXXX) di "L'Universo", Istituto Geografico Militare, Firenze.

[5] ASR, Ministero del Commercio, Belle Arti, Industria, Agricoltura e Lavori Pubblici. Sezione V. Titolo I. Articolo I. Monumenti (1855-1870). B. 363 f. 6.

[6] Cfr. S. Quilici Gigli, Gli sterri per la costruzione dei forti militari, in L'archeologia in Roma Capitale tra sterro e scavo, 1983, pp. 89-98; ASR, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, I versamento(1860-1890) B. 131 (già 83) f. 215.

[7] Per gli scavi al Forte Appio: G. Fiorelli, NSc (1877), 272; R. Lanciani, NSc (1878), 67, 134-136, 164-166, 369-370; Id., NSc (1879), 15-16; Id., BCom (1878), 107-119; Id., BCom (1880), 46-48; G. Mancini, NSc (1913), 119; E. Gatti, NSc (1919), 46-47); anche Lexicon Topograficum Suburbium Urbis Romae, p. , v. Appia (S. Mineo).

[8] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 420 (già 502), f. 4651 (il fascicolo contiene numerosi documenti sugli interventi urgenti da eseguirsi per la manutenzione della via Appia tra il 1880 e il 1896).

[9] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897), B. 420 (già 502), f. 4651, il fascicolo contiene copia dell'articolo.

[10] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897), B. 420 (già 502), f. 4651, lettera del 18 agosto.

[11] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897), B. 420 (già 502), f. 4651, lettera del 24 agosto.

[12] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897), B. 420 (già 502), f. 4651

[13] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897), B. 420 (già 502), f. 4651(presumibilmente marzo 1891)

[14] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664.

[15] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, lettera del 13 novembre dell'ing. Adolfo Bergomi al Direttore Generale G. Fiorelli, con allegati (busta 13 fascicolo 619) tra cui la planimetria della Via Appia Antica e delle proprietà limitrofe in scala 1:2000.

[16]ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, lettera del 10 luglio 1890.

[17] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, lettera dell'11 luglio 1890.

[18] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, lettera del 29 gennaio 1891 dell'avvocato Generale Erariale di Roma al direttore generale delle Antichità e Belle Arti Carlo Fiorilli.

[19] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, allegato al documento interno del 31 marzo 1892 firmato direttore generale delle Antichità e Belle Arti C.Fiorilli per concertare con l'Avvocato Generale Erariale una linea politica sui varchi e i passaggi, contenente varie pratiche

[20] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, lettera del 27 maggio 1893.

[21] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II versamento, II serie (1891-1897) B. 422 (già 503), f. 4664, lettere del 12, 13, 21, 24, 29 aprile e del 6 , 31 maggio, 3 giugno e 1 luglio 1892.

[22] Per l'editto:A. Emiliani, Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela dei Beni Artistici e Culturali negli antichi stati italiani (1571-1869), pp. 100-111.

[23] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, I divisione (1908-1924), B. 560, f. 2862.

[24]Continua tuttavia il carteggio sul problema dei varchi e passaggi per i quali la Direzione del Ministero esprime sempre parere contrarissimo con la motivazione che la "via cesserebbe di avere il carattere di proprietà riservata e di esclusivo uso del demanio pubblico", fra l'altro ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, I divisione (1908-1912), B. 170, fasc.2951, lettera del 30 ottobre 1907 del direttore dell'Ufficio Tecnico per la conservazione dei Monumenti di Roma, Aquila e Chieti, D. Marchetti al Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti C. Ricci.

[25] ACS, Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale Antichità e Belle Arti, I divisione (1908-1912), B.138, fasc. 2643.

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