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Prosegue la politica di Renato Soru per la difesa della Sardegna
7 Novembre 2009
La Sardegna di Renato Soru
Salvaguardata la costa con il Piano paesaggistico, ora Soru vuole ridurre le sperequazioni tra i privilegiati e gli altri, e far pagare di più a chi ha di più. Due articoli da la Repubblica del 6 maggio 2006

La Sardegna difende la supertassa

di Giovanni Maria Bellu

CAGLIARI - Nella regione sarda informatizzata di Renato Soru, gli umori popolari arrivano via e mail. Ce n’è anche uno di Giulia Maria Crespi che incita: "Andiamo avanti così, anche per le coste". Ce n’è un altro, entusiastico, di una giovane fan: "Lei è un mito". La Casa delle libertà, che subito dopo l’approvazione della "tassa sul lusso" aveva paventato "danni per il turismo", non ha insistito nella polemica. Forse perché gli stessi operatori del settore non la pensano così. Il più importante di tutti, Tom Barrack, il padrone della Costa Smeralda, già da tempo si è detto d’accordo sulla tassa con la sola condizione che il ricavato sia investito per la valorizzazione del territorio. Ed è quanto la nuova legge prevede.

Il favore con cui il provvedimento è stato accolto in Sardegna non deriva solo dal fatto che gli isolani sono esclusi dalla tassazione. Ci sono ragioni più antiche e profonde che connettono la "tassa sul lusso" con altre iniziative della giunta Soru: la chiusura della base americana della Maddalena, il divieto di edificare nella fascia costiera a due chilometri dal mare, l’ingresso della lingua sarda negli atti amministrativi della Regione, l’avvio della realizzazione della biblioteca digitale della cultura sarda, dove sono state già inserite 50.000 pagine di documenti. Il "nuovo sardismo" dell’ex patron di Tiscali continua a tirare: nelle elezioni politiche il centrosinistra ha aggiunto 75.000 voti a quelli conquistati alle regionali di due anni fa.

E’ da verificare quanto la "tassa sul lusso" porterà nelle esangui casse della Regione sarda. Stime non ufficiali parlano di circa 150 milioni di euro l’anno, somma rilevante a fronte di un bilancio complessivo di 4,5 miliardi di euro ma insufficiente a coprire i mancati introiti (circa 400 milioni l’anno) causati, secondo l’amministrazione isolana, dal mancato versamento da parte dello Stato di quote dell’Irpef e dell’Iva riscosse in Sardegna. I conti economici, insomma, non sono ancora del tutto definiti. Quelli morali, a quanto pare, cominciano a quadrare.

Tutti in Sardegna conoscono l’aneddoto sulla nascita della Costa Smeralda. Era il 1961 quando gli emissari dell’Aga Khan, che avevano appena cominciato a fare incetta dei terreni costieri, offrirono un miliardo a un anziano capraro. "Altro che un miliardo - rispose l’uomo - voglio almeno 800 milioni!" Da molti anni questa storia ha smesso di suscitare ilarità. E’ diventata la sintesi di una regione totalmente incapace di valorizzare le proprie risorse, di aver cura dei propri tesori. C’è anche questo dietro i consensi che il "nuovo sardismo" continua a raccogliere.

Secondo l’assessore al Turismo, Luisanna De Pau (che è a sua volta un imprenditore turistico) la tassazione delle residenze al mare non solo non farà diminuire il numero dei visitatori della Sardegna, ma agevolerà gli imprenditori del settore. Si calcola che a fronte di 160.000 posti letto censiti e regolarmente classificati ce ne siano altri 4/500.000, in nero, nelle seconde case. La stessa stima porta almeno a raddoppiare il numero reale dei turisti che ogni anno visitano la Sardegna: le presenze non sarebbero dieci milioni, che è il dato ufficiale, ma almeno venti milioni. E’, secondo Soru, la principale industria sommersa dell’isola. "Di tutto questo - dice l’assessore al turismo - non ci resta nulla in termini di posti di lavoro e, quando i proprietari non sono sardi, nemmeno di introito fiscale". Sempre secondo le prime stime, appartengono a "continentali" il 30/40 delle seconde case.

Gli amministratori regionali ritengono che non esistano problemi di legittimità per la "tassa sul lusso". "Dal punto di vista formale - spiega Fulvio Dettori, il segretario generale - abbiamo raggiunto la conclusione, confermata per esempio da un costituzionalista come Valerio Onida, che questo provvedimento rientra nei poteri dell’amministrazione". Ma c’è un argomento sostanziale, che riguarda l’equità del provvedimento. "I nostri interventi a tutela dell’ambiente - dice l’assessore alla Programmazione Francesco Pigliaru - e in particolare il blocco dell’edificazione nella fascia costiere, hanno determinato un incremento di valore dell’intero patrimonio abitativo. Il contributo che chiediamo non è affatto esoso". Concetto riassunto da Soru con una battuta: "Non si capisce perché nelle spiagge chi pianta un ombrellone debba pagare dieci euro e invece chi si sistema in uno dei nostri golfi con una barca di cinquanta metri non debba pagare niente. Quanto chiediamo corrisponde a quanto, molto spesso, viene speso in una serata in un locale alla moda".

Soru: "Chi ha di più paga di più

non sono Ghino di Tacco"

di Alberto Statera

Aveva promesso qualche mese fa di far sequestrare a Tremonti la scrivania di Quintino Sella e l’intero palazzo umbertino di via XX Settembre, sede del ministero del Tesoro, per l’inadempienza dello Stato nel versamento delle quote Iva e di imposte spettanti alla Sardegna. Ora Renato Soru, il Robin Hood di Sanluri, il vendicatore del Supramonte o, tout court, di «su populu sardu», dopo aver «cacciato» gli americani dalla Maddalena, ha fatto di peggio. Ha istituito una sorta di tassa sul lusso di terra, di mare e di cielo - ville, yacht e jet - dei non sardi, beccandosi dal centrodestra almeno l’epiteto di «comunista», avanguardista del partito delle tasse che con Prodi spennerà il paese. Figuratevi se qualche miliardario di Porto Rotondo che si vedrà tassare la villa da 5 o da 50 milioni di euro, magari il proprietario dei 2500 metri quadrati coperti di villa «La Certosa» tra un numero sconfinato di ettari, non ricorrerà in tutte le sedi contro l’ignobile balzello marxista.

Forse, governatore Soru, gli incazzati hanno qualche ragione: ponga il caso di un sardo che si compra una casa a Varazze per passare le vacanze. Che direbbe lei se gli mettessero una tassa?

«Guardi che non abbiamo nessuna intenzione di dividere l’Italia a fette o di far pagare diritti di signoraggio. Non sono un Ghino di Tacco sardo. Ma il turismo e le seconde case sono la principale attività della nostra regione, sono ciò che per l’Italia del nord, per il Veneto, sono i capannoni delle piccole industrie».

Le seconde case come il distretto degli occhiali nel Bellunese o quello delle scarpe nel Vicentino? Il distretto sardo delle seconde case e degli gli yacht a Porto Cervo?

«Esattamente, la Sardegna come il distretto delle piastrelle. Ma il reddito delle nostre piastrelle, 250 mila seconde case e migliaia di yacht, non viene qui, va fuori».

Non ci ha risposto sul sardo ipertassato a Varazze.

«La Sardegna è una regione a statuto speciale, con compiti speciali, con responsabilità e competenze in molte aree, con costi diversi dalle altre regioni. Oltre alla partecipazione all’Iva prodotta in Regione, che non ci viene corrisposta dallo Stato per molte centinaia di milioni di euro, abbiamo la possibilità dell’imposizione fiscale per far fronte ai nostri immensi compiti. Secondo lei verso chi dovremmo usare questa potestà? Verso i lavoratori dipendenti che non arrivano alla fine del mese? Verso i disoccupati?».

Supponiamo verso i ricchi, presidente.

«Verso chi fa uso privato e non produttivo di valori ambientali tutelati, di risorse scarse».

Insomma, lei vuole vendere ai ricchi d’Italia e del mondo una sorta di «pacchetto amenità»?

«Non mi sembra di dire un’eresia sostenendo che si partecipa sulla base delle proprie capacità contributive: chi ha di più contribuisce di più, chi ha meno di meno. L’utilizzo delle scarse risorse ambientali deve andare a beneficio della collettività sarda. Bisogna contribuire allo sviluppo delle zone interne, redistribuire il reddito per creare opportunità uguali per tutti, sulle coste e all’interno».

Presidente Soru, redistribuzione è una parolaccia per chi ci ha governato fino a ieri e forse per parte cospicua degli italiani.

«E invece sa io che le dico? Che contrariamente a quel che ho sentito dire da un importante personaggio politico, lei sa chi, penso che i figli dei ricchi e quelli dei poveri debbano avere le stesse opportunità».

Va bene, ma lei non ci sta forse dando un assaggio di autonomismo un po’ troppo spinto? Non farà dei «continentali» dei nemici?

«Per carità, nemici solo per una piccola tassa sui valori immobiliari che si sono incrementati di centinaia di volte e che si valorizzeranno ancora per la politica di tutela ambientale? I continentali sono gli amici più vicini. Chiedano la residenza in Sardegna, li accoglieremo a braccia aperte».

Non andranno in Costa del Sol?

«Una piccola tassa non sposta le preferenze dei turisti e dei proprietari di seconde case diventate uno straordinario investimento».

Fatto sta che, passato Berlusconi che voleva abolire l’Ici, e lei governatore, e non Prodi, che con la super Ici fa l’avanguardista del centrosinistra come partito delle tasse.

«Guardi che il centrosinistra non è il partito del tasse, è il partito delle pari opportunità».

Quindi non pignorerà a Prodi e al suo ministro dell’Economia la scrivania di Quintino Sella?

«Ci sono giuste ragioni da tutte e due le parti, Prodi lo sa, il problema della ripartizione dell’Iva sarà risolto. E Quintino Sella può riposare tranquillo».

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