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Marisa Rodano
Nilde Iotti Modernità ed equilibrio La prima donna presidente della Camera
30 Novembre 2009
Altre persone
Ricordo di un simbolo e una protagonista del movimento di liberazione della donna, dalla Costituzione alla sua difficile attuazione. L’Unità, 30 novembre 2009

Sono passati dieci anni dalla morte di Nilde Jotti; ma dieci anni drammatici e difficili. Siamo veramente entrati in un altro millennio. Quale è oggi il contesto in cui ci troviamo a ricordarla?

Un contesto difficile per le donne, segnato da un attacco contro le conquiste ottenute: pensiamo alla parità di retribuzione: impressionanti i dati sulle disparità salariali emerse, pochi giorni fa, dalla assemblea delle consigliere di parità, al diritto al lavoro: tra i lavoratori precari, la maggioranza sono donne; l’Italia è agli ultimi posti in Europa per la presenza delle donne nel mondo del lavoro sono sotto attacco anche la tutela della maternità, l’autodeterminazione nella maternità, nella procreazione assistita, nell’interruzione volontaria di gravidanza: ultimo episodio di questi giorni l’assurdo voto in Senato contro la commercializzazione della pillola RU486; permane la sottorappresentazione ai vertici della politica e delle istituzioni, in tutti i luoghi decisionali, (che provoca un impoverimento della democrazia), un trend opposto a quello che, nell’ormai lontano 1979, con la elezione di Nilde alla Presidenza dellaCamera dei Deputati sembrava si stesse aprendo.

Insomma vengono minacciate le conquiste che le donne hanno ottenuto in anni e anni di lotte e a cui Nilde Jotti aveva dedicato tanta passione e tanta parte della sua attività.

Questi diritti e queste conquiste sono minacciate anche dal preoccupante e crescente rigurgito della violenza maschile sulle donne. Giustamente invece nel suo editoriale di alcuni giorni fa Concita de Gregorio sottolineava che razzismo, violenza e sguaiataggine verbale creano un clima che incita gli uomini alla violenza e che tende a conculcare la presenza delle donnenella vita sociale, economica e culturale. Donne viste come prede, come oggetti, non come cittadine con pari diritti. Chi meglio di Nilde Iotti può costituire il modello di donna da indicare alle nuove generazioni?

Ripenso aquando l’ho conosciuta, a Firenze, al primo Congresso dell’UDI, quello della fusione con i GDD. Eletta nel ’46 alla Costituente, Nilde faceva parte di quella nutrita pattuglia di giovanissimi, che il Pci aveva voluto affiancare ai militanti e alle militanti storiche che venivano dai lunghi anni dell’esilio, del carcere e del confino. Nilde ha avuto un ruolo fondamentale nella elaborazione della nostra Costituzione, facendo parte della Commissione dei 75, ed essendo relatrice, assieme a un parlamentare DC molto conservatore, Camillo Corsanego, sui problemi della famiglia. Avevano, come è facile immaginare, idee assai diverse, e perciò presentarono due relazioni distinte. Le formulazioni che Nilde proponeva, che non sono quelle poi adottate definitivamente sono molto più vicine, sebbene vecchie di 60 anni, a quello che pensiamo oggi.

Nilde era stata d’accordo che la questione del divorzio non venisse inserita nella carta costituzionale; non la riteneva matura. Ma fu Nilde a insistere, al X Congresso del PCI, contro le timidezze e le tiepidezze di molti, perché ci si decidesse ormai a affrontare la questione, e poi per l’approvazione della legge in parlamento e la sua conferma nel referendum. Nilde Jotti contribuì alla elaborazione dell’articolo 3 della Costituzione, l’articolo che sancisce la pari dignità sociale ed eguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»; cui segue la basilare affermazione del secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Principio totalmente nuovo, unico anche rispetto alle coeve carte costituzionali antifasciste», quella francese del ’46, quella della RF di Germania del ’49, che segna il passaggio dal sistema liberale al sistema democratico, a una democrazia segnata da contenuti di progresso sociale.

Erano state le donne costituenti a ottenere che il sesso fosse collocato all’inizio dell’elencazione e a voler precisare, inserendo l’inciso «di fatto», la natura e l’ampiezza degli ostacoli che dovevano essere rimossi. Non è dunque casuale che i movimenti delle donne, nel corso di molti decenni, abbiano fatto riferimento soprattutto a questo articolo. Nel corso della sua lunga vita politica, Nilde divenne Anche l’autorevole presidente di Montecitorio. Ma forse non tutti si rendono conto della straordinarietà di questo fatto. Io ho ancora ben presente l’emozione che tutte noi, donne, provammo quel giorno del 1979, - sono passati ben 30 anni - quando fu eletta presidente della Camera dei deputati. Era la prima volta nella storia italiana che una donna e per giunta una dirigente comunista, di un partito dell’opposizione, veniva chiamata a un così alto incarico. Un incarico, quello di presidente della Camera – altro fatto straordinario – che lei ha ricoperto per ben 13 anni, rieletta per tre legislature; una così lunga permanenza nell’incarico non ha precedenti nella storia del Parlamento italiano, a riprova della stima e della fiducia che aveva conquistato nell’assemblea.

Non soltanto, dunque, una donna che presiedeva la Camera,ma una donna che lo ha fatto con straordinaria capacità, conquistando stima e apprezzamento, rendendo onore alle donne, anche in anni difficili, in momenti di aspro confronto parlamentare, (si pensi all’ostruzionismo radicale, non privo di volgari attacchi alla sua persona, nel novembre del 1981) quelli della prima grave crisi della democrazia italiana, e della stessa funzionalità del parlamento, seguita all’assassinio di Aldo Moro. E Nilde, con coraggio e prudenza, mise mano a una riforma del regolamento per cercare di uscire dallo stallo per coniugare rappresentanza e capacità di decisione. La sua sensibilità, direi la sua passione, nata alla Costituente, per i problemi istituzionali, è stata una costante del suo impegno fino agli ultimi anni, ad esempio nella Commissione bicamerale sulla riforma della Costituzione. Proprio lei, che era stata magna pars nella elaborazione della Costituzione era consapevole che occorrevano norme nuove per armonizzare l’autorità del Parlamento con l’efficienza dell’Esecutivo e i poteri delle Regioni; ma,come risulta chiaro nel suo ultimo discorso parlamentare del ’98, un anno prima della sua morte, rimase sempre schierata nella difesa dei lineamenti fondamentali della Costituzione del ’48, contraria a modifiche che potessero alterare l’equilibrio tra i poteri dello Stato e aprire la strada a derive autoritarie.

Grandissimo fu anche il contributo di Nilde per far approvare in parlamento leggi fondamentali per le donne, quali, ad esempio, la pensione alle casalinghe, il riconoscimento del valore del lavoro delle donne contadine, la riforma del Diritto di famiglia, la legge del ’93 sulla presenza delle donne nelle liste elettorali, intervenendo perché si mantenesse la norma dei due terzi introdotta al Senato contro un emendamento Bonino che voleva abolirla. Sebbene presidente della Camera volle apporre la sua firma alla legge di iniziativa popolare sui tempi. Sulla legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, rifiutando sia la tesi radicale dell’aborto come diritto civile, sia la pretesa clericale di considerare l’aborto un reato, Nilde si mosse sulla linea (che era anche dell’Udi), della lotta all’aborto clandestino per sconfiggere il ricorso all’aborto, considerato come violenza imposta alle donne; per la gratuità dell’interruzione di gravidanza praticata nelle strutture sanitarie pubbliche; per il diritto delle donne all’autodeterminazione. Quella piattaforma consentì di uscire dalla paralizzante contrapposizione tra una semplice liberalizzazione e la puntigliosa casistica, prevista inizialmente nei testi legislativi proposti dai diversi gruppi politici.

Mi ci sono soffermata per sottolineare come Nilde, su leggi difficili, che investivano problemi delicati e aprivano unforte conflitto, restasse ferma sui principi, ma fosse capace di ascolto e di comprensione per le posizioni diverse dalle sue, diretta a ricercare sul terreno della laicità dello Stato e rifiutandole contrapposizioni ideologiche, una possibile intesa.

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