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Vittorio Coletti
I porti turistici e il rischio della seconda rapallizzazione
15 Agosto 2009
Liguria
Una idea divoratrice di sviluppo, armata dagli strumenti delle "opere civili" (e da quelli dalla malapolitica e della malafinanza), continua a distruggere. Dall'edizione di Genova de La Repubblica, 21 marzo 2006

Con la benedizione del Ministro Scajola è ufficialmente scattata a Sanremo, auspice una ditta di costruzioni, la fase due della cementificazione della Liguria, resa inevitabile dalla fine dello spazio disponibile per ulteriori caseggiati ad Arma di Taggia, San Bartolomeo al Mare, Loano, S. Margherita, Sestri L. ecc. Stavolta toccherà direttamente al mare e al piccolo lembo di costa che lo lambisce, sacrificati al nuovo idolo economico- speculativo: il porto turistico, i parcheggi per la nautica da diporto, che, ha detto la ruspante vedova Cozzi, dovranno crescere ben oltre gli attuali 3500 posti. In realtà, questa fase è partita in sordina già da decenni e vanta pregevoli mostri come il porto degli Aregai a Santo Stefano o Porto Sole a Sanremo: banchine di cemento, file di anonime imbarcazioni parcheggiate, edilizia collegata orribile, livello di attività collaterali capace di competere con quello di un grosso garage con annesso autolavaggio.

Intendiamoci. Non voglio mettere in discussone la buona fede di chi promuove questa nuova ondata edilizia in Liguria. Non ignoro che iporti turistici potranno avere delle positive ricadute in termini di occupazione e di economia del circondario (manutenzione delle barche, guardianaggio, ristoranti, seconde case). E non mi nascondo che, come ha detto Scajola, non si può dire solo no.

Ma il punto è che, con questa soluzione e soprattutto con la smania gigantistica che la contraddistingue (tipica per la verità di tutte le speculazioni), si stanno per ripetere sul mare gli stessi orrori che si sono fatti in terraferma dagli anni Sessanta in poi: urbanistica da periferia, tessuto sociale assente e scadente, città fantasma, senza centro, senza anima.

Ora, chi non sarebbe disposto a rinunciare a qualcuno dei guadagni che pure ci sono stati in termini di microeconomia locale pur di tornare a rivedere un pezzo di verde a Arma di Taggia o a non vedere i tristi casermoni di Ceriale o Spotorno ?

ALLORA: perché riprovarci? Come non rendersi conto che la nautica da diporto abbasserà ancora di più il già miserevole livello qualitativo delle presenze in Liguria, portando un tipo di pubblico analogo a quello che sarebbe attirato da maxi-parcheggi riservati a gipponi di 5 metri? Come non pensare al peso che i rumorosi e frettolosi inquilini di Porto Sole hanno avuto nella fine di Sanremo come centro di un turismo permanente e di qualità? E ancora: dopo la devastante esperienza di un'edilizia ipertrofica, senza gusto e senza garbo, che ha offerto una villeggiatura anonima in squallidi loculi costosi, come non interrogarsi sulla compatibilità con quel che resta del territorio ligure di impianti portuali troppo grandi, spaventose cattedrali nel deserto come gli Aregai o inaccessibili enclave cementificate come quella che si prospetta a Imperia, nell'unico fronte mare ancora accessibile in piena città?

Se è vero che non si può dire solo no e non si trova niente di meglio, per rilanciare il turismo in Liguria, che favorire i parcheggi delle barche, perché non porsi almeno rigidissimi vincoli di dimensione, non costruire i porti nelle insenature naturali (come è in parte avvenuto ad Alassio), non evitare che diventino garage preclusi a chi non ha la chiave, non curare l'edilizia di servizio secondo criteri di discrezione ed eleganza? Ma la discrezione e l'eleganza interessano ancora a qualcuno?

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