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Gabriele Cereda
Brianza, via le trivelle dalla valle i comuni hanno sconfitto i petrolieri
1 Agosto 2009
In giro per l'Italia
Una vittoria del buonsenso contro lo “sviluppo”. Sindaci, popolo ed esperti avevano lavorato insieme. La Repubblica, 1 agosto 2009

I pozzi erano previsti nel Parco del Curone, decisive le proteste ambientaliste Archiviato il progetto di sfruttamento della società australiana "Po Valley"

MONZA - La Brianza non sarà il nuovo Texas. Addio carotaggi esplorativi, addio pozzi petroliferi. L´oro nero resta nella "pancia" del Parco del Curone, a Montevecchia, borgo arroccato sulle colline lecchesi che nasconderebbe un tesoro. Po Valley, la società australiana che aveva chiesto di perforare il sottosuolo, ha fatto un passo indietro, pur restando convinta che gli idrocarburi ci siano. Titolare di una concessione governativa in joint venture al 50 per cento con Edison, giovedì sera ha alzato bandiera bianca, rinunciando alla possibilità di cercare prove della presenza di petrolio in un´area di 30 chilometri quadrati, 14 i comuni coinvolti. La maggior parte tutelati dal Parco, nato nel 1983 per mettere al riparo da speculazioni un territorio di 2.350 ettari.

Gli australiani erano pronti a scommettere 20 milioni di euro sulla zona, sicuri che sarebbe stata in grado di fornire 75 milioni di barili. Ieri mattina la conferma ufficiale dell´abbandono, subito ratificato dal Ministero per lo Sviluppo Economico che ha annullato l´iter avviato lo scorso aprile. "Abbandoniamo il campo, ma siamo convinti che a Montevecchia e dintorni siano custoditi importanti giacimenti di greggio", sottolinea Michael Masterman, amministratore delegato di Po Valley. Pratica archiviata, almeno per ora.

Decisive le barricate alzate dalle comunità locali, pronte a difendere la loro terra a tutti i costi. Determinante il rischio che la protesta nata dal basso - e che in meno di tre settimane ha raccolto 30 mila firme contro le esplorazioni - potesse bloccare all´ultimo minuto la valutazione di impatto ambientale necessaria per scavare. A guidare il fronte dei contrari Alberto Saccardi, docente di statistica della Bocconi e i sindaci della zona, che hanno costituito il comitato "No al pozzo", ottenendo il supporto di studiosi di mezzo mondo, dalle università di Istanbul fino a quella di Philadelphia. Tra loro anche Esseghair Skawder, professore di economia della New York University, che ha esultato alla notizia dello scampato pericolo.

Per gli esperti schierati in difesa del territorio, il problema non era solo quello dell´impatto ambientale. Sul piatto della bilancia pesavano soprattutto considerazioni di carattere economico-sociale. "Questo lembo di Brianza ha fatto della qualità della vita la propria cifra distintiva - spiega Skawder - . Il benessere locale si basa su prodotti "Igp" e capacità di attirare turisti. Un modello in continua espansione. I pozzi petroliferi avrebbero mutato il dna dell´area trasformandola in un´anonima periferia suburbana, destinata all´abbandono dopo vent´anni di sfruttamento". Dissente Masterman: "Il problema dell´approvvigionamento energetico a basso impatto, perché così sarebbe stato, è un nodo cruciale per il futuro dell´Italia. In Brianza si è persa un´occasione".

Il piano di Po Valley prevedeva l´apertura di due pozzi esplorativi entro i prossimi 14 mesi e nel 2011 la coltivazione vera e propria, così si dice in gergo riferendosi all´estrazione dell´oro nero. Contro le trivelle, le istituzioni locali. "Abbiamo conservato intatto il territorio per le generazioni future", festeggia Daniele Nava, presidente della Provincia di Lecco. Alza il calice anche Marco Panzeri, sindaco di Rovagnate, uno dei comuni epicentro delle ricerche: "Siamo contenti ma non abbassiamo la guardia".

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