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Il monopolio del Consorzio costa caro
31 Luglio 2009
MoSE
Anche per questo molti si erano opposti. Molti buoi sono scappati dalla stalla, ma molti si potrebbero ancora recuperare. La Nuova Venezia, 31 luglio 2009, con postilla

Quanto costa il monopolio? In tempi di tagli ai finanziamenti e di scarse risorse per gli enti locali, si fanno i conti in tasca al Consorzio Venezia Nuova. Pool di imprese che ha dal 1984 la concessione unica delle opere di salvaguardia. E i finanziamenti garantiti dallo Stato per la realizzazione del Mose e di altri interventi in laguna come i marginamenti, le barene, gli scavi dei canali industriali, le nuove rive delle Zattere, Giudecca, Fondamente Nuove. Rilievi che animano la polemica politica di fine luglio. Ma che sono scritti nero su bianco sulla recente ordinanza della Corte dei Conti sullo stato di avanzamento dei lavori in laguna. La relazione finale firmata da Antonio Mezzera e dal presidente nazionale della Corte Tullio Lazzaro, avanza pesanti rilievi sulla gestione della salvaguardia. E soprattutto sui costi lievitati, su consulenze e collaudi affidati «con scarsa trasparenza e un rapporto sbilanciato a favore del concessionario».

Mose. Il costo della grande opera, scrivono i giudici contabili, è passato da 2700 milioni di euro a 4271, adesso il «prezzo chiuso» è stato aggiornato a 4 miliardi e 700 milioni. Dei costi originari circa la metà (1200 milioni su 2700) se ne vanno in «oneri tecnici e per il concessionario, somme a disposizione e Iva».

Gli oneri. Da sempre tutti i lavori affidati al Consorzio Venezia Nuova costano il 12 per cento in più. Gli «oneri del concessionario» consentono di mantenere la struttura organizzativa e comunicativa del Consorzio Venezia Nuova. «Ingenti appaiono gli oneri di concessione», scrivono ancora i giudici nella loro ordinanza. E aggiungono: «Alcune di tali risorse si sarebbero potute utilizzare per il rafforzamento dell’apparato amministrativo pubblico». Una percentuale, il 12 per cento, che era stata ridotta qualche anno fa dall’allora presidente del Magistrato alle Acque Felice Setaro al 10.

Gli appalti. Per il particolare status di concessionario unico il Consorzio non ha bisogno di indire gare d’appalto per l’affidamento dei lavori. Che vengono assegnati quasi sempre alle imprese che compongono il pool, a conminciare dall’azionista di maggioranza Mantovani spa. Un altro punto che fa lievitere i costi. Non si applica infatti ai lavori la procedura del massimo ribasso, come invece succede per gli interventi di restauro appaltati da Comune o da Insula, la società di manutenzione di Ca’ Farsetti. E secondo l’Ance la media dei ribassi si aggira intorno al 15-20 per cento del valore dell’appalto.

I costi. E’ il punto finito nel mirino dei giudici contabili. Che hanno messo sotto accusa proprio la procedura della concessione unica, abolita dalle leggi europee e nazionali ma rimasta in essere per il Mose. «Sotto il profilo dell’economicità dell’agire amministrativo», scrivono nell’ordinanza, «suscita perplessità che la determinazione delle voci di costo e dell’elenco prezzi sia stata rimessa al concessionario».

I poteri. Polemica rilanciata in questi giorni dall’economista Giavazzi. «Chi comanda in città è chi ha i soldi, cioè il Consorzio Venezia Nuova», ha detto. Polemica a cui se ne aggiunge un’altra. In periodo di carenza di fondi, con il Comune costretto a chiudere i suoi cantieri perché i finanziamenti non arrivano, si riapre il dibattito sui costi del Mose. «La situazione di monopolio ha portato al lievitare dei costi e la mancanza di alternative non ha consentito di studiare soluzioni più economiche.

«Di questo la politica si deve occupare», dice il senatore del Pd Felice Casson, che da pm aveva avviato numerose inchieste proprio sul monopolio della salvaguardia in laguna.

Postilla

Questi sono i maggiori costi che si valutano per la sciagurata decisione, presa da Franco Nicolazzi, ministro per i Lavori pubblici, venticinque anni fa (e confermata da Antonio Di Pietro, Paolo Costa, Romano Prodi, Silvio Berlusconi) di assegnare a un consorzio di imprese private gli studi, le sperimentazioni, la progettazione e l’esecuzione delle opere nella Laguna. Ma nessuno mette in conto i costi giganteschi che si dovranno pagare (e che pagheremo noi e i nostri posteri) per la gestione manutenzione del complicatissimo sistema, se mai dovesse entrare in funzione. E neppure quelli, che pagherà l’intera umanità, per la distruzione di quell’ecosistema, assolutamente unico al mondo, costituito dalla Laguna di Venezia.

Infine, come non indignarsi se si considera che il Comune di Venezia, che si lamenta di non avere le risorse per i restauri degli edifici, ha investito i finanziamenti della legge speciale per Venezia nella costruzione dell’inutile ponte di Calatrava? Se ne stima il prezzo in 15 milioni di euro.

Si legga l’articolo di Luigi Scano su La nascita e i primi anni del Consorzio Venezia Nuova. Per approfondire, il suo libroVenezia. Terra e acqua, Corte del fòntego editore, Venezia 2009.

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